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Autore: LizTheStrange    01/05/2012    2 recensioni
Mike è un normale adolescente appena trasferitosi in una caotica e rumorosa capitale, abituato ai vecchi metodi e cresciuto in campagna.
Sarebbe fantastico se riuscisse a farsi degli amici... e sarebbe fantastico se riuscisse a trovare un modo per nascondere agli altri il suo piccolo problema...
Pare che l'unica a stargli accanto nonostante questo sia quella strana ragazza, conosciuta per puro caso in una situazione bizzarra, che gli farà aprire gli occhi e aiutarlo a rialzarsi dopo essere caduto...
Dal capitolo 3:
Mentre Mike si guardava intorno, come era solito fare, scorse una figura conosciuta che passeggiava nella strada di fronte al cortile di casa BrownLee.
Trascinava aggraziatamente un trolley da scuola, probabilmente ripieno di libri.
Si affacciò maggiormente e scorse un paio di codini rossi.
Non credette ai suoi occhi.
Era forse lei?
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 3
Mysterious Girl?

 
 
 
- Mike... - la signora BrownLee aprì la porta al figlio, sconcertata. 
- Cos'è successo? Perchè hai tardato? -
Mike mollò lo zaino sul pavimento lucido accanto alla vetrinetta con le foto di famiglia, ignorò la madre per un attimo e si lasciò cadere sulla poltrona in salotto, distrutto.
Ansimava.
Aveva percorso due chilometri e mezzo a piedi, con uno zaino ripieno di mattoni sulle spalle e un braccio fuori uso. Un po' di pace gli spettava di diritto.
- Mike? - chiamò indispettita Giudy. - Cos'è questo ritardo? Dove sei stato? -
Il figlio prese fiato. - Il pullman... in ritardo... - non aveva voglia di raccontare alla madre dell'episodio in compagnia di Boss. Si sarebbe solo cacciato nei guai quando lui e la sua banda di bulli lo avrebbero scoperto. E poi, la mamma aveva già i suoi pensieri per conto suo.
E i suoi problemi.
Parecchi problemi.
- Così in ritardo? Venti minuti è un conto, ma tre quarti d'ora non è giustificabile. -
- Mamma... - ansimò Mike. - ...dillo al... all'autista... -
- Oh, sì che glielo dirò. Non va bene che lui si faccia i fatti propri quando ha una commissione importante da svolgere. Non va bene per niente. -
Mike scattò in piedi, allarmato.
- No, no. Scherzavo. Scherzavo, 'fa niente, Mamma. - si sfregò il braccio cercando di nascondere il dolore che emanava il livido violaceo sotto la stoffa azzurra. Si sedette a tavola nella sala da pranzo, accanto all'ingresso.
- Cosa si mangia oggi? - si guardò intorno. - Oh... a proposito... dov'è Emily? -
- Lei e papà non sono ancora tornati. Sai com'è, commissione urgente... - Giudy sospirò.
Troppi sospiri, Mamma. Ci sarà un modo per evitare che tu sospiri. Devo trovarlo in fretta. 
Passò un piatto di spaghetti fumanti davanti al viso affamato di Mike e si sedette sulla sedia alla sua destra, come sempre.
- Sai Mamma, si sente che non c'è Emily. E' tutto più silenzioso. - il ragazzo ingoiò una forchettata di spaghetti. 
In quell'istante, il citofono squillò.
Giudy si alzò e rispose.
- ...va bene. Venite su. - disse, e riattaccò. - Il silenzio è finito. - ridacchiò, rivolta a Mike.
 
