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Autore: Nykyo    10/11/2006    6 recensioni
Quale rapporto lega Albus Silente e Severus Piton? Qual è la vera natura di Silente: è solo un abile stratega, un condottiero che muove le sue pedine sulla scacchiera della guerra, o è anche un uomo, capace di paterno affetto? La vicenda dei diciassette anni trascorsi da Piton e Silente, fianco a fianco, raccontata dal punto di vista di chi, come il Preside, ha fiducia in Severus Piton.
Questo racconto ha vinto il primo premio al concorso "Piton e la Giustizia" del Sotterraneo di Piton
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Grazie Kagome per la costanza ^_^ Quanto alla tua domanda su Silente temo che la spiegazione sia banalmente una sola: se Albus avesse agito personalmente J.K.R. si sarebbe bruciata la trama. Non avrebbe potuto scrivere così tanti libri e non sarebbe più stata la saga di Harry Potter, ma quella di Silente ;)

 

 

 

 

 

2. Uno sbaglio da non replicare.

 

 

“Draco ha bisogno di te, Severus, più che mai” – rispose laconico Silente – “Di te, non di me”.

Poi, prima che Piton trovasse le parole giuste con cui obiettare, aggiunse – “Potremmo anche tentare di nasconderlo in un luogo inaccessibile a Voldemort, ma tu ed io sappiamo fin troppo bene che nemmeno questo lo terrebbe davvero al sicuro. Anche se usassimo l’Incanto Fidelius e il Custode fosse la persona più fidata; anche se non si ripetesse ciò che accadde con i Potter. Draco potrebbe non volerne sapere di rimanere nascosto, potrebbe comunque imboccare la strada sbagliata e perdersi. No, non voglio rischiare e nemmeno tu lo desideri; troppe volte ti ho visto scrutarlo preoccupato, già in passato, oppure ti ho ascoltato mentre mi dicevi, col timore nella voce, che il cognome di quel ragazzo è un’eredità eccessivamente pesante… “.

Il mago bruno gli tolse la parola, anche se intimamente doveva dargli ragione – “Va bene, ammetto che Draco deve essere fermato e protetto e che io più di chiunque altro desidero preservarlo dai miei stessi errori di gioventù, ma questo non implica che debba accettare l’improponibile comando che lei pretende di farmi adempiere”.

“Severus, Severus… “ – lo ammonì il Preside – “Non fingere di non capire. Non sei mai stato uno sciocco. Sai cosa intendevo dire: Draco ha bisogno di una guida e non posso essere io. Non ho, né mai ho avuto, l’autorità e la confidenza per esserlo. Posso dominare, almeno fino ad un certo punto, la sua volontà di ragazzo, giovane com’è, ma non posso mostrargli ciò che è giusto, perché a me non darebbe ascolto. Ma a te sì, Severus. E’ sempre stato il tuo pupillo, ti ha sempre rispettato e preso ad esempio. Ora ce l’ha con te, ma non sarebbe difficile per te riconquistare la sua stima e fiducia e vegliare su di lui, perché non bruci la sua anima e il suo futuro. Inoltre, nel caso non ci sia modo per tenerlo lontano da Voldemort, tu, a differenza di me, saresti in condizioni di proteggerlo anche dinnanzi a lui. Ne saresti capace. Io no, anche se sopravvivessi”.

Il pozionista si spazientì, anche se esteriormente aveva ritrovato tutta la propria glaciale calma.

Maledizione Albus, non mi importa nulla del fatto che hai dannatamente ragione. Non voglio ucciderti, nemmeno per Draco. Ho sempre temuto per lui e detestato che il mio ruolo di spia mi imponesse di essere per quel ragazzo un pessimo esempio, dato che mi ha sempre creduto e tuttora mi crede un fedele Mangiamorte.

