Titolo:
Filo Rosso
Autrice: Bea_chan
Rating: Pg
Genere: commedia, romantico
Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Un po’ tutti
Pairing: DracoXHermione
Riassunto: “Una vecchia leggenda narra che gli innamorati o le anime
concepibili, in un modo o nell’altro, siano uniti per il mignolo della mano
sinistra da un sottile Filo Rosso”. D’accordo, ma come vi sentireste se,
improvvisamente e per puro caso, vi ritrovaste uniti, nel senso stretto
del termine, ad uno dei vostri peggiori nemici?
No, non diciamo assurdità: scommetto che ognuno di voi, dal primo all’ultimo,
non resisterebbe che tre minuti prima di farsi una Avada Kedavra a freddo,
magari chiedendo al vostro compagno di sventura di prendere nota del testamento,
accertandosi ovviamente che non lo corregga al momento della vostra alquanto
vigliacca dipartita.
Warning: la strampalata e alquanto ironica storia da me qua narrata non
prenderà in considerazione gli eventi del Sesto Libro: indi per cui, il caro
vecchio Piton è ancora l’odiato professore di Pozioni e Draco Malfoy resta il
solito Slytherin tutto d’un pezzo. L’autrice non è responsabile dei danni
in cui potreste incorrere leggendo questa fanfic; ricorda, inoltre, che la
Leggenda del Filo Rosso è realmente esistente.
Thanx to: la mia sister Bella, che ha riso di gusto per le disavventure
di Hermione; sensei Mao, grande aiuto beta-reader; Ondachan, accanita
sostenitrice della coppia DracoXMirtilla, per il supporto morale; tutti quelli
che leggeranno e faranno almeno un sorriso…
***
Il
pomeriggio di quel venticinque gennaio, nell’aula di Pozioni, ove si stavano
tenendo le consuete due ore di lezione per il settimo anno Gryffindor e
Slytherin, il clima si era fatto decisamente esplosivo.
Draco Lucius Malfoy, in una delle sue solite bravate, aveva brillantemente
sabotato la già precaria pozione di Neville Paciok, noto in tutta la scuola come
il peggior preparatore di intrugli che abbia mai varcato le soglie di Hogwarts.
Si vociferava, addirittura, che Piton, prima di entrare in aula, praticasse la
meditazione yoga o pratiche affini, per non sfogare i suoi istinti di
Mangiamorte represso sul povero alunno.
Fatto sta che, per difendere l’onore del suo compagno, e anche la propria salute
personale, essendo il di lei calderone posto accanto a quello di Paciok,
Hermione Jane Granger avesse deciso, in un impeto di puro altruismo
Gryffindor, di ricambiare il favore all’artefice del misfatto.
Ora, voi potreste pensare che un simile gesto di vendetta gratuita non sia degno
di una persona come la Granger e che, certamente, sarebbe sembrata senza dubbio
una mossa auspicabile da Potter e dal suo degno compare.
Sbagliato.
Tutto ciò ha portato un esasperato e alquanto infuriato professore ad assegnare
una punizione esemplare agli unici due studenti che, nel baccano generale, si
erano ritrovati, sporchi e furibondi, con una fialetta tra le mani, senza
accertarsi dei veri colpevoli.
Non ditemi poi che Severus Piton non ha intuizione, o fortuna sfacciata,
comunque vogliate chiamarla.
Ma forse, ciò che successe dopo, è meglio che lo vediate con i vostri occhi…
Atto I
Delitto e Castigo
-Per preparare correttamente questa pozione vi servono calma e concentrazione-
La voce sussurrante ed imperiosa del professor Severus Piton rimbombava
nell’aula di Pozioni: dava le spalle alla lavagna colma di appunti e scrutava,
con aria torva, tutti gli studenti presenti alla lezione.
-Non tollererò distrazioni, di nessun tipo…- sogghignò –Nemmeno visioni
sul Signore Oscuro e complotti segreti- aggiunse, scoccando un’occhiata in
tralice ad Harry Potter.
Il Ragazzo Sopravvissuto, rabbuiato, ricambiò l’occhiatina, ignorando le risate
che provenivano dall’ala sinistra della classe, occupata dagli Slytherin del
settimo anno.
