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Autore: unleashedliebe    16/04/2012    7 recensioni
Quel ragazzo non sarebbe stato come uno degli sconosciuti che incontri alla fermata dell’autobus, guardi per un istante e poi dimentichi. Ormai era già impresso nella mia memoria e – anche se mi spaventava ammetterlo – nel mio cuore.
«Il primo pomeriggio al parco, mentre tu non fissavi me, io fissavo te. Eri lo sconosciuto con la chitarra, da quel momento sei rientrato nei miei pensieri costanti.»
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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swag (c)* * *


THE STRANGER WITH A GUITAR

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Anche quel giorno il parco era quasi vuoto, ad eccezione per qualche bambino sulle altalene o qualche signore a passeggio con il cane.
Non mi interessava della poca gente presente, a me bastava ci fosse lui, lo sconosciuto con la chitarra.
Lo avevo visto per la prima volta due mesi prima, frequentando il parco da anni conoscevo quasi tutti quelli che vi passavano, per questo notando quel ragazzo nuovo seduto di fianco all’albero più grande, mi ero subito incuriosita.
Mi sedetti su una panchina poco distante dal giovane e cominciai a osservarlo,  passai quasi un pomeriggio alternando la mia attenzione tra il libro di lettura inglese che avevo portato per studiare, a lui che suonava distrattamente la chitarra.
Il giorno dopo tornai al solito posto, scoprendomi desiderosa di rivederlo.
Rimasi delusa, non c’era. Mi detti della stupida più volte, probabilmente era venuto solo per un giorno e, dopo aver scoperto la monotonia della mia cittadina, aveva deciso di non farvi più ritorno. Non lo biasimavo, eppure avevo davvero sperato di trovarlo lì.
Continuai a cercare il ragazzo per tutto il pomeriggio, gettando continue occhiate all’entrata. Giunte le sette capì non sarebbe davvero arrivato e uno strano senso di vuoto mi invase, senza che riuscissi a capire il perché; probabilmente la ragione era il non aver sanato la mia curiosità, l’avevo studiato a lungo e volevo continuare a farlo.
 Avevo impresso la sua immagine nella mia mente, ogni dettaglio era stato visionato e immagazzinato. Nonostante non l’avessi visto da vicino era indubbio fosse un bellissimo ragazzo. Aveva i capelli abbastanza corti, biondi – probabilmente tinti – e si muovevano ad ogni colpo di vento, per questo fu costretto più volte a lasciare la chitarra per sistemare i ciuffi che finivano davanti ai suoi occhi, due perle del colore del mare limpido. Teneva lo strumento con sicurezza, muovendo le mani in modo delicato, accarezzando le corde e battendo sul legno il ritmo. Ogni volta che sbagliava qualcosa corrucciava le labbra in una buffa smorfia. Mi erano bastate poche ore per imparare a memoria il suo aspetto fisico, volevo più tempo per conoscere il resto di lui.
I giorni passavano e io continuavo a cercarlo, lasciandomi avvolgere dalla tristezza non vedendolo.
Nel frattempo mi davo della stupida per quell’insensato desiderio di trovarlo.
Non mi sono mai piaciute le aspettative: la speranza è direttamente proporzionale alla delusione: più speri che qualcosa si avveri, più rimani deluso una volta che non succede, tuttavia non smettevo di credere l’avrei rivisto.
Arrivò il weekend, tornai al parco, sulla mia solita panchina.
Stranamente era una bella giornata, le nuvole avevano lasciato spazio al sole, cosa insolita per il clima irlandese.
Come facevo da qualche giorno, ormai d’abitudine, lanciai un’occhiata all’albero dove qualche giorni prima stava il ragazzo e sospirai stancamente notando non ci fosse nessuno vicino.
Mi rifugiai nella lettura, lasciandomi cullare dalle canzoni riprodotte dal mio amato ipod, l’unica compagnia che avevo ultimamente.
Le melodie cambiavano, i minuti passavano, le pagine del libro venivano sfogliate velocemente.
Nella pausa tra una canzone e un’altra qualcosa attirò la mia attenzione: delle note di chitarra che non provenivano dalle mie cuffiette.
Alzai lo sguardo, sentendo il cuore in gola. Era lì, l’avevo ritrovato.