Ho sempre rivisto in lui il ragazzino folle che sono stato, che avrebbe potuto fermarsi in tempo e, invece, si è gettato da sé nel più profondo dei baratri. Questo mi ha sempre fatto orrore. Vederlo cadere, sarebbe peggio che fallire, sarebbe come replicare il passato.

Darei me stesso per saperlo salvo e al sicuro dal commettere la più assurda, dolorosa sciocchezza che si possa compiere in un’esistenza intera, ma è la mia di vita che potrei sacrificare, non la tua, testardissimo mulo.

“Lei dovrebbe pensare solo alla causa, non a Malfoy ed io non sono ancora affatto convinto che il suo sacrificio non sia controproducente. Potrebbe essere un disastro per l’Ordine” – rimproverò aspramente a Silente, tentando di non pensare a tutti i ragionamenti sensati che il vecchio gli aveva fatto più volte per dimostrargli il contrario e a quel che gli aveva letto nella mente poco prima.

Il Preside rise, ma il suo sguardo in un attimo si fece tagliente, come se cominciasse ad essere profondamente seccato – “Non mi offenderò con te, Severus, solo perché mi rendo conto che non pensi realmente quel che hai appena detto. Altrimenti, riterrei decisamente oltraggioso che proprio tu metta in dubbio la mia dedizione alla causa. Ne abbiamo già discusso fin troppo. Non vanificherei mai la lotta e i sacrifici che abbiamo compiuto finora e mi addolora anche solo sentirti dire il contrario. Inoltre, se esiste un modo per impedirlo, senza danneggiare la causa e senza ledere te e Draco, io per primo non ci tengo particolarmente a morire, anche se non nutro alcun timore per la morte. Non ti ho certo vietato di cercare fino all’ultimo una soluzione, ma non è bene che ci facciamo illusioni. Le illusioni fanno male, Severus, non c’è necessità che sia io a spiegartelo, vero?”.

Piton strinse i pugni e serrò la bocca fino a far sbiancare le labbra, ridotte ad una linea sottile sul volto contratto.

Hai deciso di farmi impazzire, Albus? Di torturarmi rinfacciandomi ciò che mi opprime da sempre?

Lo so quant’è tagliente una speranza infranta. So benissimo che ci sono poche probabilità di trovare un’altra via, per salvare sia me che te e mettere al sicuro Draco.

Tu questa volta non ne hai accennato, ma sono consapevole anche del fatto che, per quanto io ce l’abbia messa davvero tutta, la maledizione che ha colpito la tua mano, finora, ha solo rallentato il suo corso letale, però non è neutralizzata completamente.

Non sono riuscito a bloccarla o annullarla, ma devi darmi tempo.

Posso farcela, devo riuscirci, e poi, al diavolo la causa e gli Horcrux e il fatto che, stando accanto all’Oscuro Signore potrei scoprire più facilmente di te quali sono e dove sono nascosti. Al diavolo tutto, Albus, se riesco a fermare quel maleficio non avrai più appigli per convincermi che solo tu sei sacrificabile.

Non riusciva nemmeno a pensare a tutti gli altri motivi, pur validissimi, per cui avrebbe dovuto obbedirgli. Non voleva pensarci, proprio perché erano più che ragionevoli, e lo inchiodavano a responsabilità che travalicavano i suoi sentimenti per il vecchio mago. Responsabilità di chi ha scelto di porsi in una posizione tale da poter fare la differenza tra una guerra persa ed una vittoria definitiva.

Per questo tentava disperatamente di trovare una soluzione ai due problemi che apparivano più insormontabili, trascurando il resto, nella speranza che se avesse eliminato quei due scogli – Draco e la maledizione lasciata dall’Horcrux – poi avrebbe potuto fingere che qualunque altra motivazione di Silente non avesse importanza.

Dammi ancora tempo, Albus. Ho bisogno di tempo per studiare una cura definitiva.

Posso trovarla, deve esistere da qualche parte, in un libro, in una pergamena… Non può non esserci scampo.

Ho bisogno di altro tempo.

