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Autore: almeisan_    25/04/2012    2 recensioni
E se Elena Gilbert, l’ultima doppelgänger Petrova, stretta in un triangolo fatale, avesse una sorella gemella, totalmente dissimile da lei? E se questa sorella, Nicole, fuggita da Mystic Falls anni prima e di cui non si hanno più notizie, fosse una strega discendente da una delle più importanti dinastie di Salem? E se Klaus, l’ibrido invincibile, proprio per questo cercasse il suo appoggio?
Questa storia si ambienta nella terza stagione, per cui ci sono spoiler per chi dovesse ancora vederle, dall’episodio 3x03 e ha come protagonisti prevalentemente la famiglia Gilbert e quella degli Originari, come sfondo la cittadina di Mystic Falls attraversata dalle morti e dagli scontri soprannaturali e i suoi abitanti.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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7 cap

Capitolo 7

Family Ties

 

La villa dei Lockwood si sarebbe potuta scorgere da kilometri per la sua singolare immensità e sontuosità. Era uno spettacolo e Nicole la guardò con reverenza, ma anche con l’accenno di un sorriso sulle labbra rosee. Ricordava ancora i giorni che aveva trascorso lì da ragazza, i pranzi domenicali con la famiglia più prestigiosa della città, le notti trascorse nel letto di Tyler e le albe che li vedevano ancora insieme dopo aver fatto l’amore. Era la dimora che l’aveva ospitata quando le necessitava un consiglio di moda da parte di Carol, sempre così elegantemente fine, quando sua madre si recava per prendere il tè con le proprie amiche e lasciava che le figlie giocassero con quelle dei membri del consiglio, Caroline e Bonnie prevalentemente, ma anche Meredith Fell quando non era ancora entrata nella facoltà di medicina a Harvard. Era felice di tornare lì, in un posto che aveva chiamato casa per molto tempo, scherzando, fantasticando, con Tyler su un futuro felice insieme, una famiglia da costruire. Nicole gli diceva sempre che, se fosse stata la proprietaria di tutti bei beni, avrebbe fatto costruire un piccolo parco giochi per i loro bambini così che avrebbero potuto sentire le loro risate seduti su di una panchina intenti a guardare il tramonto l’una al fianco dell’altro. Una lacrima le rigò il volto e trattenne a stento un singulto, chiudendo gli occhi per un attimo. Quanto sembrava patetico quel pensiero in quel momento. Eppure, un tempo, era stata la sua normalità. 

Tyler e Nicole, innamorati, la coppia più incantevole della Mystic Falls High School, sempre insieme e immuni da ogni maldicenza e lite. Tutti pensavano che si sarebbero sposati e che avrebbero vissuto il resto dei loro giorni nella tranquillità della famiglia che avevano formato. Tutti, almeno sino a quando tutto non cominciò a incrinarsi. Lo rimembrava, Nicole, come se fosse stato il giorno prima. Lei era cambiata, da quando aveva incominciato a credere nella magia, a comprendere chi fosse, a scoprire dei libri strani su cui erano riportate parole latine che era in grado di comprendere anche se non ne aveva studiato tantissimo, a tenere dei segreti con lui, cominciando a celargli cose che, invece, avrebbe dovuto palesare. E Tyler era divenuto più sfuggente. Le liti erano sempre più frequenti. La gelosia stava incrinando il loro rapporto sino a quel momento saldo e florido, dando spazio agli albori della loro fine. Tyler le recriminava il fatto di aver perso la fiducia in lui mentre Nicole quello di non volerle più quel bene, di essersi avvicinato sempre di più ad altre ragazze, soprattutto Vicki Donovan.

Nicole serrò le labbra e percorse il vialetto bianco che divideva il prato inglese del giardino corano da alberi dalle fronde folte e smeraldine, per parcheggiare dinanzi all’entrata principale.

