Capitolo 7
Family Ties
La villa dei Lockwood si sarebbe potuta scorgere da kilometri per la sua singolare immensità e sontuosità. Era uno spettacolo e Nicole la guardò con reverenza, ma anche con l’accenno di un sorriso sulle labbra rosee. Ricordava ancora i giorni che aveva trascorso lì da ragazza, i pranzi domenicali con la famiglia più prestigiosa della città, le notti trascorse nel letto di Tyler e le albe che li vedevano ancora insieme dopo aver fatto l’amore. Era la dimora che l’aveva ospitata quando le necessitava un consiglio di moda da parte di Carol, sempre così elegantemente fine, quando sua madre si recava per prendere il tè con le proprie amiche e lasciava che le figlie giocassero con quelle dei membri del consiglio, Caroline e Bonnie prevalentemente, ma anche Meredith Fell quando non era ancora entrata nella facoltà di medicina a Harvard. Era felice di tornare lì, in un posto che aveva chiamato casa per molto tempo, scherzando, fantasticando, con Tyler su un futuro felice insieme, una famiglia da costruire. Nicole gli diceva sempre che, se fosse stata la proprietaria di tutti bei beni, avrebbe fatto costruire un piccolo parco giochi per i loro bambini così che avrebbero potuto sentire le loro risate seduti su di una panchina intenti a guardare il tramonto l’una al fianco dell’altro. Una lacrima le rigò il volto e trattenne a stento un singulto, chiudendo gli occhi per un attimo. Quanto sembrava patetico quel pensiero in quel momento. Eppure, un tempo, era stata la sua normalità.
Tyler e Nicole, innamorati, la coppia più
incantevole della Mystic Falls High School, sempre insieme e immuni da ogni
maldicenza e lite. Tutti pensavano che si sarebbero sposati e che avrebbero
vissuto il resto dei loro giorni nella tranquillità della famiglia che avevano
formato. Tutti, almeno sino a quando tutto non cominciò a incrinarsi. Lo
rimembrava, Nicole, come se fosse stato il giorno prima. Lei era cambiata,
da quando aveva incominciato a credere nella magia, a comprendere chi fosse, a
scoprire dei libri strani su cui erano riportate parole latine che era in grado
di comprendere anche se non ne aveva studiato tantissimo, a tenere dei segreti
con lui, cominciando a celargli cose che, invece, avrebbe dovuto palesare. E
Tyler era divenuto più sfuggente. Le liti erano sempre più frequenti. La
gelosia stava incrinando il loro rapporto sino a quel momento saldo e florido,
dando spazio agli albori della loro fine. Tyler le recriminava il fatto di aver
perso la fiducia in lui mentre Nicole quello di non volerle più quel bene, di
essersi avvicinato sempre di più ad altre ragazze, soprattutto Vicki Donovan.
Nicole serrò le labbra e percorse il vialetto bianco che divideva il
prato inglese del giardino corano da alberi dalle fronde folte e smeraldine,
per parcheggiare dinanzi all’entrata principale.
Aveva sempre tentato di non parlar male di nessuno, ma aveva odiato la
sorella maggiore di Matt sin da quando l’aveva conosciuta. Era una sgualdrina,
proprio come sua madre, che non avrebbe saputo mai badare al suo fratellino.
Matt era troppo buono con lei, l’adorava, ma persino Elena mal sopportava la
presenza della ragazza bruna, nonostante non lo desse a vedere al suo
fidanzato. Diceva anche lei, la sorella buona e gentile, che era troppo legata
a Tyler, giocava con lui proprio come se fossero amici da sempre mentre per lui
era poco più che un’estranea, un’intrusa nella sua vita che era sempre stata
innamorata di lui. Tyler pensava che la sua gelosia fosse completamente
insensata e che fosse una stupida a fantasticare su certe stronzate, come le
chiamava sempre lui. Lei, una stupida. Tre anni prima non le avrebbe mai detto
una cosa del genere, tre anni prima l’avrebbe stretta a sé e le avrebbe
assicurato che lei era l’unica per lui e lo sarebbe stata per sempre,
sussurrandoglielo nell’orecchio e facendole nascere un sorriso felice sul
volto. Le avrebbe mormorato epiteti dolci e si sarebbero scambiati leggere
effusioni per poi tornare alla normalità della giornata.
