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Autore: almeisan_    29/04/2012    1 recensioni
E se Elena Gilbert, l’ultima doppelgänger Petrova, stretta in un triangolo fatale, avesse una sorella gemella, totalmente dissimile da lei? E se questa sorella, Nicole, fuggita da Mystic Falls anni prima e di cui non si hanno più notizie, fosse una strega discendente da una delle più importanti dinastie di Salem? E se Klaus, l’ibrido invincibile, proprio per questo cercasse il suo appoggio?
Questa storia si ambienta nella terza stagione, per cui ci sono spoiler per chi dovesse ancora vederle, dall’episodio 3x03 e ha come protagonisti prevalentemente la famiglia Gilbert e quella degli Originari, come sfondo la cittadina di Mystic Falls attraversata dalle morti e dagli scontri soprannaturali e i suoi abitanti.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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9 cap

Capitolo 9

Ghost World


La festa di inizio anno era finita disastrosamente. Vicki aveva tentato, grazie all’aiuto di una strega dell’Altro lato, di ritornare completamente nel regno dei vivi e Bonnie e Nicole erano state costrette, l’ultima non molto a malincuore, a ricacciarla indietro, impedendole di realizzare il suo folle piano, poi erano tornati tutti a casa, sconvolti, ma salvi. Matt era distrutto, i suoi occhi azzurrini erano velati di lacrime amare quando aveva detto addio a sua sorella. Era stato lui a compiere il vero incantesimo, non le due streghe. Nicole, solo per il bene che provava nei suoi confronti, non aveva esultato quando l’aveva vista scomparire. La ferita non si era mai del tutto rimarginata. Era stata in grado di perdonare Tyler, questo era autentico e reale, ma non lei, non quella ragazzina che si era fatta beffe di lei, umiliandola dinanzi al resto dei suoi compagni. Bonnie era quella più stanca, spossata. Magari la mattina dopo sarebbe stata meglio. Nicole non lo sapeva, non se lei e Jeremy stavano attraversando un momento di crisi che sembrava non dovesse mai trovare una riconciliazione. Jeremy. Non sembrava aver sofferto molto per Vicki e quella constatazione le aveva sollevato l’animo da mille dubbi sull’effettiva volontà del suo fratellino. Caroline e Tyler avevano accompagnato Matt a casa sua dopo che Nicole, non essendosi potuta trattenere, l’aveva abbracciato a lungo, stringendolo per infondergli tutto il suo affetto. Era sempre il suo cognatino. Anche se lui ed Elena non erano più fidanzati da molto tempo. Elena sembrava, come lei, più rincuorata, ed erano tornati, proprio come una famiglia, a casa Gilbert. Sua sorella aveva guidato la sua jeep sino al vialetto, rispettando le regole, ma guardando sempre nello specchietto retrovisore per osservare Jeremy. Nicole, seduta al suo fianco, lo osservava dal suo e lo vedeva assorto nella contemplazione del paesaggio. Alaric, l’ex marito di sua madre, Isobel, quasi a disagio nel guardarla, era accanto a lui. Nicole gli rivolse un sorriso appena accennato. Non aveva nulla contro di lui: se Elena si fidava, doveva essere un brav’uomo. Quando erano entrati in casa, Nicole aveva sorriso, inconsapevolmente. Era tutto proprio come se lo ricordava. La casa in ordine, ben pulita, brillante quasi, i mobili tutti al loro posto, forse solo un paio di fotografie in più sulla consolle che mostravano Elena e Jeremy negli ultimi tempi, con la zia Jenna. Avevano salito in silenzio le scale e il ragazzo si era congedato con un sorriso dolce prima di chiudersi la porta della sua camera alle spalle. Elena aveva aperto la loro, quasi con timore, e Nicole aveva capito che non era proprio tutto come nei suoi ricordi. Non c’era più il suo letto, né la sua toletta personale. Quella stanza immensa era solo per Elena oramai. La ragazza schiuse le labbra per scusarsi, vedendole chinare il capo, ma Nicole le sorrise, facendole cenno di non dir nulla.
« Ti capisco, Ele,» mormorò solamente, dirigendosi verso l’armadio per prendere una coperta, ricordandosi poi che il divano era già occupato. Bloccò le mani a mezz’aria e chiuse gli occhi, « Se vuoi, vado alla pensione della signora Flowers. Sono sicura che per una notte mi ospiterà. Ha sempre voluto molto bene alla mamma,» aggiunse, sporgendosi verso sua sorella ancora sulla porta, con la mano poggiata sullo stipite e i capelli a coprirle il volto ovale. Aveva i canini poggiati sul labbro inferiore. Era nervosa e lo sguardo di Nicole si addolcì. Si avvicinò e l’abbracciò, tenendola teneramente stretta contro di sé. Elena ricambiò subito, gettandole le braccia al collo, scusandosi più volte.