“Non abbiamo più tempo, Severus, mi spiace” – replicò il Preside, senza minimamente peritarsi di nascondere che aveva letto i pensieri dell’altro con estrema chiarezza, anche senza legilimanzia, semplicemente perché lo conosceva a fondo – “Draco finirà col combinare qualcosa di più sostanzioso e diretto di quanto non abbia fatto finora con la collana e il veleno e dobbiamo essere pronti, in qualunque momento accada. Quando agirà, non avremo più altre opportunità e temo che lo farà presto. Deve tentare prima che la scuola finisca, per non bruciarsi ogni possibilità di manovra. Il nostro tempo è quasi scaduto, che ci piaccia o meno”.

“Questo è vero, ma… “ – cercò di opporsi ancora il mago bruno, con la voce arrochita dall’angoscia. Aveva preso a tormentare la stoffa nera della veste, però non se ne rendeva conto, così come non si accorgeva, una volta tanto, che, nonostante si imponesse l’usuale autocontrollo, l’invisibile maschera di sprezzante e crudele gelo che indossava sempre era caduta, lasciando che il suo volto diventasse assai più eloquente di qualunque parola.

Silente osservò i pallidi aguzzi lineamenti della sua spia e scosse il capo.

Mi spiace, ragazzo mio, davvero è come se avessi i giorni contati e, a maggior ragione, non li sprecherò cercando inutili scappatoie.

Tu tenterai ancora, lo so e mi rende felice che sia così, che tu tenga tanto a me, ma io ho altro a cui pensare adesso.

Harry è quasi pronto; finalmente lui stesso vuole esserlo e io non sprecherò nemmeno una delle giornate che mi restano per cercare di trovare un rimedio alla maledizione di quell’anello.

Non sono nemmeno certo di volerlo trovare, sai.

Se riuscissimo a bloccare il male che mi consuma dall’interno, tu pretenderesti di vedermi vivere, a costo della tua esistenza ed io questo non lo desidero.

Una volta tanto, dal momento che non nuoce alla causa, voglio prendere io il fardello più pesante, anzi che imporlo ad altri.

Non voglio sopravviverti, Severus. Non vorrei mai, alla fine di questa estenuante guerra, sopravvivere a te o a Harry.

Siete troppo giovani ancora e importanti non solo per la causa, perché un vecchio come me possa accettare di seppellirvi.

Fece un ampio gesto, utilizzando appositamente la mano annerita e ferita, come a significare che considerava chiuso questo specifico argomento.

“Farai come ti dico” – sentenziò poi pacato, con un sorriso gentile ad illuminargli anche lo sguardo – “Perché è giusto e non hai mai mancato, dal momento in cui hai abbandonato Voldemort, di scegliere per il meglio. E poi porterai a termine ciò che abbiamo progettato nei dettagli e intanto ti prenderai cura di Draco. Ci tengo particolarmente a che quel ragazzo non commetta errori irreparabili. Ci tengo non meno di quanto fai tu”.

“Perché?” – domandò Piton secco. Non gli piaceva tutto quell’improvviso interesse di Silente per Draco Malfoy. Non perché non tenesse al ragazzo, ma perché, se solo non ci fosse stata la salvezza dell’anima del giovane di mezzo, non gli sarebbe importato più di nulla, né degli ordini, né del Voto Infrangibile.

Draco lo angosciava più della maledizione legata all’anello di Orvoloson Gaunt. A quella sperava ancora, contro ogni evidenza, di trovare riparo, ma Draco era tutt’altra cosa.

Non si poteva limitare a desiderare che sopravvivesse, voleva che non gettasse via libertà, dignità, anima e coscienza per macchiarsi le mani di sangue innocente.

Non era per questo, però, che aveva stipulato il Voto Infrangibile con Narcissa. Mai avrebbe commesso una simile leggerezza.

Il Voto era una gabbia che gli si era stretta attorno imprevista, mentre tentava solo di carpire informazioni che intuiva essere molto importanti e si sforzava di neutralizzare i pericolosi sospetti di Bellatrix Lestrange sulla sua fedeltà a voldemort.

