Grazie Kagome per la costanza ^_^ Quanto alla tua domanda su Silente temo che la spiegazione sia banalmente una sola: se Albus avesse agito personalmente J.K.R. si sarebbe bruciata la trama. Non avrebbe potuto scrivere così tanti libri e non sarebbe più stata la saga di Harry Potter, ma quella di Silente ;)
2.
Uno sbaglio da non replicare.
“Draco ha
bisogno di te, Severus, più che mai” – rispose laconico Silente – “Di te, non di
me”.
Poi,
prima che Piton trovasse le parole giuste con cui obiettare, aggiunse –
“Potremmo anche tentare di nasconderlo in un luogo inaccessibile a Voldemort, ma
tu ed io sappiamo fin troppo bene che nemmeno questo lo terrebbe davvero al
sicuro. Anche se usassimo l’Incanto Fidelius e il Custode fosse la persona più
fidata; anche se non si ripetesse ciò che accadde con i Potter. Draco potrebbe
non volerne sapere di rimanere nascosto, potrebbe comunque imboccare la strada
sbagliata e perdersi. No, non voglio rischiare e nemmeno tu lo desideri; troppe
volte ti ho visto scrutarlo preoccupato, già in passato, oppure ti ho ascoltato
mentre mi dicevi, col timore nella voce, che il cognome di quel ragazzo è
un’eredità eccessivamente pesante… “.
Il mago
bruno gli tolse la parola, anche se intimamente doveva dargli ragione – “Va
bene, ammetto che Draco deve essere fermato e protetto e che io più di chiunque
altro desidero preservarlo dai miei stessi errori di gioventù, ma questo non
implica che debba accettare l’improponibile comando che lei pretende di farmi
adempiere”.
“Severus,
Severus… “ – lo ammonì il Preside – “Non fingere di non capire. Non sei mai
stato uno sciocco. Sai cosa intendevo dire: Draco ha bisogno di una guida e non
posso essere io. Non ho, né mai ho avuto, l’autorità e la confidenza per
esserlo. Posso dominare, almeno fino ad un certo punto, la sua volontà di
ragazzo, giovane com’è, ma non posso mostrargli ciò che è giusto, perché a me
non darebbe ascolto. Ma a te sì, Severus. E’ sempre stato il tuo pupillo, ti ha
sempre rispettato e preso ad esempio. Ora ce l’ha con te, ma non sarebbe
difficile per te riconquistare la sua stima e fiducia e vegliare su di lui,
perché non bruci la sua anima e il suo futuro. Inoltre, nel caso non ci sia modo
per tenerlo lontano da Voldemort, tu, a differenza di me, saresti in condizioni
di proteggerlo anche dinnanzi a lui. Ne saresti capace. Io no, anche se
sopravvivessi”.
Il
pozionista si spazientì, anche se esteriormente aveva ritrovato tutta la propria
glaciale calma.
Maledizione Albus, non mi importa nulla del fatto che hai dannatamente
ragione. Non voglio ucciderti, nemmeno per Draco. Ho sempre temuto per lui e
detestato che il mio ruolo di spia mi imponesse di essere per quel ragazzo un
pessimo esempio, dato che mi ha sempre creduto e tuttora mi crede un fedele
Mangiamorte.
Ho sempre
rivisto in lui il ragazzino folle che sono stato, che avrebbe potuto fermarsi in
tempo e, invece, si è gettato da sé nel più profondo dei baratri. Questo mi ha
sempre fatto orrore. Vederlo cadere, sarebbe peggio che fallire, sarebbe come
replicare il passato.
Darei me
stesso per saperlo salvo e al sicuro dal commettere la più assurda, dolorosa
sciocchezza che si possa compiere in un’esistenza intera, ma è la mia di vita
che potrei sacrificare, non la tua, testardissimo
mulo.