« Mi dispiace tanto, Nicole. Io…» bisbigliò tra i suoi boccoli sciolti, lasciati morbidi sulle spalle.
« Ehi,» la interruppe in un soave sussurro carezzando i suoi capelli lisci e lucenti, « Non importa. Davvero,» aggiunse, scostandosi per prenderle il viso tra le mani, sorridendole con dolcezza. Elena era imbarazzata e i suoi occhi da cerbiatto spalancati e incerti, bramosi di scusarsi ancora.
« Se vuoi,» esclamò la voce di Alaric, dubbiosa e gentile. Nicole lo osservò. A pelle sentì che era buono e gli sorrise, invitandolo a continuare, « Puoi dormire sul divano. Lo so,» aggiunse dopo una breve risata, portandosi la mano sul mento irsuto, massaggiandoselo, « Non è il posto più comodo del mondo, ma penso andrà bene per questa notte,» concluse con un sorriso impresso sulle labbra rosee e negli occhi marroni.
« E tu? » gli domandò incuriosita. Aveva lasciato Elena che si era diretta in bagno per cambiarsi ed era usciti, dopo aver chiuso la porta, per parlare liberamente. Si portò la mano sull’avambraccio, cingendosi per proteggersi dal vento che era penetrato da una finestra lasciata aperta, probabilmente quella della cucina. Alaric le aveva fatto cenno di incominciare a scendere le scale e Nicole lo seguì.
« Io tornerò a casa mia, per oggi. Devo sistemare alcune faccende lasciate in arretrato. Dei compiti in classe e la festa di domani,» le comunicò volgendosi verso di lei prima di prendere la giacca di pelle nera. Nicole rimase sull’ultimo scalino ancora per qualche secondo, sino a quando Alaric non fu vicino alla porta d’ingresso, poi scese e schiuse le labbra. Non avrebbe dovuto parlare, solo ringraziarlo, ma quella frase diruppe nel suo animo, arginando il suo controllo.
« L’amavi? Mia madre? » sussurrò. Sperò che non l’avesse sentita, ma si era bloccato con la mano poggiata sulla maniglia. Non si era girato, aveva chinato il capo e Nicole aveva potuto percepire un sospiro malinconico. Si volse dopo pochi istanti e la guardò greve, una smorfia di puro dolore delineata sui suoi lineamenti giovani. Annuì e Nicole sospirò, scusandosi con lo sguardo. Lacrime le velarono gli occhi, ma le trattenne. Non le era mai piaciuta sua madre. L’aveva abbandonata quando era solo in fasce, ma aveva solo sedici anni. Era troppo giovane per potersi prendere cura di due bambine, per sposarsi con John, per creare una famiglia. Nicole la comprendeva, per quando non riuscisse ad accettarlo almeno si era sforzata di capire, soprattutto grazie a suo padre. Aveva diciotto anni. La situazione non era molto più felice. Non sarebbero mai stati una famiglia. Così John si era accontentato di vederle crescere da lontano, rimanendo nell’ombra, mostrando il proprio affetto con piccoli gesti che valevano molto di più, per lei, che mille dichiarazioni, mentre Isobel non era mai apparsa nella loro vita. A Nicole piaceva pensare che non l’avesse fatto a causa della sofferenza di saperle lontane da sé, inavvicinabili, almeno da quando suo padre si era tanto accalorato nel difenderla, con gli occhi azzurri, quelli che lei stessa aveva ereditato, tristi e spenti. Nicole aveva compreso che l’amava, ma non aveva detto nulla né aveva più parlato con lui. Se davvero soffriva in quel modo per quella storia finita male, non sarebbe stata lei a ricordarglielo, lei che odiava tanto vederlo infelice e angosciato, lei che tentava sempre di farlo sorridere per sentire la sua risata dolce che le alleviava i dispiaceri dell’anima, lei che provava un bene indescrivibile e inimmaginale nei confronti di quel padre che non aveva potuto crescerla come avrebbe sperato, con il ruolo che gli competeva. La risposta di Alaric la scosse. Talmente assorta nei suoi pensieri, non si era resa conto che l’uomo non era ancora andato via, ma indugiava sulla soglia, guardandola mestamente.