L’aveva accettato solo perché Narcissa aveva parlato di difendere Draco, nel proporlo.

E lui avrebbe comunque vigilato sul ragazzo, anche senza il Voto, ma Bellatrix non gli aveva lasciato scampo e Minus origliava, come il sudicio ratto che era, dietro alla porta pronto a correre da Voldemort, per riferire il minimo cedimento sospetto.

Poi, Narcissa aveva posto l’ultimo vincolo e lui si era sentito morire.

Ma aveva giurato, perché non farlo avrebbe significato mancare al suo ruolo di spia. Quel ruolo che era il suo unico scopo nella vita da ben diciassette anni, che lo sosteneva permettendogli di andare avanti, che era tanto importante per la causa, per la sua personale lotta contro l’Oscuro Signore, per Silente.

Tirarsi indietro a quel punto significava molto più che porre sul proprio capo una condanna a morte che qualunque servo di Voldemort avrebbe potuto eseguire.

Farlo sarebbe stato gettare al vento quasi vent’anni della propria vita e di quella del suo mentore, perché per ben diciassette anni Silente aveva lavorato con lui per fare di Severus Piton la spia perfetta, dandogli totale e completa fiducia, affidandogli la responsabilità del successo della parte più importante della lotta, il ruolo di chi poteva minare il male dall’interno. Avrebbe significato buttar via ogni sforzo compiuto per rimediare alle proprie colpe atroci che ogni notte tornavano per tormentarlo dagli incubi e tradire la fiducia del Preside.

Non poteva tirarsi indietro, ma, dal momento in cui il vecchio gli aveva comunicato che non gli avrebbe consentito di non adempiere al Voto, che non l’avrebbe lasciato morire, che voleva essere ucciso da lui, nel caso più estremo, il mago bruno aveva continuato a maledirsi per aver pronunciato quel giuramento.

Aveva solo compiuto diligentemente e responsabilmente il suo dovere di spia, ma non si sentiva pronto a pagare il tipo di conseguenza che Silente pretendeva di imporgli. Non gli importava di infrangere il Voto, ma uccidere ancora, togliere la vita proprio al Preside, era il peggiore dei suoi incubi che diveniva realtà.

Ora poi, rendersi conto che, quasi sicuramente, non esisteva davvero alcuna soluzione alternativa, e che, comunque, non avevano più il tempo sufficiente a trovarla, lo faceva impazzire.

Dovevo leggere prima nella mente di Narcissa, lasciar perdere l’imbarazzo ed il rispetto per le sue lacrime e frugare la sua mente fino a trovare subito quel che cercavo… ma non faceva che piangere, e anche quando non teneva gli occhi chiusi, impedendomi di usare la legilimanzia, quelle lacrime facevano male. Era doloroso vederle scorrere.

Narcissa è una madre; piangeva proprio come mia madre.

Faceva male e io non sono mai stato in grado di affrontare sentimenti così diretti senza imbarazzo. No non lo sono mai stato.

Se solo avessi saputo ignorare quelle lacrime.

Ma non era riuscito a farlo, perché, a volte, perfino in lui il lato più umano prendeva il sopravvento su tutto. Era una spia, ma non una macchina.

Indossava una maschera, ma possedeva un cuore.

Perfettamente inutile recriminare ormai.

Il Voto era fatto e Draco era comunque un problema anche a prescindere da quel giuramento.

Draco aveva ancora un’anima immacolata, a differenza di lui. Era vano e ingiusto prendersela con il ragazzo, così come era inutile la sua ultima domanda a Silente.

E, se avesse saputo cosa il Preside stava per rispondergli, forse non l’avrebbe mai formulata.

 

Il vecchio non aveva risposto subito, come se stesse decidendo se rivelare interamente ciò che lo spingeva a preoccuparsi così tanto per Draco Malfoy.