Aveva sempre tentato di non parlar male di nessuno, ma aveva odiato la sorella maggiore di Matt sin da quando l’aveva conosciuta. Era una sgualdrina, proprio come sua madre, che non avrebbe saputo mai badare al suo fratellino. Matt era troppo buono con lei, l’adorava, ma persino Elena mal sopportava la presenza della ragazza bruna, nonostante non lo desse a vedere al suo fidanzato. Diceva anche lei, la sorella buona e gentile, che era troppo legata a Tyler, giocava con lui proprio come se fossero amici da sempre mentre per lui era poco più che un’estranea, un’intrusa nella sua vita che era sempre stata innamorata di lui. Tyler pensava che la sua gelosia fosse completamente insensata e che fosse una stupida a fantasticare su certe stronzate, come le chiamava sempre lui. Lei, una stupida. Tre anni prima non le avrebbe mai detto una cosa del genere, tre anni prima l’avrebbe stretta a sé e le avrebbe assicurato che lei era l’unica per lui e lo sarebbe stata per sempre, sussurrandoglielo nell’orecchio e facendole nascere un sorriso felice sul volto. Le avrebbe mormorato epiteti dolci e si sarebbero scambiati leggere effusioni per poi tornare alla normalità della giornata.

Nicole sbuffò e scese dalla macchina, chiudendola e generando un suono capace di spezzare la quiete della natura. Mise le mani nelle tasche dei jeans e cominciò ad avanzare verso la porta principale.

Sembrava quasi che fossero tornati quelli di sempre quando sua nonna, la sua cara Elizabeth, era morta per un infarto fulminante che le aveva stroncato la ormai anziana vita. Nicole l’adorava e aveva pianto tantissimo, non andando a scuola per giorni e giorni, quasi chiudendo la porta del dialogo con sua madre che soffriva per quell’atteggiamento doloroso e che tentava di aiutarla con ogni mezzo. Non era per cattiveria, ma Nicole era sicura che non potesse comprenderla, come nemmeno Elena e il piccolo Jeremy. Lo zio John le era stato vicino, forse ancora più di Grayson, ascoltandola e trascorrendo interi pomeriggi accanto a lei, senza parlare, senza voler nulla in cambio, senza cercare di lenire la sua sofferenza con parole vuote e inutili. Poi Tyler si era presentato, all’alba, portando con sé solo il suo cuore grande e il suo imbarazzo, dinanzi alla porta della sua casa e Nicole non aveva saputo resistere al suo sguardo dispiaciuto e innamorato. Aveva seguito il cuore, non la sua mente, e l’aveva abbracciato, stringendolo a sé e facendosi cullare dalle sue braccia accoglienti. Si era sentita a casa e aveva compreso che no, non c’era nessuno che potesse dividerli.

Bussò, suonare il campanello sarebbe stato molto fuori luogo, e dopo pochi istanti una domestica, Mariah, le aprì la porta con un sorriso sul volto ispanico e gentile, leggermente segnato dalle rughe del tempo. Aveva i capelli neri raccolti in una crocchia austera e gli occhi color del carbone erano buoni proprio come se li ricordava. Le sorrise apertamente e la donna l’abbracciò senza dire una parola.
« Signorina Nicole, stai bene, gracias a Dios,» esclamò emozionata tanto da parlare nella sua lingua madre. Nicole sorrise sulla sua spalla e intensificò l’abbraccio.
« Mariah, chi è?» Una voce femminile, che Nicole seppe subito riconoscere come quella di Carol, provenne dal salone a fianco della porta d’ingresso principale.
« La señorita Gilbert,» comunicò la donna con voce più alta, scostandosi dalla ragazza e invitandola ad entrare per poi chiudere la porta dietro di lei. Era tutto come lo ricordava. Il corridoio ampio e luminoso con le pareti bianche e i fiori nei vasi antichi sulle consolle di legno pregiato, prevalentemente di ciliegio. La scalinata sontuosa che portava alle camere dei proprietari e la camera in fondo, quella che ospitava le feste di beneficenza, con il pianoforte a corda che Tyler non aveva mai imparato a suonare, ma che con Carol faceva risuonare le sue melodie più soavi. Mariah l’accompagnò nel salottino in cui si ambientavano le riunioni del Consiglio, quando era ancora in vita Richard, e un brivido le corse lungo la schiena. Il primo elemento che attirò il suo sguardo fu lo specchio proprio davanti a lei. La sua cornice era nobilmente rifinita e cesellata con l’oro e il bronzo e la sua immagine le apparve chiara e limpida. Era quella di una ragazza imbarazzata e pensierosa. Carol, accomodata su di una poltrona di stoffa scura, color del caffè, intenta a sorseggiare un bicchiere di quello che sembrava brandy, dovette vedere ciò il suo rifletto e sobbalzò visibilmente. Probabilmente aveva pensato che fosse Elena, non lei. Si alzò e poggiò il bicchiere sul tavolino di vetro accanto a lei. Aveva i capelli sciolti, gli occhi azzurri sgranati e le mani tremanti lungo i fianchi fasciati da un semplice tubino nero che la copriva sino alle ginocchia lasciando nude le gambe snelle e lievemente abbronzate.