“Lei
dovrebbe pensare solo alla causa, non a Malfoy ed io non sono ancora affatto
convinto che il suo sacrificio non sia controproducente. Potrebbe essere un
disastro per l’Ordine” – rimproverò aspramente a Silente, tentando di non
pensare a tutti i ragionamenti sensati che il vecchio gli aveva fatto più volte
per dimostrargli il contrario e a quel che gli aveva letto nella mente poco
prima.
Il
Preside rise, ma il suo sguardo in un attimo si fece tagliente, come se
cominciasse ad essere profondamente seccato – “Non mi offenderò con te, Severus,
solo perché mi rendo conto che non pensi realmente quel che hai appena detto.
Altrimenti, riterrei decisamente oltraggioso che proprio tu metta in dubbio la
mia dedizione alla causa. Ne abbiamo già discusso fin troppo. Non vanificherei
mai la lotta e i sacrifici che abbiamo compiuto finora e mi addolora anche solo
sentirti dire il contrario. Inoltre, se esiste un modo per impedirlo, senza
danneggiare la causa e senza ledere te e Draco, io per primo non ci tengo
particolarmente a morire, anche se non nutro alcun timore per la morte. Non ti
ho certo vietato di cercare fino all’ultimo una soluzione, ma non è bene che ci
facciamo illusioni. Le illusioni fanno male, Severus, non c’è necessità che sia
io a spiegartelo, vero?”.
Piton
strinse i pugni e serrò la bocca fino a far sbiancare le labbra, ridotte ad una
linea sottile sul volto contratto.
Hai
deciso di farmi impazzire, Albus? Di torturarmi rinfacciandomi ciò che mi
opprime da sempre?
Lo so
quant’è tagliente una speranza infranta. So benissimo che ci sono poche
probabilità di trovare un’altra via, per salvare sia me che te e mettere al
sicuro Draco.
Tu questa
volta non ne hai accennato, ma sono consapevole anche del fatto che, per quanto
io ce l’abbia messa davvero tutta, la maledizione che ha colpito la tua mano,
finora, ha solo rallentato il suo corso letale, però non è neutralizzata
completamente.
Non sono
riuscito a bloccarla o annullarla, ma devi darmi
tempo.
Posso
farcela, devo riuscirci, e poi, al diavolo la causa e gli Horcrux e il fatto
che, stando accanto all’Oscuro Signore potrei scoprire più facilmente di te
quali sono e dove sono nascosti. Al diavolo tutto, Albus, se riesco a fermare
quel maleficio non avrai più appigli per convincermi che solo tu sei
sacrificabile.
Non
riusciva nemmeno a pensare a tutti gli altri motivi, pur validissimi, per cui
avrebbe dovuto obbedirgli. Non voleva pensarci, proprio perché erano più che
ragionevoli, e lo inchiodavano a responsabilità che travalicavano i suoi
sentimenti per il vecchio mago. Responsabilità di chi ha scelto di porsi in una
posizione tale da poter fare la differenza tra una guerra persa ed una vittoria
definitiva.
Per
questo tentava disperatamente di trovare una soluzione ai due problemi che
apparivano più insormontabili, trascurando il resto, nella speranza che se
avesse eliminato quei due scogli – Draco e la maledizione lasciata dall’Horcrux
– poi avrebbe potuto fingere che qualunque altra motivazione di Silente non
avesse importanza.
Dammi
ancora tempo, Albus. Ho bisogno di tempo per studiare una cura
definitiva.
Posso
trovarla, deve esistere da qualche parte, in un libro, in una pergamena… Non può
non esserci scampo.
Ho
bisogno di altro tempo.
“Non
abbiamo più tempo, Severus, mi spiace” – replicò il Preside, senza minimamente
peritarsi di nascondere che aveva letto i pensieri dell’altro con estrema
chiarezza, anche senza legilimanzia, semplicemente perché lo conosceva a fondo –
“Draco finirà col combinare qualcosa di più sostanzioso e diretto di quanto non
abbia fatto finora con la collana e il veleno e dobbiamo essere pronti, in
qualunque momento accada. Quando agirà, non avremo più altre opportunità e temo
che lo farà presto. Deve tentare prima che la scuola finisca, per non bruciarsi
ogni possibilità di manovra. Il nostro tempo è quasi scaduto, che ci piaccia o
meno”.