***
 
- Ciao Mamma! - la piccola Emily abbracciò la signora BrownLee. I codini castani ciondolavano ad ogni passo. Era una bambina di appena 8 anni, una peste.
Mike si nascose dietro al divano, ma la sorella non ebbe bisogno di prendere paura quando il fratello saltò fuori dal nascondiglio. Lo faceva sempre.
- Non avrei mai pensato di poterlo dire, ma mi sei mancata. - le confessò, scompigliendole i capelli.
- Anche tu, Mike. Ma di più Svetlana. - rise la bambina, sedendosi a tavola, alla destra del posto della madre.
Non sai quanti casini mi ha combinato la tua cara Svetlana, sorellina...
Il signor BrownLee entrò in casa e chiuse la porta alle sue spalle.
- Ciao bella gente! - esclamò. 
Mike notò che lui e la mamma non si erano nemmeno salutati.
E sperò con tutto sé stesso che quel terribile momento, un giorno, potesse finire definitivamente.
- Potevi portare a casa Emily. Avevi tutto il tempo per le commissioni. - Giudy non incrociò lo sguardo del marito mentre sistemava le valigie della figlia.
- Te l'ho detto. Era urgente. -
- Più urgente di una figlia? -
Mike chiuse gli occhi. 
- Allora, Emily. - cominciò, alzando il volume della voce per interrompere quello che fra poco sarebbe diventato un litigio. - Com'è andata a Gardaland? Com'è l'Italia? Ti sei divertita? - 
La bambina guardò perplessa il fratello. Ma per avere solo 8 anni, era piuttosto sveglia e perspicace. Capì. Capì più in fretta di quello che Mike si aspettasse.
- Sì. Tanto. Ho fatto tre giri sull'OrtoBruco. E' stato fantastico! Con me c'era anche Ashley, ma lei poi si è stancata perchè preferiva il Tunga, così abbiamo abbandonato la zona divertimento-al-massimo. - disse la bambina imboccando una porzione di spaghetti dal piatto che si era abbondantemente riempita.
- Wow. - Mike finse di essere sorpreso. - Dev'essere stato davvero divertente. E ditemi, Mamma e Papà, cosa ne pensate voi? - scandì le parole con una lentezza tale da far capire agli ascoltatori che stava cercando di sistemare, in un modo un po' bizzarro e insolito, le cose e accerchiare finalmente la famiglia intorno al tavolo.
Così fu. Dopo qualche minuto, papà e mamma abbandonarono le valigie e gli zaini - così come la loro discussione - e cominciarono a mangiare.
- Mike, com'è andata a scuola, campione? - chiese il padre ad un tratto, cogliendo di sorpresa Mike e i suoi spaghetti.
- Bene, bene. - il ragazzo pensò che quello sarebbe stato il momento migliore per sputare il rospo sulla faccenda di Boss, eppure qualcosa lo fermò.
- Azzardati a dire una parola e i tuoi non ti riconoscono più da quanto ti avrò spaccato la faccia! - minacciò Vito, imitando quanto avrebbe dovuto dire Boss.
- Vito, non fai paura a nessuno. Dovresti esercitarti, sei un pessimo attore. - pensò Mike.
- Pessimo attore? Ti ricordo che sono stato io a farti prendere il 10 in Recitazione, stamattina.
- Il prof non sapeva che nella mia testa frullano quattro personalità differenti, Vito.
Il padre sembrò intenzionato a fare altre domande. 
- Ti trovi bene alla High School Hollywood Arts? - domandò.
- Sì... cioè, è ancora tutto nuovo per me. Ma comincio ad abituarmi. -
- Come no, e io zono Britney Zpearz! - Svetlana incrociò le braccia ascoltando la discussione fra Mike e suo, anzi, loro padre.
- Ne sono contento. E' un'ottima scuola. In classe con te dovrebbe esserci Lightning Collins, sbaglio? E' il figlio di un mio amico. Dice di averti visto mentre uscivi da scuola. -
Mike impallidì. 
- S-sì, Lightning è in c-classe con me. Ma mi ha visto oggi uscire da scuola? - chiese, la voce tremante.