« Nicole,» la salutò con tante emozioni nella sua voce. La ragazza arrossì e chinò il capo sul pavimento bianco, perdendosi in esso per non dover tornare a guardare una delle donne che le aveva voluto più bene nella sua vita. Dopo poco tempo percepì il rumore dei tacchi delle sue decolté e si sentì cingere dalle braccia esili di Carol in un abbraccio appena accennato, « Bambina mia,» mormorò piangente. Nicole l’abbracciò e una serie di lacrime, piene di gioia, arginò il suo ferreo controllo, bagnando le spalle di Carol. Quando si scostarono, la donna le prese il volto tra le dita affusolate e la guardò con un sorriso orgoglioso, « Sei bellissima, più di quanto mi ricordassi, in tutta onestà,» esclamò facendola ridere di gusto. Bellissima. Tutto ciò che lei non era. Poteva essere carina, non bella, certamente non come Elena o Caroline o Rebekah. La fece accomodare su un divanetto e poi si avvicinò al mini bar contenente un gran numero di alcolici. Doveva aver cominciato a bere da quando Richard era morto, constatò con amarezza, « Gradisci qualcosa in particolare, tesoro?»
« Una vodka, per favore,» aggiunse gentilmente, sorridendole per poi accavallare le gambe snelle. Dopo pochi secondi Carol le porse un bicchierino contenente un liquido trasparente che Nicole fece sparire in altrettanto tempo. Era nervosa, agitata, e alla donna non sfuggì.
« Avevi detto di aver lasciato Mystic Falls,» le ricordò con voce leggera, ma osservandola lungamente. Nicole annuì e poggiò le spalle sullo schienale, per rilassarsi.
« L’ho fatto, ma Jer mi ha chiamata perché ha bisogno di me e sono dovuta tornare,» le spiegò atona. Carol annuì e bevve un altro sorso di brandy, finendo il bicchiere.
« E sei venuta qui da me per domandarmi di intercedere con il Consiglio, vero?» le domandò con la voce addolcita prima di sorriderle. Nicole annuì e nei suoi occhi apparve una sfumatura implorante e sinceramente supplice, « Nessuno sarebbe più felice di me nell’averti qui, Nicole, ma. Oh sì c’è un ma e lo sai anche tu,» esclamò quando il suo sguardo divenne più triste e spento, « Sai che Bill non ti permetterebbe mai di vivere nuovamente a Mystic Falls e con tutta questa situazione dei vampiri è diventato ancora più intransigente,» sospirò scuotendo il capo.
« Mamma, chi c’è?» domandò una voce dolce e curiosa cha avrebbe riconosciuto tra mille altre identiche. Si voltò e incontrò il suo sguardo nero e profondo come un pozzo. Era ai piedi delle scale e non l’aveva riconosciuta sino a quando non si era girata. Notò che il Sole stava progressivamente tramontando dietro le finestre della porta d’ingresso, « Nicole,» la salutò emozionato tentando un sorriso che non gli riuscì al meglio. La ragazza annuì e strinse con maggior forza il bicchierino ancora tra le sue mani. Avrebbe voluto averne un altro in quel momento. Era bello e una morsa dolorosa le strinse il cuore facendolo sanguinare con violenza. Non era più suo. Amava Caroline, non lei, e se ne sarebbe dovuta fare una ragione.
« Ty, siediti, per favore,» lo invitò gentilmente sua madre. Il ragazzo annuì e si accomodò, come se stesse per essere torturato, o condannato a morte, sul divanetto vicino a  quello di sua madre.