Nicole sbuffò e scese dalla macchina, chiudendola e generando un suono
capace di spezzare la quiete della natura. Mise le mani nelle tasche dei jeans
e cominciò ad avanzare verso la porta principale.
Sembrava quasi che fossero tornati quelli di sempre quando sua nonna, la
sua cara Elizabeth, era morta per un infarto fulminante che le aveva stroncato
la ormai anziana vita. Nicole l’adorava e aveva pianto tantissimo, non andando
a scuola per giorni e giorni, quasi chiudendo la porta del dialogo con sua
madre che soffriva per quell’atteggiamento doloroso e che tentava di aiutarla
con ogni mezzo. Non era per cattiveria, ma Nicole era sicura che non potesse
comprenderla, come nemmeno Elena e il piccolo Jeremy. Lo zio John le era stato
vicino, forse ancora più di Grayson, ascoltandola e trascorrendo interi
pomeriggi accanto a lei, senza parlare, senza voler nulla in cambio, senza
cercare di lenire la sua sofferenza con parole vuote e inutili. Poi Tyler si
era presentato, all’alba, portando con sé solo il suo cuore grande e il suo
imbarazzo, dinanzi alla porta della sua casa e Nicole non aveva saputo resistere
al suo sguardo dispiaciuto e innamorato. Aveva seguito il cuore, non la sua
mente, e l’aveva abbracciato, stringendolo a sé e facendosi cullare dalle sue
braccia accoglienti. Si era sentita a casa e aveva compreso che no, non c’era
nessuno che potesse dividerli.
Bussò, suonare il campanello sarebbe stato molto fuori luogo, e dopo
pochi istanti una domestica, Mariah, le aprì la porta con un sorriso sul volto
ispanico e gentile, leggermente segnato dalle rughe del tempo. Aveva i capelli
neri raccolti in una crocchia austera e gli occhi color del carbone erano buoni
proprio come se li ricordava. Le sorrise apertamente e la donna l’abbracciò
senza dire una parola.
« Signorina Nicole, stai bene, gracias a Dios,» esclamò emozionata tanto
da parlare nella sua lingua madre. Nicole sorrise sulla sua spalla e
intensificò l’abbraccio.
« Mariah, chi è?» Una voce femminile, che Nicole seppe subito
riconoscere come quella di Carol, provenne dal salone a fianco della porta
d’ingresso principale.
« La señorita Gilbert,» comunicò la donna con voce più alta, scostandosi
dalla ragazza e invitandola ad entrare per poi chiudere la porta dietro di lei.
Era tutto come lo ricordava. Il corridoio ampio e luminoso con le pareti
bianche e i fiori nei vasi antichi sulle consolle di legno pregiato,
prevalentemente di ciliegio. La scalinata sontuosa che portava alle camere dei
proprietari e la camera in fondo, quella che ospitava le feste di beneficenza,
con il pianoforte a corda che Tyler non aveva mai imparato a suonare, ma che con
Carol faceva risuonare le sue melodie più soavi. Mariah l’accompagnò nel
salottino in cui si ambientavano le riunioni del Consiglio, quando era ancora
in vita Richard, e un brivido le corse lungo la schiena. Il primo elemento che
attirò il suo sguardo fu lo specchio proprio davanti a lei. La sua cornice era
nobilmente rifinita e cesellata con l’oro e il bronzo e la sua immagine le
apparve chiara e limpida. Era quella di una ragazza imbarazzata e pensierosa.
Carol, accomodata su di una poltrona di stoffa scura, color del caffè, intenta
a sorseggiare un bicchiere di quello che sembrava brandy, dovette vedere ciò il
suo rifletto e sobbalzò visibilmente. Probabilmente aveva pensato che fosse
Elena, non lei. Si alzò e poggiò il bicchiere sul tavolino di vetro accanto a
lei. Aveva i capelli sciolti, gli occhi azzurri sgranati e le mani tremanti
lungo i fianchi fasciati da un semplice tubino nero che la copriva sino alle
ginocchia lasciando nude le gambe snelle e lievemente abbronzate.
