Capitolo 2
Stella
Benché non fosse distante, passò circa una mezz’ora prima
che Nyleis arrivasse a metà della discesa. In quel punto, nascosta da un
intricato mosaico lungo decine di metri che raffigurava la cacciata dei
Senz'anima, vi era una piccola figura diversa dalle altre.
Il disegno era il modo in cui in epoca antica veniva
tramandata la storia del mondo, e questo ne era uno splendido esempio. La
vicenda narrata abbracciava più di un'epoca, dall'opposizione del Patto alla
cacciata verso la Grande Fenditura. Ne seguì piano i rilievi con la punta
dell'indice, sovrappensiero. Ciò che la turbava maggiormente era la tendenza
degli uomini a dimenticare... a rimuovere ciò che fa loro comodo dalla mente
come se non fosse mai esistito, portando la storia ad essere mito, e il mito a
sfumare nella leggenda. Ancora una volta l'uomo stava commettendo un errore che
avrebbe pagato molto caro.
Raggiunse così quella che rappresentava una piccola
stella luminosa, scolpita nella pietra. Essa era la speranza. Faceva parte
della sua istruzione, ricordava passo per passo tutta la storia del mondo
conosciuto, comprese le profezie legate alla grande guerra.
«...e così accadde
e ancora deve accadere che l'Oscurità sovverta il mondo, e le genti grideranno
e i pascoli seccheranno. Il male corromperà le messi e il grano stillerà
sangue. I primogeniti si piegheranno all'ombra del Maligno, e colui che non è
nato morirà. L'unica stella li guiderà verso la luce, gli agnelli piangeranno
il padre e verranno calpestati... »
Ricordava inoltre i disegni che rappresentavano il male
sconfitto rigettato oltre la Fenditura, giù negli abissi più neri... e il loro
signore morto, la testa come monito appesa ad una picca sopra i bastioni che ne
cingevano il confine. Vi erano decine di profezie come questa e ancor meno
comprensibili, altre solo parziali o apocrife. Di una cosa era certa, i segni
erano davanti agli occhi di chi sapeva interpretarli, lo erano sempre stati.
Persone scomparse nel nulla o bestiame mutilato come se enormi lupi gli
avessero sventrati con un sol morso non erano più solo dei racconti, ora la
gente cominciava ad avere paura.
Nyleis toccò quell’unica stella tra tutte le altre e il
mosaico prese vita. Il firmamento si spense dando spazio alla notte, mentre al
di sotto e tutt’intorno uomini, Kitering, Fidelis, Grocet, Senza Anima e altri
abomini combattevano l’ultima battaglia prima della caduta del Cuore. La
piccola stella ancora presente cominciò a brillare e ai piedi di Nyleis si
formò una nuova strada che invece di scendere proseguiva in linea retta.
Cominciò ad avanzare sopra quella che altro non era se
non nebbia condensata, benché ogni volta che sollevasse gli stivali producesse
dei piccoli luccichii e il suo vestito
non si bagnasse minimamente. Dopo quasi un'ora di cammino nel vuoto giunse ad
un costone di roccia invisibile se non da quel punto, con poco più lo spazio
per un piccolo gruppo di persone.
Le estremità che cingevano quel moncone alloggiavano dei
pilastri sormontati a mezzo busto da alcune statue i cui lineamenti erano ormai
andati persi. Presa da un attimo di incertezza si voltò, e vide la strada di
nebbia dissolversi nell'aria.
«Sei qua per questo» si disse.
Avanzò di altri tre passi fino a trovarsi davanti ad una
porta di forma pentagonale, scolpita all’interno di un grande disegno
raffigurante un’alba ed un tramonto. Sulle ante spiccava netta la figura di un
cavaliere stanco che poggiava mani e mento sul pomo della propria spada
spezzata, con la parte della lama infranta che toccava terra. Estrasse da un
sacchetto che portava stretto in vita una piccola statuetta di una donna
scolpita nell'ardesia, la cinse nella destra e con la mano libera rivolta verso
la porta cominciò a pronunciare alcune parole. Un bagliore rossastro illuminò
di vita il tramonto, mentre Il cavaliere si alzò facendosi da parte e lasciando
al suo posto un corridoio del tutto reale. Riposta nel sacchetto, la ragazza
entrò quindi nella cripta senza voltarsi, consapevole del fatto che non avrebbe
trovato altro che roccia. Ad un gesto della mano sinistra la prima fiaccola
vicino lei si accese, mentre le altre seguirono la sorella come animate di
propria volontà, illuminando il corridoio.
Il luogo dove si trovava era costituito da un alto
soffitto – doveva essere scesa in profondità più di quanto credeva – che si
perdeva alla vista, mentre pavimento e colonne erano di un opaco marmo bianco.
Alle mura si trovavano statue intervallate da quadri rappresentanti i
Dashin’lis, i Condannati... anche se nella lingua antica il significato più
ampio del termine poteva significare "coloro che attendono".
Avanzò sino al
giungere a tre statue, raffiguranti ognuna una donna di età differente. Nyleis
si inchinò davanti alla prima, e dopo qualche attimo di incertezza perso fissandone
il volto, disse «Per il volere dell’Antico Patto e per quel che è stato, chiedo
di essere accolta». Infilò quindi un piccolo anello color rubino al dito indice
della bambina e attese.
«Alzati»
La piccola statua la fissava con occhi privi di pupilla,
mantenendo colore e consistenza della pietra, seppur ora animata.