« Ho amato tanto Isobel, non puoi capire quanto,» aggiunse, assottigliando lo sguardo per trattenere le lacrime. Il battito del cuore di Nicole risuonava nelle sue orecchie, rendendo qualunque altro suono ovattato, ma quelle parole erano arrivate chiare e nitide. Degluitì per trattenere dentro di sé tutte le sensazioni che percuotevano il suo essere, facendola tremare inconsapevolmente, « Non penso riuscirò mai a smettere di pensare a mia moglie. Adoravo tua zia. Jenna era meravigliosa e sono stato così felice con lei. Era brillante. Un sole luminoso in grado di scacciare ogni oscurità,» ricordò con un sorriso più dolce, lo sguardo ancorato al suo. Tremava anche lui e Nicole gli si avvicinò sfiorandogli il braccio fasciato dalla camicia grigia. Portava l’anello che John aveva donato a Isobel. Doveva essere un pegno d’amore per lui, avere il valore della fede che oramai non indossava più. Nicole gli sorrise, rimembrando anche lei sua zia, la sorella della sua mamma, così diverse, proprio come lei ed Elena, ma legate da un rapporto profondo come gli abissi di un Oceano infinito. Era vero. Zia Jenna era stupefancente, un fiume in piena, perennemente alla ricerca dell’amore che non riusciva mai a trovare. Aveva avuto tante storie che non era finite bene. Quella con suo padre e Fell erano solo le più ecletanti, « Però,» continuò facendola ritornare a lui. Era divenuto più malinconico, dispiaciuto quasi, come se avesse desiderato chiedere perdono a Jenna per le sue successive parole, « Non amerò mai nessun’altra come ho amato Isobel,» concluse serio. Nicole annuì e il suo sguardo limpido fu velato da un’ombra di dolore che le stava soffocando l’anima. Nessuno era felice in quella città, non veramente. Tutti si portavano dietro un macigno costituito dal proprio passato carico di afflizione e tormento, non liberandosene mai del tutto. Era orribile, ma era la verità. Era come una condanna che pendeva sulle loro teste, come se dovessero scontare una pena perpetua, crudele e ingiusta. Tutti, indistintamente. V’era Elena, troppo ancorata a quella ragazza che era stata prima della morte dei suoi genitori, impegnata a darsi la colpa di tutto quello che era accaduto a Mystic Falls in quei lunghi mesi alle persone che amava. Jeremy, troppo preoccupato a rimuginare su qualcosa che aveva perduto per sempre per pensare al proprio futuro, andare avanti in qualche modo. Stefan. Damon. Alaric. Caroline. Bonnie. Matt. Tyler. Tutti identici, da quel punto di vista, tutti soli e costretti a vivere un’esistenza che non avevano desiderato, con mille pericoli dietro l’angolo, dolori insormontabili e paure che rendevano i loro animi tediati e spenti. Nicole avrebbe pianto se ne avesse avuto la forza, ma qualcosa la tratteneva ancora. Alaric era uscito di casa, scomparendo dalla sua vista, e la fresca brezza autunnale sostituì la figura dell’uomo. La giovane sospirò, poi richiuse la porta di casa, accompagnandola per non causare alcun suono che avrebbe potuto spezzare la quiete. Si trascinò nella sala, lasciandosi cadere sul divano. Era stanca, ma non aveva sonno. Notò che ai piedi del divano v’erano delle coperte bianche, di lana, confortevoli. Si tolse le scarpe e si coprì, avvolgendosi in un abbraccio caloroso. Si sciolse la coda ed estrasse il cellulare dalla tasca. Era tardi, quasi l’una di notte. Lo poggiò sul tavolino accanto a lei e chiuse gli occhi, sistemandosi meglio contro il cuscino. Prese sonno quasi senza accorgersene pochi secondi dopo, lasciandosi cullare dalla quiete apparente e da una voce che intonava una nenia dolce che aveva sentito mille volte. Era quella di nonna Elizabeth, amorevole e bassa. Quanto le era mancata. Sapeva che era solo uno scherzo della sua mente, ma la sentì nuovamente accanto a sé quella notte. Forse le sue antenate le avevano offerto la possibilità di udire il suo canto e le ringraziò più volte durante il sonno. Un timido sorriso increspò le labbra rosee e sottili, donandole pace e serenità, facendola rassomigliare a una bambina, facendola sentire a casa.

 

Pallidi i primi raggi del Sole risplendettero nel cielo di Mystic Falls, non riuscendo del tutto a eludere le nubi bianche cariche di pioggia. Nicole, infasdita, si era girata verso lo schienale del divano quando li aveva avvertiti sul suo viso, ma non si era destata. Voleva ancora un po’ appagarsi dell’abbraccio soffice delle lenzuola. Era entrata nella dormiveglia e sperava di poter ricadere nel sonno pochi minuti dopo. Una risata, però, squasso l’aria. Era maschile, alta, e in quel momento non era in grado di riconoscerla. Non appartenava a Jeremy. Le labbra le si schiusero con un piccolo schiocco, poi aggrottò le sopracciglia e spalancò gli occhi chiari, volgendosi verso la sua fonte. Un ragazzo, che non poteva avere più di venticinque anni, era accomodato sul tavolino e la stava guardando. Aveva gli occhi azzurri e i capelli castano chiari, ricci e corti, il volto lievemente abbronzato e ricoperto da un sottile strato di barba. Portava una camicia azzurrina e aveva i muscoli ben delineati. Rassomigliava a una persona di cui, in quel momento, le sfuggiva il nome. Era legata al suo passato, a Tyler e a Katherine. Lo guardò ancora. Un sorriso amichevole gli distendeva le labbra piene e Nicole lo ricobbe.
