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Autore: _martyart_    21/04/2012    1 recensioni
Da due anni il detective liceale Shinichi Kudo è stato trasformato in bambino da uno stupido, tremendo errore.
Finalmente quello stesso giorno, un assolato pomeriggio estivo, ci sarà una svolta, che potrebbe essere la soluzione di tutti i suoi problemi o l'inizio di tutte le sue pene. Tra enigmi e misteri il piccolo Conan Edogawa affronterà l'ultima battaglia contro l'organizzazione. Questa storia è destinata a rimanere incompleta per mancanza di idee dell'autrice. Vi chiedo immensamente scusa.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Detective Conan formattato capitolo 4: I pezzi combaciano

I pezzi combaciano



Un uomo giaceva inerme sul pavimento, deceduto di una morte inspiegabile. I due ragazzi 

l'avevano esaminato attentamente, ma non c'erano tracce sul cadavere che potessero spiegare in 

modo logico la situazione, in quanto non sembrava né avvelenato, né soffocato.

Una morte naturale come un arresto cardiaco? No, era una tesi che avevano già scartato in 

quanto il suo volto non disegnava un espressione di dolore, ma era rimasta uguale alla faccia che 

aveva quando stava consumando quello che sarebbe diventato il suo ultimo pasto.

Inoltre non si stringeva il petto con una mano, cosa ricorrente per chi moriva di infarto. Non c'era 

una spiegazione: era come se fosse morto così, per mano di niente e di nessuno. Il caso si sarebbe 

protratto oltre il dovuto, e il detective di Tokio iniziava ad accusare forti dolori al petto. Ma come?

Quella saggiente scienziata non gli aveva detto che l'antidoto sarebbe dovuto durare una 

settimana? Preso da questi dubbi, dalla risoluzione del caso e dal timore che si potesse 

ritrasformare davanti a Ran, iniziò a non vederci più.

Rinvenni seduto su una sedia, circondato dai miei amici le cui facce erano trasfigurate dalla 

preoccupazione.

Heiji, appena mi vide riaprire gli occhi, colse al volo l'occasione per trascinarmi in bagno.

Ma che ti succede?” Mi domandò terrorizzato.

I-io...” Tentai di parlare, ma non ci riuscivo. Decisi allora di fare uno sforzo, perché era una cosa di 

massima urgenza. “I-Il farmaco... L-la sua d-durata dovrebbe essere di una set-settimana c-circa...” 

Ebbi un'altra fitta.

M-ma può variare a seconda d-di quello che ma-mangio, alle situazione di stress e”

Il volto gli si trasformò in una vera e propria maschera di terrore quando, per un istante, mi 

ritrasformai in bambino. Era avvenuto temporaneamente e subito dopo ero Shinichi...: Dovevamo 

chiamare Ai.

Professore!” Gridò in preda al panico Hattori appena il Dottor. Agasa rispose dall'altra parte del 

telefono.

E' urgente. Mi serve che mi passi quella bambina” Comprendendo dal tono di voce del mio amico la 

situazione, senza opporre domande, gli passò la “bambina”.

Da lì in poi fu solo un vociare confuso, ma quello che capii fu più o meno questo:

Cosa è successo?” Domandò Haibara.

“E' Kudo. La tua medicina ha qualche difetto”

Se magari tu mi spiegassi i sintomi, capirei cosa non va”

“Si... giusto. Ha iniziato a stare male quando nel locale dove abbiamo mangiato oggi è successo 

un omicidio.”

C'è Ran, vero?”

“Si...” Aveva ammesso il ragazzo, comprendendo che cosa era successo.

E' sicuramente stress. Siete fuori, c'è stato un omicidio e c'è anche Ran. Era inevitabile”

Aveva detto, confermando i dubbi dell'investigatore.

“Allora che facciamo?”

L'unica soluzione è farlo riposare. Lascialo da solo per una manciata di minuti, l'ideale 

sarebbe fargli raffreddare i polsi sotto l'acqua fredda.”

“Grazie per i consigli. Se peggiora ancora ti chiamo di nuovo.”

Certo...”

E avevano chiuso la telefonata, senza nemmeno salutarsi, poi si era girato verso di me e mi aveva

riferito tutto quello che le aveva detto di fare la mia amica.