Nyleis attese in silenzio.
«Conosci e rispetti il Vecchio Accordo, ma non posso
darti ciò per cui sei venuta».
«Perché...? Il mio popolo lo necessita...» si sentì
soffocare. Non aveva immaginato un rifiuto. Non erano solo artefatti,
quelle statue pensavano. Gli occhi chini a terra, si
morse le labbra alla veloce ricerca di una soluzione.
«Il tuo popolo è già morto e chi deve rinascere sta per
essere ucciso, è inutile che tu ottenga ciò che reclami. Vai bambina, vivi la tua ultima vita, perché non vi sarà
rinascita per nessun’altro» Rispose la statua di destra.
Nyleis sentì il sangue gelare. Doveva pensare
velocemente. Il suo popolo morto? L’unico in grado di far questo sarebbe stato
Il Signore della Fame... ma lui era stato sconfitto
secoli addietro. Le profezie potevano essere vere... e se lo erano doveva fare
più di quel che credeva necessario fare, sarebbe forse stata bandita dal suo
rango ma a lei non importava. Ciechi. Erano tutti ciechi.
«Cieco è solo chi non vuol vedere» disse la statua di
sinistra.
«Ma non è cieco chi vede con il cuore» aggiunse quella di
destra.
Nyleis si alzò ed estrasse nuovamente la statuetta dal
sacchetto, ora decisa. «Per quel che non è mai stato e quel che dovrà essere...
per l’alba e il tramonto e per le tre foglie di Myr, chiedo di essere La
Cacciatrice» disse.
Questa volta l’attesa fu maggiore, mentre le tre statue
la fissavano immote.
«Perché?» chiese la bambina. – È fatta – si disse Nyleis.
«Perché io possa essere riconosciuta come Cambiamento.
Per annunciare il pericolo imminente e preparare le genti allo scontro.»
«Non puoi essere l'araldo.» Disse la statua a destra.
«Perché mi rifiutate anche questo? Dovete aiutarmi! Sono
qui per chiedere ciò che mi spetta, non potete negarmelo! È nel Patto!»
Arrabbiata più che infelice cominciò a spostare lo
sguardo da una statua all’altra, sfidandole.
«Chi Caccerà è già stato scelto» disse la statua a
sinistra.
«Chiedi ciò che non ti è dovuto» fece la statua a destra.
«Chiedi ciò che è tuo di diritto secondo l’Antico Patto e
ti sarà dato» fu per la prima volta la donna al centro a parlare.
Non capiva. Le profezie non parlavano d'altro che del
Cacciatore che avrebbe unito i popoli, era l'unico riferimento certo che
avesse. La stessa storia come tutte le leggende cambiava leggermente da luogo a
luogo e si prestava ad altrettante
interpretazioni, ma fondamentalmente tutti i racconti
erano d’accordo sui protagonisti e non ve n’erano altri.
Facendo memoria ripeté fra se «Quando verrà non sarà
solo, e le catene si spezzeranno. Il serpente alzerà il capo e sarà la
fine. Sorgerà di nuovo e con lui la morte. Nella luce
dell'ombra sarà il cacciatore ad aprire le porte. I cieli cadranno e
solo la stella segnerà il suo cammino.»
Parte di ciò si era già realizzato. Potevano essere le
catene spezzate la causa di questi strani incidenti... il rinato non
aveva idea di chi fosse, ma sperava non lo stesso
Shoiden, non potevano permetterlo. Il serpente...non era chiaro ma non sembrava
nulla di positivo, l'unica cosa certa ora era che lei non sarebbe stata la
cacciatrice...chi allora?
La stella. Aveva sempre creduto che la stella fosse come
nei racconti la forza della speranza che non muore mai. Ma se questi
fossero stati male interpretati e se tutto il resto fosse
dovuto ad una errata tradizione orale...lei si era fidata dei
disegni che conosceva fin da piccola, ma poteva anche
rappresentare una persona che cercava di tenere in vita la speranza.
«Syndelir, La Stella» disse.
La piccola statua aprì il pugno chiuso, e un anello di
fattura a lei ignota, finemente cesellato, ne occupava il palmo.
«Prendi» disse la bambina.
Nyleis indossò l’anello al pollice e subito il disegno
che ne formava l’intricata trama avvolse metà del suo dito, procurandole un
dolore lancinante mentre si faceva strada tra le carni.
«Tu sei la Stella, troverai e perderai» dissero assieme
le statue.
Rivolta a terra e tra le lacrime, mentre il dolore
rischiava di farle perdere lucidità, Nyleis chiese «...Dove?»
«Kline» fu la statua a sinistra a parlare.
«Amox» disse la destra.
«Corhinsen» la donna al centro.
Incapace di resistere oltre, Nyleis si abbandonò al
dolore crollando a terra supina. La grotta, colma delle sue urla strazianti,
facendole proprie le amplificò quasi come se volesse condividere almeno parte
di ciò che provava. Le statue parvero
mostrare rispettoso silenzio alla donna, riversa a terra in un lago di sudore.
Dopo qualche minuto il suo stomaco proruppe, incapace di resistere
ulteriormente al dolore mentre la vista le cominciò a mancare, riversa nei suoi
stessi succhi gastrici.