« Nicole,» la salutò con tante emozioni nella sua voce. La ragazza
arrossì e chinò il capo sul pavimento bianco, perdendosi in esso per non dover
tornare a guardare una delle donne che le aveva voluto più bene nella sua vita.
Dopo poco tempo percepì il rumore dei tacchi delle sue decolté e si sentì
cingere dalle braccia esili di Carol in un abbraccio appena accennato, «
Bambina mia,» mormorò piangente. Nicole l’abbracciò e una serie di lacrime,
piene di gioia, arginò il suo ferreo controllo, bagnando le spalle di Carol.
Quando si scostarono, la donna le prese il volto tra le dita affusolate e la
guardò con un sorriso orgoglioso, « Sei bellissima, più di quanto mi
ricordassi, in tutta onestà,» esclamò facendola ridere di gusto. Bellissima.
Tutto ciò che lei non era. Poteva essere carina, non bella, certamente non come
Elena o Caroline o Rebekah. La fece accomodare su un divanetto e poi si
avvicinò al mini bar contenente un gran numero di alcolici. Doveva aver cominciato a bere da quando Richard era morto,
constatò con amarezza, « Gradisci qualcosa in particolare, tesoro?»
« Una vodka, per favore,» aggiunse gentilmente, sorridendole per poi
accavallare le gambe snelle. Dopo pochi secondi Carol le porse un bicchierino
contenente un liquido trasparente che Nicole fece sparire in altrettanto tempo.
Era nervosa, agitata, e alla donna non sfuggì.
« Avevi detto di aver lasciato Mystic Falls,» le ricordò con voce
leggera, ma osservandola lungamente. Nicole annuì e poggiò le spalle sullo
schienale, per rilassarsi.
« L’ho fatto, ma Jer mi ha chiamata perché ha bisogno di me e sono
dovuta tornare,» le spiegò atona. Carol annuì e bevve un altro sorso di brandy,
finendo il bicchiere.
« E sei venuta qui da me per domandarmi di intercedere con il Consiglio,
vero?» le domandò con la voce addolcita prima di sorriderle. Nicole annuì e nei
suoi occhi apparve una sfumatura implorante e sinceramente supplice, « Nessuno
sarebbe più felice di me nell’averti qui, Nicole, ma. Oh sì c’è un ma e lo sai
anche tu,» esclamò quando il suo sguardo divenne più triste e spento, « Sai che
Bill non ti permetterebbe mai di vivere nuovamente a Mystic Falls e con tutta
questa situazione dei vampiri è diventato ancora più intransigente,» sospirò
scuotendo il capo.
« Mamma, chi c’è?» domandò una voce dolce e curiosa cha avrebbe
riconosciuto tra mille altre identiche. Si voltò e incontrò il suo sguardo nero
e profondo come un pozzo. Era ai piedi delle scale e non l’aveva riconosciuta
sino a quando non si era girata. Notò che il Sole stava progressivamente
tramontando dietro le finestre della porta d’ingresso, « Nicole,» la salutò
emozionato tentando un sorriso che non gli riuscì al meglio. La ragazza annuì e
strinse con maggior forza il bicchierino ancora tra le sue mani. Avrebbe voluto
averne un altro in quel momento. Era bello e una morsa dolorosa le strinse il
cuore facendolo sanguinare con violenza. Non era più suo. Amava
Caroline, non lei, e se ne sarebbe dovuta fare una ragione.
« Ty, siediti, per favore,» lo invitò gentilmente sua madre. Il ragazzo
annuì e si accomodò, come se stesse per essere torturato, o condannato a morte,
sul divanetto vicino a quello di sua
madre.
« Lo so, Carol, e me ne andrò appena avrò sistemato questa dannata
faccenda,» riprese il discorso interrotto Nicole per allontanare da sé pensieri
dolorosi con la voce esasperata anche se non voleva, « Ma non chiedermi di
andare via prima perché non lo farò e Bill Forbes non potrà fermarmi. Si tratta
di mio fratello e della mia famiglia,» chiarì la ragazza con gli occhi
dardeggianti per la risolutezza di quella scelta. Carol le era complice e
annuì. Tyler aveva aggrottato le sopracciglia e sembrava confuso.