- No, non credo. E tu Emily? Cosa mi racconti? - il padre volse lo sguardo sulla bambina, che canticchiava contenta Who says, una delle sue canzoni preferite, trasmessa in quel momento alla radio accesa accanto ai fiori della sala da pranzo.
Emily a quelle parole si illuminò, come riscossa da qualcosa.
- Oh, devo darvi delle cose. - disse saltando giù dalla sedia e sparendo su per le scale.
Tornò a tavola con sei diverse borse in mano firmate Gardaland.
- Allora, Mamma, - cominciò prendendo in mano dalla sportina rosa una pacchetto più piccolo e porgendolo alla madre. - questo è per te. Poi, per Papà c'è questo qui. Spero ti piaccia, non sapevo che prenderti. - distrubuì il secondo regalo. Il signor BrownLee scoppiò a ridere quando Emily disse così. - Infine, per un fratello strano ma speciale, un regalo strano ma speciale. - per Mike c'erano ben due borse.
La madre aprì il proprio pacchetto. Era una splendida catenina con un ciondolo sul quale c'era inciso il suo nome. 
- Oh, Emily. Non ce n'era bisogno. - Giudy si commosse di gioia. - E' splendida. -
Anche il padre fu contento del proprio regalo: una t-shirt blu con su scritto "Gardaland non è solo per i piccoli", mentre Mike quando frugò all'interno delle borse rimase piuttosto perplesso.
- Un cappello con su scritto NY, delle scarpe da ballerina, un gel per capelli e... un paio di occhiali da vista? - disse, divertito.
Emily sorrise furbescamente. - E' un esperimento. Indossa tutto insieme e vediamo che succede. - 
Mike scoppiò a ridere. - Scherzi? Sai che casino? - il viso della sorella s'incupì d'un tratto e il ragazzo non se la sentì di discuterne.
- D'accordo... anche le scarpe da ballerina? -
- Soprattutto le scarpe da ballerina. - Emily tornò allegra e incuriosita.
Qualche minuto dopo Mike tornò in sala da pranzo barcollando.
Parlava da solo. Sembrava che tutte le sue personalità si fossero mischiate insieme. I capelli di Vito, l'occhio ferito di Chester, le ciglia e il rossetto di Svetlana e... qualcosa di nuovo.
Il cappello di Manitoba.
Manitoba, un cow-boy maledettamente avventuriero, che non faceva che cacciare nei guai gli altri. Oh, no, a quello ci pensava Vito.
- Zvetlana deve provare nuove zcarpette roza! - gridò la parte più femminile del gruppetto. - Taci, dolcezza, qui comando io. - replicò Vito, cercando di togliersi il cappello, ma il braccio lo fermò.
- Non ti azzardare, bello. E' il mio cappello, e non si tocca! - gridò per tutta risposta Manitoba, tirando i capelli a Vito, ma siccome erano tutti uniti insieme, gemerono tutti per il dolore. - Adesso basta! - prese il comando Chester. Afferrò il bastone e lo diede in faccia alle tre personalità diverse con cui doveva convivere. Anche stavolta, il lamento fu generale.
Emily intanto si rotolava a terra dal ridere, mentre i genitori assistevano alla scena sbigottiti, senza dire nulla.
- Non puoi fargli male zenza nuocere anche te, idiota! - Svetlana diede una spinta a Vito che cominciava a dimenare le braccia in direzione di Manitoba. Il corpo di Mike cadde sul pavimento.
Emily corse dal fratello per aiutarlo a rialzarsi e farlo tornare... un po' più normale, ecco. 
Lo abbracciò. Il caldo abbraccio fece tornare il vero Mike.
Era sorpreso, ma non dalle facce strabiliate dei suoi genitori, dall'abbraccio della sorella. 
- Ti è piaciuto il mio regalo? - mormorò la piccola bambina innocentemente alzando il capo per incrociare gli occhi del fratello.
Mike le scompigliò i capelli, sorridendo e togliendosi il cappello e gli occhiali. - Tanto. -
 