« Lo so, Carol, e me ne andrò appena avrò sistemato questa dannata faccenda,» riprese il discorso interrotto Nicole per allontanare da sé pensieri dolorosi con la voce esasperata anche se non voleva, « Ma non chiedermi di andare via prima perché non lo farò e Bill Forbes non potrà fermarmi. Si tratta di mio fratello e della mia famiglia,» chiarì la ragazza con gli occhi dardeggianti per la risolutezza di quella scelta. Carol le era complice e annuì. Tyler aveva aggrottato le sopracciglia e sembrava confuso.
« Bill Forbes? Cos’hai a che fare con quel pazzo?»
« Tyler,» lo riprese sua madre quasi scandalizzata da quell’epiteto. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e batté le mani sulle ginocchia fasciate dai jeans scuri.
« Niente di che, non mi vuole qui,» mentì in parte Nicole, issandosi in piedi e poggiando il bicchiere sul tavolino. Aveva approfittato sin troppo della loro disponibilità e aveva altro da fare. Come fuggire da Tyler e dai suoi occhi indagatori, «Volevo farvi le mie condoglianze per Richard, anche se molto in ritardo,» mormorò con gentilezza, con lo sguardo triste nel vedere che in quello di Carol v’erano tante lacrime commosse e malinconiche. In quello di Tyler lesse solo la fermezza, non un’altra emozione, almeno non superficialmente, ma era certa che soffrisse per la perdita del padre.
« Ti ringrazio, cara. Mi è dispiaciuto tanto non vederti al funerale dei tuoi genitori, ma Tyler mi ha raccontato che eri a quello dei tuoi zii. Le mie condoglianze anche per loro. Mystic Falls sta piangendo troppo spesso per la morte dei suoi figli,» affermò prima di chinare il capo sconfitta. Non era colpa sua, era un buon sindaco, ma la situazione le stava sfuggendo di mano a causa dei vampiri e dei loro folli piani.
« Ti ringrazio, Carol,» mormorò seria prima di volgere lo sguardo all’uscita. Quella camera la stava soffocando. Era satura di sensazioni, emozioni, ricordi. Era opprimente e Tyler la comprese, alzandosi anche lui e sfiorando il capo di sua madre carezzandolo con dolcezza. Quella scena la intenerì e le fece nascere un sorriso sincero che arrivò sino agli occhi chiari.
« Vai alla festa di inizio anno?» le domandò con gentilezza, guardandola ancora assorto nei propri pensieri. Si portò un boccolo dietro l’orecchio e arrossì.
« Perché no?» sussurrò poi alzando le spalle e sorridendo leggermente. Sarebbero stati tutti lì e quindi sarebbe stato inutile tornare a casa senza avere le chiavi. E quella prospettiva era sempre migliore rispetto a quella di ubriacarsi da sola al Grill. Meglio farlo in compagnia, si disse. Tyler le sorrise, dolcemente, lo stesso sorriso timido che le aveva rivolto quando si era presentato dinanzi alla porta di casa sua per il loro primo appuntamento, tanto agognato e atteso da entrambi. Salutarono Carol che sembrò davvero contenta di vederli andar via insieme, proprio come ai vecchi tempi felici. Uscirono di casa, l’uno al fianco dell’altra, a pochi centimetri, non sfiorandosi nemmeno con le vesti per paura di qualcosa che era sconosciuto a entrambi. Lo sguardo di Tyler si fermò sulla jeep nera parcheggiata di lungo dinanzi a sé. Inclinò il capo e schiuse le labbra, sorpreso sino all’incredulità.
« E quella da dove esce?» le domandò divertito, guardandola in tralice con un sorriso malandrino. Nicole arrossì poi alzò il mento con fierezza e ancheggiò, per farlo ridere, sino ad essa aprendola.
« Questa,» affermò maliziosa indicando con il pollice l’auto dietro di sé. Spalancò gli occhi e si portò l’indice sulle labbra. Tyler stava ridendo sotto i baffi. I suoi occhi allegri la colpirono facendole interrompere quel gioco abbastanza infantile con l’ultima frase, « È un piccolo regalo.» entrò, attendendo che Tyler facesse lo stesso e dopo un istante lo vide accanto a sé intento a chiudere lo sportello. Guardò la jeep estasiato, proprio come lo era stata lei poche ore prima.