Se hai bisogno di me, fai un fischio, ok?” Avevo risposto con un cenno e dopo si era 

volatilizzato passando per la porta di servizio.

Avevo la nausea e mi girava la testa, i polsi che avevo lasciato in ammollo sotto lo scorrere dell' 

acqua fredda sembravano di gelatina, quindi dovevo rimanere semi-cosciente almeno per 

assicurarmi che non venissero sciolti dal flusso che defluiva. Che stupido che ero.

Ero così contento ed eccitato di poter ritornare nel mio corpo da non considerare i pericoli, i 

rischi, le conseguenze. Ma io non ero altro che un uomo. Come potevo aspettarmi che tutto 

andasse per il verso giusto? C'erano rischi a destra e a manca ma io pensavo che li avrei schivati 

tutti, come avrebbe potuto fare un superman alle prese con una pioggia di meteoriti bello spazio.

Il tempo non mi apparteneva, ed io non ero immortale. Vivevo solamente immerso nel mio 

mondo, e non potevo farci niente, perché pensare si poterne uscire era impossibile. Allora mi 

ritornò alla mente uno squarcio del caso che ci aveva condotti sulle tracce di quegli uomini che 

erano riusciti a rovinarmi la vita:

Numayama aveva accettato subito di collaborare. Avrebbe fatto di tutto per liberarsi da quegli uomini, 

che tanto lo perseguitavano. Solo negl'ultimi tre giorni gli avevano mandato una ventina di sue foto 

scattate ogni qual volta faceva uno spostamento da un edificio all'altro.

Se lo stavano pedinando in quella maniera, perché non sapevano che quelli dell'FBI lo avevano 

interrogato? Temeva per la sua vita e per quella della sua famiglia. Ma gli agenti avevano già fatto 

imbracare sua moglie e suo figlio, e dopo aver finito quel lavoro lui sarebbe potuto partire per l'America 

e raggiungerli. Non aveva spiegato loro il perché di tutto questo.

Sua moglie si accontentava di sapere che c'erano i soldi per pagare il mutuo e quelli per fare la spesa, 

non gli importava da dove venivano; ma sapeva che c'era sotto qualcosa di losco.

E l'improvvisa partenza per l'estero ne era la prova.

Il luogo dell'incontro era il famoso hotel vip “Laguna Beach”, dove erano disponibili 708 lussuosissime 

suite per tutti i vacanzieri ricchi sfondati.

Il 708 era un caso o una scelta? Si chiedeva sempre l'uomo quando attendeva il segnale per entrare. Era 

in collegamento con un auricolare con quelli dell'FBI, che visionavano da lontano ogni sua mossa. A 

quell'appostamento erano presenti anche il ragazzo del Kansai e l'occhialuto Conan.

Perché non si fanno vedere?”Aveva imprecato Jodie, che era accanto a loro.

Sanno.” Aveva risposto il ragazzino.

E' ovvio che sanno. Non si faranno vedere tanto facilmente.” Aveva continuato il detective dalla pelle 

color cappuccino.

Quello che ancora non capisco” Aveva continuato il moccioso “è cosa accomuni un luogo di un attacco 

con un altro. Si, va beh, tutti hanno 708 stanze, ma non può essere una scelta casuale basata solo su 

quello.”

Ci deve essere dell'altro” Aveva concordato il praticante di Kendo.

E tocca a noi scoprire cosa, cool guys!” Aveva detto Jodie.

Tutti e tre scrutavano lo sfarzoso ingresso dell'hotel, che risplendeva come una meteora a causa di tutti i 

lampioni e faretti disseminati per il red carpet che conduceva all'entrata.

Le fronde delle palme da cocco ondeggiavano lente al minimo alito di vento, che rinfrescava quella calda

serata estiva, mentre qualche stella compariva fioca nel cielo, ma erano talmente rare che dovevano 

emettere una luce fortissima per riuscire brillare nonostante l'alone di inquinamento luminoso che 

circondava la città.

Solo l'andirivieni delle limousine rompeva la calma del luogo, facendo scendere spesso giovani attrici in 

abito da sera che si pavoneggiavano davanti ala macchina fotografica dei paparazzi.

Ad un certo punto, nella mischia, si vide arrivare una stupenda  auto d'epoca, che a Conan risultò molto 

familiare. L'aveva già vista quell'auto... Ma dove? Tutti i suoi dubbi vennero schiariti quando una 

donna alta, castana e terribilmente attraente nonostante l'età scese dall'auto.