“Questo è
vero, ma… “ – cercò di opporsi ancora il mago bruno, con la voce arrochita
dall’angoscia. Aveva preso a tormentare la stoffa nera della veste, però non se
ne rendeva conto, così come non si accorgeva, una volta tanto, che, nonostante
si imponesse l’usuale autocontrollo, l’invisibile maschera di sprezzante e
crudele gelo che indossava sempre era caduta, lasciando che il suo volto
diventasse assai più eloquente di qualunque parola.
Silente
osservò i pallidi aguzzi lineamenti della sua spia e scosse il
capo.
Mi
spiace, ragazzo mio, davvero è come se avessi i giorni contati e, a maggior
ragione, non li sprecherò cercando inutili
scappatoie.
Tu
tenterai ancora, lo so e mi rende felice che sia così, che tu tenga tanto a me,
ma io ho altro a cui pensare adesso.
Harry è
quasi pronto; finalmente lui stesso vuole esserlo e io non sprecherò nemmeno una
delle giornate che mi restano per cercare di trovare un rimedio alla maledizione
di quell’anello.
Non sono
nemmeno certo di volerlo trovare, sai.
Se
riuscissimo a bloccare il male che mi consuma dall’interno, tu pretenderesti di
vedermi vivere, a costo della tua esistenza ed io questo non lo
desidero.
Una volta
tanto, dal momento che non nuoce alla causa, voglio prendere io il fardello più
pesante, anzi che imporlo ad altri.
Non
voglio sopravviverti, Severus. Non vorrei mai, alla fine di questa estenuante
guerra, sopravvivere a te o a Harry.
Siete
troppo giovani ancora e importanti non solo per la causa, perché un vecchio come
me possa accettare di seppellirvi.
Fece un
ampio gesto, utilizzando appositamente la mano annerita e ferita, come a
significare che considerava chiuso questo specifico
argomento.
“Farai
come ti dico” – sentenziò poi pacato, con un sorriso gentile ad illuminargli
anche lo sguardo – “Perché è giusto e non hai mai mancato, dal momento in cui
hai abbandonato Voldemort, di scegliere per il meglio. E poi porterai a termine
ciò che abbiamo progettato nei dettagli e intanto ti prenderai cura di Draco. Ci
tengo particolarmente a che quel ragazzo non commetta errori irreparabili. Ci
tengo non meno di quanto fai tu”.
“Perché?”
– domandò Piton secco. Non gli piaceva tutto quell’improvviso interesse di
Silente per Draco Malfoy. Non perché non tenesse al ragazzo, ma perché, se solo
non ci fosse stata la salvezza dell’anima del giovane di mezzo, non gli sarebbe
importato più di nulla, né degli ordini, né del Voto
Infrangibile.
Draco lo
angosciava più della maledizione legata all’anello di Orvoloson Gaunt. A quella
sperava ancora, contro ogni evidenza, di trovare riparo, ma Draco era tutt’altra
cosa.
Non si
poteva limitare a desiderare che sopravvivesse, voleva che non gettasse via
libertà, dignità, anima e coscienza per macchiarsi le mani di sangue
innocente.
Non era
per questo, però, che aveva stipulato il Voto Infrangibile con Narcissa. Mai
avrebbe commesso una simile leggerezza.
Il Voto
era una gabbia che gli si era stretta attorno imprevista, mentre tentava solo di
carpire informazioni che intuiva essere molto importanti e si sforzava di
neutralizzare i pericolosi sospetti di Bellatrix Lestrange sulla sua fedeltà a
voldemort.
L’aveva
accettato solo perché Narcissa aveva parlato di difendere Draco, nel
proporlo.
E lui
avrebbe comunque vigilato sul ragazzo, anche senza il Voto, ma Bellatrix non gli
aveva lasciato scampo e Minus origliava, come il sudicio ratto che era, dietro
alla porta pronto a correre da Voldemort, per riferire il minimo cedimento
sospetto.
