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Autore: Silvia98sissi    30/04/2012    2 recensioni
Taylor Rossi è una quattordicenne nata a Roma che ama la musica e che un giorno, a causa di problemi familiari, decide di trasferirsi a Londra. Quì tutti i suoi sogni diventeranno realtà, conoscerà i One Direction e si innamorerà di Zayn Malik. A Londra Taylor imparerà ad accettare se stessa per quello che è e per la prima volta si sentirà accettata da qualcuno.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Marco mi ha lasciata, è tutta colpa tua e di tuo marito! -
- Cosa avremmo fatto io e tuo padre? -
- Avete dettato le regole -
- Quali regole? -
- Voi mi avete impedito di andare con lui in Germania! Vi odio! -
- Io ti ho soltanto detto che dovresti assicurarti che sia una brava persona, visto che lo conosci soltanto da un mese -
- Stai dicendo che io vado con tutti? Stronza ritira quello che hai detto! -
- Io non ho detto proprio niente, adesso hai stufato. Sono tua madre, non puoi permetterti di trattarmi così ogni volta -
- Io posso eccome, puttana -
Ecco che iniziava un'altra delle solite liti tra mia sorella Anna e mia madre Diana, una di quelle liti che iniziava con un - Perchè mi ha lasciata? - o semplicemente con un - Metto la gonna o i jeans? - e finiva con un tentato omicidio da parte di mia sorella.
All'inizio il problema era mio padre, che alzava le mani su mia madre perchè la riteneva una scansafatiche, poi però, la vera causa dei problemi divenne mia sorella, che faceva una strage colossale per ogni minima cavolata che succedeva.
Io ho sempre assistito a litigi di ogni genere, tra mia madre e mio padre, tra mia madre e mia sorella, tra mia sorella e mio padre, o tra tutti e tre.
Ho sempre cercato di difendere mia madre e mia sorella dalle mani di un uomo senza scrupoli, perchè ho sempre tenuto a loro.
Ricordo che otto anni fa nevicò a Roma, era un evento epico, ma mentre i miei amici stavano fuori a giocare con la neve, io mi trovavo dentro casa e assistevo a un'altra guerra familiare.
Piangevo, e le lacrime pesavano tanto.
Ogni volta che le lacrime attraversavano il mio volto mi sentivo come se qualcuno mi avesse appena scaraventato una Range Rover contro. Una Range Rover contro una ragazzina di sei anni, mi sentivo morire.
A sei anni pensavo alle cose da grandi, nella norma nessuna bambina di sei anni deve pensare alle cose da grandi, lo diceva sempre Peter Pan.
Con il tempo capii che il vero problema era mia sorella, che, come mio padre, iniziò presto a picchiare mia madre, o almeno ci provava, visto che io mi trovavo sempre nel mezzo e cercavo di difendere una delle mie ragioni di vita, mia madre.
L'altra ragione per la quale vivo è la musica, quando piango ascolto musica, perchè lei è l'unica che mi accetta per come sono. I miei idoli sono i One Direction, quando mi sento giù canto sempre le loro canzoni, perchè solo in questo modo posso esprimermi. La società mi ha insegnato che una ragazza che pesa più della norma e che porta l'apparecchio perchè ha i denti larghi non può esprimersi, perchè è imperfetta e se sei imperfetta sei una nullità.
Vorrei incontrare i miei idoli, quei cinque ragazzi che mi fanno stare bene, vorrei incontrarli per dirgli che è solo grazie a loro che sopravvivo. Vorrei incontrarli e cantare con loro, vorrei diventare una cantante, vorrei non dover limitarmi a caricare cover su youtube per farmi notare da quelle tre persone che si dedicano ai miei video, vorrei vivere i miei sogni.
Vorrei, vorrei, vorrei... vorrei ma non posso, questi sono solo sogni, e Anna dice che i sogni sono inutili, ti illudono.
Passo tutto il tempo a sognare, ecco cosa faccio nel tempo libero, e per tempo libero si intendono quelle cinque ore di scuola, le uniche ore in cui posso vivere in santa pace, senza dover rendere conto di quello che faccio a nessuno, senza assistere a nessuna guerra, senza che il mio cuore sanguini.
Se la vostra professoressa di scienze vi chiede che cos'è un buco nero, disegnate casa mia. La casa di Taylor Rossi, una quattordicenne che sogna inutilmente, una ragazza che non può realizzare i suoi sogni perchè è troppo impegnata a difendere sua madre dalle mani di una ragazza senza pietà.
Ogni volta che mia sorella fa la pazza, una specie di intuito mi suggerisce il momento esatto in cui devo rifugiarmi con mia madre al bagno, per evitare che succeda qualcosa di grave, anche se, considerando i parametri della normalità, qualcosa di grave accade ogni giorno.
- Anna, finiscila, non puoi trattare tua madre così, è così che ripaghi una donna che ti ha sempre amato? - dissi a mia sorella.
- Amato? Senti ragazzina obesa coi denti larghi, fatti i cazzi tuoi. Sei una mignotta, mi fai schifo. Sei una merda - rispose.
Quelle parole mi stavano folgorando il cervello. Che ho fatto di male per meritarmi questo?
- Rimango sempre più affascinata dal tuo modo di dimostrare a una persona che le vuoi bene. Finiscila di insultare, non sei nessuno. Io faccio schifo? Guardati e poi parli - continuai.
- Perchè io ho qualcosa che non va? Sono perfetta, tu fai schifo, dimmi, cosa farebbe schifo di me? - Rispose.
