Come
riuscii a chiederle il numero rimane tuttora un mistero per me. Non
pensavo di avere le palle per espormi così tanto, anche se
in effetti non era tutta sta gran cosa, e scambiarsi il numero tra
'amici' è sempre stato normale. Ma cercate di capire, sono
una persona strana, fin troppo insicura per lanciarmi in questo genere
di cose, quindi questo rappresenta prima di tutto una vittoria contro
me stessa e la mia perenne insicurezza. Detto questo, lei non ha fatto
obiezioni e me l'ha dato subito, e già la sera stessa
stavamo messaggiando tranquillamente, come se fosse la cosa
più normale del mondo. Questa era una delle cose belle di
Giuls: con lei tutto sembrava naturale, ovvio; non si faceva tutti i
problemi che mi facevo io. Certo, questo significava che non aveva una
così grande considerazione di me, ma sticazzi, avevo il suo
numero e mi aveva pure autorizzata a parlarle quanto volevo. Che si
può voler di più dalla vita?
Posai il telefono sul cuscino accanto a me, sospirando. Certo che
questa Giulia era proprio una ragazza speciale. Mi aveva colpito,
affondato, distrutto, tutto in poco più di tre giorni. E
anche se ancora non volevo ammetterlo, sapevo che in fondo qualcosa era
già cambiata dentro di me, e che lei non sarebbe stata solo
passivamente parte della mia vita, ma avrebbe attuato grandi
cambiamenti nel mio carattere; e già il fatto di essere
lì ad aspettare un suo messaggio era una prova inconfutabile
di quanto avessi ragione.
Mi voltai verso il cellulare, controllando per l'ennesima volta se
fossero arrivati messaggi, ma la risposta continuava ad essere
negativa. Se il mio cellulare avesse potuto parlare, mi avrebbe
sicuramente detto di darmi una calmata e che mi avrebbe avvisata lui
quando sarebbe cambiato qualcosa, ma di lasciarlo in pace una volta per
tutte. Non aveva tutti i torti, in effetti, però avevo
voglia di parlare, parlare e parlare, ma non solo con lei, con tutti,
con una persona qualunque, con il primo sconosciuto che capita. Ogni
tanto mi prendono questi attacchi di parlantina, in cui racconterei la
mia vita da capo a fondo perfino al barbone sotto casa, però
grazie al cielo non sono così scema da darmi retta e farlo
davvero. Anzi, direi che non do quasi mai retta ai miei impulsi,
ragiono troppo meccanicamente per lasciarmi andare e smettere di
pensare alle conseguenze. Il che è un bene,
perché i miei si fidano di me e la gente mi ritiene una
persona intelligente e organizzata, ma dall'altra parte è un
disastro, perché non riesco ad aprirmi e buttarmi nelle cose
vere, come per esempio fare amicizia con qualcuno. A meno che non mi
cerchi lui, io non avrei mai il coraggio di avvicinarmi e dire ciao,
neanche per idea.
Mi misi l'anima in pace e intuii che si era addormentata, quindi posai
il telefono sul comodino, presi le mie pasticche e mi rigirai tra le
coperte, in cerca di una posizione comoda. Andava a dormire presto,
Giulia, ecco perché a differenza mia sembrava
così fresca e riposata, mentre io sembravo sempre uno zombie
imbottito di adrenalinici - sempre che esistano e non mi sia inventata
la parola. Be', diciamo che sembro uno zombie anche dormo tanto, quindi
non è che mi è mai cambiato molto dormire tre ore
piuttosto che otto; anzi, sono addirittura più carica.
Comunque, nonostante cercassi di addormentarmi da almeno quaranta
minuti, il sonno continuava a non arrivare. Pensavo al gruppo, alla
scuola, a ogni cosa che mi passava in mente, ma mi sentivo come in
mezzo al vuoto, in bilico fra cielo e terra, notte e giorno, sogno e
realtà. Era una sensazione bella, di calma interiore e
relax, cose che mancano nella mia vita di tutti i giorni. Mi rigirai
un'altra volta nel letto e agguantai l'iPod, mettendo su la colonna
sonora di Into The Wild. Che gusto c'è a sognare se poi le
tue avventure non sono accompagnate dalla musica? Tirai le coperte fin
sopra la testa e abbracciai il cuscino, chiudendo gli occhi. Mi sarei
addormentata, che lo volessi o meno.
La mattina dopo mi svegliai prima del solito, verso le sei e un quarto,
e rimasi sotto le coperte ad aspettare che il suono meccanico della
sveglia scattasse per una mezz'oretta circa, poi mi alzai e mi
trascinai verso il bagno. All'uscita della doccia mi avvolsi un
asciugamano attorno i capelli, che faceva più scena che
altro vista la loro loro scarsa lunghezza, e tornai in camera. Mi
lasciai cadere sul letto e socchiusi gli occhi per qualche secondo, poi
presi il cellulare tra le dita, rigirandomelo da una mano all'altra.
Non erano passati neanche tre minuti che lo schermò brillo e
comparve la scritta '1 messaggio da Giulss.' Sorrisi e lessi il
messaggio, le risposi e tirai fuori il phon, avvicinandomi allo
specchio per asciugare i miei spinaci rossicci. Stavano crescendo un
po', finalmente, e la gente non mi scambiava più molto per
un ragazzo, anche se era capitato più volte che mi
parlassero al maschile. Negli ultimi tempi tante persone mi si erano
avvicinate per conoscermi, e anche se non ne capivo bene il
perché ero felice, visto che sono sempre stata ignorata
dalla maggior parte della gente. Non che ci potessi fare niente, alla
fine mi ero abituata a essere la ragazza grassa e isolata da tutti, e
tanti saluti. Avevo smesso di soffrirci.