Poi,
Narcissa aveva posto l’ultimo vincolo e lui si era sentito morire.
Ma aveva
giurato, perché non farlo avrebbe significato mancare al suo ruolo di spia. Quel
ruolo che era il suo unico scopo nella vita da ben diciassette anni, che lo
sosteneva permettendogli di andare avanti, che era tanto importante per la
causa, per la sua personale lotta contro l’Oscuro Signore, per
Silente.
Tirarsi
indietro a quel punto significava molto più che porre sul proprio capo una
condanna a morte che qualunque servo di Voldemort avrebbe potuto
eseguire.
Farlo
sarebbe stato gettare al vento quasi vent’anni della propria vita e di quella
del suo mentore, perché per ben diciassette anni Silente aveva lavorato con lui
per fare di Severus Piton la spia perfetta, dandogli totale e completa fiducia,
affidandogli la responsabilità del successo della parte più importante della
lotta, il ruolo di chi poteva minare il male dall’interno. Avrebbe significato
buttar via ogni sforzo compiuto per rimediare alle proprie colpe atroci che ogni
notte tornavano per tormentarlo dagli incubi e tradire la fiducia del
Preside.
Non
poteva tirarsi indietro, ma, dal momento in cui il vecchio gli aveva comunicato
che non gli avrebbe consentito di non adempiere al Voto, che non l’avrebbe
lasciato morire, che voleva essere ucciso da lui, nel caso più estremo, il mago
bruno aveva continuato a maledirsi per aver pronunciato quel
giuramento.
Aveva
solo compiuto diligentemente e responsabilmente il suo dovere di spia, ma non si
sentiva pronto a pagare il tipo di conseguenza che Silente pretendeva di
imporgli. Non gli importava di infrangere il Voto, ma uccidere ancora, togliere
la vita proprio al Preside, era il peggiore dei suoi incubi che diveniva
realtà.
Ora poi,
rendersi conto che, quasi sicuramente, non esisteva davvero alcuna soluzione
alternativa, e che, comunque, non avevano più il tempo sufficiente a trovarla,
lo faceva impazzire.
Dovevo
leggere prima nella mente di Narcissa, lasciar perdere l’imbarazzo ed il
rispetto per le sue lacrime e frugare la sua mente fino a trovare subito quel
che cercavo… ma non faceva che piangere, e anche quando non teneva gli occhi
chiusi, impedendomi di usare la legilimanzia, quelle lacrime facevano male. Era
doloroso vederle scorrere.
Narcissa
è una madre; piangeva proprio come mia madre.
Faceva
male e io non sono mai stato in grado di affrontare sentimenti così diretti
senza imbarazzo. No non lo sono mai stato.
Se solo
avessi saputo ignorare quelle lacrime.
Ma non
era riuscito a farlo, perché, a volte, perfino in lui il lato più umano prendeva
il sopravvento su tutto. Era una spia, ma non una
macchina.
Indossava
una maschera, ma possedeva un cuore.
Perfettamente inutile recriminare ormai.
Il Voto
era fatto e Draco era comunque un problema anche a prescindere da quel
giuramento.
Draco
aveva ancora un’anima immacolata, a differenza di lui. Era vano e ingiusto
prendersela con il ragazzo, così come era inutile la sua ultima domanda a
Silente.
E, se
avesse saputo cosa il Preside stava per rispondergli, forse non l’avrebbe mai
formulata.
Il
vecchio non aveva risposto subito, come se stesse decidendo se rivelare
interamente ciò che lo spingeva a preoccuparsi così tanto per Draco
Malfoy.
Infine,
si disse che ormai, dopo tutto quel che aveva detto e mostrato di sé al suo
uomo, a Severus, era inutile tacergli quell’ultima verità.
No, non
vedo perché non dovresti saperlo. Ci sono cose che voglio siano chiare tra noi,
finchè ho la possibilità di dirtele ed è giusto che tu comprenda fino in fondo.