Una goccia d'acqua cadde sul suo capo dopo istanti che
parvero lei anni, seguita poco dopo da un'altra, e aggrappandosi a tale
consapevolezza si fece forza per uscire da quella prigione cinta da mura di
pazzia. A poco a poco, ansimante e con fatica alzò il mento, pulendosi le
labbra dal vomito con la manica del vestito, mentre sgomenta si accorse
dell'origine di quella goccia. Le tre statue, ora fisse su di lei e prive di
vita, stavano piangendo.
Il compito degli Ethien era tener nota di ogni importante
avvenimento del mondo. I re stessi richiedevano la loro presenza quando si
trattava di firmare un trattato o di dichiarare guerra. Come storici
imparziali, essi erano al di fuori di ogni conflitto. Quando Nyleis entrò nel
villaggio, sapeva che per lei questo non sarebbe più stato possibile.
Si fece strada nella città interna in direzione della
Grande Libreria, attraverso gli edifici dall'apparenza semplice e scarna. Le
abitazioni sorgevano alle pendici del monte Fidh, mentre la Grande Libreria
mille metri al di sopra. In tal modo essa era ben protetta da qualsiasi
attacco, mentre il freddo consentiva l'accurata conservazione dei testi.
Passarono diverse ore prima che varcasse l'arco
all'ingresso della Sala del Concilio, dove secondo l'Antico Patto i popoli si
sarebbero uniti prima dell'Ultima Battaglia.
Il fondo sala custodiva le reliquie di tempi dimenticati,
come per lei ormai troppe cose. Triste, passò lo sguardo su ognuna di esse,
oltrepassando il piedistallo ospitante la statuetta che ora teneva legata in
vita, fino a soffermarsi su tre oggetti. Il primo era uno spaiato pendente
formato da un cilindro grande un pollice che andava avvolto attorno alla parte
superiore del padiglione. Da esso pendeva una catenella fermata al lobo da una
chiusura. Il secondo un paio di guanti a scaglie rosse e dorso bianco, sopra il
quale nel sangue erano stati incisi tre cerchi concentrici. Il terzo oggetto,
da lei sempre considerato un ornamento, era una tiara.
«Syndelir, stella del mattino...» lesse a bassa voce
sulla piccola targhetta al di sotto del piedistallo.
La prese in mano e l'adagio tra i suoi capelli, lasciando
che i piccoli pendenti zafiro trovassero la loro posizione, mentre la gemma più
grande giaceva sulla sua fronte.
Quando l'Antico Patto tra uomini e maghi fu sancito, il
suo popolo fu scelto per custodirli sino al giorno delle Profezie. Alla ricerca
dei segni che annunciavano il ritorno di Shoiden, Signore della Mezzanotte, gli
Ethien assunsero l'incarico di storici. Vi era uno di loro in ogni corte, e
nessun re dichiarava guerra senza la loro presenza. Ciò li fece guadagnare una
posizione privilegiata, ma questo comportava anche degli oneri. I contatti con
il mondo esterno erano minimi, e non gli era consentito prendere parte a
dibattiti o dare opinioni al di fuori della comunità. Credevano fermamente nei
fatti e non ammettevano il caso come motivazione. Purtroppo, il tempo e
l'eccessiva meticolosità li cambiò profondamente: la ricerca dei segni si era
traformata in una mera narrazione degli accadimenti del mondo e, dopo quasi
tremila anni, nessuno più badava alle profezie. Esse non erano neanche
contemplate nell'istruzione di base. Nyleis si era battuta al Consiglio degli
Anziani per questo. Quando espose quelli che per lei erano evidenti segni del
loro avverarsi venne solo derisa. Cosa voleva saperne una giovane di faccende
tanto importanti? Perché quella ragazzetta si era permessa di mostrarsi a loro
con tali assurde pretese? Quelle risate e quei sorrisi compiacenti erano
rimasti impressi nella sua mente.
«È così, dunque». Una voce baritona dal fondo sala fece
girare la ragazza.
Un anziano uomo la fissava attraverso fermi occhi grigi,
la cui sola presenza incuteva rispetto. «Padre...sì, è così».
Squadrandola attraverso un paio d'occhiali dorati, si
avvicinò a lei. Portava una veste bianca come i propri capelli, lunghi sino
alla nuca. Ogni suo passo era accompagnato da un lieve fruscio. Al suo
avvicinarsi, la ragazza spostò nervosamente il peso da un piede all'altro.
«Devi sapere che è dal giorno in cui ti presentasti agli
anziani con quell'assurda storia che ti tengo d'occhio.» disse severo,
oltrepassandola per scrutare la valle attraverso l'ampia vetrata.
A Nyleis si gelò il sangue. Temeva una punizione per aver
preso la statuetta, ma quella frase le creò un nodo allo stomaco che a stento
riuscì a reprimere. Con esitazione si girò verso di lui, stupita di trovarlo a
pochi centimetri da lei.
«Quando il serpente agiterà le sue spire» disse l'uomo «e
le messi diverranno sangue, Syndelir illuminerà il cielo di mezzanotte» fu ciò
che l'uomo disse.
«Padre, io...non capisco» rispose con esitazione Nyleis.
Corrugò la fronte e si ricordò solo a quel gesto di indossare la Tiara. In
preda ad emozioni contrastanti, si girò per sfuggire a quello sguardo.