Ronald Weasley, seduto alla sua sinistra, cercò di contenere, senza sforzarsi
troppo, a dirla tutta, uno sbuffo contrariato ed Hermione Granger, alla sua
destra, si sporse sulla sedia, impaziente d’iniziare.
Piton girò una pesante clessidra, che rimase sospesa di poco sopra la cattedra.
-Cominciate-
Bene, nessuno tra gli studenti presenti, tranne alcuni ed Hermione, ovviamente,
aveva la minima idea di che cosa volessero dire gli infiniti e tortuosi
scarabocchi che ornavano la lavagna.
La Caposcuola dei Gryffindor era scattata agli scaffali, seguita da pochi
temerari, mentre la maggior parte dei presenti aveva impiegato quanto più tempo
possibile ad accendere il fuoco sotto il calderone, come se da quell’operazione
dipendesse la loro intera esistenza.
Afferrò un vasetto di ali di farfalla, mentre una mano pallida imitava il suo
gesto. Scrutò il possessore dell’arto, senza mollare la presa.
-Malfoy-
La pura constatazione bastò ad *accendere* l’atmosfera del Sotterraneo.
L’inizio della catastrofe…
Le labbra del ragazzo s’incurvarono lentamente in un sogghigno irriverente.
-Granger…- il suo tono era quello che c’è di più simile al disgusto –Ti
spiacerebbe così tanto lasciarmi la mano?-
-E a te spiacerebbe lasciare il vasetto?- ribatté, senza distogliere lo sguardo.
Il ghigno di Malfoy si accentuò.
-Dovresti sapere che la precedenza va lasciata a coloro che sono superiori,
non so se mi spiego…-
Hermione avvertì un rossore indignato salirle alle guance, mentre lasciava
stizzita il vaso contenente le ali di farfalla e tornava a frugare nello
scaffale, indispettita.
Tornò al suo posto con le braccia colme di vasetti di ogni tipo, sbattendoli con
malagrazia sul banco e cominciando ad aprirli uno dietro l’altro.
Sentì Malfoy ridacchiare soddisfatto.
-Ehi, Hermione…- Harry si chinò verso di lei, tenendosi a debita distanza dal
coltello che l’amica stava utilizzando con tanto ardore –Che ti prende?-
-Quell’idiota di Malfoy- sussurrò, tagliando la testa di un insetto azzurro –Mi
sono stufata delle sue cattiverie gratuite…-
Potter annuì con aria saputa.
-Potevi dirmelo-
La ragazza trattenne un sorriso comprensivo. Ebbe la netta impressione che Harry
non aspettasse altro che una valida scusa per provocare ingenti danni fisici a
Draco Malfoy.
-Non importa- mormorò -Davvero..-
-Silenzio, lì dietro-
Il sibilo seccato di Piton costrinse i due ad abbassare la testa sui propri
calderoni, concentrandosi su ciò che stavano facendo o, nel caso di Harry e Ron,
tentando di fare.
Poco più in là, invece, la disperazione di Neville Paciok stava giungendo ad un
punto critico.
Aveva seguito come meglio poteva le istruzioni scritte dal professore, aveva
cercato di copiare spudoratamente ciò che stava facendo Seamus lì a fianco,
rimediando solo un risultato peggiore del precedente.
Per quanto lo riguardava, il procedimento sarebbe stato molto più chiaro se
fosse stato scritto in aramaico antico da un troll ubriaco. Tragica
prospettiva…
La pozione che sobbolliva nel suo calderone di peltro aveva il colore e la
consistenza di marmellata di more, quando avrebbe dovuto assumere una delicata
sfumatura rosa pallido. Inutile dire che, malgrado tutti i suoi sforzi, la
situazione era decisamente senza speranza.
L’aiuto che aveva tanto invocato dal Cielo non giunse, lasciandolo annaspare
crudelmente nell’olezzo emanato dal liquido violaceo.
E dunque, mentre rifletteva attentamente su come tirarsi fuori dall’ennesima T
in pozioni, non vide una mano elegante rovesciare, con curata non chalance,
della polverina rosa scintillante direttamente nel centro del calderone,
provocando un aumento del gorgoglio.
Paciok, incurante, ravvivò il fuoco.