“Perché
c’è un errore che reputo molto grave, anche nel mio passato, Severus” – rispose,
finalmente, con un sospiro.
“Non un
errore che molti possano rimproverarmi, magari” – continuò, fissando dritto nel
nero intenso degli occhi di Piton – “Ma io personalmente non smetterò mai di
rammaricarmene. E riguarda proprio te, Severus. Te e quel che avrei potuto e
dovuto fare, quand’eri ancora un ragazzo per evitare che tu diventassi un
Mangiamorte”.
“Non c’è
proprio nulla che lei dovesse fare. Ho sempre compiuto da solo le mie scelte.
Lei non ha a che fare con quel che sono stato” – ringhiò il mago bruno in un
impeto d’orgoglio e irritazione.
“Certamente” – replicò convinto Silente – “ Hai ampiamente dimostrato che
è così, proprio quando hai deciso di tornare sui tuoi passi: tu sai decidere di
te stesso. Ho sempre pensato che ognuno deve appunto compiere da solo le proprie
scelte, ma anche io sono un essere umano e tutti gli uomini hanno una coscienza.
La mia mi ripete da tempo che avrei dovuto far qualcosa perché tu non imboccassi
mai quella strada tanto sbagliata e dolorosa. Magari non sarebbe servito a
niente perché non ero io la persona che poteva trattenerti dal cedere al fascino
della magia oscura e a Voldemort, però avrei dovuto tentare, come uomo e come
educatore”.
“E perché
mai?” – domandò Piton che cominciava a innervosirsi sul serio – “Cosa crede che
sarebbe cambiato? Io ho sbagliato, ma ho sempre e solo seguito me
stesso”.
Cosa vuoi
dire, Albus? Sei sempre stato tu ad affermare che solo io decido della mia vita.
Se non
l’avessi voluto non sarei mai diventato nemmeno la tua spia, qualunque cosa tu
potessi dirmi.
Le mie
colpe sono solo mie, tu non hai nulla da
rimproverarti.
La verità
era che gli pareva di essere sminuito dalle parole del Preside e,
contemporaneamente, avrebbe voluto evitare che il vecchio terminasse il discorso
nel modo che ormai temeva.
“Andiamo,
Severus” – lo rabbonì il vecchio mago canuto – “Non sto certo dicendo che avrei
dovuto tentare di fermarti in chissà quale complicato e melodrammatico modo, con
qualche compassionevole stratagemma. O che avrei mai potuto farti fare qualcosa
che non volevi fare. Ma avrei potuto parlarti con tutta franchezza, in molte
occasioni, prima che tu lasciassi la scuola e ora, indipendentemente dal fatto
che sarebbe servito o meno, rimpiango di non averci
provato”.
Non stava
mentendo, il rimorso brillava davvero dietro alle lenti a
mezzaluna.
Il mago
più giovane fece un cenno secco con la mano e rispose gelido – “Un rimpianto
inutile. Non le avrei mai dato retta!”.
Silente
taceva e Piton decise di approfittarne per tentare di troncare definitivamente
il discorso, ormai certo che non gli sarebbe piaciuta la conclusione cui il
Preside voleva arrivare.
Era
sicuro che non voleva sentirla, perché poi sarebbe stato difficile far finta di
niente e scordare la confessione del vecchio.
La logica
e i ragionamenti di Silente, specialmente quando riguardavano strettamente la
causa, erano qualcosa cui poteva sempre ribattere e opporsi. Molte volte non si
erano trovati d’accordo e lui aveva sempre avuto voce in capitolo, per dire la
sua e magari convincere il suo mentore a cambiare
strategia.
Proprio
come Silente gli aveva detto al principio, quando Severus aveva accettato la
proposta di diventare la sua spia, era sua l’ultima parola e la scelta, non era
il vecchio ad imporgli come agire.
Silente
faceva valere la propria saggezza ed esperienza, ma era Piton a valutare se quel
che gli veniva richiesto era accettabile.
