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Autore: Theredcrest    29/04/2012    1 recensioni
Anderville è una metropoli come tante altre nel mondo, e come tante altre dà ospitalità ad una quantità inimmaginabile di ospiti soprannaturali. Tra tutti, spicca la società dei Vampiri per il suo intenso bisogno di contatti e relazioni con gli umani e le altre creature presenti. Questa storia parla di Rachele, una vampira ventenne mai stata umana, e del suo percorso per diventare una "Madre" e ricoprire il ruolo più ambito di tutti.
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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IMBARAZZO



Risvegliarsi dal sonno dei vampiri, anche deliberatamente chiamato rigor mortis, è sempre un problema per quelli di noi che non hanno il dono di dormire come  comuni mortali. Ci vuole impegno, sciogliere ossa e muscoli irrigiditi è un grande sforzo di volontà e spesso questo ci fa venire una terribile sete. Ecco perché ci impiego un po' ad alzarmi, facendo scricchiolare le ossa e contraendo le dita, massaggiando poi i polsi, i muscoli delle braccia e così via come mi è stato insegnato a fare da una vita. Quest'operazione che solitamente ci impegna dai quindici minuti alla mezz'ora a nottata può essere accorciata di parecchio, a patto di buttarsi sotto la doccia prima e dopo aver dormito: il vapore e l'umidità aiutano a recuperare l'elasticità persa durante la notte, e non solo. Mi duole ammetterlo, ma la maggior parte dei vampiri sono dormiglioni irrecuperabili. Entro in doccia e ne esco poco dopo asciugandomi, dando una passata di mano allo specchio appannato posto sopra un fine lavello in ceramica lavorata. Non ho una gran faccia, pazienza.
Finisco di asciugarmi e indosso i vestiti preparati la sera prima, appuntandomi la rosa sul petto e prendendo un foulard come coprispalle in tono con l'abito. Mi sistemo a dovere aspettando l'intervento della Madre per gli ultimi ritocchi; i capelli, appena mossi, li stira velocemente lei quando ha finito col trucco.
Fin qui, niente di diverso da una banale adolescente. Mi avvio alle scale scendendole; mamma mi aspetta sul fondo, facendo girare sull'indice le chiavi della macchina: indossa uno splendido vestito nero che la fascia il collo e ha i capelli raccolti in boccoli mogano a lato del capo. Il nero è simbolo del nostro clan, rappresenta l'indipendenza,
«Te l'avevo detto saresti stata bellissima» mi dice regalandomi un bacio sulla guancia, quando arrivo in fondo. Annuisco sorridendo e attendo prenda la sua pochette prima di seguirla all'esterno, verso la macchina. Gli altri Clan utilizzano spesso dei servitori per queste incombenze ma noi non ne abbiamo, ci dobbiamo arrangiare e alla fine non ci dispiace nemmeno.
Un individuo vestito di tutto punto, un paio di occhiali neri sul naso, appare improvvisamente appostato accanto all'auto parcheggiata nella rimessa. Madre rimane in allerta in un primo momento, ma poi lo vede prostrarsi in un breve inchino e riconosce il fazzoletto verde che gli esce dal taschino della giacca nera.
«L'Ombra ha mandato una macchina alle vostre dipendenze, con tutti gli omaggi da parte di Sua Eccellenza Leonard.» Il servitore si prostra di nuovo prima di aprire le portiere dei passeggeri. «Io sono l'autista, potete chiamarmi Thomas. Mi curerò di qualsiasi vostro bisogno durante il viaggio e in serata.»
Una perfetta recitazione, davvero. Mamma sembra compiaciuta da questo improvviso regalo, nessuno ci aveva mai mandato a prendere prima d'ora. Significa che la nostra presenza è particolarmente gradita, o particolarmente attesa.
«Riporta i miei più sentiti ringraziamenti al tuo signore, Thomas. Siamo felici di godere del suo omaggio e della tua compagnia. Vero, tesoro?» ripone le chiavi in borsa mentre io annuisco in silenzio. In realtà l'autista non mi piace, ma non sono così schizzinosa da farlo notare.
«Bene, è ora di andare.» Detto questo, ci dirigiamo alla Volkswagen nera mentre lei ride cristallina, montando.