Mi passai una mano tra i capelli e controllai se erano ancora umidi. Mi
diedi un altro colpo di phon e poi lo portai al suo posto, nel
cassettone blu, e tornai in camera. Scambiai ancora qualche messaggio
con Giuls, mi ficcai le cuffie nelle orecchie e scesi per la colazione.
-Dormito bene?- mi domandò mio papà per prima
cosa, dando un sorso alla sua tazza di the.
-Più o meno, i gatti si sono dati alla pazza gioia
stanotte,- risposi con una scrollata di spalle.
-Ehh, lo so, purtroppo li ho sentiti anch'io. Tranquilla che sto
week-end La G li porta in campagna, così ce li leviamo tutti
e quattro dalle scatole e domani ci mangiamo la pizza.
-Ah, serio? Bona!
-Eh, infatti. Ci sei a pranzo?
-Ci sono sempre.
Finii di mangiare in silenzio, mentre lui si spostava in salotto per
vedere le previsioni del tempo.
La G è mia madre. Il suo soprannome sta per 'la grassa.'
Quando era incinta di me, infatti, è ingrassata tantissimo,
e nonostante tutto non ha mai perso quei chili di troppo, che per sua
fortuna le avvolgono solo le braccia e un po' le cosce. Non
è grassa lei, non più, però ormai il
soprannome è storia e non si cambia. Io ho preso da lei,
sotto questo senso, per i primi sei anni della mia vita il mio
soprannome è rimasto 'Pancità,' e nessuno voleva
cambiarlo per nulla al mondo. Giusto per far capire quanto la mia
famiglia sia brava coi nomi, oh.
Buttai giù l'ultimo sorso di caffè con fretta,
lavai i piatti, li sistemai per bene nella lavastoviglie e poi salii di
sopra a lavarmi i denti. In tutto questo Giuls mi doveva ancora
rispondere; probabilmente aveva di meglio da fare, non saprei dirlo con
certezza, però il suo messaggio mi arrivò che
erano le otto e un quarto passate. Molto probabilmente era una di
quelle persone con una vita sociale parecchio attiva, che anche la
mattina trovano sempre qualcuno con cui chiacchierare un po' o
scambiarsi qualche battuta. Non la biasimavo per questo, ma
chissà cosa si provava a essere una persona del genere,
cercata e apprezzata da tutti, senza eccezioni. Cioè, woah,
figo. Mi piacerebbe provarlo prima o poi, anche solo per un giorno;
così mi lascerei alle spalle tutta la merda che ho provato
in questi anni, specialmente nel 2009 e nel 2010, e potrei dire di aver
dimostrato a tutti quelli che mi prendevano in giro che in
realtà valgo qualcosa, e che erano loro a sbagliarsi sul mio
conto. Bho, sarebbe carino.
Cercai di concentrarmi sulla lezione, ma il francese non è
mai stato la mia lingua preferita e, sebbene fosse la materia
più importante del mio istituto, non mi ci applicavo
particolarmente, per questo fioccavano i 5 e mezzo. Ne ho presi una
marea, nel primo trimestre ho addirittura raggiunto la sufficienza una
sola volta, quindi il sei che mi son trovata in pagella è un
mistero ancora oggi. Fissai la lavagna con aria stanca e poi il mio
compagno di banco, che giocherellava con la matita senza badare
minimamente alle occhiate della professoressa. Mi piegai nuovamente sui
miei appunti e continuai a scrivere in modo meccanico, senza davvero
assimilare quello che la professoressa stava spiegando. Sentii la mia
tasca vibrare e feci scivolare il telefono nella felpa, in modo da
tenerlo al sicuro e poterlo comunque guardare quando fosse stato
necessario. A quanto pare pure Giuls si annoiava e non aveva voglia di
studiare. Le scrissi un messaggio di risposta e aspettai, ripetendo tra
me il verbo suivre, per far pensare alla prof che non ero completamente
alienata dal contesto. In realtà non mi ricordo neanche cosa
spiegò quel giorno, ma non dev'essere stato niente
d'importante visto che ora non ho problemi a scrivere. Be',
sì, okay, ce li ho, ma fare ripetizioni serve a questo, no?
E poi non faccio così schifo, solo che prima mi limitavo
semplicemente a non studiare, quindi i voti bassi erano normali.
Ad ogni modo, continuammo a parlare per tutta la mattinata,
finché non tornammo a casa ed entrammo sul gruppo.
Lì non ci cagammo molto, a dire la verità, e
comunque lei andò a lezione privata dopo neanche un'ora dopo
che si era collegata, quindi non potevo rimproverarmi niente.
Tornò verso le sei - sei e mezza, e la chat me
l'aprì lei. Parlammo così, di scemenze e roba che
non c'interessava minimamente ma che pensavamo potesse interessare
all'altra, creando così un ammasso di argomenti random e
senza senso. Però non m'importava, alla fine parlavo
così con tutti, non mi cambiava molto farlo pure con lei.
Anzi, forse era a lei che era importato qualcosa, anche se non l'aveva
dato a vedere per niente, mostrandosi molto gentile, oltre che
simpatica.
Onestamente, non mi ricordo molto di quel giorno; solo che mi disse che
mi voleva bene.
E quello fu il giorno più bello della mia settimana.