Però, se
contro i lucidi ragionamenti del Preside possedeva l’arma della sua altrettanto
acuta e ferrea logica, l’umanità del mago più anziano aveva ancora il potere di
lasciarlo inerme, spiazzandolo, perché era totale, e profonda e Silente non la
utilizzava mai in modo tale da umiliarlo o giocare con
lui.
Poteva a
volte valersene nella consapevolezza dell’effetto che suscitava in Piton, ma era
sempre sincero nel mostrare il proprio lato più fragile e
vero.
Quando
Silente smetteva i panni del condottiero privo di paure ed esitazioni, per
mostrare soltanto l’uomo, Severus Piton, per quanto potesse riuscire a non
dimostrarlo, ne era sempre toccato nel più profondo
dell’anima.
Ma ora si
tratta della tua vita e della tua morte, Albus.
Non
intendo lasciarmi commuovere.
Perciò,
assunse un’aria fredda, annoiata, e lievemente ironica e soggiunse – “Comunque
sia, anche se avessi deciso di ascoltarla allora, non vedo perché avrei dovuto
ricevere un trattamento di favore. Non c’è bisogno che le ricordi che molti dei
suoi ex allievi sono diventati e sono tuttora Mangiamorte. Non mi dirà che si
sente in colpa per non aver tentato di fermare anche tutti loro? Non confonda il
fatto che ora lavoro per lei e sono la sua spia con doveri che non ha mai avuto
in passato nei miei confronti”.
Le sue
parole erano state volutamente odiose e gelide e sperò che Silente non avrebbe
avuto nulla di veramente sensato da replicare.
Mi
spiace, Albus, ma non è il caso di lasciarti fare il sentimentale con me in
questa situazione.
Non me la
sento. Preferisco tenerti a distanza ancor più di quanto io non faccia di
solito, piuttosto che rischiare di farmi intenerire da
te.
Non
voglio che tu possa convincermi o blandirmi.
Ho sempre
avuto più riguardo per te che con chiunque altro, ma eccoti il Severus Piton che
tutti conoscono, se serve a farti star zitto.
Il
vecchio però sorrise indulgente, con uno sguardo decisamente eloquente. Per un
istante parve perfino sul punto di ridere.
Oh, su
ragazzo mio, forza, fammi vedere quanto è dura la tua scorza. Vediamo, quanto
riesci a mostrarti acido e indisponente.
Ma se
credi che questo basti a farmi tacere ora, allora, mi spiace, ma dovrò
disilluderti.
Puoi
essere odioso, gelido e sarcastico quanto ti pare con il mondo, Severus, puoi
armarti di quel bel caratterino che ti ritrovi e tenere tutti a bada tanto
bene.
E’ quasi
il tuo motto, ci scommetto: “Mi detestate tutti? Bene, eccovi delle buone
ragioni per farlo”.
E questo
che pensi, no?
Ma io ti
conosco, ragazzo e con me non attacca. Io so quando sei davvero irritato e ho
avuto diciassette anni per imparare a riconoscere la tua vera espressione di
superiorità, quando ritieni di essere nel giusto. So quando una cosa ti suona
insensata e quando disprezzi qualcosa o
qualcuno.
La verità
è che hai già capito cosa intendo dirti e non ti va di sentirlo, perché sai che
ho ragione.
Pazienza,
Severus, mi ascolterai ugualmente.
“Non un
trattamento di favore” – replicò sicuro e non meno irridente del mago più
giovane – “Perché per gli altri non c’era nulla che potessi fare. Dunque mi
spiace per loro, nonché per me stesso, perché preferirei di gran lunga che
Voldemort avesse meno adepti. Ci faciliterebbe immensamente le cose e il mio
orgoglio sarebbe ben lieto se meno ex allievi mi avessero lasciato per lui. Ma
non ho mai avuto possibilità con loro e io non indulgo al rimorso a tal punto da
rinfacciare a me stesso di non aver tentato un’impresa impossibile come quella,
ad esempio, di tenere Bellatrix Lestrange lontana dal padrone su cui si compiace
di riversare il suo innato fanatismo”.