Infine, si disse che ormai, dopo tutto quel che aveva detto e mostrato di sé al suo uomo, a Severus, era inutile tacergli quell’ultima verità.

No, non vedo perché non dovresti saperlo. Ci sono cose che voglio siano chiare tra noi, finchè ho la possibilità di dirtele ed è giusto che tu comprenda fino in fondo.

“Perché c’è un errore che reputo molto grave, anche nel mio passato, Severus” – rispose, finalmente, con un sospiro.

“Non un errore che molti possano rimproverarmi, magari” – continuò, fissando dritto nel nero intenso degli occhi di Piton – “Ma io personalmente non smetterò mai di rammaricarmene. E riguarda proprio te, Severus. Te e quel che avrei potuto e dovuto fare, quand’eri ancora un ragazzo per evitare che tu diventassi un Mangiamorte”.

“Non c’è proprio nulla che lei dovesse fare. Ho sempre compiuto da solo le mie scelte. Lei non ha a che fare con quel che sono stato” – ringhiò il mago bruno in un impeto d’orgoglio e irritazione.

“Certamente” – replicò convinto Silente – “ Hai ampiamente dimostrato che è così, proprio quando hai deciso di tornare sui tuoi passi: tu sai decidere di te stesso. Ho sempre pensato che ognuno deve appunto compiere da solo le proprie scelte, ma anche io sono un essere umano e tutti gli uomini hanno una coscienza. La mia mi ripete da tempo che avrei dovuto far qualcosa perché tu non imboccassi mai quella strada tanto sbagliata e dolorosa. Magari non sarebbe servito a niente perché non ero io la persona che poteva trattenerti dal cedere al fascino della magia oscura e a Voldemort, però avrei dovuto tentare, come uomo e come educatore”.

“E perché mai?” – domandò Piton che cominciava a innervosirsi sul serio – “Cosa crede che sarebbe cambiato? Io ho sbagliato, ma ho sempre e solo seguito me stesso”.

Cosa vuoi dire, Albus? Sei sempre stato tu ad affermare che solo io decido della mia vita.

Se non l’avessi voluto non sarei mai diventato nemmeno la tua spia, qualunque cosa tu potessi dirmi.

Le mie colpe sono solo mie, tu non hai nulla da rimproverarti.

La verità era che gli pareva di essere sminuito dalle parole del Preside e, contemporaneamente, avrebbe voluto evitare che il vecchio terminasse il discorso nel modo che ormai temeva.

“Andiamo, Severus” – lo rabbonì il vecchio mago canuto – “Non sto certo dicendo che avrei dovuto tentare di fermarti in chissà quale complicato e melodrammatico modo, con qualche compassionevole stratagemma. O che avrei mai potuto farti fare qualcosa che non volevi fare. Ma avrei potuto parlarti con tutta franchezza, in molte occasioni, prima che tu lasciassi la scuola e ora, indipendentemente dal fatto che sarebbe servito o meno, rimpiango di non averci provato”.

Non stava mentendo, il rimorso brillava davvero dietro alle lenti a mezzaluna.

Il mago più giovane fece un cenno secco con la mano e rispose gelido – “Un rimpianto inutile. Non le avrei mai dato retta!”.

Silente taceva e Piton decise di approfittarne per tentare di troncare definitivamente il discorso, ormai certo che non gli sarebbe piaciuta la conclusione cui il Preside voleva arrivare.

Era sicuro che non voleva sentirla, perché poi sarebbe stato difficile far finta di niente e scordare la confessione del vecchio.

La logica e i ragionamenti di Silente, specialmente quando riguardavano strettamente la causa, erano qualcosa cui poteva sempre ribattere e opporsi. Molte volte non si erano trovati d’accordo e lui aveva sempre avuto voce in capitolo, per dire la sua e magari convincere il suo mentore a cambiare strategia.