Assomigliava mostruosamente... a lui! Quando la vide era sicuro che fosse riuscito a perdere tre anni di 

vita. Infatti lei, l'ex attrice di successo Yukiko Fujimine, per un assurda e a lui ignota ragione era 

ritornata in Giappone, senza dirgli niente, adesso stava per entrare nel luogo dove avrebbe dovuto 

scoppiare una bomba capace di far saltare in aria l'intero hotel.

Mi voltai vero Heiji: la sua faccia e la mia erano due maschere di terrore; in preda al panico 

ragionavamo velocemente: che cosa potevamo fare? Difficilmente si portava dietro il cellulare, cosa che 

avevamo categoricamente escluso, e sembrava una follia che due ragazzini facessero irruzione in un 

albergo di quel rango per annunciare l'imminente scoppio di una bomba.

La copertura del nostro unico filo che ci teneva collegati all'organizzazione si sarebbe rotto; con ogni 

probabilità sarebbe stato ucciso da un cecchino, e con lui tutte le nostre speranze.

Non potevamo fare niente se volevamo che il piano non saltasse, ma c'era in gioco la vita di sua madre e 

il solo pensiero di perderla lo tormentava profondamente. C'era una sola cosa da fare...

All'improvviso sentii il tocco leggero e delicato di qualcuno, che mi accarezzava lentamente la 

testa, facendo scorrere la mano su e giù.

Feci per voltarmi, ma lei mi fece raddrizzare il capo in modo che potesse appoggiarare 

cautamente il mento tra le mie scapole.

“Shinichi?” Domandò cautamente la bellissima voce di Ran.

“Si?” Risposi accorgendomi che riuscivo di nuovo a parlare; ma mi accorsi che la parola mi era 

morta in gola quando avevo scoperto che era stata proprio lei ad accarezzarmi.

“Stai bene?” Mi chiese preoccupata.

“Adesso si. Sei gentile ad avermelo chiesto”

“Ma ora te ne vai via da me?” Mi interrogò con voce tremate, mentre notai che qualche lacrima 

le solcava il volto e ricadeva sulla mia T-shirt. Mi fece quella domanda perché di solito quando 

avevo quelle fitte mi ritrasformavo in Conan, e quindi dovevo lasciarla.

Ran...

Mi girai con delicatezza per farle spostare la testa, poi le presi il volto tra le mani e l'abbracciai.

“No.” Le dissi, più a me che a lei “Questa volta non me ne vado. Questa volta non ti lascerò 

sola.” Quelle parole, che sembravano tanto una promessa, mi riecheggiavano ancora nella testa.

Ancora e ancora, e avrei voluto rimanere per sempre stretto in quell'abbraccio, che sembrava la 

sugellazione del mio destino.

La morbidezza del suo tocco, la sua voce così familiare, ma solamente la sua presenza 

sembravano aver ristabilito la mia pace interiore, e ora finalmente stavo riacquistando lucidità. 

Con stupore, mi resi cono che l'unica medicina che avrei potuto desiderare era proprio lei, la 

persona a cui più volevo più bene, che curava i miei mali e scacciava le mie sofferenze.

“Adesso mio detective” Disse staccandosi dal mio petto.

“E' stato commesso un omicidio impossibile. Va e cattura quel criminale da parte mia!”

Poi mi sorrise raggiante, e la felicità del momento coinvolse anche me, dandomi la forza 

necessaria per farmi credere che avrei potuto fare tutto se solo lei mi fosse rimasta accanto.

Allora mi alzai dallo sgabello su cui ero seduto ed insieme a lei mi diressi sulla scena del crimine, 

dove trovai già sul posto Megure accompagnato dall'agente Takagi.

“Shinichi!” Esclamò l'uomo vedendomi “Ero quasi sicuro che ci fosse Conan, non mi aspettavo 

di trovare te!”

“Salve ispettore! Eh già...” Dissi io accigliato “Spero che possa comunque dare una mano!”

“Lo sai vero che potrebbe essere un semplice morte naturale? I miei uomini stanno ancora 

esaminando il cadavere ma da quello che è risultato per ora la ragione sembra quella”.

“Lo sa che io sono il primo a considerare tute le piste possibili, ma questa faccenda mi puzza 

tanto di omicidio.”