La felicità che mi invase avendolo a pochi metri da me, fu indescrivibile: dovetti nascondermi dietro al libro per evitare di mostrare il sorriso che mi si era dipinto sul volto, senza contare le mie mani che tremavano per l’emozione.
In quel momento capì che quel ragazzo non sarebbe stato come uno degli sconosciuti che incontri alla fermata dell’autobus, guardi per un istante e poi dimentichi. Ormai era già impresso nella mia memoria e – anche se mi spaventava ammetterlo – anche nel mio cuore.
Nei due mesi successivi potei conoscere il ragazzo, ma non attraverso le parole, bensì i gesti, le espressioni del suo viso, cosa sceglieva di suonare e le smorfie che ogni tanto faceva. La ritenevo una conoscenza più sincera, seppur indiretta: le frasi pronunciate possono sempre contenere bugie, mentre gli occhi e i movimenti raramente ingannano.
Veniva al parco tre volte alla settimana, il pomeriggio del lunedì, giovedì e sabato. Amava il verde, infatti aveva un sacco di felpe e t-shirt di quel colore; era un amante del cibo, ogni ora scartava un pacchetto di patatine o qualche altro dolce. Capivo fosse nervoso dal modo in cui suonava, solitamente quando era di cattivo umore sceglieva canzoni più veloci e ritmate, abbandonandosi a qualche sbuffo mentre percorreva le corde. Se una melodia usciva come desiderava sorrideva sghembo, passandosi le mani sui jeans. Ascoltava Justin Bieber, più volte l’avevo sentito riprodurre sue cover.
Continuavo a fare la spettatrice esterna, senza trovare il coraggio per parlargli: temevo di rovinare tutto. Non ero neanche riuscita a guardarlo negli occhi, nemmeno una volta. Si dice gli occhi siano lo specchio dell’anima, dai miei poteva trasparire ciò che sentivo per lui e non volevo succedesse, anche perché era irrazionale quello che provavo ed etichettarlo, non è forse patetico innamorarsi di qualcuno di cui non si conosce neanche il nome? Eppure era l’unica cosa che mi veniva in mente quando pensavo a lui: amore.
Ero certa di una cosa: non potevo andare avanti così ancora a lungo, la situazione cominciava a diventare ingestibile.
Volevo di più, volevo sentire il suo della sua voce, il suo sguardo posato sulla mia figura, il suo sorriso rivolto verso di me, le mani che solitamente sfioravano la chitarra a contatto con la mia pelle, le labbra che si muovevano mute mentre suonavano appoggiate sulle mie. Non volevo fosse più uno sconosciuto, volevo dargli un nome e un ruolo nella mia vita.
Se non avessi fatto qualcosa la situazione sarebbe rimasta statica e non volevo che succedesse.
Nel frattempo l’autunno era terminato, lasciando spazio alla primavera e, con essa, ai colori, al profumo dei fiori, alla luce, alla piacevole sensazione del sole sulla pelle e a un po’ di allegria in più.
Con lei arrivò anche la svolta che aspettavo da mesi.
Ero seduta sulla solita panchina quando un acquazzone mi colse impreparata. Le persone nel parco corsero via in fretta, io non ne avevo voglia: non volevo rinunciare a un pomeriggio con lo sconosciuto, seppur non avessimo alcun contatto.
L’unico posto al coperto era il piccolo gazebo poco distante da me, perciò mi coprì la testa con la borsa e vi corsi dentro.
La pioggia cadeva abbastanza fissa perciò mi impedì di notare cosa stesse facendo il ragazzo. Quando poggiai la tracolla a terra e alzai lo sguardo capì cosa aveva scelto di fare lui.
Avevamo avuto la stessa intuizione, ora si trovava pochi metri da me, seduto sempre con la chitarra fra le gambe.
Il mio cuore sobbalzò, sentì il respiro mozzarsi: non eravamo mai stati così vicini.
Desideravo osservarlo meglio, tuttavia distolsi in fretta lo sguardo, temendo di incontrare il suo.
Mi sedetti dalla parte opposta rispetto a lui, guardando il paesaggio fuori. Mi sentivo terribilmente a disagio.
Mi stavo abituando al ritmato cadere delle gocce d’acqua quando, alla pioggia, si aggiunse una voce mai sentita prima.
«Ti piace la pioggia?» sobbalzai sentendo queste parole, pronunciato con tono caldo ma insicuro.
Preferivo il caldo, le giornate soleggiate e limpide, tuttavia era grazie a lei se mi stava parlando. «Sì, a te?»