« Piccolo?» esclamò con le sopracciglia arcuate. Nicole annuì, « Wow, devi aver trovato un ragazzo ricco, ancora più di me,» aggiunse più dispiaciuto, quasi con amarezza, guardando davanti a sé, il giardino della sua villa. La ragazza arrossì e scosse il capo.
« Non hai capito. Non me l’ha regalata un ragazzo. Cioè sì, ma non è come pensi,» aggiunse imbarazzata. Gliela aveva regalata un ibrido di mille anni, ed era temporaneo. Un ibrido dai bellissimi occhi color dell’Oceano, dalle labbra rosse come il sangue e l’animo confuso, ma nobile e fiero, aristocratico e fine. Un ibrido che aveva quasi baciato quella stessa mattina. Scosse il capo nuovamente. Non era bello che lei pensasse a Klaus mentre era in macchina con Tyler. Era ambiguo e Nicole odiava le situazioni ambigue. Eppure non era in grado di smettere di pensare a lui, alle labbra piene che sfioravano le sue, alle sua mani sui fianchi, all’abbraccio impulsivo che si erano scambiati, agli sguardi che le aveva rivolto. Bloccò il flusso della sua mente. Era insensato e sciocco.
« Figurati. Sei libera di avere un fidanzato, anzi mi farebbe piacere sapere che è un bravo ragazzo e ti vuole bene,» mormorò con la voce calma e pacata, dolce e autentica, confortante. Nicole scosse il capo e mise in modo.
« Lui non è il mio fidanzato e non lo sarà mai,» affermò secca, più per convincere se stessa dell’ovvietà di quella frase che Tyler.
« Ehi non ti arrabbiare, gattina,» esclamò prima di ridere allegramente. Quell’epiteto, tanto amato, la fece arrossire e sorridere.
« Zitto, lupacchiotto,» lo sbeffeggiò volgendo il capo verso di lui. Erano diretti verso la parte più esterna della foresta che costeggiava l’itera Mystic Falls ed era già possibile vedere i fuochi divampare con i loro fumi bianchi. Parcheggiò dietro un’auto scura e uscirono dalla jeep. Le risate degli studenti risuonavano alte e briose nell’aria notturna della cittadina. La contagiarono e a Tyler non sfuggì. Si avvicinò a lei e le sorrise, schiudendo le labbra per dirle qualcosa. Nicole alzò l’indice per interromperlo ed estrasse il cellulare poiché qualcuno le stava telefonando. Sconosciuto. Aggrottò le sopracciglia dorate e accettò la chiamata.
« Pronto?»
« Dolcezza, arrivata nella tua cittadina sperduta?» le domandò una voce allegra e spensierata, divertita e ironica, che le fece nascere un vero sorriso esteso anche agli occhi. Era Klaus. Alzò lo sguardo su Tyler e inclinò il capo facendogli cenno di continuare ad avanzare verso la piccola folla stretta intorno a un ragazzo mantenuto in aria mentre lo incitavano a bere. Percepì subito la voce del suo ex fidanzato fare lo stesso, con la voce raggiante e i pugni alzati verso il cielo e scosse il capo tornando a Klaus, « A quanto pare sì. È per te tutta quella accoglienza, sweetheart?» continuò più malizioso. Nicole rise leggermente e sentì dall’altra parte della cornetta il rumore dell’acqua scorrere, lo stesso che aveva percepito prima di entrare nella vasca. Arrossì visibilmente e schiuse le labbra prima di guardarsi intorno e rispondere.
« Certo che no. È cominciato l’ultimo anno e bisogna festeggiare,» esclamò per superare le voci dei suoi amici. Vide Elena e Stefan poco distanti, sua sorella poggiata contro la corteccia di un albero con un bicchiere rosso in mano, sicuramente contente birra, e il fidanzato che aveva quasi poggiato il capo sulla sua spalla destra. Anche da quella distanza, poteva scorgere che Elena era a disagio, e non solamente per colpa di Stefan. Seguì la traiettoria dei loro sguardi e vide un bel fuoco scoppiettante e splendente e dietro di esso, seduti su di una panca di legno, v’erano Rebekah e Damon intenti a gustare un marshmallow. Sentì provenire dal telefono il suono delle bolle che si rarefacevano e sgranò gli occhi. Persino l’irritazione di sapere che Elena era in qualche modo ingelosita dagli atteggiamenti ambigui e provocanti di Damon Salvatore scomparve dinanzi alla prospettiva che le stava inconsapevolmente, oppure no, offrendo l’ibrido.