***
-Viscido sabotatore…-
-Hai detto qualcosa, ‘Mione?-
La giovane rivolse la sua attenzione a Ronald Weasley, che la scrutava
perplesso, cercando di ignorare l’odore nauseabondo che saliva dal suo calderone
e mantenendosi a distanza di sicurezza dal disgustoso intruglio.
-Chi, io?-
-Mi era sembrato che avessi..-
-Niente, Ronald, torna alla tua pozione- rispose con un sorriso nervoso,
mescolando energicamente la sua, forse l’unica ad aver assunto la giusta
tonalità di rosa.
Hermione sapeva benissimo che farsi i fatti propri era una Regola imperante ad
Hogwarts ma, in fondo, in quanto Gryffindor appartenente alla compagnia di
Potter, aveva la genetica predisposizione a trascurarla accuratamente.
Non aveva certo scoperto per caso “cosa” si nascondesse al terzo piano né che
Sirius Black non fosse un pluri-assassino pazzo e/o psicopatico.
Dunque, poiché aveva assistito in diretta, per pura coincidenza, ad una bravata
firmata Draco Malfoy, aveva il sacrosanto Diritto di intervenire.
Ora, come risolvere la questione?
Sfortuna voglia che un nemico degno di questo nome sia sempre al tuo
stesso livello, sia per intelletto che per singole capacità.
Malfoy, infatti, era Caposcuola, Cocco di Piton, Genio incontrastato o quasi in
Pozioni, Irritantemente Perfetto sotto parecchi punti di vista; anche se su
questo aspetto, Hermione si disse che Harry e Ron (e almeno tre quarti degli
studenti) avrebbero volenterosamente tenuto una conferenza su scala
mondiale per sostenere il contrario, ma questa è un’altra faccenda.
Tuttavia, la ragazza era certa che, per impartirgli una lezione degna di essere
ricordata, dovesse ripagarlo con la stessa, sporca moneta.
Sospirò, gettando un’occhiata preoccupata alla pozione di Neville, due calderoni
più a destra del suo, decisamente troppo vicino. Il borbottare del denso
liquido era, se possibile, cresciuto ulteriormente negli ultimi minuti: bolle
grandi come boccini scoppiavano, in un cupo suono, sulla superficie, senza che
il proprietario se ne accorgesse perché troppo impegnato a disperarsi sul libro
di Pozioni.
La Granger si ritrovò ad invocare che Piton decidesse di fare una delle sue
abitudinarie sortite tra i banchi, magari spinto dal sadico istinto di mettere
ancor più in soggezione i suoi studenti e, così facendo, si accorgesse del
disastro imminente.
Ma niente, il professore rimaneva seduto alla cattedra, apparentemente perso in
chissà che voli pindarici gli suggerisse la sua mente, senza notare che la
situazione stava lentamente degenerando.
Hermione si stropicciò le mani, ansiosa, guardandosi intorno.
Harry la fissò, evitando solo per miracolo di spalancare la bocca incredulo.
Vista da occhi esterni, sembrava che il tormento che attanagliava la ragazza
fosse di sconforto per la pozione mal riuscita.
Potter scosse il capo, convincendosi che assolutamente non poteva essere per
quello.
Hermione, nel frattempo, aveva steso un piano d’azione.
Scartata a priori l’ipotesi di alzare la mano e, in un impeto di pura ed
infantile denuncia, declamare ad alta voce ciò che Malfoy aveva appena fatto
perché: punto primo, Piton l’avrebbe guardata con disgusto e l’avrebbe
bellamente ignorata; punto secondo, anche lei stessa sarebbe uscita dal suo
corpo e si sarebbe fissata come si guarda ad una che declama di essere andata
fino ad Urano a cavallo di una Scopalinda 5 – Hermione, ricordiamolo,
colei che non riuscì nemmeno a far sollevare la scopa da terra, al Primo Anno -
e, giunta lì, di aver colto un mazzo di profumate margheritine.
Si poteva dire tutto di Hermione Granger, tranne che fosse un spia.
Comunque, malgrado le alternative rimaste erano scarse, optò per un’azione di
forza: si sarebbe recata all’armadio degli ingredienti e, con una scusa
qualsiasi, si sarebbe accostata al calderone di Malfoy e avrebbe gettato nella
sua pozione un pizzico di polvere di viola.