Proprio come Silente gli aveva detto al principio, quando Severus aveva accettato la proposta di diventare la sua spia, era sua l’ultima parola e la scelta, non era il vecchio ad imporgli come agire.

Silente faceva valere la propria saggezza ed esperienza, ma era Piton a valutare se quel che gli veniva richiesto era accettabile.

Però, se contro i lucidi ragionamenti del Preside possedeva l’arma della sua altrettanto acuta e ferrea logica, l’umanità del mago più anziano aveva ancora il potere di lasciarlo inerme, spiazzandolo, perché era totale, e profonda e Silente non la utilizzava mai in modo tale da umiliarlo o giocare con lui.

Poteva a volte valersene nella consapevolezza dell’effetto che suscitava in Piton, ma era sempre sincero nel mostrare il proprio lato più fragile e vero.

Quando Silente smetteva i panni del condottiero privo di paure ed esitazioni, per mostrare soltanto l’uomo, Severus Piton, per quanto potesse riuscire a non dimostrarlo, ne era sempre toccato nel più profondo dell’anima.

Ma ora si tratta della tua vita e della tua morte, Albus.

Non intendo lasciarmi commuovere.

Perciò, assunse un’aria fredda, annoiata, e lievemente ironica e soggiunse – “Comunque sia, anche se avessi deciso di ascoltarla allora, non vedo perché avrei dovuto ricevere un trattamento di favore. Non c’è bisogno che le ricordi che molti dei suoi ex allievi sono diventati e sono tuttora Mangiamorte. Non mi dirà che si sente in colpa per non aver tentato di fermare anche tutti loro? Non confonda il fatto che ora lavoro per lei e sono la sua spia con doveri che non ha mai avuto in passato nei miei confronti”.

Le sue parole erano state volutamente odiose e gelide e sperò che Silente non avrebbe avuto nulla di veramente sensato da replicare.

Mi spiace, Albus, ma non è il caso di lasciarti fare il sentimentale con me in questa situazione.

Non me la sento. Preferisco tenerti a distanza ancor più di quanto io non faccia di solito, piuttosto che rischiare di farmi intenerire da te.

Non voglio che tu possa convincermi o blandirmi.

Ho sempre avuto più riguardo per te che con chiunque altro, ma eccoti il Severus Piton che tutti conoscono, se serve a farti star zitto.

Il vecchio però sorrise indulgente, con uno sguardo decisamente eloquente. Per un istante parve perfino sul punto di ridere.

Oh, su ragazzo mio, forza, fammi vedere quanto è dura la tua scorza. Vediamo, quanto riesci a mostrarti acido e indisponente.

Ma se credi che questo basti a farmi tacere ora, allora, mi spiace, ma dovrò disilluderti.

Puoi essere odioso, gelido e sarcastico quanto ti pare con il mondo, Severus, puoi armarti di quel bel caratterino che ti ritrovi e tenere tutti a bada tanto bene.

E’ quasi il tuo motto, ci scommetto: “Mi detestate tutti? Bene, eccovi delle buone ragioni per farlo”.

E questo che pensi, no?

Ma io ti conosco, ragazzo e con me non attacca. Io so quando sei davvero irritato e ho avuto diciassette anni per imparare a riconoscere la tua vera espressione di superiorità, quando ritieni di essere nel giusto. So quando una cosa ti suona insensata e quando disprezzi qualcosa o qualcuno.

La verità è che hai già capito cosa intendo dirti e non ti va di sentirlo, perché sai che ho ragione.

Pazienza, Severus, mi ascolterai ugualmente.

“Non un trattamento di favore” – replicò sicuro e non meno irridente del mago più giovane – “Perché per gli altri non c’era nulla che potessi fare. Dunque mi spiace per loro, nonché per me stesso, perché preferirei di gran lunga che Voldemort avesse meno adepti. Ci faciliterebbe immensamente le cose e il mio orgoglio sarebbe ben lieto se meno ex allievi mi avessero lasciato per lui. Ma non ho mai avuto possibilità con loro e io non indulgo al rimorso a tal punto da rinfacciare a me stesso di non aver tentato un’impresa impossibile come quella, ad esempio, di tenere Bellatrix Lestrange lontana dal padrone su cui si compiace di riversare il suo innato fanatismo”.