“Si vedrà” Replicò Megure ghignado eccitato all'idea di poter darmi una lezione , in quanto 

quando ero presente sulla scena di un delitto svolgevo sempre le indagini al posto suo.

E mentre quelli della scientifica esaminavano il luogo del reato ed il medico legale cercava di 

capire la causa della morte dell'uomo, io, Hattori e quelli della polizia iniziavamo già ad 

interrogare i presenti per escludere chi fosse innocente.

Ascoltammo le testimonianze, le compararono con ciò che avevamo visto noi e accumulammo 

così dati sufficienti a far rimanere tre possibili indiziati. Nessuno di loro, secondo quanto 

dicevano, conosceva la vittima.

Il primo si chiamava Katsumasa Ogura*, aveva 43 anni ed era il cuoco del locale. Per lui sarebbe

stato un gioco da ragazzi avvelenare la vittima perché era l'unico cuoco del locale, e quindi 

lavorava in cucina da solo. La seconda era la giovane cameriera ventitreenne , Toshiko 

Hirukawa*, che aveva portato l'ordinazione alla vittima. Senza farsi notare, nel breve tragitto 

dalla cucina ai tavoli, avrebbe potuto mettere del veleno nel piatto del morto.

Ed infine Isao Sawaguri*, 37 anni, che sedeva vicino la vittima al momento dell' omicidio.

Tutte e tre avevano protestato sconvolte quando erano stati etichettati come “possibili omicidi” e 

ritenevano che non potessimo svolgere delle indagini se non sapevamo nemmeno perché fosse 

morto.

Non avevano tutti i torti, ma non potevo fare a meno di iniziare a indagare per un possibile 

omicidio.

Li interrogammo tutti, uno alla volta, e nessuno sembrava avere un'alibi sospettabile; il primo fu il

cuoco:

“Stia tranquillo” avevo iniziato per calmarlo “ se risponderà in modo onesto non avrà problemi e 

potrà andarsene presto.”

“Non ho niente da nascondere” Disse l'uomo senza protestare.

“Ok. Vediamo... Le è arrivata l'ordinazione in cucina. Per semplicità so che scrivete sulle ricevute

gli orari a cui il cibo viene ordinato, per non fare aspettare i clienti. Che ore erano?” Domandò 

Heiji estrapolando la domanda da una lista.

“Tredici e ventisette. Per preparare i Takoyaki ci si mette dieci minuti circa**. Mi ricordo bene la

sua ordinazione perché li ha ordinati senza le alghe secche. Anzi, se ben mi ricordo sono arrivate 

due ordinazioni di Takoyaki senza alghe. Al quanto strano, in una giornata... " Finì per dire.


Hattori stava per procedere con la seconda domanda, ma io lo interruppi:

"Per quale altro tavolo erano?!"

"Il numero tredici, se non ricordo male."

Sgranai gl'occhi. Tavolo tredici? Era quello a cui stavamo mangiando noi. E Ran era stata l'unica

a ordinare quelle polpette senza alghe secche. Un brutto presentimento si insinuò nella mia mente:

e se il piatto con il cibo avvelenato fosse stato diretto a lei?





*DC n. 73: Che ci volete fare? Non sono brava con i nomi giapponesi e ho dovuto ricorrere al

copia-incolla. Il numero 73, l'ultimo uscito, è il primo che mi è passato sottomano.

**Sinceramente non so la durata effettiva della preparazione!

Ed eccomi tornata con il quarto capitolo!!! Mi dispiace tanto di non riuscire ad aggiornare 

molto velocemente, ma una storia per essere scritta ha bisogno dei suoi tempi! ;)

Che ve ne pare dell'entrata in scena della mamma di Shinichi? E il piatto incriminato 

che avrebbe potuto (o sarebbe dovuto  :P) caitare a Ran?

Ebbene, per chi vuole sapere cosa succede, dovrà continuare a seguirmi!!!

Grazie un mondo a Silver Spring e a Sherry Myano!!!! Ma anche per chi legge solo....

Alla prossima!

Marty

P.s: Chi riesce a capire chi è l'assassino e che cosa ha usato?

P.p.s: Spero presto di riuscire a risolvere il problema dell'andare a capo in mezzo alla pagina 

della scrittura un po' piccola, un po' grande!!!

  
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