Praticamente invisibile, visto il colore generale dell’intruglio, ma
malignamente efficace ad annullarne gli effetti, senza conseguenze plateali
quali esplosione o scoppi vari, e procurare così al suo preparatore una T, ché
nemmeno il buon cuore di Piton poteva salvarlo dall’insufficienza.
Doveva agire in fretta, pensò cupa.
Non tollerava più le risatine soddisfatte di Malfoy ogni volta che la pozione di
Neville scoppiettava violentemente, sempre più vicina al punto di rottura.
Afferrò una provetta e trasse un sospiro.
Ciò che stava per fare andava contro ogni etica dell’agire, contro qualsiasi
contegno si fosse imposta di mantenere.
Ma, in fondo, in amore e in guerra tutto è permesso.
E il gesto di Malfoy, significava Guerra con la g maiuscola.
***
Draco Malfoy accolse l’ennesimo Pop! della pozione di Paciok con un
sospiro compiaciuto, mentre ricontrollava nuovamente lo stato del suo preparato.
Perfetto, si disse.
Il liquido bollente era proprio di quella delicata sfumatura rosa chiaro
descritta da Piton e dallo stesso manuale, per cui si concesse un sorrisino
soddisfatto.
Certo che quel cencioso Cappello, prima di mandare qualche malcapitato a
Gryffindor, doveva essersi accertato più e più volte di trovare, negli ipotetici
cervelli dei suoi pupilli, almeno una vena d’idiozia o d’incoscienza, anche se
Malfoy proprio non riusciva a vedere differenza.
Sì, perché non era possibile che individui come Potter, seriamente sull’orlo del
collasso psico-fisico, o Weasley, caso disperato e degno compare del Ragazzo
Sopravvissuto, fossero entrambi finiti nel dorato alloggio di Godric. Per non
parlare di Paciok…
Draco provò quasi un moto di compassione verso il Fondatore, che certamente si
sarà rivoltato nella tomba più e più volte alla vista di chi, adesso,
bazzicava la Torre di Gryffindor; poi scacciò il pensiero, ringraziando chiunque
lo vegliasse di averlo assegnato a Slytherin, dove i pazzi, almeno, venivano
decentemente ignorati.
Fece vagare lo sguardo grigio sugli occupanti dell’aula sotterranea,
osservandoli, pigramente, intenti nelle loro attività.
Tiger, ad esempio, si stava tranquillamente infilando un dito grande quanto un
salsicciotto nel naso. Malfoy aggrottò le sopracciglia, disgustato: forse,
ponderò, credeva di essere invisibile;
inquadrando la mano, si rammentò di non entrarci a contatto per nessun motivo.
Dal lato delle Serpi, sembravano tutti immersi nella febbrile concentrazione
necessaria per preparare correttamente la pozione, così come dallo sconfortato
androne dei Grifoni.
Soltanto un posto era vuoto, l’intruglio che ancora sobbolliva pigramente nel
calderone, completando in autonomia il suo svolgimento.
Draco fece due calcoli rapidi: chi avrebbe dovuto essere seduto, in quel banco?
Notò troppo tardi che Hermione Granger stava trafficando, indisturbata,
nell’armadio degli studenti, cercando con cura un particolare ingrediente, che
ripose in una provetta trasparente.
Malfoy gettò un’occhiata a Piton, che quel giorno sembrava essere perso nel suo
mondo.
Perché, quando serviva, non faceva mai il suo dovere?
Che fine avevano fatto le care vecchie frasi “Granger, cinque punti in meno per
essere un’insopportabile sò-tutto-io” oppure la sempreverde “Paciok,
questa non è una pozione, è petrolio: dieci punti in meno”?
Così, mentre pensava sconsolato che il professore non era più quello di una
volta, Hermione allungò la strada per tornare al suo posto, passando giusto
accanto al calderone di Malfoy e allungando la provetta sopra la superficie
della pozione.
Lo sguardo altezzoso di Hermione, l’imprecazione degna di Mundungus Fletcher
ringhiata da Draco e lo strillo isterico di Neville, accortosi che il suo
agonizzante intruglio era ormai giunto alla fine, avvennero quasi
contemporaneamente.