« Bill Forbes? Cos’hai a che fare con quel pazzo?»
« Tyler,» lo riprese sua madre quasi scandalizzata da quell’epiteto. Il
ragazzo alzò gli occhi al cielo e batté le mani sulle ginocchia fasciate dai
jeans scuri.
« Niente di che, non mi vuole qui,» mentì in parte Nicole, issandosi in
piedi e poggiando il bicchiere sul tavolino. Aveva approfittato sin troppo
della loro disponibilità e aveva altro da fare. Come fuggire da Tyler e dai
suoi occhi indagatori, «Volevo farvi le mie condoglianze per Richard, anche
se molto in ritardo,» mormorò con gentilezza, con lo sguardo triste nel vedere
che in quello di Carol v’erano tante lacrime commosse e malinconiche. In quello
di Tyler lesse solo la fermezza, non un’altra emozione, almeno non
superficialmente, ma era certa che soffrisse per la perdita del padre.
« Ti ringrazio, cara. Mi è dispiaciuto tanto non vederti al funerale dei
tuoi genitori, ma Tyler mi ha raccontato che eri a quello dei tuoi zii. Le mie
condoglianze anche per loro. Mystic Falls sta piangendo troppo spesso per la
morte dei suoi figli,» affermò prima di chinare il capo sconfitta. Non era
colpa sua, era un buon sindaco, ma la situazione le stava sfuggendo di mano a
causa dei vampiri e dei loro folli piani.
« Ti ringrazio, Carol,» mormorò seria prima di volgere lo sguardo
all’uscita. Quella camera la stava soffocando. Era satura di sensazioni,
emozioni, ricordi. Era opprimente e Tyler la comprese, alzandosi anche lui e
sfiorando il capo di sua madre carezzandolo con dolcezza. Quella scena la
intenerì e le fece nascere un sorriso sincero che arrivò sino agli occhi
chiari.
« Vai alla festa di inizio anno?» le domandò con gentilezza, guardandola
ancora assorto nei propri pensieri. Si portò un boccolo dietro l’orecchio e
arrossì.
« Perché no?» sussurrò poi alzando le spalle e sorridendo leggermente.
Sarebbero stati tutti lì e quindi sarebbe stato inutile tornare a casa senza
avere le chiavi. E quella prospettiva era sempre migliore rispetto a quella di
ubriacarsi da sola al Grill. Meglio farlo
in compagnia, si disse. Tyler le sorrise, dolcemente, lo stesso sorriso
timido che le aveva rivolto quando si era presentato dinanzi alla porta di casa
sua per il loro primo appuntamento, tanto agognato e atteso da entrambi.
Salutarono Carol che sembrò davvero contenta di vederli andar via insieme,
proprio come ai vecchi tempi felici. Uscirono di casa, l’uno al fianco
dell’altra, a pochi centimetri, non sfiorandosi nemmeno con le vesti per paura
di qualcosa che era sconosciuto a entrambi. Lo sguardo di Tyler si fermò sulla
jeep nera parcheggiata di lungo dinanzi a sé. Inclinò il capo e schiuse le
labbra, sorpreso sino all’incredulità.
« E quella da dove esce?» le domandò divertito, guardandola in tralice
con un sorriso malandrino. Nicole arrossì poi alzò il mento con fierezza e
ancheggiò, per farlo ridere, sino ad essa aprendola.
« Questa,» affermò maliziosa indicando con il pollice l’auto dietro di
sé. Spalancò gli occhi e si portò l’indice sulle labbra. Tyler stava ridendo
sotto i baffi. I suoi occhi allegri la colpirono facendole interrompere quel
gioco abbastanza infantile con l’ultima frase, « È un piccolo regalo.» entrò,
attendendo che Tyler facesse lo stesso e dopo un istante lo vide accanto a sé
intento a chiudere lo sportello. Guardò la jeep estasiato, proprio come lo era
stata lei poche ore prima.
« Piccolo?» esclamò con le sopracciglia arcuate. Nicole annuì, « Wow,
devi aver trovato un ragazzo ricco, ancora più di me,» aggiunse più
dispiaciuto, quasi con amarezza, guardando davanti a sé, il giardino della sua
villa. La ragazza arrossì e scosse il capo.