L'uomo estrasse qualcosa dall'interno dell'ampia manica
destra. Chiuse quindi un mano sulla spalla della ragazza, costringendola a
voltarsi. «Conosco le profezie... so bene che l'Antico Patto non è solo un
mito. Ciò che porti me lo conferma...» Di riflesso, la ragazza si strinse le
mani al petto, cercando di nascondere l'anello «Figlia mia...tu porti Trylis
con te... e questo» aprì la mano «È Regyst. Sono oggetti unici dotati di
volontà propria. Non vengono scelti dal portatore, sono essi che lo accettano».
Prese l’anello e glielo infilò all’anulare. Il piccolo gioiello ricurvo si
modellò sul dito della ragazza come a conferma di quelle parole.
Abbandonando la risolutezza, il vecchio sospirò mentre i
suoi occhi divennero tristi. «Sei così giovane e ancora incerta sui tuoi passi,
eppur è toccato a te questo compito...» disse più a se stesso che ad altri.
«Nei tuoi occhi leggo l'esitazione. Forse sta accadendo tutto troppo in
fretta... Figlia mia, chi sono per te?» chiese.
Turbata, rispose dubitando delle sue parole «L'anziano
Nimelos, saggio del consiglio Ethien.»
«Questo è ciò che ero. Da Ora mi conoscerai come Nimelos,
custode delle Chiavi e dei Sigilli, quarto Dashin'lis.»
Nyleis sgranò gli occhi mentre il suo stomaco compì un
balzo. Le ampie spalle e la grande statura, il composto abito e l’espressione
sicura sul volto, la calma che emanava dalla sua presenza, tutto ad un tratto
non era più un fragile vecchio a capo della comunità quello che stava
osservando.
«Per decenni ho atteso compiendo il mio ruolo di anziano
tra gli Ethien. Dimmi, come hai trovato la tomba delle lance?»
«Io...mentre attendevo ai miei doveri alla
Biblioteca...mi sono imbattuta in una breve descrizione del posto e del modo in
cui accedervi...» rispose senza riuscire a trattenersi, la voce impastata.
«E per la magia? E il rituale?»
«Per la magia mi sono fatta aiutare da questa...» indicò
la statuetta «mentre il rituale era riportato sul mosaico...»
«Menti, non hai le conoscenze per leggere ciò che vi è
scritto. È una lingua molto antica, non vi sono testi che spiegano come
comprenderla. Dimmi la verità.»
Rossa in volta, la ragazza cominciò a frugare all'interno
di un sacchetto appeso alla cintura. «Ecco...ho usato questo»
Nimelos prese il pendente dalla sua mano e lo osservò più
da vicino. «Immagino che ne conoscessi l'uso dalle tue letture, è corretto?»
Timida, Nyleis si limitò ad annuire con il capo.
«Mi confermi anche che conoscevi bene il divieto di farne
uso?» La ragazza annuì ancora. Una pausa di alcuni secondi pesava su di lei
come un'accusa.
«Oggetti meravigliosi questi pendenti. Solevo usarli in
giovinezza durante gli esercizi di lingue morte e moderne, e nessun professore
se n'è mai accorto...fai attenzione, non sto dicendo che è lecito
imbrogliare...ma ogni tanto si può prendere la via più breve, se capisci ciò
che intendo.» Le sorrise, e Nyleis sentì svanire il cerchio alla testa che la
opprimeva. Si accorse che l'uomo aveva usato la magia su di lei,e che vi era
cascata in pieno.
«Padre, anche voi temete dunque il ritorno di Shoiden?
Ora mi credete?» Chiese troppo preoccupata per lasciarsi distrarre.
«Figliola, io non ho mai dubitato delle tue parole, ma il
consiglio degli anziani non approverà tutto questo, e temo che verrai
imprigionata per il furto delle reliquie.»
«Ma padre...Nimelos! Se anche voi sapete che non mento,
perché dovreste imprigionarmi? Non è forse vero che la ricerca dei segni è ciò
per cui viviamo?» Rispose spaventata.
«Come ho già detto, non sei me che devi convincere. Gli
anziani hanno paura. Non siamo guerrieri, né disponiamo di un esercito. Inoltre
essi meglio di chiunque altro sanno quanto le nostri genti siano impreparate ad
uno scontro, e ciò li terrorizza. I popoli non sono uniti, combattono ogni
giorno e muoiono per futili contese. Vi è tuttavia un modo per evitare il tuo arresto.
Dovrai allontanarti dalla tua gente, e ciò ti costerà maggiori sofferenze di
quante tu possa immaginare... io lo so bene.»
«Non c'è verso di fare ragionare quei vecchi testardi?»
Disse spazientita la ragazza.
«Tieni a freno quella lingua, bambina! Ricorda che gli
devi rispetto! Non tollero certe mancanze in mia presenza.»
Affranta, si limitò ad arrossire in risposta.
«Temo non vi sia altra alternativa, mi spiace.» Concluse
l'uomo.
Esitando, Nyleis valutò bene la situazione prima di
decidere. «E sià allora. Sono pronta ad andare fino in fondo, anche se devo
inimicarmi il mio stesso popolo»
L'anziano le prese quindi la testa tra le mani, e la
ragazza la sentì nuovamente farsi leggera. Quando l'uomo parlò nuovamente,
sentì ogni sua parola pesare su di lei come un macigno: «Io ti sollevo dai tuoi
compiti, Nyleis ren'Dheni. Da questo momento non sei più una Ethien, niente ti
lega a noi. Sei libera di compiere il tuo destino e di portare cambiamenti. »
Dopo un attimo di pausa, riprese «Come Custode delle Chiavi e dei Sigilli e
quarto Dashin'lis riconosco in te Syndelir. Le speranze delle nostre genti sono
affidate a te ora. Devi trovare colui che ancora non è rinato prima che sia la
progenie della Mezzanotte a farlo. Lo guiderai sul suo cammino e le profezie si
compiranno. Ora vai, perché questo luogo più non ti conviene.»