Insieme alla più grande esplosione che la memoria di Severus Piton
riuscisse a ricordare…
***
Il primo pensiero che il professore di Pozioni riuscì a formulare fu
un’imprecazione che sarebbe meglio non riferire, se non vogliamo alzare il
rating della storia; il secondo fu che gli serviva assolutamente una lunga
vacanza.
Magari ad Honhululu, o a Bora Bora.
Di certo, abbastanza lontano da Hogwarts, se non voleva passare il resto della
sua vita ad Azkaban per omicidio e uso improprio (ma, a suo modesto parere,
assolutamente azzeccato) della maledizione Avada Kedavra su qualsiasi studente
si fosse trovato d’innanzi.
Ancora radicato alla cattedra, coperto di pastoso intruglio viola scuro,
puzzolente quanto un carro intero di fiori marciti, lasciati sotto il sole di
agosto, trasse un respiro profondo.
Moooolto profondo, tanto che rischiò un’embolia.
Togliendosi quella sottospecie di marmellata dagli occhi e dal volto, si alzò in
piedi, cercando di tacitare le urla e il chiacchiericcio degli studenti, chi
lamentava ustioni e chi, approfittando della situazione, faceva sfociare la
situazione nella classica rissa Gryffindor-Slytherin.
-Silenzio!- tuonò, sovrastando il baccano generale.
Tutti gli alunni si bloccarono istantaneamente, il rimbrotto di Piton ebbe la
stessa, efficace funzione di un Incantesimo Congelante: non era certo cosa di
tutti i giorni il privilegio di udire la voce di Severus Piton
raggiungere toni così acuti e infuriati.
Goyle sferrò un ultimo pugno sulla zucca di Seamus Finnigan, che stava
lentamente soffocando nella stretta affettuosa del succitato Sytherin, prima che
il professore parlasse nuovamente.
Si guardò intorno, gli occhi scuri stretti con sospetto.
Ma, ai più esperti, fu chiaro che stesse dedicandosi alla sua attività
prediletta: la Legilimanzia.
E’ noto che Harry Potter ha brutti, bruttissimi ricordi legati all’uso
(mai imparato, a dirla tutta) di questa pratica; reminescenze che coinvolgono un
Piton adolescente, ingiuriato da suo padre, e alcune incursioni non volute nei
pensieri di Potter da parte del Signore Oscuro, che, ammettiamolo, se lo avesse
saputo prima, avrebbe sfruttato ampiamente la cosa.
Ma lasciamo Lord Voldemort a mangiarsi le mani in santa Pace, e torniamo alla
situazione dell’aula di Pozioni.
L’uomo, dopo una rapida sortita tra i pensieri dei suoi pupilli, – si sorprese,
in verità, di averne trovati nei cervelli di Weasley e Tiger, senza offesa per
uno dei suoi, ma anche Piton si rendeva conto che, forse, uno Schiopodo
era più intelligente – puntò un dito accusatore, vagamente macchiato di viola,
contro Hermione, ancora ferma di fianco al calderone di Malfoy e rivestita di
pastoso liquido scuro dalla testa ai piedi.
-Granger, cosa diavolo hai combinato?!- sbottò, avvicinandosi alla ragazza in un
lampo.
Questa prese fiato innumerevoli volte, cercando di dire qualcosa, qualsiasi
cosa e, nel contempo, di ignorare il sogghigno compiaciuto che si era
dipinto sulla faccia da schiaffi di Draco.
Incredibile quanto potesse risultare irritante anche assomigliando ad un
biscotto coperto di marmellata.
-I-io niente, signore…-
-Niente, davvero?- incalzò Piton, facendo un ampio gesto e includendo le pareti
macchiate dell’aula e i compagni di classe, ora tutti concentrati sulla sfuriata
che le stava facendo –Dice che rendere la mia aula peggio di una cucina, ove
orde di elfi domestici impazziti si divertono a tirarsi addosso un pastoso
intruglio simile a marmellata, è niente?-
Aveva sputato questa frase tutta d’un fiato: la maggior parte degli alunni si
era persa a “orde”, per quanto riguarda Tiger e Goyle, forse, non avevano
nemmeno compreso la prima parte; ma Hermione riuscì comunque a cogliere il
riferimento agli elfi domestici, e la cose non le piacque.