« Non hai capito. Non me l’ha regalata un ragazzo. Cioè sì, ma non è
come pensi,» aggiunse imbarazzata. Gliela aveva regalata un ibrido di mille
anni, ed era temporaneo. Un ibrido dai bellissimi occhi color dell’Oceano,
dalle labbra rosse come il sangue e l’animo confuso, ma nobile e fiero,
aristocratico e fine. Un ibrido che aveva quasi baciato quella stessa mattina.
Scosse il capo nuovamente. Non era bello che lei pensasse a Klaus mentre era in
macchina con Tyler. Era ambiguo e Nicole odiava le situazioni ambigue. Eppure
non era in grado di smettere di pensare a lui, alle labbra piene che
sfioravano le sue, alle sua mani sui fianchi, all’abbraccio impulsivo che si
erano scambiati, agli sguardi che le aveva rivolto. Bloccò il flusso della sua
mente. Era insensato e sciocco.
« Figurati. Sei libera di avere un fidanzato, anzi mi farebbe piacere
sapere che è un bravo ragazzo e ti vuole bene,» mormorò con la voce calma e
pacata, dolce e autentica, confortante. Nicole scosse il capo e mise in modo.
« Lui non è il mio fidanzato e non lo sarà mai,» affermò secca, più per
convincere se stessa dell’ovvietà di quella frase che Tyler.
« Ehi non ti arrabbiare, gattina,» esclamò prima di ridere allegramente.
Quell’epiteto, tanto amato, la fece arrossire e sorridere.
« Zitto, lupacchiotto,» lo sbeffeggiò volgendo il capo verso di lui.
Erano diretti verso la parte più esterna della foresta che costeggiava l’itera
Mystic Falls ed era già possibile vedere i fuochi divampare con i loro fumi
bianchi. Parcheggiò dietro un’auto scura e uscirono dalla jeep. Le risate degli
studenti risuonavano alte e briose nell’aria notturna della cittadina. La
contagiarono e a Tyler non sfuggì. Si avvicinò a lei e le sorrise, schiudendo
le labbra per dirle qualcosa. Nicole alzò l’indice per interromperlo ed
estrasse il cellulare poiché qualcuno le stava telefonando. Sconosciuto. Aggrottò
le sopracciglia dorate e accettò la chiamata.
« Pronto?»
« Dolcezza, arrivata nella tua cittadina sperduta?» le domandò una voce
allegra e spensierata, divertita e ironica, che le fece nascere un vero sorriso
esteso anche agli occhi. Era Klaus. Alzò lo sguardo su Tyler e inclinò il capo
facendogli cenno di continuare ad avanzare verso la piccola folla stretta
intorno a un ragazzo mantenuto in aria mentre lo incitavano a bere. Percepì
subito la voce del suo ex fidanzato fare lo stesso, con la voce raggiante e i
pugni alzati verso il cielo e scosse il capo tornando a Klaus, « A quanto pare
sì. È per te tutta quella accoglienza, sweetheart?» continuò più malizioso.
Nicole rise leggermente e sentì dall’altra parte della cornetta il rumore
dell’acqua scorrere, lo stesso che aveva percepito prima di entrare nella
vasca. Arrossì visibilmente e schiuse le labbra prima di guardarsi intorno e
rispondere.
« Certo che no. È cominciato l’ultimo anno e bisogna festeggiare,»
esclamò per superare le voci dei suoi amici. Vide Elena e Stefan poco distanti,
sua sorella poggiata contro la corteccia di un albero con un bicchiere rosso in
mano, sicuramente contente birra, e il fidanzato che aveva quasi poggiato il
capo sulla sua spalla destra. Anche da quella distanza, poteva scorgere che
Elena era a disagio, e non solamente per colpa di Stefan. Seguì la traiettoria
dei loro sguardi e vide un bel fuoco scoppiettante e splendente e dietro di
esso, seduti su di una panca di legno, v’erano Rebekah e Damon intenti a
gustare un marshmallow. Sentì provenire dal telefono il suono delle bolle che
si rarefacevano e sgranò gli occhi. Persino l’irritazione di sapere che Elena
era in qualche modo ingelosita dagli atteggiamenti ambigui e provocanti di
Damon Salvatore scomparve dinanzi alla prospettiva che le stava
inconsapevolmente, oppure no, offrendo l’ibrido.