«Di solito no, però..» alzai gli occhi e incrociai per la prima volta i suoi.
Per un istante non riuscì a respirare, era come se – momentaneamente – la mia mente fosse stata colta da un blackout che m’aveva mandato in tilt in cervello, lasciandomi in preda a un cuore che pulsava rapido nel petto, come se volesse uscire per gettarsi fra le mani del ragazzo; poi mi sorrise e mi sentì improvvisamente leggera. Attorno a me non c’era più il parco, la pioggia scrosciante, il suono delle macchine in coda. Riuscivo a vedere solo lui e le labbra arricciate all’insù per me.
«Sono Niall Horan.»
Lo sconosciuto con la chitarra ora aveva un nome, Niall. Cinque lettere, semplice, dalla pronuncia dolce. Niall, Niall, Niall.
«Cassie Walsh.»
Chissà cosa pensò lui sentendo il mio nome, era felice la sconosciuta avesse un nome? Magari pensava avessi più la faccia da Sophie o Ellie, oppure gli era totalmente indifferente.  
«Piacere di conoscerti» il suo sorriso si allargò «..finalmente», aggiunse poi.
Pronunciò l’ultima parola con timidezza, sentì le mie guance tingersi di rosso e non riuscì a nascondere un sorriso sincero e innamorato.
La consapevolezza di esser stata notata da lui mi fece tremare, anche lui era stato spettatore di me.
«Hai freddo? Vieni qui dai.» avrei voluto dire di no, i brividi erano per altro, la gola però mi si era seccata, riuscì solo ad annuire e a raggiungerlo, sedendomi al suo fianco.
Il mio cuore batteva forte, era come uno stereo che suonava per lui, se avesse ascoltato da vicino sarebbe riuscito a sentire i miei pensieri attraverso le note; si sarebbe sentito, perché in quel momento la mia mente era monopolizzata dalla sua vicinanza. Niall, Niall, Niall.
«E’ strano parlarti, dopo.. dopo averti osservata per più di due mesi. Non prendermi per matto, per favore!» gesticolò in modo nervoso con le mani. Non potevo prenderlo per matto, avevo fatto la stessa cosa anche io.
«Non pensare che io sia pazza, ma è quello che ho fatto anche io.»
Ci fu un attimo di silenzio, poi il suono una risata dolce invase il gazebo, avvolgendomi e contagiandomi.
«Non sei di Irishtown, giusto?» domandai poi, cercando le informazioni che dalla vista non si possono recepire.
«No, sono di Mullingar, vengo qua con l’autobus.» questo spiegava perché non l’avessi mai visto nel mio paese.
«E perché vieni qui?» non l’avevo mai visto in compagnia di amici, solo lui e lo strumento.
«La prima volta mi sono fermato in questo parco perché avevo sbagliato fermata dell’autobus, poi però ho deciso di tornare, per due motivi; a volte ho bisogno di passare del tempo per conto mio, facendo quello che mi piace, cioè suonare. Nella mia città conosco tutti quindi mi manca il coraggio per suonare di fronte a loro, ho pausa mi prendano per stupido. L’altra ragione sei tu, ti ho guardato un istante e sono tornato a farlo involontariamente per quasi tutto il pomeriggio, mentre eri assolta nel libro. Di solito non parlo neanche così tanto, sto anche facendo una pessima figura. Non sono uno stalker, giuro! Non capisco neanche io il perché, so solo che da quel momento non sono riuscito a toglierti dalla testa: la sconosciuta con il libro
Immagazzinai le informazioni ricevute e fui invasa da un tornado di emozioni: gioia, felicità, sollievo, appagamento, amore.
Io per lui esistevo, non ero come una di quelle che incontri e dimentichi, anche lui voleva conoscermi, trovarmi.
«Il primo pomeriggio al parco, mentre tu non fissavi me, io fissavo te. Eri lo sconosciuto con la chitarra, da quel momento sei rientrato nei miei pensieri costanti.»
Mi misi a nudo completamente, come aveva fatto lui.
Non più estranei, bensì Niall e Cassie.
«Suonami qualcosa, per favore.»
Mi guardò, soppesando la mia richiesta; pensò un attimo e cominciò a comporre una melodia.
Riconobbi le note, era una delle mie canzoni preferite. Chiuse un attimo gli occhi e vidi che fece un respiro profondo. Socchiuse la bocca e cominciò a cantare. Piccoli brividi mi percorsero le braccia, era.. bravissimo. La sua voce era calda e intonata, penetrò la mia pelle e giunse diretta al cuore, insediandosi al suo interno.