Facciamo un po' di conversazione mentre l'autista guida, o forse sarebbe meglio dire che mia Madre fa un po' di conversazione, ddando sfondo alla sua acuta parlantina cianciando del più e del meno. Come mio solito, non sopporto molto i pettegolezzi e così mi distraggo guardando l'autostrada e le macchine che passano fuori dal finestrino oscurato. Mamma ha un carattere che una donna degli anni venti le invidierebbe, e non perde mai occasione di mostrarlo: ha classe, contegno e destrezza, sa destreggiarsi tanto nelle chiacchiere quanto nelle discussioni filosofiche. Più di una volta l'ho immaginata a ballare il Charleston in piena ambientazione parigina, magari a braccetto con Picasso in un vestito pieno di strass, o a giocare a carte stuzzicando Hemingway con un bocchino per sigaretta che effettivamente tiene in borsa.
 «E così le Ombre ti hanno inviato da noi, Thomas» accavalla le gambe, tutta sorrisi e curiosità genuina «come mai tanto interesse?»
«Sono tempi difficili, madama. Le Ombre vi sono sempre state amiche, non rischierebbero la vostra sicurezza» risponde lui. La Madre sorride disinvolta, ma la dura verità è quanto di più complicato si possa pensare.
«Gli Incubi si stanno facendo beffe dell'autorità degli Scettri, e questo ha aperto sanguinose faide tra i due Clan. E' un bene non capitare nelle loro zone disarmati, madama, tanto meno viaggiare da soli nei loro territori.»
«Vai avanti, racconta» gli fa mamma, mentre fruga in borsa per un pacchetto di sigarette. Quando lo estrae fa per prendere una, poi si ferma. «Posso fumare?»
«Come desidera, madama» risponde l'autista, quindi la vedo armeggiare con cura l'accendino. Porge il pacchetto anche a me ma rifiuto, e stavolta è lei a riprendere il discorso.
«Gli Incubi prendono troppo a cuore l'arroganza tipica degli Scettri» commenta aspirando, affatto contenta. «Ho mandato due delle mie bambine da loro e spero le tengano ben lontane da questo conflitto da quattro soldi.»
«Parla di Sophia e Felicia, madama?»
«Si, proprio loro» annuisce. «Quando le chiamo, mi dicono che si trovano bene nonostante il fuoco che arde negli animi di quegli sciocchi. Credono di poter far andare i due fratelli d'accordo... ognuna alle proprie condizioni» scuote la testa, sospirando. «Dovremmo essere super-partes, non farci condizionare negli affari degli altri.»
«Capisco» commenta asciutto l'autista. Restio, decide di aggiungere dell'altro. «Madama, suppongo non sappia dell'attentato di questi giorni, a Point Grand?»
C'è un breve attimo di silenzio, tanto che si sente solo il motore della macchina. Mia Madre boccheggia senza sapere che dire, per poi lasciar cadere la cenere accumulata dalla sigaretta sul tappetino. Non l'avrebbe mai fatto se non fosse stata sconvolta.
«C-cosa?» Lo sgomento si trasforma, in breve, in uno sguardo omicida mentre affonda le unghie nel sedile. Si sporge verso l'autista. Point Grand è il centro di Anderville, l'area dove dimora principalmente il Clan Scettri, e con loro mia sorella Sophia. Immagino non appena scesa correrà a chiamarla col cellulare o usando qualsiasi mezzo le sia possibile.
«Alcuni edifici della zona sono esplosi. Delle chiese, alcuni condomini e altre abitazioni di lusso. Numerosi Scettri sono dispersi, e si stanno ancora contando i caduti.» Thomas pare impassibile, ma con la coda dell'occhio lo vedo deglutire. La vicinanza della mia sire è problematica in questi momenti: di solito è una persona calma e controllata a cui sembra non importi molto delle figlie, ma quando le riferiscono qualcosa di spiacevole nei riguardi di una o dell'altra diventa una furia.
Fortunatamente per l'autista, per ora è solo scossa. La vedo mentre si lascia andare sul sedile tirando una boccata al filtrino della sigaretta, dimezzandola in un attimo. Quanto a me, la cosa non mi tocca: conosco le mie sorelle giusto per nome e aspetto.
Dopo un po', la Madre apre di nuovo bocca.