« Comprendo. Le solite sciocchezze degli umani,» aggiunse annoiato,
anche se era ben presente nel suo tono la maliziosità seducente. Tyler si era
fermato a pochi metri da lei vicino a Caroline, intento a parlare con lei.
Sorrise a quella che era stata la sua migliore amica e spostò lo sguardo su
Jeremy e Bonnie, seduti in un luogo
appartato e lontano dalle luci occupati a scambiarsi delle dolci effusioni.
Matt non c’era.
« Rebekah è qui,» gli comunicò, « E si sta divertendo proprio come tutti
gli altri sciocchi umani,» aggiunse sarcastica, ma non cattiva, sempre leggera.
Klaus rise di gusto scatenandole un brivido lungo la schiena, che percorreva la
totalità della sua spina dorsale.
« Sai nulla del nostro amico?» le domandò tornando serio.
« Nulla. Sono appena arrivata e mi sono subito diretta a casa del
sindaco per avere il permesso di stare qui per un paio di giorni.»
« Capisco. Tesoro, dovresti stare attenta anche tu con Mikael,»
l’avvertì quasi con un tono dolce e amichevole, « Ha sempre avuto un’attenzione
particolare per le Bishop,» aggiunse divertito.
« Cosa intendi?» gli domandò incuriosita, con le sopracciglia aggrottate
andandosi a sedere su un tronco, tagliato di netto, poco distante. Immaginò che
il suo sorriso scaltro, furbo, accattivante e avvenente, quello stesso che le
aveva rivolto sin dal primo momento in cui l’aveva vista, fosse presente sulle
sue labbra rosee in quel momento.
« È una lunga storia e non vorrei che perdessi la festa a causa mia.
Sarebbe imperdonabile,» aggiunse in modo teatrale, facendola sorridere.
« Un atto abominevole da parte tua,» scherzò. Per la seconda volta lo
sentì ridere e accanto a sé vide l’ombra di qualcuno. Gambe snelle, flessuose e
olivastre occuparono il suo campo visivo. Elena, « Devo salutarti. Ci
sentiamo,» mormorò prima di interrompere la chiamata senza aspettare una
risposta. Non voleva che sua sorella capisse che stava parlando con Klaus, che,
per qualche verso, era dalla sua parte, almeno sino a quando non si trattava di
Elena, Mystic Falls e gli ibridi. Si voltò e incontrò lo sguardo dolce della
sua sorellina. Le sorrise e la strinse a sé, ricambiata e cinta con maggior
vigore.
« Nicole, pensavo che fossi andata via di nuovo,» sussurrò timorosa di
poterla perdere ancora una volta. La
ragazza bionda si scostò e prese il volto ovale e magro tra le sue dita, come
se avesse paura di poterla ferire.
« Mi dispiace, ma dovrai sopportarmi ancora per un po’,» esclamò
divertita, ma con le lacrime agli occhi che premevano per rigarle le guance.
Elena rise e il suo respiro era accelerato dalle emozioni presenti nel proprio
cuore.
« Credo proprio che non sia un dispiacere averti qui, sorellina,»
affermò una voce maschile dolce che riconobbe subito come quella del suo
fratellino. Si issò in piedi e lo abbracciò, tenendolo stretto contro il suo
petto. Era divenuto più alto, almeno di alcuni centimetri, da quando lo aveva
visto l’ultima volta al funerale di suo padre e zia Jenna, più muscoloso, più
adulto, anche se il sorriso di bambino, timido, imbarazzato e immensamente
dolce, rimaneva sempre lo stesso. Jeremy le carezzò la schiena sino a salire
per sfiorarle i capelli in un contatto armonioso e angelico, fraterno. Nicole
non potè non sorridere, in qualche modo dimentica di ogni problema. Dietro
Jeremy, lievemente nascosta per permettere ai due fratelli di vivere quel
momento così intimo, con un sorriso amabile e intenerito sulle labbra carnose,
v’era Bonnie e la giovane ne gioì. Era davvero molto bella con quegli occhi
chiari, attenti, ma gentili, sempre pronti ad accogliere, il viso ovale, da
bambina, appena più accentuato sugli zigomi, i capelli ondulati, di un tono più
scuri rispetto al colore della sua pelle, matura per Jeremy, innamorata, decisa
a proteggerlo da ogni male. Si scostò da suo fratello e gli prese il volto tra
le mani. Tyler e Caroline li avevano raggiunti e l’amica era raggiante di
gioia. Gli occhi azzurri le brillavano.