Poteva vedere, alle spalle dell’uomo, Harry e Ron, sporchi e graffiati per la
piccola rissa che era scoppiata, guardarla e stringere la bacchetta.
La ragazza agghiacciò, sapendo benissimo che sarebbero arrivati a Schiantare
Piton, se solo avessero avuto un valido motivo, come scusa l’infantile ma sempre
efficace motto “lesioni alla nostra amica Hermione”.
Riprese il controllo della situazione e aprì bocca per replicare quando, a
sorpresa, il professore voltò lo sguardo verso Malfoy, ancora sorridente.
-Quanto a lei, signor Malfoy, mi ritengo deluso grandemente dal suo
comportamento, credevo fosse in grado di tenere a bada..- lasciò cadere la frase
nel vuoto, rivolgendo un’occhiata eloquente all’indirizzo di Hermione, che si
gonfiò, indignata dalla frecciatina neanche troppo velata.
Se tutti gli Slytherin erano esterrefatti da ciò che Piton aveva appena detto e
i Gryffindor erano piacevolmente soddisfatti, Draco Malfoy non riuscì a credere
a quello che aveva sentito.
Ritenne che, certamente, una generosa quantità di intruglio, oltre che sui
capelli, gli fosse finito anche nella orecchie, ledendogli gravemente i timpani.
Severus Piton aveva appena fatto una critica a lui? A Draco Lucius Malfoy?
-Professore, cosa…-
-Come mi spiegate la provetta che entrambi tenete in mano, allora?- ribattè
l’uomo, indicando con un cenno la sottile fialetta di cristallo che Hermione
stringeva nella destra e il ragazzo nella sinistra.
Entrambi abbassarono, con orrore, gli occhi sulle loro mani, quasi giunte, per
la seconda volta quel giorno in meno di due ore. Si staccarono immediatamente,
mentre la provetta cadeva nella pozione del giovane in un fragoroso risucchio.
Nell’aula scese un imbarazzante silenzio, interrotto da qualche discreto
colpo di tosse: né Hermione né tanto meno Malfoy si sognavano di interromperlo,
l’una impegnata a tenere intatta la sua vacillante dignità, l’altro ancora
perplesso dalla critica di Piton.
Il professore, tuttavia, aveva esaurito la sua alquanto scarsa pazienza.
-Adesso, Granger, andrai dritta di filato dalla professoressa McGranitt,
cinquanta punti in meno…a testa- aggiunse, smorzando l’espressione gongolante di
Draco.
Le Serpi e i Grifoni emisero un sospiro collettivo sinceramente frustrato,
masticando imprecazioni all’indirizzo di Piton; forse per la prima volta dai
gloriosi tempi andati dei Fondatori, si trovarono d’accordo su qualcosa: i
professori sapevano essere individui parecchio maligni, per natura.
Frattanto, Neville si stava ponendo un quesito fondamentale: com’era possibile
che Severus Piton non avesse capito che l’Esplosione – ormai già entrata negli
annali di Hogwarts – fosse giunta dal suo calderone e non da quello di
Malfoy? Come mai non s’era accorto che, adesso, il suo fu paiolo era
ridotto ad un ammazzo fuso e puzzolente, impiastricciato di densa pozione viola?
Probabilmente, si disse, Hermione Granger e Draco Malfoy che si tenevano per
mano sopra un calderone, attaccati saldamente ad una provetta, era una scena
molto più plateale che i suoi soliti disastri.
O più semplicemente, per una volta l’astuto e attento Piton non era riuscito a
cogliere i pensieri di Paciock, intento a soffocare causa l’intruglio che gli
era finito in bocca, solamente perché, in quel momento, non ne aveva…
***
Hermione, ancora impiastricciata di pozione viola, fissò sconsolata la punta
delle sue scarpe, macchiate ormai irrimediabilmente: neanche il “Gratta e
Netta” più efficace sarebbe servito a qualcosa. Stava anche sporcando il
tappeto dell’ufficio, ora che notava…
Tuttavia, lo sconforto non era dovuto allo stato delle sue calzature o alla
tintura viola che stava acquisendo la moquette, quanto piuttosto al cipiglio
severo che Minerva McGranitt le stava rivolgendo al di là della cattedra,
talmente ingombra di fogli e scartoffie varie che perfino Caramell avrebbe
invidiato avere sulla propria scrivania.