***
 
 
Quel pomeriggio, Mike uscì di casa.
Erano le 16.31.
Il lettore Mp3 in tasca, le cuffie risuonavano le note di Criminal.
La testa bassa, avvolto dai pensieri, il ragazzo imboccò la via per la periferia, quasi senza saperlo.
Camminava per il marciapiede sotto un cielo cupo minacciante pioggia.
La strada era deserta. Non una macchina, non una bicicletta, non una persona. La musica si spense pian piano nelle orecchie. 
Cavolo, Mp3 scarico.
Si guardò intorno e finalmente si accorse di dove era finito. 
Il quartiere malfamato, Silentville.
Le finestre delle palazzine chiuse come sbarre di un carcere, il silenzio da gattabuia. Sbagliava, o gli pareva di sentire un lamento, un grido acceso e terrorizzato? 
No, era solo il pianto di un bambino.
Quel posto gli aveva sempre messo paura, ne era sempre stato alla larga. Essendo una famiglia di modesta ricchezza, la BrownLee non ci aveva mai messo piede. 
Ne aveva sentito parlare, come una zona della città estremamente povera, dove giravano brutte facce. 
Ladri, spacciatori, misere famiglie in cerca di aiuto, pronte a tutto pur di raccapezzarsi due soldi per comprarsi un pezzo di pane.
Pronte a tutto.
Anche ad attaccare.
Anche a uccidere.
Aveva paura. Tanta.
Si voltò, fece per tornare indietro, quando sentì di nuovo il pianto del bambino. Era più forte. 
Che fare? 
Doveva essere un bambino dell'età di sua sorella, circa.
Una voce, dentro di lui, lo condusse alla verità.
- Forza. - mormorò Manitoba. - Lo so che non lo lascerai soffrire. Sei troppo buono. 
Mike esitò. 
Aveva con sè un lettore Mp3. Una preda per quella bisognosa gente. 
Ma nulla per contattare aiuto, nel caso ne avesse avuto bisogno. 
Il bambino intanto piangeva, come torturato da qualcosa.
O da qualcuno.
- Quanto ci metterai a dire sì?
Al suon di quelle parole, Mike sorrise.
Fece un respiro profondo e inforcò il cappello da baseball che le aveva regalato la sorella. 
Sapeva che Manitoba lo avrebbe condotto nei guai, ma gli diede modo di riuscire a fare ciò che lui non sarebbe mai riuscito a fare: vivere un'avventura.
- Credo che ci sia bisogno di Manitoba Jones, da queste parti. -
Il ragazzo seguì il lamento del piccolo, che pian piano si faceva sempre più udibile, sempre più chiaro, man mano che si avvicinava. 
Trattenne il respiro, quando capì che era lì, lì dove si trovava il bambino.
Si fece largo fra due assi di legno incrociate, in una casa abbandonata.
Spalancò gli occhi.
Non era possibile.
Il bambino, malnutrito e scheletrico, rannicchiato in un angolo, piangeva. Piangeva per un dolore insopportabile.
E lì accanto... 
Una figura imponente. Minacciosa.
Che conoscevano, purtroppo.
Boss.
- No. Non è possibile. - mormorò Mike, allibito.
Manitoba non sapeva cosa rispondergli. 
Non poteva credere che Boss avesse fatto male anche a quel bambino.
Vito andò su tutte le furie.
- Lasciami! - gridò a Svetlana, che lo trattenne per un braccio. - Voglio triturargli le ossa! -
Manitoba provò una fitta di emicrania.
I pensieri di Vito erano più forti di quanto pensasse. 
La rabbia. La frustrazione. La paura.
Osservò Boss. Non ridacchiava, non sorrideva. 
Sembrava che non provasse piacere per ciò che aveva fatto.
Almeno provava un po' di pietà.
O fu quello che passò per la mente di Manitoba.
In quel momento, il bullo si voltò verso di lui e il ragazzo si rannicchiò per non farsi vedere. Boss marciò verso di lui, con il suo portamento pesante e minaccioso.
Manitoba non si fece intimidire e si arrampicò per la grondaia, osservando, sul tetto piatto della casa, in tutta tranquillità, il bullo uscire.
Il primo pensiero di Mike fu quello di andare a vedere se il bambino stava bene, ma Boss chiuse la porta con diversi macigni, imprigionando la sua vittima all'interno.
- Mi dispiace, ragazzi. 
- Non è colpa tua, Manitoba. - sorrise Svetlana, quando Mike tornò in sè e Boss si fu allontanato. - Hai fatto quel che hai potuto. 
A Mike non rimase che tornare a casa a testa bassa.
Quando fu nella sua camera, si affacciò dalla finestra e guardò il cielo cupo. 
Persino la Vecchia Quercia sembrava in attesa che piovesse.
La sua chioma dorata cominciava a scurirsi sempre più con l'arrivo dell'autunno. Le foglie cominciavano a coprire l'erba verde del prato. 
Mentre si guardava intorno, come era solito fare, scorse una figura conosciuta che passeggiava nella strada di fronte al cortile di casa BrownLee.
Trascinava aggraziatamente un trolley da scuola, probabilmente ripieno di libri.
Si affacciò maggiormente e scorse un paio di codini rossi.
Non credette ai suoi occhi. 
Era forse lei?
La Ragazza Misteriosa, incontrata qualche giorno prima per caso?
Una ventata di vento improvvisa fece sì che il cappello con la visiera che teneva in mano Mike gli volasse via dalle dita e andasse a posarsi in strada, dove stava camminando la ragazza dai capelli rossi.
Mike si coprì le labbra per quello che aveva combinato.
Ci rifletté su. Forse non era una cosa così negativa.
Forse era stato il destino.
La ragazza si fermò, squadrò il capellino da baseball e lo raccolse, guardandosi intorno per capire da dove fosse caduto.
Mike non riuscì più a capire se quella era davvero la ragazza che aveva incontrato.
Ma non la dimenticò. Mai.
 