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Nyleis si cambiò d’abito lasciando il vecchio da adepta
sul letto, consapevole che non l'avrebbe più indossato. Portava ora un corpetto color avorio chiuso al collo
da un alto e stretto merletto. Sopra, un abito cremisi stretto al busto si
apriva in un’ampia gonna sino a raggiungere il pavimento. Candido pizzo
spuntava da sotto le maniche sino a metà del suo palmo, mentre complicati
intrecci dorati risalivano le spalle.Sul davanti era aperto e unito all'interno
dallo stesso tessuto del corpetto, in modo da permettere più ampi movimenti di
una semplice gonna. Due trecce a partire
dalle tempie le andavano a cingere la nuca, mentre una terza le pendeva sino al
mento sul lato sinistro del viso, chiusa in un ditale dorato. Una lunga coda le
ricadeva sulle spalle sino a metà schiena, più complessa delle piccole. La
tiara era intessuta tra i suoi capelli. Calzò comodi stivali cremisi di morbido
cuoio sino al ginocchio e finì di chiudere il suo zaino. Si soffermò a guardare
la spoglia stanza per l'ultima volta. Nulla di lei veniva ricordato da quelle
pareti, pronte ad ospitare un'altra ragazza. Risoluta, lo mise in spalla ed
uscì.
Aveva diverse possibiltà per raggiungere la propria
destinazione. Poteva chiedere un passaggio ai bucanieri del cielo occidentale,
con le loro agili e veloci navi. Vi era però lo spiacevole inconveniente che,
come pirati, nessun cielo al di fuori di Ethien gradiva la loro presenza, e
Nyleis non aveva né il tempo né l'interesse di vivere un arrembaggio. Via terra
ci voleva troppo tempo, ora che non poteva più disporre dei veloci mezzi di
trasporto della sua gente. Una regolare carovana avrebbe comportato troppi
rischi su quelle montagne, piene di bestie feroci e solo gli dei sanno
cos'altro. Inoltre ci sarebbero stati i predoni subito dopo, giù nelle
pianure...no era assurdo anche solo pensarci. Non era indifesa, ma usare la
magia contro comuni esseri umani non la faceva impazzire, e se possibile
preferiva evitarlo. Ciò che conosceva era stato appreso per proteggere i testi
che la Grande Libreria custodiva, non per attaccare qualcuno. Rimaneva quindi
una sola scelta, utilizzare le vie commerciali. Rinvenute per caso qualche anno
prima grazie agli antichi testi che narravano della vita nell'epoca precedente
la grande guerra, esse venivano usate per il trasporto merci. Tuttavia non erano
in grado di trasportare materia vivente, e i tentativi fatti in tal senso erano
risultati disastrosi per i viaggiatori. Nyleis confidava nella magia degli
anelli per superare questo ostacolo.
Cavalcò per qualche ora prima di giungere alla caverna
che ospitava la via commerciale più vicina a lei. Lo spiazzo antistante
l'ingresso era occupato da diversi carri, e una ventina di uomini cercavano di
caricarvi il più in fretta possibile una serie di casse e oggetti poggiati
momentaneamente a terra.Poco distante un gruppo di guardie proteggeva quelli
che probabilmente erano i mercanti a capo della spedizione. Nyleis se li lasciò
alle spalle, facendosi strada sui gradini interni della grotta, illuminati
dalla fioca luce bianca proveniente dal muschio sulle pareti. Dopo alcuni
minuti arrivò ad una stanza circolare circondata da una spessa corda rossa. Un
piedistallo si trovava a pochi passi dall'ingresso, e un uomo stava in quel
momento annotando qualcosa su un taccuino. Quando la vide smise di scrivere e le
si avvicinò.
«Posso fare qualcosa per te?»
«Devo recarmi a Corhinsen. Sarei felice di poter usare le
vie commerciali per questo.» Rispose Nyleis.
«Certo certo, non c'è nessun problema, abbiamo giusto
terminato con i carichi per oggi. Cosa dovremmo spedire? Il tuo bagaglio forse?
Non vedo altro che uno zaino, non vi è posto sulle carovane per quello?»
«Sono io quella che vuole utilizzare le vie. Di persona,
intendo. Voglio che porti me e il mio bagaglio a destinazione.»
«Ma...ragazza, questo non è possibile...le vie sono state
costruite per trasportare oggetti inanimati, non persone! Non ne hanno certo la
forza, ogni esperimento in tal senso è risultato un disastro!» Rispose
sconcertato.
«Capisco, ma ho degli affari importanti da condurre, e il
tempo non mi consente altrimenti. Quanto vuoi? Posso pagarti.»
«Non è per il prezzo...il re mi farebbe uccidere se lo
venisse a sapere! Vi è il divieto assoluto di trasportare materia vivente, non
è ammessa neanche una mosca, figuriamoci un essere umano! Sarebbe un omicidio,
e verrei io stesso ucciso se solo ci provassi!»
«Ti darò dieci Rin d'oro, cinque per il viaggio e cinque
per il rischio che corri, ti sembra un prezzo ragionevole? Non potresti
guadagnare tanto neanche lavorando tutta la vita.»