Una delle leggende di Hogwarts vuole che tanto più le labbra della professoressa
McGranitt sono sottili, quanto la punizione che uscirà da esse sarà rigorosa.
Ed ora, la bocca della donna era praticamente scomparsa.
-Mi addolora questo tuo comportamento, signorina Granger- decretò, squadrandola
dall’alto in basso –Non ti credevo capace di tali sconsiderati infantilismi…-
-Ma professoressa- Hermione alzò timidamente lo sguardo –Non sono stata io, la
pozione di Malf…- ma la McGranitt alzò una mano, smorzando la parlantina della
ragazza.
La fissò ancora, inflessibile.
-Ritengo necessario assegnarti una punizione esemplare, a te e anche al signor
Malfoy- concluse. Il suo tono era talmente definitivo che Hermione non osò
replicare.
Non poteva certo dire che l’Esplosione era stata causata dalla pozione di
Neville: non solo Piton se ne sarebbe fregato altamente, ma avrebbe messo anche
lui in punizione, per un fatto che poi, per la prima volta, non era nemmeno
colpa sua.
Si limitò ad annuire, sinceramente abbattuta.
Minerva sembrò soddisfatta.
-Puoi andare, adesso- fece un cenno con il capo verso la porta –Vi comunicheremo
il provvedimento una volta deciso…-
La ragazza sospirò, uscendo dalla stanza e chiudendo discretamente la porta; se
avesse voluto sfogare ciò che sentiva, avrebbe scardinato il suddetto portone e
gli avrebbe dato fuoco all’istante.
Ma si sa, Hermione Granger è nota per saper controllare in modo ottimale le sue
pulsioni da Gryffindor impulsivo: così, mentre si avviava lungo il corridoio,
lasciando dietro di sé orme di marmellata viola scuro, – che Gazza avrebbe
impiegato parecchie ore ed imprecazioni per pulire - si concesse solo un morso
di rabbia alla bocca dello stomaco.
Qualunque cosa succedesse, era sempre colpa di Draco Malfoy: le scandalose
notizie che imperversavano al quarto anno le aveva diffuse lui, le spille che
beffeggiavano Harry erano una sua creazione, la Squadra d’Inquisizione faceva
capo alla Umbridge solo di facciata, visto che era Malfoy stesso a svolgere il
ruolo principale.
Ed ora questo.
La teatrale Esplosione e la loro Conseguente ma Immeritata Punizione.
Chissà, forse l’unico neurone che aveva in quella testa bionda non trovava altro
modo per divertirsi che mettere in ridicolo altre persone, Neville e i
Gryffindor specialmente.
Draco Lucius Malfoy, pensò, diciassette anni di idiozia concentrata…
Ma l’aspetto che più indispettiva Hermione era proprio quel “loro”:
essere capitata, di sua spontanea volontà, proprio in mezzo ad una delle tanto
decantate “imprese” di Malfoy, conclusasi in modo, probabilmente, molto
diverso da come il ragazzo si aspettava, non era certo quello che più
desiderava…
***
Come Piton e la McGranitt avevano caldamente promesso, così fecero.
Assegnarono loro la punizione più vecchia del mondo, da che Hogwarts era Hogwarts: riordinare un reparto della Biblioteca, senza ovviamente usare la magia.
Malfoy incassò il colpo con un certo stile, una smorfia stupefatta e vagamente disgustata in volto; Hermione, dal canto suo, si limitò a sospirare affranta, memorizzando l’errore e rammentandosi di imparare da esso. Decise che ogni colpo di testa o rivalsa volesse compiere, avrebbe lasciato la letizia della dolce Némesis a Ron e Harry.
Draco guardò Hermione.
Hermione guardò Draco.
Un’identica espressione sconsolata aleggiava nei loro sguardi, sostituita quasi subito dall’occhiata schifata che si rivolsero.
Rischiavano pure di trovarsi d’accordo su qualcosa.
Merlino, adesso sì che avevano davvero toccato il fondo…
...to be continued...