***
 
- Voi avete eseguito il quarto esercizio di geometria? - domandò Dawn ai due compagni posando il libro di matematica sul proprio banco, in attesa che arrivasse il professore.
Fissava Mike inquietantemente. Quei suoi occhi azzurri, perennemente calmi, continuavano a guardare l'amico, come se stessero cercando di scavare nel profondo della sua mente e scoprire a che diavolo pensava.
Mike non ci fece caso, continuava a guardare fuori dalla finestra, sovrappensiero.
- No, - ridacchiò allegramente Sam. - Non sono proprio portato per la geometria. -
- E tu, Mike? - sillabò la ragazza, come per riportarlo alla realtà.
Il ragazzo fu preso di sorpresa. Si scosse e boccheggiò un "Eh?" soffocato.
- A che pensi? La tua aura è... strana. -
- La mia... la mia cosa? -
Mike era a dir poco sconvolto. 
Era la stanchezza del venerdì, forse, che gli faceva sembrare tutto più anormale di quanto non fosse già?
Non sentì la risposta di Dawn, la professoressa era entrata in classe.
La professoressa?
- Buongiorno. - salutò cordialmente la donna. Era piuttosto bassina, in carne e sorridente. Trasmetteva un'idea alquanto positiva alla classe. - Mr. Briggs non è presente stamattina. Sarò la vostra supplente. Sono Miss Saunders, Laurenne Saunders. -
I ragazzi si scambiarono occhiate disorientate. Mr.Briggs assente? Era piuttosto insolito.
Una ragazza, in prima fila, alzò la mano rapidamente. Courtney, si chiamava. Era solita intervenire molto spesso in classe. Miss Saunders le diede la parola. 
- Che materia insegna? -
- Geografia. - a quelle parole, dalla classe si levò un lamento collettivo, per la paura di dover sopportare due ore di storia dell'Indonesia o dei monti che delimitano la Cina. - Ma non è importante, adesso. Volevo invece concentrare quest'ora su una specie di gioco, un'attività collettiva. Prendete un foglio e una penna. -
 
 
Piccole Note al profumo di pioggia:
Sta piovendo. Piuttosto forte.
Non sopporto la pioggia agli inizi di maggio.
Ma arriviamo alla storia:un'eternità mi sono fatta aspettare! Avete tutti il diritto di picchiarmi. u.u
Ma che dire di Emily, la sorellina di Mike! Ve la immaginate? Io sì. Una peste di sorella, ma così dolce!
Ecco qui, Nini, la sorpresa speciale che riguardava Manitoba.
Ed ecco qui una nuova prof tutta da conoscere.
Ho lasciato in sospeso altri due vostri quesiti:
- Cosa ci faceva Dawn al campo di basket.
- Chi era la ragazza mora dentro lo scuolabus. 
Non abbiate fretta, c'è tempo per ogni cosa.
Presto saprete di più, promesso.
Il prossimo capitolo parlerà di un co-protagonista. Non Mike, non Zoey.
Spero vi piacerà, spero vi sia piaciuto anche questo.
(Io vi faccio dannare con l'attesa prima, però cerco di scrivere decentemente dopo. Un buon patto, no?)
(fa un inchino, vestita da francese)
Au revoir.
 
**Svetlana**
  
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