« Mason,» lo chiamò con la voce più acuta e incredula. Non poteva essere davvero lì. Lo zio di Tyler era morto per mano di Damon Salvatore per avvertire Katherine. Si portò un boccolo dietro l’orecchio mentre il ragazzo annuiva e si lasciava sfuggire una breve risata, « Cosa ci fai tu qui? » gli domandò incerta, poggiando i piedi sul paviemento, guardandosi intorno, verso la scalinata, timorosa che Elena o Jeremy potessero ascoltarla.
« Mi dispiace per l’ora, ma ho bisogno di te. Vieni alle vecchie cantine dei Lockwood tra un’ora,» mormorò prima di scomparire. Confusa, Nicole si alzò e si volse il capo. Non c’era più. Era un fantasma, questo era certo. Il problema era che non avrebbe dovuto essere lì. Avevano sbagliato qualcosa con l’incantesimo della sera prima, qualcosa a cui doveva assolutamente rimediare. Si inumidì le labbra e sentì la porta di una camera al piano di sopra chiudersi lievemente. Percepì i passi  e riconobbe la figura di sua sorella. Era già vestita con una semplice maglietta scura con dei disegni floreali bianchi, una giacca bianca e una gonna di jeans che le arrivava sino a metà coscia lasciando libere le gambe snelle e olivastre.  Elena le sorrise, sorpresa, e Nicole ricambiò.
« Già sveglia? » le domandò la bruna, dirigendosi in cucina. Nicole la seguì lasciandosi sfuggire una breve risata.
« Purtroppo sì.»
« Perché? Se vuoi, puoi tornare a dormire,» affermò gentilmente, guardandola incuriosita e versando il caffè in una tazza bianca per poi porgerlo alla sorella. Nicole ne ebbe un sorso, poi alzò le spalle.
« Devo vedermi con una persona tra un po’. Non ne vale la pena,» le comunicò prima di finirlo. Sperava di non dover espliticare con chi dovesse realmente incontrarsi ed infatti Elena non glielo domandò. Mason era stato piuttosto ambiguo sulle proprie intenzioni, ma Nicole si fidava di lui. Ero lo zio di Tyler ed era sempre stato molto gentile con lei, intravedendo che tra lei e il ragazzo c’era sempre stato un rapporto che andava oltre la semplice amicizia. Elena annuì e le sorrise, distendendo le labbra rosee.
« Io devo andare in piazza. Questa sera ci sarà la festa dell’Illuminazione. Verrai anche tu? » le domandò gentilmente prendendo una borsa a tracolla, di cuoio, abbstanza capiente da contenere un paio di libri tascabili. Le sembravano dei diari, ma erano troppo vecchi per essere quelli di sua sorella. Aggrottò le sopracciglia e scelse di non esplicare i suoi dubbi, proprio come aveva fatto sua sorella. Le faceva male che ci fossero dei segreti tra di loro, ma, per il momento, era la cosa migliore.
« Chi mancherebbe mai a uno degli eventi più sciocchi, e falsi, di questa città? » domandò retoricamente, prima di sbuffare e sorridere. Elena le gettò un’occhiata in tralice poi le sorrise. Si avvicinò a lei e le posò un bacio sulla guancia prima di stringerla in dolce abbraccio.