Poi
atteggiò provocatoriamente il volto alla stessa smorfia di Piton e, imitando
volutamente anche le sue parole, aggiunse – “Non c’è bisogno, Severus, che ti
ricordi che, mente tutti coloro cui hai alluso sono ancora leali Mangiamorte, tu
non lo sei più da quasi vent’anni, proprio perché non sopportavi di esserlo e
servire Voldemort ti faceva orrore”.
I
lineamenti del mago bruno si contrassero, mentre accusava il colpo, ma non gli
fu dato il tempo di replicare.
“La tua
natura era diversa, Severus” – proseguì, imperterrito, Silente – “C’è sempre
stato qualcosa di profondamente positivo in te, pur se lo nascondevi bene e a
prescindere dal tuo carattere. Sempre, anche quando eri solo un ragazzo, e se
così non fosse oggi non saresti quello che sei. C’era speranza per te e, così
come hai saputo venir fuori dall’incubo in cui ti eri volontariamente cacciato,
avresti anche potuto non diventare mai un servo di Voldemort, se solo
determinati nodi fossero stati sciolti in tempo. Io avevo scorto questa
speranza, ma non ho fatto nulla per evitarti i tuoi errori e questo mi spiace
immensamente. Gli altri non sono mai tornati indietro, ma tu sì, e mi rammarico
che tu abbia intrapreso quel sentiero sbagliato quando esisteva la possibilità
di fermare i tuoi passi. Ormai è tardi, ma quanta sofferenza ti sarebbe stata
risparmiata? Quante cose sarebbero andate diversamente? Ti rendi conto, Severus,
di quanto più vivo saresti ora? Draco è come te, Severus, per lui c’è speranza e
io lo vedo, lo so. E’ come eri tu, e per lui c’è ancora tempo, posso ancora
stendere la mano e frenare la sua caduta prima che si ferisca come è accaduto a
te. Posso e lo farò a qualunque costo, perché quando ebbi la certezza che tu
davvero non eri fatto per le tenebre ho giurato a me stesso che non avrei mai
più replicato l’errore commesso con te. Probabilmente non mi resta molto tempo,
ma ti assicuro che me ne andrò in pace con me stesso, sapendo quel ragazzo al
sicuro, e tu mi aiuterai, perché sai che ho
ragione”.
Mi
aiuterai a fermarlo in tempo, di modo che non conosca i tuoi stessi incubi e
possa vivere pienamente, anzi che limitarsi a sopravvivere come fai
tu.
Inoltre,
avrai bisogno di Draco. Voglio che tu viva, e se per ottenere questo dovrò
essere ucciso da te non mi importa, ma sono consapevole di quanto male ti
arrecherò e del rimorso che ti infliggerai.
Però, non
posso permettere che tu ti lasci andare e so che non lo farai se dovrai
occuparti del giovane Malfoy.
Supererai
anche questa prova. Se non per te stesso, lo farai per
Draco.
“Capisco”
– dichiarò Piton, secco, fingendo di non aver compreso il senso più recondito
delle parole del Preside – “Ma questo è un problema che riguarda solo la sua
coscienza, non me. Io non le ho mai chiesto nulla al riguardo e, se ha dei
rimpianti, ciò non cambia il mio modo di vedere la cosa. La sua richiesta, per
me, resta inaccettabile”.
Dopo di
che, senza dargli alcuna possibilità di replicare oltre, gli voltò le spalle e
lasciò lo studio a passo di carica.
Silente
sospirò – Va bene, ragazzo mio, prenditi
il tempo necessario per pensarci e per accettare la cosa. So quant’è difficile,
ma non ho dubbi, farai la scelta giusta, come al solito, per quanto dolorosa
possa essere per te. Io e te sappiamo compiere grandi sacrifici, ne abbiamo già
fatti così tanti…