«Non hanno più... nessuna di noi tra gli Scettri...» Non si capisce se sia un'affermazione o una domanda, ma a quanto ne so io, Sophia era l'unica tra di loro.
«No, madama.» L'espressione di Madre non appare più sollevata. Le Madri perseguono l'equilibrio nei Clan in cui vivono e fuori dagli stessi, la loro presenza è necessaria per evitare lotte interne e guerre civili devastanti. Purtroppo, quelli che screditano il nostro ruolo sono tanti quanti quelli che lo supportano, ed è una fortuna quando una genitrice non ci lascia la pelle dopo pochi anni per stupidi screzi. Fin'ora solo Felicia ha avuto fortuna di vivere abbastanza avendo prima un maschio, poi una figlia. Se è vero che gli stronzi vivono a lungo, allora Felicia sopravviverà per i prossimi millenni. Quanto alla Madre, lei è intoccabile: dona continuamente i propri neonati ai vari Clan e ne avrà ancora per secoli. Se dovessimo venire a mancare noi col nostro compito, ci penserebbe lei a rimpinguare le file della nostra genia.
«Quella con lei è la sua ultima figlia?» prosegue l'autista. Spostare l'argomento su altri lidi può essere un vantaggio, perlomeno per la sua gola, ma la Madre dà segno di riprendersi abbastanza perché questo “Thomas” non rischi la pellaccia.
«Si, la mia bellissima Rachele» risponde, guardandomi premurosa. «Ha preso tutto dal padre.»
«È davvero notevole, madama. È già promessa ad un Clan?»
Trattandosi di me, mi sembra doveroso partecipare alla discussione.
«No, non ancora» rispondo distrattamente. «E' troppo presto, sono ancora giovane rispetto alle mie sorelle.»
«Potremmo pur sempre avere un fenomeno in casa» mi dice, supponendo io vada sicuramente in promessa alle Ombre. Lo fa con leggerezza, senza cattive intenzioni, ma la Madre è già in collera per la questione di Sophia e non sopporta quello che dev'esserle sembrato un insulto. In fondo lei si fa in quattro per valutare obbiettivamente l'offerta di ogni clan, posso capirla se si incazza perché danno per scontata la sua decisione.
«Non. Ti. Permettere.» sibila, avvicinando in un attimo il mozzicone ancora acceso alla guancia del ragazzo. Una reazione un po' fuori scala, ma tutto sommato normale contando la notizia di prima.
«Mia figlia non è un fenomeno da baraccone.» L'autista non sa più se tenere sotto controllo la macchina o una delle sue occupanti. «E non andrà alle Ombre a meno IO non lo decida. Sono stata chiara?»
«Madre...» Vorrei dirle che questa scenata è imbarazzante e che saprei proteggermi da sola dai possibili insulti, ma mi mordo la lingua. Se mi chiedesse “come fai a saperlo?” potrei tirare in ballo come prova solo il come ho affrontato il ragazzo a casa, la sera prima, e non voglio lo venga a sapere. Data la mia autonomia è già pari a zero, meglio stia zitta.
L'uomo annuisce vigorosamente ma mia Madre gli preme comunque l'arma improvvisata sulla guancia, a tradimento. Thomas tira un urlo di sorpresa e dolore, portandosi la mano che sta sul cambio alla faccia, e lei gli blocca quella che stava per levare dal volante.
«Mantieni il controllo dell'auto, Thomas» gli dice suadente, mentre abbassa il finestrino e getta via il filtro ormai consumato.
«E la prossima volta taci invece di parlare a sproposito, o chiederò alle Rose che ti venga cucita la bocca con ago e filo per il resto della serata.»




Note dell'autore
Nuovo capitolo, yeeeeee xD Un miracolo! Ultimamente sono sommersa dagli impegni e ho un paio di altri progetti in cantiere da sviluppare a dovere prima di metterli qui. Nel frattempo, anche questo capitolo è stato concluso e... che dire, le mamme sono tutte uguali ovunque si vada xD Le scenate imbarazzanti possiamo subirle solo da loro (tanto sappiamo poi che è per il nostro bene, vero? Bero? Ah-ehm..).
Come sempre, spero vi sia piaciuto! Lasciatemi i vostri commenti e sarò felicissima di leggerli e rispondere a tutti *.*
Un saluto e al prossimo capitolo!
  
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