« Sono contenta che tu sia tornata, Nicole,» sussurrò tra i suoi capelli. La giovane sorrise, emozionata e commossa, e ricambiò l’abbracciò tenendo la sorella stretta contro di sé. Era meraviglioso poter sentire nuovamente il calore che sprigionava dalla sua pelle olivastra, il profumo dolce dei suoi capelli, il battito regolare del suo cuore. Non importava che percepisse qualcosa di sbagliato in lei. Se e quando avesse voluto parlarne con lei, Nicole ci sarebbe stata per ascoltarla, per starle vicino proprio come in passato, quando era incerta se accettare l’amore di Matt perché pensava di essere troppo giovane per cominciare una storia seria. Era bello ricordare il passato felice. Tutto era più semplice. Il sovrannaturale complicava maggiormente quelle situazioni già di per sé molto delicate e instabili. Elena si scostò dopo molto tempo, beandosi del suo calore, poi le carezzò la guancia e uscì di casa chiudendo la porta d’ingresso con un tonfo inudibile. Nicole sospirò e si avvicinò alla macchina per il caffè. Ce ne era ancora tanto da riempire una tazza. Lo svuotò e lo bevve per riprendere le forze. Odiava svegliarsi presto, anche se poi tanto presto non era più. Si diresse nella sala e si sedette sul divano ancora caldo. Prese il telefono e controllò l’ora. Mancavano ancora quaranta minuti prima che dovesse incontrarsi con Mason, ma prima voleva concedersi una lunga doccia calda e una colazione ristoratrice nella pasticceria più buona della città. Si alzò e cominciò a salire le scale lentamente, con gli occhi ancora chiusi, dirgendosi verso la camera di Jeremy per controllare che fosse in casa. Il letto era perfettamente in ordine, le coperte scure con delle fantasie geometriche grigie era perfettamente distese e anche la camera non era ridotta male. C’erano solo degli album da disegno sparsi sulla scrivania con dei carbonici e dei pastelli colarati. Nicole entrò e sfiorò il disegno superiore. Non era concluso, ma dalle linee Nicole comprese che raffigurava lei e sorrise dolcemente imbarazzata. Probabilmente era un regalo per il suo ritorno a casa. Arrossì e si morse leggermente il labbro inferiore. Era commossa. Suo fratello aveva il potere di addolcirle l’animo, rendendolo più felice con piccoli, significati, gesti d’amore. Era così orgogliosa del suo cuore nobile tanto da rimembrare Miranda e Grayson in ogni suo gesto. Si chiuse la porta alle spalle ed entrò nella camera di Elena, in ordine anch’essa. Constatò che sua sorella non aveva perso le proprie doti di ragazza mattiniera e precisa. Si avvicinò all’armadio e decise di prendere, almeno per quel giorno, dei vestiti vecchi di sua sorella. Era più alta di lei di qualche centimetro e si sarebbe notato troppo se avesse indossato qualcosa di nuovo. Scelse un top turchese, con sopra del tullè bianco e minigonna, non troppo corta, della stessa tinta. Dopo una doccia rilassante, ridiscese le scale e guardò il telofono. Dieci minuti. Avrebbe fatto appena in tempo. Qualcosa di strano attirò la sua vista. Una chiamata persa. Aprì e lesse il nome. Sconosciuto. Probabilmente apparteneva a Klaus. Il suo cuore accelerò i suoi battiti nel ricordare l’ibrido e uno strano brivido le percorse la spina dorsale, scuotendola interamente. La sera prima aveva chiuso il telefono senza quasi salutarlo e se ne dispiacque. Fece per chiamarlo, ma Mason la stava attendendo e poi cosa avrebbe potuto dirgli? Arrossì e portò l’indice sulle labbra che avevano sfiorato quelle di Klaus. Ricordava ancora la loro constistenza così morbida e vellutata. Degluitì a vuoto nel percepire quanto il suo corpo fosse attraverso dai quei pensieri. Non andava bene, per niente. Lei e Klaus erano incompatibili. Nicole era una strega, una figlia della terra, una serva della natura. Klaus era un vampiro, una creatura della notte, un abominio della natura. Inoltre era anche un licantropo, un maledetto. Chiuse gli occhi, sospirò e scosse il capo. Sarebbe andato contro tutti i suoi principi provare qualcosa per lui e, per di più, non pensava di essere così interessante da attirare l’attenzione di un Immortale. Prese le chiavi della jeep che aveva lasciato vicino al bosco e si incamminò chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo fragoroso. La colazione, grazie a tutte quelle riflessioni, era oramai saltata e si affrettò a raggiungere l’auto. Per strada non c’era quasi nessuno, tutte persone che non conosceva, oppure che aveva solamente visto, poi una chioma bionda come il Sole, due spalle grandi e un fisico asciutto e muscoloso attirararono la sua attenzione. Si trovava dall’altra parte della strada e le dava le spalle. Stava camminando verso la propria casa. Si fermò per essere certa che fosse lui e, assotigliati gli occhi, lo riconobbe completamente.
« Matt,» lo chiamò ad alta voce, facendolo voltare di scatto. Lo raggiunse velocemente e il ragazzo le rivolse un sorriso dolce.
« Ehi Nicole,» la salutò sereno, anche se nei suoi occhi era presente tanto dolore. La giovane gli sorrise apertamente e lo abbracciò traendolo delicatamente a sé.
« Mi dispiace per ieri sera. Posso capire quanto ti ha ferito doverla mandare via,» sussurrò quando si sentì stringere dalle sue mani gentili. Matt abbandonò il capo sulla sua spalla e annuì prima di sciogliere l’abbraccio.
« Penso sia stato necessario, no? » aggiunse dubbioso, con la voce tremula per le lacrime che gli velavano lo sguardo limpido. Nicole assottigliò il suo dolcemente e annuì. Matt sospirò e annuì, abbattuto, « Andavi da qualche parte? » continuò poi, abbandonando quel momento di sconforto, tornando ad essere il ragazzo premuroso e simpatico che era stato come un fratello.