« Comprendo. Le solite sciocchezze degli umani,» aggiunse annoiato, anche se era ben presente nel suo tono la maliziosità seducente. Tyler si era fermato a pochi metri da lei vicino a Caroline, intento a parlare con lei. Sorrise a quella che era stata la sua migliore amica e spostò lo sguardo su Jeremy e Bonnie, seduti in  un luogo appartato e lontano dalle luci occupati a scambiarsi delle dolci effusioni. Matt non c’era.
« Rebekah è qui,» gli comunicò, « E si sta divertendo proprio come tutti gli altri sciocchi umani,» aggiunse sarcastica, ma non cattiva, sempre leggera. Klaus rise di gusto scatenandole un brivido lungo la schiena, che percorreva la totalità della sua spina dorsale.
« Sai nulla del nostro amico?» le domandò tornando serio.
« Nulla. Sono appena arrivata e mi sono subito diretta a casa del sindaco per avere il permesso di stare qui per un paio di giorni.»
« Capisco. Tesoro, dovresti stare attenta anche tu con Mikael,» l’avvertì quasi con un tono dolce e amichevole, « Ha sempre avuto un’attenzione particolare per le Bishop,» aggiunse divertito.
« Cosa intendi?» gli domandò incuriosita, con le sopracciglia aggrottate andandosi a sedere su un tronco, tagliato di netto, poco distante. Immaginò che il suo sorriso scaltro, furbo, accattivante e avvenente, quello stesso che le aveva rivolto sin dal primo momento in cui l’aveva vista, fosse presente sulle sue labbra rosee in quel momento.
« È una lunga storia e non vorrei che perdessi la festa a causa mia. Sarebbe imperdonabile,» aggiunse in modo teatrale, facendola sorridere.
« Un atto abominevole da parte tua,» scherzò. Per la seconda volta lo sentì ridere e accanto a sé vide l’ombra di qualcuno. Gambe snelle, flessuose e olivastre occuparono il suo campo visivo. Elena, « Devo salutarti. Ci sentiamo,» mormorò prima di interrompere la chiamata senza aspettare una risposta. Non voleva che sua sorella capisse che stava parlando con Klaus, che, per qualche verso, era dalla sua parte, almeno sino a quando non si trattava di Elena, Mystic Falls e gli ibridi. Si voltò e incontrò lo sguardo dolce della sua sorellina. Le sorrise e la strinse a sé, ricambiata e cinta con maggior vigore.
« Nicole, pensavo che fossi andata via di nuovo,» sussurrò timorosa di poterla perdere ancora una volta.  La ragazza bionda si scostò e prese il volto ovale e magro tra le sue dita, come se avesse paura di poterla ferire.
« Mi dispiace, ma dovrai sopportarmi ancora per un po’,» esclamò divertita, ma con le lacrime agli occhi che premevano per rigarle le guance. Elena rise e il suo respiro era accelerato dalle emozioni presenti nel proprio cuore.
« Credo proprio che non sia un dispiacere averti qui, sorellina,» affermò una voce maschile dolce che riconobbe subito come quella del suo fratellino. Si issò in piedi e lo abbracciò, tenendolo stretto contro il suo petto. Era divenuto più alto, almeno di alcuni centimetri, da quando lo aveva visto l’ultima volta al funerale di suo padre e zia Jenna, più muscoloso, più adulto, anche se il sorriso di bambino, timido, imbarazzato e immensamente dolce, rimaneva sempre lo stesso. Jeremy le carezzò la schiena sino a salire per sfiorarle i capelli in un contatto armonioso e angelico, fraterno. Nicole non potè non sorridere, in qualche modo dimentica di ogni problema. Dietro Jeremy, lievemente nascosta per permettere ai due fratelli di vivere quel momento così intimo, con un sorriso amabile e intenerito sulle labbra carnose, v’era Bonnie e la giovane ne gioì. Era davvero molto bella con quegli occhi chiari, attenti, ma gentili, sempre pronti ad accogliere, il viso ovale, da bambina, appena più accentuato sugli zigomi, i capelli ondulati, di un tono più scuri rispetto al colore della sua pelle, matura per Jeremy, innamorata, decisa a proteggerlo da ogni male. Si scostò da suo fratello e gli prese il volto tra le mani. Tyler e Caroline li avevano raggiunti e l’amica era raggiante di gioia. Gli occhi azzurri le brillavano.