« Guardati, Jer,» sussurrò emozionata, con le lacrime agli occhi e il
batticuore. Lo sguardo di suo fratello si addolcì ancora di più nel sentire
quell’appellativo che sin dall’infanzia lo aveva accompagnato, « Sei diventato
un uomo,» concluse, trattenendosi dal piangere apertamente. Gli carezzò
lievemente lo zigomo, imbarazzata a causa delle sue stesse parole, e si asciugò
con il dorso della mano le poche lacrime che era sfuggite al suo controllo.
Jeremy la ringraziò con il sorriso più ampio e sincero che possedeva, poi volse
lo sguardo verso Elena e i loro amici. Non si scambiarono una parola, solo
sorrisi pieni di affetto, poi Elena si congedò. La vide per un attimo
barcollare sui tacchi e aggrottò le sopracciglia. L’ultima, e la prima, vota in
cui aveva visto sua sorella ubriaca era quando si erano recati, per il primo
weekend delle vacanze estive, in un bar di Richmond per la festa di Linda, una
loro cugina di secondo grado che aveva invitato tutti i ragazzi di Mystic Falls
e Richmond per il proprio compleanno. Bonnie e Jeremy si scusarono e,
abbracciati l’uno all’altra, sorridenti, si allontanarono.
« Ehi Ty, devi venire subito. Jack sta facendo una pazzia che gli
costerà la squalifica,» esclamò Robert, uno dei due cornerback della squadra.
Tyler schiuse le labbra e si lasciò sfuggire un’imprecazione pesante.
« Non può farsi espellere ancora prima che inizi il campionato. È il
nostro miglior tight end,» affermò prima di seguire il ragazzo biondo che
l’aveva preceduto. Caroline abbassò il capo e i lunghi capelli lucenti come
raggi del Sole le ricaddero dinanzi al volto celandolo per un attimo al suo
sguardo. Cominciò a torturarsi le dita candide e affusolate e Nicole le strinse
tra le sue. Aveva capito cosa la imbarazzasse. Le sorrise e Caroline la guardò
stupita, incredula, innocente come una bambina.
« Ehi,» la salutò dolcemente, con la voce ridotta a un sussurro.
Caroline tentò un sorriso accogliente che non fu il migliore, « Va tutto bene?»
La vampira dinanzi a lei annuì e i capelli le ricaddero sulle esili spalle
candide.
« Tutto questo è così strano,» bisbigliò, poi, imbarazzata,
assottigliando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.
« Non è vero,» mentì Nicole, facendole segno di sedersi accanto a lei
sull’ampio tronco che aveva ospitato lei ed Elena pochi minuti prima. Caroline
accavallò le gambe fasciate da un jeans scuro e un paio di stivali alti di
pelle chiara, marroncina e inclinò il capo, scoccandole un sorriso in tralice.
« Stai mentendo e non ce n’è bisogno,» aggiunse comprensiva.
« Io… Sono felice per voi, davvero. Solo che non riesco a capire. Tu e
Tyler non siete mai andati molto d’accordo e…,» si bloccò. Era patetica. Arrossì e scosse il capo. Avevano il diritto di
essere felici, insieme.
« Gli sono stata vicina quando ha scoperto di essere un lupo mannaro e
lui… Io… Lo amo,» le confessò sottovoce temendo di vederla soffrire. Nicole
sorrise e l’abbracciò d’impulso. La gelosia che l’aveva colta inizialmente
scomparve del tutto sostituita dalla gioia di sapere che due suoi amici erano
innamorati. Caroline si strinse a lei come se temesse di vederla scomparire da
un momento all’altro. No. Non sarebbe andata via. Mai più.