«Dieci Rin...» l'uomo rimase a bocca aperto per lo
stupore.
«E va bene, accetto. Ma ti avverto, è un suicidio.»
«È un rischio ben minore di quello che correrei
altrimenti. Prendi.» Nyleis slegò un sacchetto di monete dalla cintola e lo
porse all'uomo che lo aprì, meravigliato da quella ricca visione.
«L'accordo è stato fatto, non restituirò queste monete.»
Disse avido.
«Non voglio che tu lo faccia, ora sono tue.»
«Bene....allora, vai sopra la piattaforma al centro, non
ci vorrà molto.»
Nyleis scostò la corda che cingeva la struttura, andando
a posizionarsi al centro della stanza, mentre l'uomo cominciò ad armeggiare
davanti al piedistallo. Qualche istante e attorno a lei cominciarono a
materializzarsi piccole scintille sempre più numerose, fino a che ai suoi piedi
e sopra la sua testa non si formarono due cerchi di luce azzurra che ronzavano
come calabroni.
«Sei ancora in tempo per lasciar perdere. Ma i soldi sono
comunque miei!» Disse l'ometto.
«Vai avanti e non preoccuparti per me.»
«E va bene, ma se arrivi senza braccia, gambe o con la
testa al posto del didietro non dire che non ti ho avvertita!»
I due cerchi iniziarono a muoversi velocemente,
aumentando sempre più il ronzio prodotto dalla loro vibrazione. Cominciarono
quindi ad avvicinarsi l'uno all'altro, chiudendo Nyleis nel loro campo
d'azione. Un caldo sempre maggiore la avvolse, mentre la vista le cominciò a
distorcersi. Vide l'ometto agitare la braccia verso di lei, ma non riusciva a
comprendere ciò che diceva. Guardò in basso e vide i due cerchi d'energia
rallentare a metà percorso, a pochi centimetri dalla fine. Evocò la magia degli
anelli, e pian piano i cerchi ripresero a muoversi, fino a sovrapporsi. Un
lampo di luce abbagliante fu l'ultima cosa che vide prima di scomparire.
Quanto riaprì gli occhi ci mise qualche secondo per
riacquistare la vista. Il paesaggio attorno a lei era immerso in una lugubre
luce cremisi. La strada su cui poggiava era franata in diversi punti, e
attraverso essi scorgeva il buio assoluto. Si guardò attorno ma non vide nulla
tranne che macerie. Una linea azzurra ai suoi piedi partiva dalla punta di un
triangolo andando a perdersi più avanti. Decise di usarla come guida, alla
ricerca di qualche segno a lei familiare. Ogni suo passo produceva su quelle
rocce dei cerchi concentrici come sulla superficie di un liquido. Prosegui
sulla via, dando di tanto in tanto un sguardo all'interno degli edifici che la
circondavano. Alcuni erano solo delle facciate, altri non contenevano che la
sua immagine riflessa all'infinito, mentre da altri ancora sentiva provenire un
basso rombo che la intimoriva, a quelli non si avvicinava neppure. Attraversò
archi e ponti, salì e discese più di una volta lunghe scalinate. Passò forse
delle ore in quel labirinto prima di raggiungere una zona circolare diversa
dalle altre. Il disegno di un ottagono ne costituiva il centro, e la luce
azzurra lo riempieva in ogni suo lato, rimanendovi intrappolata.
Cercò di fare memoria, aveva già visto quel simbolo. Ci
mise un po', ma finalmente riuscì a ricordare. Si guardò attorno alla ricerca
di una conferma, e poco distante da lei trovò un altro ottagono più grande che
conteneva lei e quello più piccolo. «Tutto questo ha dell'assurdo...» disse a
bassa voce, mentre cercava di fare ordine tra i suoi pensieri. Continuò a
guardarsi attorno, alla ricerca di qualche indizio utile per uscire da quel
posto. Spostò i resti di una colonna crollata, rivelando il disegno di una
stella sul pavimento. Sembra proprio che questo viaggio riserbi delle sorprese
inaspettate... pensò tra sé.
Si spostò all'esterno dell'ottagono e allargò le braccia.
Cercando di sgombrare la mente il più possibile, chiuse gli occhi. Intendeva
evocare i ricordi della magia intessuti in quella zona. All'inizio ottenne solo
una visione confusa, ma pian piano riuscì a distinguirli per intensità e colore
l'uno dall'altro. Si mise alla ricerca del più luminoso tra essi e vi si
aggrappò. Lesse l'incantesimo che conteneva, e cominciò a salmodiarlo come se
stesse leggendo un libro.
Quando terminò aprì gli occhi, e vide attorno a se le
parole dell'incantesimo vibrare ricche di energia, in attesa. Prendendo
coraggio, proseguì: «Secondo l'Antico Patto, i maghi lasciarono le terre degli
uomini portando con se la magia. Ombre minacciose insidiano nuovamente il
mondo, creando scompiglio tra i popoli. Come Syndelir, chiedo che la magia
possa tornare a scorrere e mi indichi la via per Corhinsen.»
Non vi fu risposta. L'incantesimo continuava a ruotarle
attorno, privo di una guida. D'un tratto cominciò pian piano ad accendersi,
lettera dopo lettera, come piccoli fuochi fatui. L'intensità aumentò
gradualmente, tanto che Nyleis dovette cedere e ripararsi gli occhi tra le
mani. Quando il calore scomparve, li aprì nuovamente. Ci mise un po' per adattare
di nuovo la vista alla penombra. Tre uomini, seduti su altrettante sedie, ora
si trovavano davanti a lei e la fissavano.