“My heart's a stereo, it beats for you so listen close,
hear my thoughts in every note”

Terminò e mi scrutò, cercando di captare ogni mia reazione.
«Dio.. sei bravissimo! Sul serio, io sono rimasta senza parole.» le sue guance si arrossano lievemente, era così bello.
«Non penso di essere così bravo..» borbottò alzando le spalle.
«Invece lo sei, credimi. Hai talento, non dovresti sprecarlo, sai?»
«E’ il mio sogno fare il cantante, però è difficile riuscirci.» sospirò.
«Hai tutte le carte in regola per riuscirci, i sogni non sono fatti per rimanere in un cassetto e prendere polvere. Se cantare ti rende felice, è giusto provarci. Per esempio, mai pensato ad X-Factor?»
Annuì, rimanendo in silenzio.
«Nonostante ci conosciamo da poco, io credo in te Niall. Tu?» raggiunsi la sua mano che stava stringendo la camicia e incastrai le sue dita con le mie. Combaciavano perfettamente.
«Mi sento sempre inferiore agli altri, non posso farci niente.»
«Non sei inferiore a nessuno, sono sincera.»
«Grazie Cassie, sei.. meglio di quanto potessi immaginare. Ce ne abbiamo messo di tempo per parlarci, eh?» cambiò discorso.
«Meglio tardi che mai.» sorrisi e il suo braccio andò a circondare la mia spalla.
Quel momento fu perfetto, così come il pomeriggio passato assieme. La pioggia continuava a cadere, noi intanto sedevamo vicini e parlavamo delle nostre vite, delle passioni, delle nostre famiglie, dei nostri amici, della scuola, di tutto.
Non mi ero mai sentita così bene con qualcuno, dopo due mesi passati a scrutarci ora finalmente potevamo scoprire quel che mancava.
Più scoprivo cose del ragazzo, più sentivo il sentimento che provavo per lui crescere.
Ero innamorata dello sconosciuto con la chitarra di Niall. Il mio, il nostro, era stato un vero e proprio colpo di fulmine.
«Ora devo andare, lasciami il tuo numero.»
Si era fatta sera, ormai l’acquazzone si era trasformato in pioggerellina leggera.
«Grazie per il bellissimo pomeriggio.» sorrisi, giocherellando con la sua mano, che non avevo ancora lasciato.
Ci alzammo in piedi contemporaneamente, trovandoci vicinissimi. Ci guardammo imbarazzati e sorridemmo contemporaneamente.
Si avvicinò un po’ al mio viso e mi lasciò un leggero e soffice bacio a stampo sulle labbra, accarezzandomi la guancia.
Avrei voluto fermare il tempo, in quell’istante l’apice della felicità era stato raggiunto.
«A presto» lasciai la mano e ci dirigemmo verso le nostre rispettive case, con un sorriso sul viso e il cuore pieno d’amore.
Dormì con il cellulare acceso, non mi staccai un attimo dall’apparecchio, aspettando una sua chiamata.
L’avevo aspettato al parco tutto il pomeriggio, era giovedì, doveva venire. Avevamo una specie di appuntamento, no?
Eppure l’attesa si rivelò vana, non si presentò, non si fece vedere né sentire.
Il silenzio da parte sua fu come una pugnalata al cuore, mi sentì un’illusa, una stupida. Mi domandai cos’avessi fatto di sbagliato, ero convinta che anche Niall mi amasse, me l’aveva dimostrato.
Fu il quindici aprile che capì il perché della sua assenza. Ero a casa da sola, raggomitolata sul divano con una confezione di gelato a farmi compagnia mentre facevo zapping fra i canali, soffermandomi su X-Factor. Mi persi nei miei pensieri, tutti avevano come protagonista la stessa persona. Affondai il cucchiaio nel vasetto e lo portai alla bocca, concentrandomi sul cioccolato che si scioglieva nella mia bocca. Mi andò di traverso quando sentì la voce di Niall in salotto.
Stupidamente mi guardai intorno, capendo proveniva invece dal televisore. Mi si seccò la gola, mi sembrava ancora più bello rispetto all’ultima volta in cui l’avevo visto. Si presentò e cominciò a cantare, ricevendo voti favorevoli dai giudici.
Gliel’avevo detto, era bravo e aveva tutte le carte in regola per realizzare il suo sogno. Aveva seguito il mio consiglio, nonostante m’avesse – in un certo senso – abbandonata, ero orgogliosa di lui. Non potevo immaginare di esser stata solo una comparsa nella sua vita, lui era già diventato parte costante della mia.
Sospirai, mi mancava. Tanto.
Spensi la tv e andai a coricarmi, almeno se dormivo non potevo sentire la sua assenza. Alle sei di mattina fui svegliata a causa del cellulare che vibrava sotto al cuscino.