Cosa potevo dirle? Aveva ragione, era perfetta. Con quei denti dritti, quel fisico da urlo, quei capelli mori trattati così bene da far invidia a miss Italia, quegli occhi marroni... amo gli occhi marroni.
Dopo una pausa continuai:
- Sarai anche.. perfetta esternamente.... ma ti assicuro che non ti invidio per niente, non vedi quanto sei egoista? Pensi solo a te stessa. Ecco perchè Marco ti ha lasciata, sei egoista e acida -
Quelle parole mi uscirono automaticamente dalla bocca, dopo un attimo pensai alla sua reazione. Dio, stava per esplodere. Cosa mi avrebbe fatto? O meglio, cosa avrebbe fatto a mia madre, la donna che ha concepito me, questo mostro umano?
Mia sorella si rivolse a mia madre:
- Puttana, non dici niente? Guarda che mostro che hai fatto. Quanto fa schifo, guardala -
- Mia figlia non fa schifo, non hai la più pallida idea di quello che dici vero? La stai rovinando, guarda cosa le stai facendo passare - rispose mia madre.
- E quello che ho passato io? Te lo sei dimenticato? Anoressia, bulimia, depressione... adesso sono perfetta, e tu non fai altro che guardarti questo schifo di figlia che hai. Mi hai fregato i genitori, Taylor, te la farò pagare - Rispose Anna, irritata.
- Quindi? Vorresti farmi passare tutte quelle cose? Solo perchè le hai passate tu e quindi sarebbe ingiusto essere felice davanti ai tuoi occhi? Finiscila, io non ti ho fregato proprio nessuno - continuai trattenendo le lacrime.
- Sei uno schifo umano. E tu, mamma, mi fa schifo anche solo chiamarti così.. - Anna si rivolse ancora una volta a mia madre.
- E tu saresti una figlia perfetta? -
A quel punto Anna si avvicinò al tavolino e prese il vaso di legno di mia nonna Santina, che è morta parecchi anni fa, e cercò di colpire mia madre. Mi misi davanti, e lei mi scaraventò il vaso addosso, cinque volte, non pensavo tanto al dolore di quell'oggetto quanto a quello delle sue parole, che mi aggredivano il cuore.
Arrivò il momento in cui spinsi mia madre nel bagno, ma era troppo tardi. Cercai di chiudere la porta ma Anna me la sbattè in faccia. Non mollavo, dovevo chiudere quella maledetta porta, ma neanche lei si arrendeva, lottava, sentii nel corpo tutto il male che mi voleva. Mi prese a calci, mia madre si disperava, cercava di fermarla e di buttarla fuori dal bagno.. ma io cercai di calmarla:
- Tranquilla, ce la faccio. Non peggiorare la situazione. Questi lividi non sono niente in confronto a quelli che mi si sono formati sul cuore -
Riuscii a chiudere la porta, mi sedetti a terra con mia madre. Piangevamo entrambe, adesso sì che sentivamo il peso della tristezza, delle lacrime.
Lei per calmarsi, iniziò a fumare.
Odiavo il fumo, odiavo me stessa.
In questo caso avrei dovuto odiare Anna, o forse avrei dovuto farlo già da tempo, ma l'odio che provavo verso me stessa era più forte.
Io ero la rovina della famiglia, io.
Una scarica di adrenalina si abbattè su tutto il mio corpo, iniziai a prendere a pugni il muro, sempre più forte.
Volevo farmi del male, volevo fare del male a me stessa, io dovevo farlo, nessun altro.
Per la prima volta in vita mia mi sentii soddisfatta.
Ci sono volte nella vita in cui senti il dovere di essere tu a farti del male, tu e nessun altro, perchè gli altri hanno collaborato fin troppo alla tua distruzione.
- Fermati Taylor, fermati!! - Urlò mamma.
- No mamma, voglio farlo, è la prima volta che facciò qualcosa che voglio fare - Continuai.
- Taylor smettila! -
Mi fermai. Chiamai mio padre che stava lavorando a Fiumicino, lui è un tecnico aeronautico dell'Alitalia.
Sentii il bisogno di chiamare lui, quell'uomo che all'inizio causò i problemi, ma che alla fine divenne una vittima, come noi. Solo lui poteva aiutarmi, in qualche modo.
- Papà? Ha fatto la pazza, di nuovo. Ha alzato le mani. Papà aiutami, aiutami - Dissi al telefono, mentre mi gettavo di nuovo tremolante a terra.
- Taylor calmati, adesso calmati. Passami tua madre - Disse papà.
- Luca, non ne possiamo più. Cosa facciamo? Non possiamo neanche uscire dal bagno. è davvero un caso disperato, avevi ragione.. ma adesso, io e Taylor ne abbiamo abbastanza, non ne possiamo più. Cosa faccio? -
- Vattene, andatevene, partite per un po' di tempo, ho la promozione - disse papà al telefono.
- Penso che dovrei pensarci seriamente, Taylor sta male, non può continuare a vivere così - Mamma attaccò al telefono.
Dal salone, Anna alzò l'altra cornetta e parlò con mio padre:
- Siete dei bastardi, io vi uccido. Vi uccido!!! -
Io e mamma sentivamo le urla dal bagno.
Intanto sentivo il mio cuore lacerare, era come se qualcuno lo stesse spremendo. Lo sentivo cedere, non potevo continuare ad essere forte. Mentre guardavo i lividi che si stavano formando sulle mie gambe e sulle mie mani, pensavo al fatto che prima o poi il mio cuore sarebbe esploso.
- Cosa c'è? Ti senti bene? - Chiese mamma.
- Andiamocene - dissi.
- Dove? - chiese.
- Via - risposi.
 

  
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