« Sì. Devo prendere la jeep per incontrarmi con una persona,» gli spiegò prima di guardare l’orologio del telefono. Due minuti. Mason avrebbe aspettato un po’, « Sono già in ritardo, come al solito,» aggiunse facendolo ridere allegramente. Si chinò su di lei e le posò un lieve bacio sulla guancia prima di salutarla e continuare a camminare. Nicole fece lo stesso e raggiunse la macchina in poco tempo. Era rimasta l’unica ad essere parcheggiata lì e ringraziò che a Mystic Falls non ci fossero ladri. Si diresse velocemente verso le cantine, superando anche un po’ limiti, pregando che lo sceriffo Forbes avesse qualcosa di più importante da fare piuttosto che controllare il traffico. Arrivò in pochi minuti e parcheggiò al limitar del bosco, scendendo e affrettandosi a raggiungere le scale sotteranee. Era stata lì un paio di volte con Tyler, desideroso di mostrarle le rovine della vecchia villa dei Fondatori Lockwood. Vide un’ombra discendere prima di lei. Portava uno strano oggetto in mano, una pala, ed era sicura che non fosse Mason perché indossava una maglia nera. Lì sotto era buio e Nicole si fece coraggio deglutendo a vuoto e scendendo le scale il più celermente possibile. Una luce di lanterna aveva illuminato lo spazio circostante e Nicole la benedisse. Aveva già incominciato a vedere delle ombre che non avrebbero dovuto essere lì.

« C’è stato un intoppo nell’unica mia altra pista su Klaus. Dunque…»
Era la voce di Damon Salvatore, inconfondibile. Mason si accorse di lei alle spalle del vampiro e le rivolse un sorriso aperto che Nicole ricambiò.
« Sono molto motivato,» continuò il vampiro non accorgendosi di lei. Nicole aveva fatto cenno a Mason di tacere ancora per qualche secondo. Stava pensando. Volevano uccidere Klaus, lo sapeva, ma perché un licantropo defunto avrebbe dovuto dare una pista a dei vampiri? Cosa ci guadagnava e, soprattutto, perché aveva cercato il suo aiuto? Erano tutti interrogativi presenti nel suo sguardo. Mason, come unica risposta, sciolse il sorriso e prese la pala che aveva portato il vampiro.
« Ora siamo tutti al gran completo. Che bella squadra. Un licantropo fantasma, un vampiro e una strega,» scherzò facendo voltare Damon dietro di sé. Incontrò gli occhi di Nicole e schiuse le labbra, aggrottando le sopracciglia e assotigliando lo sguardo chiarissimo, sorpreso e incredulo di trovarla lì. Nicole gli rivolse un mezzo sorriso, meno dolce di quello per Mason. Non odiava Damon, no, però non le piaceva il suo rapporto con Elena. Quel vampiro era troppo implusivo, troppo passionale e avrebbe potuto fare qualche sciocchezza anche senza accorgersene. Era troppo umano, Damon, troppo innamorato e troppo disilluso. Le dispiaceva, ma pensava veramente che non avrebbe mai potuto avere una relazione seria, basata sulla fiducia reciproca, non solo sull’affetto. Era sicura che sua sorella lo amasse, questo sì, ma non avrebbe mai scelto lui perché Elena non aveva bisogno di altre preoccupazioni.
« Nicole Gilbert,» la salutò con un sorriso tirato e un tono sarcastico. Non si fidava di lei. Pensava che fosse dalla parte di Klaus ed era un po’ vero, anche se non avrebbe messo la vita di Elena in pericolo per niente al mondo.
« Damon, che piacere vederti qui,» affermò atona avvicinandosi a Mason, standogli di fronte e guardandolo negli occhi, « Perché mi hai chiamata? » gli domandò gentilmente. Il licantropo le sorrise e arcuò le sopracciglia.
« Perché spero che tu voglia ancora tanto bene a mio nipote da aiutarmi con questa questione dell’asservimento a quel pazziode di un ibrido,» le confessò ironico, ma anche dolce nella prima parte. Nicole si morse il labbro inferiore e guardo la parete di mattoni rossi alla sua destra.
« Oh non credo,» esordì Damon, « Penso proprio sia dalla parte dell’“ibrido pazziode”,» continuò mimando due virgolette. Mason le sfiorò la mano per far sì che lo guardasse nuovamente. V’era una preghiera, una supplica, nei suoi occhi limpidi e a Nicole mancò un battito.
« Si tratta di Tyler, Nicole. Si tratta del ragazzo che hai amato così tanto e che ora sta scomparendo a causa di qualcuno più potente di lui. Tu puoi aiutarci, lo so. Sei una strega buona, l’ho visto dall’Altro Lato. Tenti sempre di aiutare gli altri, a fidarti di loro, ma non puoi davvero credere a Klaus. Lui è malvagio e non esiterebbe nel farti del male. Invece i tuoi amici sono la tua famiglia. Tyler ha sbagliato nel tradirti, non puoi immaginare quanto ne sia pentito. Pochi giorni fa l’ho visto con una vostra foto alla Cascate mentre l’accarezzava dispiaciuto,» le mormorò intenerito. Il cuore aveva accellerato il proprio battito e lo pregò di smetterla, scuotendo il capo. Era terribile e straziante.