«Mm, pronto?»
«Cassie? Sono Niall.»

Mi ero sbagliata.
Era tornato ancora una volta e capì sarebbe restato sempre.
Era stato un colpo di fulmine, il nostro. Lo sconosciuto con la chitarra e la sconosciuta con il libro, Niall e Cassie.
L’essere due estranei non ci aveva impedito di innamorarci, il conoscerci cancellò la possibilità di restare separati. Il mio cuore era uno stereo che suonava per lui, il suo era una radio che cantava per me.


“This melody was meant for you, just sing along to my stereo.”
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Allora, intanto grazie per essere arrivati fin qui (sempre se qualcuno ci è arrivato lol).
Che dire? Il mio cervello continua a sfornare idee e ogni tanto riesco a trovare del tempo per concretizzare le mie fantasie. Ecco com’è nata “the stranger with a guitar”.  Mi sono data al fluff questa volta e ho fatto anche il lieto fine, yay!
Se ho pubblicato questa “cosa” è grazie a @Abschiedbrief che mi ha supportato mentre scrivevo, quindi grazie donno! :3
Vorrei dedicare questa OS a tutte le Directioners, spero che riusciate a trovare anche voi lo sconosciuto con la chitarra della vostra vita  - come sono romantica! - (iointantorimangoforeveralone)
Non saprei che aggiungere, mi farebbe piacere ricevere qualche recensione! *-*
Se volete potete seguirmi in Twitter, sono @xunleashedliebe!
Nel caso aveste tempo, qua sotto ci sono le altre OS che ho scritto sui 1D.
Concludo qui!

(c)

(c)

Peace, love and music,

unleashedliebe

   
 
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