Nyleis comprese immediatamente che quelle persone erano
abili nella magia. Le studiò una ad una con tranquillità, come se non le
temesse. Dopo qualche attimo, fu lei la prima a parlare: «Io sono..»
«Sappiamo chi sei» Fu il più anziano a interromperla. «E
sappiamo ciò che vuoi: passare per le vie. Se ne sarai degna potrai ottenerlo.
In caso contrario il tuo gesto equivale ad una sentenza di morte.»
«Perché prenderci tanto disturbo? Gli umani meritano
forse il nostro aiuto? No, io non credo proprio.» Aggiunse un secondo anziano.
Spiazzata, rimane per un attimo a bocca aperta, le parole
inespresse nell'aria. Si costrinse a chiuderla, adirata con se stessa per aver
mostrato le proprie emozioni. Cercò di riaquisire un certo contegno prima di
riprendere il discorso.
«Siete...siete forse maghi? Siete voi ad aver interdetto
le vie agli umani?» Chiese circospetta.
«Ahahah, è questo ciò che vuoi sapere, Syndelir? Quale
importanza può mai avere per te? Non sarebbe forse meglio chiedersi chi sei TU
invece?» La schernì nuovamente.
Nyleis lo fissò con odio. Era forte, se lo sentiva.
Normalmente non sarebbe stata in grado di contrastarlo, ma ora che aveva gli
anelli le cose erano diverse. L'uomo tuttavia non era solo, e anche se l'avesse
sconfitto, i suoi due compagni gliel'avrebbero fatta pagare cara.
Ognuno di loro indossava stretti abiti di pelle nera.
L'unica differenza visibile nei loro indumenti era la fibbia della cintura: nei
due anziani rappresentava una falce di luna, mentre nel più giovane tre stelle.
Se quelli erano maghi, la sua visione era completamente distorta. Rigidi era il
termine migliore che le venisse in mente per descriverli. Niente vesti ampie,
niente saggezza nei loro occhi, solo severità. Tranne il giovane che riusciva a
non mostrare alcun sentimento, quei due vecchi la osservavano con disprezzo.
«Se sapete chi sono, allora perché mi negate l'accesso
alle vie?»
I due anziani si alzarono, il volto segnato
dall'abbronzatura. Fu il più vicino a lei che rispose: «Conosci l'Antico Patto
almeno quanto basta per trovarti in questo posto. Ma sbagli quando parli di
riportare la magia nel mondo. Non è quello il tuo compito né lo è aiutare gli
umani nelle loro ridicole schermaglie.»
«Tuttavia» proseguì il secondo anziano «è necessario che
il tuo viaggio prosegua come è scritto».
«Così è e non verrà cambiato» concluse il compagno.
Nyleis cominciò a non poterne più di quella farsa. Si
sentiva a disagio, osservata, valutata e soppesata in ogni sua azione. Se i
loro intenti differivano tanto, allora perché non fermarla? Perché permetterle
di proseguire? Si morse il labbro in preda all'ansia. Volevano forse usarla a
loro piacimento? Strinse i pugni dalla rabbia. Non glielo avrebbe permesso.
Il più giovane dei tre si alzò per avvicinarsi alla
ragazza. Senza una parola le serrò il viso tra le mani in una morsa ferrea,
costringendola a fissarlo negli occhi. L'intrusione che Nyleis percepì fu
tutt'altra cosa rispetto alla vaga sensazione che provò con Nimelos. Questa era
feroce, abbatteva ogni sua difesa senza rallentare un attimo. Le gambe di
Nyleis cominciarono a tremare e le ginocchia a cedere. Si sentì inerte contro
quell'uomo, non poteva far altro che scappare sempre più nel profondo del suo
inconscio. Poi, d'improvviso come era cominciato, tutto finì. Sentiva la testa
scoppiarle, riusciva a stento a reggersi in piedi.
«Io, Keryan, a nome del Conclave, ti concedo l'uso delle
vie. Possa il tuo cuore guidarti nelle ore più buie.»
«Ti è stata concessa la possibilità che cercavi,
ragazzina. Ricorda a chi devi i tuoi servigi. Non deluderci, o sarà peggio per
te.» la redarguì il più anziano.
«Io...non capisco...» balbettò Nyleis «non è forse il mio
compito quello di condurre gli uomini all'ultima battaglia? Non è forse la
magia il discriminante tra la vittoria e la sconfitta? Come possono abbattere
gli incubi che emergeranno dall'Abisso senza il vostro aiuto?»
«Non è affar tuo. Ogni cosa è stata decisa già da lungo
tempo, lo scontro non è mai terminato. Il tuo compito è condurre le pecorelle
smarrite all'ovile prima che vengano divorate dalle tenebre, nient'altro.»
Fu il giovane a prendere la parola «Cerca il Cacciatore e
affidati al suo sapere. Guida le sue azioni al di fuori dell'ombra. Non
permettere che venga catturato. Nella spiacevole ipotesi, uccidilo.»
Detto questo i tre scomparvero così come erano venuti.
Nyleis non resistette oltre e crollò a terra ansimante, stanca e terrorizzata.