« Credi che non voglia aiutarti per vendicarmi di Tyler? Non è vero. Io l’ho già perdonato, molto tempo fa,» sussurrò scostandosi i capelli dal volto. Era la verità. Non era mai stata davvero arrabbiata con Tyler, certo delusa, ma lo aveva amato talmente tanto da non riuscire a odiarlo nemmeno per un istante. Mason le sorrise e annuì.
« Allora puoi aiutarci, streghetta,» esclamò Damon, « Ora, Dunbar, illuminaci,» continuò. Sul volto di Mason apparve una smorfia infastidita nel sentire quel cognome, quello del protagonista di Balla coi lupi, ma non lo diede a vedere. Il vampiro aveva un’espressione sarcastica e gli occhi leggermente spalancati. Mason fece schiantare la pala contro il muro creando un piccolo varco. Nicole si portò le mani sulle orecchie per il tonfo e schiuse leggermente la labbra, sobbalzando e lasciandosi sfuggire un’imprecazione.

« C’è una vecchia leggenda nella famiglia Lockwood,» esclamò divertito mentre guardava la reazione della giovane. Un rumore squassò l’aria mentre continuava a parlare e Nicole estrasse il telefono. Elena le aveva mandato un messaggio. Lo aprì e sgranò gli occhi limpidi.

Abbiamo un problema. Jeremy ha baciato Anna e questo non va bene. Io non posso stare con lui, al momento. Forse c’è un modo per salvare Stefan e devo provarci. Aiutalo tu, per favore.

Nicole annuì tra sé e sospirò. Alzò il capo e guardò i due. Damon la stava guardando incuriosito.
« Era Elena. Dice che mio fratello ha baciato Anna. Perdonatami, ma ho una questione familiare da risolvere,» mormorò prima di volgersi verso l’uscita.
« Aiutalo, Nicole. Stagli vicino, ti prego. Caroline lo ama, ma non può comprenderlo. Tu puoi e non perché penso che sia ancora innamorata di lui, ma perché sei più forte di lei, in qualche modo. Vedi oltre quello che le persone appaiono e non so se questo sia perché sei una strega o perché è una tua dote naturale,» esclamò Mason accorato. Nicole si fermò, ancora di spalle, e appoggiò la mano sul freddo metallo del cancello. Annuì una volta sola poi riprese a camminare. Sentì la pala sbattere ancora contro la parete e dei fragori rumorosi. Appena fu fuori notò che le luci del tramonto stavano illuminando il bosco, filtrando tra i rami degli alberi sempreverdi, creando un gioco di luci impareggiabile. Nicole sorrise, poi scosse il capo e digitò il numero di suo fratello. Le rispose al secondo squillo.
« Nicole,» la salutò imbarazzato e sorpreso.
« Ciao Jer. Ti va di vederci al Grill tra una decina di minuti? » gli domandò gentilmente avanzando verso la jeep. Suo fratello non rispose, aveva capito che Elena le aveva raccontato tutto.
« Senti, Nicole, io ho sbagliato, è vero, ma...»
« Jer, non voglio farti la paternale. Voglio solamente ascoltarti, se vuoi ancora aprirti con me,» lo interrupe pacata e dolce, « Ho promesso che ti avrei aiutato con questa storia e non mi rimangio la parola, ma tu devi fidarti di me. Puoi ancora, fratellino? » aggiunse pregando in un suo sì che subito ci fu.
« Vediamo in piazza. Stanno per spegnere le luci,» le comunicò. Nicole mise in moto e annuì tra sé.
« A fra poco,» lo salutò prima di chiudere la comunicazione. Avanzò tra le vie vuote più lentamente, gustandosi il paesaggio deserto della sua città e rimuginando. Se Bonnie l’avesse saputo, avrebbe sofferto tantissimo. Però non era l’unico problema, anche se le doleva il cuore nel ripensare agli occhi tristi della sua migliore amica. Anna era un fantasma e Jeremy era umano. Se davvero lo amava, avrebbe dovuto lasciarlo andare, essere lei ad abbandonarlo, a non cercarlo, a mandarlo via, a non udire più le sue richeste, ma i vampiri erano delle creature egoiste e quello, non poche volte, era risultato un pregio e non un difetto. Jeremy, così sensibile e innamorato, non sarebbe mai riuscito a non pensarla più e si sarebbe messo nei guai. Toccava a lei e a Elena aiutarlo, stargli vicino. Arrivò dinanzi alla piazza quando era già sera, parcheggiò e vide tutti gli abitanti stretti vicino al palchetto mentre osservavano Carol, con un bellissimo vestito color smeraldo, parlare. La donna la vide e Nicole le rivolse un sorriso dolce, subito ricambiato. Avevano spento le luci. Vide suo fratello tra la folla cercare qualcuno e lo raggiunse, battendogli l’indice sulla spalle per farlo voltare. Le sorrise e l’abbracciò teneramente. Nicole ricambiò.