« Guardati, Jer,» sussurrò emozionata, con le lacrime agli occhi e il batticuore. Lo sguardo di suo fratello si addolcì ancora di più nel sentire quell’appellativo che sin dall’infanzia lo aveva accompagnato, « Sei diventato un uomo,» concluse, trattenendosi dal piangere apertamente. Gli carezzò lievemente lo zigomo, imbarazzata a causa delle sue stesse parole, e si asciugò con il dorso della mano le poche lacrime che era sfuggite al suo controllo. Jeremy la ringraziò con il sorriso più ampio e sincero che possedeva, poi volse lo sguardo verso Elena e i loro amici. Non si scambiarono una parola, solo sorrisi pieni di affetto, poi Elena si congedò. La vide per un attimo barcollare sui tacchi e aggrottò le sopracciglia. L’ultima, e la prima, vota in cui aveva visto sua sorella ubriaca era quando si erano recati, per il primo weekend delle vacanze estive, in un bar di Richmond per la festa di Linda, una loro cugina di secondo grado che aveva invitato tutti i ragazzi di Mystic Falls e Richmond per il proprio compleanno. Bonnie e Jeremy si scusarono e, abbracciati l’uno all’altra, sorridenti, si allontanarono.
« Ehi Ty, devi venire subito. Jack sta facendo una pazzia che gli costerà la squalifica,» esclamò Robert, uno dei due cornerback della squadra. Tyler schiuse le labbra e si lasciò sfuggire un’imprecazione pesante.
« Non può farsi espellere ancora prima che inizi il campionato. È il nostro miglior tight end,» affermò prima di seguire il ragazzo biondo che l’aveva preceduto. Caroline abbassò il capo e i lunghi capelli lucenti come raggi del Sole le ricaddero dinanzi al volto celandolo per un attimo al suo sguardo. Cominciò a torturarsi le dita candide e affusolate e Nicole le strinse tra le sue. Aveva capito cosa la imbarazzasse. Le sorrise e Caroline la guardò stupita, incredula, innocente come una bambina.
« Ehi,» la salutò dolcemente, con la voce ridotta a un sussurro. Caroline tentò un sorriso accogliente che non fu il migliore, « Va tutto bene?» La vampira dinanzi a lei annuì e i capelli le ricaddero sulle esili spalle candide.
« Tutto questo è così strano,» bisbigliò, poi, imbarazzata, assottigliando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.
« Non è vero,» mentì Nicole, facendole segno di sedersi accanto a lei sull’ampio tronco che aveva ospitato lei ed Elena pochi minuti prima. Caroline accavallò le gambe fasciate da un jeans scuro e un paio di stivali alti di pelle chiara, marroncina e inclinò il capo, scoccandole un sorriso in tralice.
« Stai mentendo e non ce n’è bisogno,» aggiunse comprensiva.
« Io… Sono felice per voi, davvero. Solo che non riesco a capire. Tu e Tyler non siete mai andati molto d’accordo e…,» si bloccò. Era patetica. Arrossì e scosse il capo. Avevano il diritto di essere felici, insieme.
« Gli sono stata vicina quando ha scoperto di essere un lupo mannaro e lui… Io… Lo amo,» le confessò sottovoce temendo di vederla soffrire. Nicole sorrise e l’abbracciò d’impulso. La gelosia che l’aveva colta inizialmente scomparve del tutto sostituita dalla gioia di sapere che due suoi amici erano innamorati. Caroline si strinse a lei come se temesse di vederla scomparire da un momento all’altro. No. Non sarebbe andata via. Mai più. 

  
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