Serie TV > The Vampire Diaries
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Autore: Claire1991    01/05/2012    0 recensioni
Questo è una storia a puntate dove racconto, o almeno provo a raccontare, le incredibili disavventure di tutti i personaggi di TVD immaginando la presenza di un personaggio da me inventato (la squinternata cugina Meg) semplicemente per rendere la trama più complicata di quello che in realtà già è, in un viaggio introspettivo ai limiti della realtà.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Mystic Grill non era "un" locale, una di quelle taverne -mi sia concesso il termine un po' arcaico- tipiche delle cittadine come la nostra, come la mia, casa mia, Mystic Falls. Perché, volenti o nolenti, siamo stati costretti ad imparare ad amarla: l'abbiamo odiata, ovviamente, abbiamo anche provato a sfuggirla ma, incredibilmente, in un modo o in un altro, un modo si trovava sempre, un modo per tornare, una ragione per restare. Ogni sasso, ogni pietra, ogni filo d'erba -noi eravamo stati fatti di un solo unico impasto- ogni albero, ogni giornata di sole, ogni notte passata a piangere, ogni respiro tolto, ogni speranza ridata. Abbiamo provato, a volte ci siamo quasi riusciti -ognuno con un suo piano, ognuno con il suo progetto, sì, ci saremmo continuati a sentire, ma ognuno in un posto, nessuno nello stesso-, una volta ci eravamo quasi riusciti, ed era incredibile vedere come, dopo tanto tempo, ogni volta, lo sconforto ci prendesse nel vederci ancora tutti qui, lì nello stesso punto in cui eravamo partiti, uno sconforto pieno di desiderio perché, volenti o nolenti, eravamo stati fatti tutti della stessa materia, che era la stessa di quelle pietre, di quei sassi, di quei benedetti fili d'erba con cui ci alzavamo ogni mattina, la stessa materia che ci chiamava a squarciagola, varcato il limite sine quo. Come una madre tigre con i suoi cuccioli. Volenti o nolenti. Il Grill non era un locale, di quelli in cui un turista di passaggio sarebbe potuto entrare, chiedere uno scotch ed uscirsene così come se niente fosse stato. Di quelli di cui nessuno si ricorda -ma sì... ti ricordi...quel tal posto di quella tal cittadina dalla quale siamo passati per andare dai tuoi amici-, di quelli costruiti con vecchie sbiadite assi di legno, con scritte consunte, e sempre gli stessi piatti sul menu. Solo il barista era sempre lo stesso al Grill, Mattie, perché se dovessimo parlare di varietà noi saremmo la prova vivente che quelle mura, quei tavoli e quelle sedie ne videro molta. Di tutti i tipi e di tutte le razze, una cosa fuori dal normale: sature di informazioni quelle pareti esplodevano di tutti i segreti tramati, di dolori bruciati nel fiele dell'odio, di amori perduti, un'anima eterna che da eterni anni si portava nel cuore il dolore dei nostri secoli e delle nostre famiglie e di un peccato compiuto millenni prima. E per questa piccola città, che agli occhi di qualsiasi altro estraneo sarebbe certamente sembrata insignificante, il posto meno importante della sua vita, questa cittadina per noi era sangue, aria, cuore pulsante, era vita, era l'amore più puro, l'odio più cieco, era tutto: senza perdono eravamo stati fatti della stessa materia delle sue infette rocce e da lì non potevamo allontanarci. Volenti o nolenti.
  
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