« Dimmi cosa sta succedendo,» sussurrò sfiorandogli la guancia in un bacio dolce. Jeremy abbassò il capo e lo inclinò. Alaric stava salendo sul palco per prendere la parola al posto del singor Fell, il padre di Blair. Si fermarono ad appluaudire con gli altri mentre Nicole percepiva qualcosa di profondamente sbagliato e si guardò intorno. Jeremy si voltò e chiamò il nome di Anna e Nicole si volse per comprendere finalmente chi fosse. Era una bella ragazza dai capelli ricci e neri e dagli occhi marroncini, il viso a cuore candido e le labbra rosee. Suo fratello la raggiunse mentre lei restò al suo posto, guardando alla sinistra di Alaric, verso un albero su cui spiccava qualcosa di anomalo. Nicole chiuse gli occhi e rilassò il respiro per comprendere cosa turbasse la quiete della natura. Trattenne il fiato e li spalancò subito. Un conato di vomito la investì, ma lo ricacciò indietro. Avevano acceso le lanterne. Tobias Fell era appeso a un albero, la camicia stracciata e il petto squarciato. Schiuse le labbra e sgranò il occhi, indietreggiando. Sentì qualcuno urlare e la gente di disperse. Era uno spettacolo orribile. Sentì la mano di qualcuno sulla schiena e si voltò. Era Tyler. Lo stava guardando accanto a lei, orripilato anch’egli dalla vista. Nicole gli si fece più vicino, proteggendosi.
« Dio mio, è spaventoso,» bisbigliò con la voce rotta dalle lacrime. Tyler annuì e la strinse maggiormente a sé. Qualcuno chiamò i paramedici e lo sceriffo. Anche Carol era sotto shock, « Va’ da tua madre. Ha più bisogno di me,» gli mormorò dolcemente, ancora tremando. Tyler la guardò, poi annuì e le baciò il capo, scomparendo tra la folla per raggiungere il palco. Senza Tyler sembrava tutto più terrificante e si guardò indietro cercando Jeremy. Aveva gli occhi spalancati e il respiro accelerato. Gli si avvicinò e gli sfiorò la mano per fargli allontanare lo sguardo. La guardò anche Anna. I paramedici arrivarono in un attimo e tolsero subito il corpo dall’albero. Qualcuno stava piangendo. Si voltò di scatto. Blair Fell era stretta a sua cugina e singhiozzava sulla sua spalla. Dopo sua madre, anche suo padre non c’era più. Se ne dispiacque, ma la suoneria di suo fratello la distrasse. Era Caroline. Parlavano della collana, del ciondolo della strega originaria. Qualcuno doveva averlo preso e nascosto. Pensavano fosse stata Anna. Nicole la guardò. Le sembrò sincera, ma non si fidò completamente.
« Non sai chi potrebbe averla presa? » le domandò con gli occhi assottigliati e il battito accelerato. Anna la guardò e scosse il capo, poi scomparve. Elena arrivò. Stava succedendo tutto troppo velocemente. Le parole di suo fratello le fecero sanguinare il cuore e non riuscì a comprendere come sua sorella sembrasse non sentirle. Lui l’amava. Per quanto sbagliato, insensato e paradossale fosse, Jeremy era totalmente e incodizionatamente innamorato di lei. Non l’avrebbe mai lasciata andare.
« Elena,» la chiamò. Sua sorella scosse il capo, capendo le sue intenzioni.
« Nicole, tu non capisci. È solo un ragazzo. Non può trascorrere tutta la sua vita amando un fantasma, qualcosa che non è reale. Anna è morta. Ti stai aggrappando a qualcosa che non c’è più, Jer,» esclamò, « Amerai un fantasma per tutto il resto della tua vita? » continuò. Jeremy chinò il capo per un solo istante e Nicole gli strinse la mano. Sapeva che sua sorella aveva ragione, ma era tutto inutile. Per lui era reale. Per lui era più semplice credere che Anna non se fosse mai andata. Nicole riusciva più a comprendere le ragioni di suo fratello che quelle di sua sorella e sentiva che era giusto così. Jeremy era solamente un ragazzino, era vero, aveva tutta la vita davanti a sé, ma che vita sarebbe stata se la ragazza di cui si era innamorato non esisteva più? Se non avesse più potuto toccarla, amarla? Si sarebbe destato da un sogno che, per quanto irreale, gli faceva battere il cuore. La sua anima sarebbe morta. Per sempre.  

  
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