Davanti ai suoi occhi era ricomparsa la linea azzurra. Si
alzò in piedi e riprese a seguirla finché le gambe la sorressero. Era
spaventata. Quando non ce la fece più cercò un riparo all'interno degli
edifici, non le andava di fermarsi in mezzo alla strada. Quel luogo non le
piaceva, e voleva rimanerci il meno possibile. Passò così due giorni,
nutrendosi quel tanto che bastava per proseguire la marcia. Fu il terzo che
trovò finalmente l'uscita, una porta identica a quella che sbarrava l'ingresso
alla Tomba delle Lance. Familiare con quel meccanismo, riuscì a identificare
nell'icona di una luna il simbolo che l'apriva. Uno spesso strato di nebbia la
separava ora dall'esterno. Nyleis vi immerse la mano e una sgradevole
sensazione di gelo la pervase. La ritirò spaventata e la percezione scomparve.
Trattene il fiato e, con coraggio, vi si lanciò dentro con un balzo.
Riemerse alla luce della luna, respirando forte come al
ritorno da una lunga apnea. Secondo i suoi calcoli, Corhinsen non era molto
lontano. Sentì la determinazione bruciarle dentro e darle forza. Sistemandosi
lo zaino in spalla, cominciò a discendere il pendio, ignara del simbolo che per
un momento le illuminò la fronte.
Le prime fattorie apparvero circa mezz'ora dopo. Sapeva
che il clima del sud consentiva lunghi periodi di raccolta, ma trovare dei
campi in fiore trascendeva ogni sua aspettativa.
Intendeva raggiungere il villaggio al riparo del
sottobosco. Vedere una donna sola, sconosciuta e a quell'ora tarda vagare per i
campi aperti avrebbe potuto dar vita a voci indiscrete. Il suo piano era
semplice: soggiornare in una delle locande del posto ed ottenere più
informazioni possibili. Prima o poi qualcosa di utile sarebbe saltato fuori.
Nella sua istruzione Corinhsen era un villaggio
relativamente nuovo, nato da meno di un secolo. Sotto il nome di Kline, quel
luogo un tempo ospitava un ducato molto grande e influente. Furono le eccessive
tasse e la scarsa protezione a far insorgere
il popolo contro il duca. I nobili scomparvero e ogni
insediamento divenne indipendente. Anche il bosco portava i segni di quella
rivolta, essendo molto meno esteso di quel che si sarebbe aspettata.
Probabilmente a causa della necessità di terreni da coltivare, gli uomini ne
avevano bruciato una consistente porzione.
Quando giunse in vista del ponte all'ingresso del
villaggio notò due giovani correre nella sua direzione. Il ragazzo continuava a
lanciarsi alle spalle delle occhiate preoccupate, tirando per mano la compagna.
Nyleis sentiva di aver trovato l'indizio che cercava. Studiò per qualche attimo
la loro corsa e decise di anticiparli. In quella direzione aveva incontrato
solo un'abitazione, non poteva sbagliarsi.
Giuntavi, spinse il cancello in ferro battuto del cortile
sul retro, facendosi strada sull'erba soffice. Salì piano i pochi
gradini che la separavano dall'entrata maledicendone ogni
scricchiolio. Tese l'orecchio in ascolto di eventuali rumori provenienti
dall'interno e dopo pochi attimi entrò. L'arredamento era semplice: alcune
panche, un tavolo, sedie ed una credenza. Alla ricerca di un nascondiglio per
valutare meglio la situazione, scelse la camera da letto. Socchiuse la porta in
modo da poter osservare almeno parzialmente la sala e attese.
Passarono pochi minuti prima che i due giovani facessero
il loro ingresso. Stavano discutendo, anche se non comprendeva bene quale fosse
l'argomento. Improvvisamente, la porta principale venne divelta con uno
schianto e si abbatté sull ragazzo. Nyleis sentì l'impulso di intervenire, ma
si trattenne. - Si muove, è ancora vivo. Stai calma e osserva - si disse.
Una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco la
assalì quando posò gli occhi sul nuovo arrivato. Sentì la ragazza inveirgli
contro mentre si avvicinava all'amico ferito.
Una leggero bagliore illuminò la stanza, ma dalla sua
posizione non riuscì a determinarne l'origine. L'uomo si mosse, passandole
davanti. «dammi la pietra o mi prenderò la vita del tuo amico...» fu ciò che
disse, seguito da un urlo di dolore del ragazzo.
- Ora o mai più - pensò.
Uscì dalla stanza da letto per fronteggiare l'assalitore.
Una smorfia di disgusto le si disegnò sul volto quando vide la spada di
quell'essere. Aveva fatto bene a seguirli, erano in pericolo di vita.
«Non farlo! Non farà niente finché hai il gioiello!»
esclamò. Il garjin le si lanciò contro a lama tratta, sferzando l'aria dove
un attimo prima si trovava la testa di Nyleis.
La donna afferò uno sgabello e glielo lanciò contro,
mentre rotolandosi a terra evitò il secondo fendente. Sentì il sangue pulsargli
nelle tempie e il cuore battergli all'impazzata. - Respira dannata, respira!
Non puoi farti sconfiggere! Concentrati ed evita i suoi attacchi -.
Ansimante, Nyleis percepì la magia degli anelli scorrerle
dentro, copiosa come un fiume in piena. Non fece altro che accostarsi al suo
argine e immergervi le mani. Parole sconosciute le affiorarono alle labbra,
come anche i ricordi delle epiche battaglie in cui furono usate. Abbandonandosi
ad essi, alzò le mani e cominciò a parlare, distante.