Poi atteggiò provocatoriamente il volto alla stessa smorfia di Piton e, imitando volutamente anche le sue parole, aggiunse – “Non c’è bisogno, Severus, che ti ricordi che, mente tutti coloro cui hai alluso sono ancora leali Mangiamorte, tu non lo sei più da quasi vent’anni, proprio perché non sopportavi di esserlo e servire Voldemort ti faceva orrore”.

I lineamenti del mago bruno si contrassero, mentre accusava il colpo, ma non gli fu dato il tempo di replicare.

“La tua natura era diversa, Severus” – proseguì, imperterrito, Silente – “C’è sempre stato qualcosa di profondamente positivo in te, pur se lo nascondevi bene e a prescindere dal tuo carattere. Sempre, anche quando eri solo un ragazzo, e se così non fosse oggi non saresti quello che sei. C’era speranza per te e, così come hai saputo venir fuori dall’incubo in cui ti eri volontariamente cacciato, avresti anche potuto non diventare mai un servo di Voldemort, se solo determinati nodi fossero stati sciolti in tempo. Io avevo scorto questa speranza, ma non ho fatto nulla per evitarti i tuoi errori e questo mi spiace immensamente. Gli altri non sono mai tornati indietro, ma tu sì, e mi rammarico che tu abbia intrapreso quel sentiero sbagliato quando esisteva la possibilità di fermare i tuoi passi. Ormai è tardi, ma quanta sofferenza ti sarebbe stata risparmiata? Quante cose sarebbero andate diversamente? Ti rendi conto, Severus, di quanto più vivo saresti ora? Draco è come te, Severus, per lui c’è speranza e io lo vedo, lo so. E’ come eri tu, e per lui c’è ancora tempo, posso ancora stendere la mano e frenare la sua caduta prima che si ferisca come è accaduto a te. Posso e lo farò a qualunque costo, perché quando ebbi la certezza che tu davvero non eri fatto per le tenebre ho giurato a me stesso che non avrei mai più replicato l’errore commesso con te. Probabilmente non mi resta molto tempo, ma ti assicuro che me ne andrò in pace con me stesso, sapendo quel ragazzo al sicuro, e tu mi aiuterai, perché sai che ho ragione”.

Mi aiuterai a fermarlo in tempo, di modo che non conosca i tuoi stessi incubi e possa vivere pienamente, anzi che limitarsi a sopravvivere come fai tu.

Inoltre, avrai bisogno di Draco. Voglio che tu viva, e se per ottenere questo dovrò essere ucciso da te non mi importa, ma sono consapevole di quanto male ti arrecherò e del rimorso che ti infliggerai.

Però, non posso permettere che tu ti lasci andare e so che non lo farai se dovrai occuparti del giovane Malfoy.

Supererai anche questa prova. Se non per te stesso, lo farai per Draco.

“Capisco” – dichiarò Piton, secco, fingendo di non aver compreso il senso più recondito delle parole del Preside – “Ma questo è un problema che riguarda solo la sua coscienza, non me. Io non le ho mai chiesto nulla al riguardo e, se ha dei rimpianti, ciò non cambia il mio modo di vedere la cosa. La sua richiesta, per me, resta inaccettabile”.

Dopo di che, senza dargli alcuna possibilità di replicare oltre, gli voltò le spalle e lasciò lo studio a passo di carica.

Silente sospirò – Va bene, ragazzo mio, prenditi il tempo necessario per pensarci e per accettare la cosa. So quant’è difficile, ma non ho dubbi, farai la scelta giusta, come al solito, per quanto dolorosa possa essere per te. Io e te sappiamo compiere grandi sacrifici, ne abbiamo già fatti così tanti…

   
 
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