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Autore: mischiri    01/05/2012    4 recensioni
Ciao a tutti!!! Eccomi con una storia del tutto nuova per noi amanti folli di Xena!! Vi ricordate la nostra eroina come Principessa Guerriera,Imperatrice,Condottiera???? Beh dimenticatela in quella vesti!! Ecco a voi Xena la .... haha volete davvero saperlo??? Allora leggete!!! Ovviamente si tratta di una storia yuri!!! Bn credo di aver detto tt!!! Leggete e recensite mi raccomando!!!
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Gabrielle, Xena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Servitus Capitolo X Ciao a tutti!! Lo so.. sono in terribile ritardo!!! Ma come ormai sapete, lo studio universitario è costantemente all'angolo!! Per cui eccomi qua dopo tempo immemorabile con il nuovo capitolo!! Allora... la trama si fa sempre più spinosa e ci sono episodi che nemmeno io pensavo che avrei mai inserito hahahaha quindi tenetevi pronti!! Il capitolo è dedicato alle due clubettare Kassy14 e BellatrixWolf. A BellatrixWolf faccio un ringraziamento speciale per la pazienza che ha nel sopportarmi, per l'enorme entusiasmo che mostra nei confronti della mia modesta creazione e per i suoi continui complimenti, che mi fanno costantemente diventare color fragola!! Ma ora veniamo alla storia... buona lettura a tutti!!!!

 

Capitolo X

Nuovi piani all'orizzionte”


Nei pressi del Tempio della Concordia

Marcello si incamminò a rapidi passi lungo la strada, maledicendo il fango e la polvere che gli imbrattavano la veste preziosa.

Maledetti carri e maledetti venditori ambulanti! Questa strada è diventata peggio di una stalla... dovrò farla rimettere a nuovo! Mmm... magari,quando il mio piano sarà compiuto, la trasformerò in un lunghissimo viale ricco di statue e busti che raffigurano gli dei... e insieme a loro ci sarò io... il grande console Marcello...”

Sorrise, pregustando il progetto nei minimi dettagli, ma una strana sensazione al piede destro lo fece fermare e gli fece abbassare lo sguardo.

Il suo prezioso calzare era sprofondato in un liquido denso e marrone, che somigliava terribilmente a sterco di cavallo.

Marcello strabuzzò gli occhi e strinse i pugni per cercare di calmarsi, rimuovendo delicatamente il piede dalla pozzanghera maleodorante.

Alzò la pianta e non potè che sbuffare: il calzare era praticamente ricoperto di melma e sterco in un particolare miscuglio marrone scuro.

Abbassò il piede e si guardò intorno in cerca di qualcosa per pulire quello sfacelo. La sua attenzione venne attirata da una tunica bianca apparentemente abbandonata su un sedile di pietra poco lontano. Si sedette e sorridendo usò la chiara veste, sfregandola contro il calzare e pulendo la suola fino a farla quasi brillare. Posò nuovamente la veste sul sedile, piegandola accuratamente e si alzò, allontanandosi velocemente, ridendo a crepapelle al pensiero dello sfortunato proprietario e a quello che avrebbe detto quando avrebbe ritrovato il vestito in quello stato pietoso.

In pochi minuti giunse al tempio e vi trovò Decio, appoggiato malamente ad una colonna, che controllava a vista i loro cavalli.

Si avvicinò al ragazzo e lo osservò severamente “Spero che tu sia pentito per il tuo comportamento. Non osare più ripetere un atteggiamento del genere! Io sono tuo comandante e tuo supremo console: tu fai quello che dico io, mi sono spiegato? E soprattutto non devi più permetterti di comportarti come un bambino capriccioso di fronte a quell'idiota di Gneo! Non ti rendi conto che il tuo comportamento mi copre di ridicolo? I soldati come te obbediscono, non si lamentano e non fuggono come delle matrone impaurite!”

Decio scosse la testa e fece per allontanarsi, ma Marcello lo bloccò, afferrandolo per il polso e costringendolo a guardarlo negli occhi

Persisti Decio? Non voltarmi le spalle! E guardami quando ti parlo! Capisci quello che sto dicendo oppure no?”

Il ragazzo si divincolò annuendo.

E in ogni caso si può sapere cosa ti è preso? Non ti sei mai tirato indietro di fronte ad un mio ordine... ed ora che ti do la possibilità di fare qualcosa di veramente importante, ti rifiuti?” continuò Marcello, piegando le braccia al petto.

Decio sospirò, puntando lo sguardo lontano “Non avrei rifiutato se solo tu mi avessi informato! Perchè mi dici sempre quello che devo fare senza discuterne prima? Lo so che sei il mio comandante e che io sono solo un misero soldato, ma pensavo che con me le cose fossero diverse rispetto agli altri. A quanto pare mi sono illuso, a te non interessa nulla di me... Ti servo solo per i tuoi scopi... se anche morissi, tu non verseresti una lacrima, né un gemito ti scuoterebbe il petto... semplicemente troveresti un altro come me che ti facesse da galoppino.”

Quelle parole attraversarono le orecchie di Marcello come lame taglienti, scuotendolo nel profondo: non aveva mai riflettuto sui pericoli ai quali Decio si era sempre sottoposto, né alla possibilità che potesse morire.

Senti Decio... non la devi pensare in questo modo, va bene? Se ho deciso di mandarti in Magna Grecia, è perchè tu sei la persona della quale mi fido di più, lo sai. Sei l'unico che posso inviare insieme a Scipione, senza il timore di essere tradito! E' così difficile comprenderlo? Non è vero che non tengo alla tua vita, ma è necessario che io abbia il tuo aiuto. Se non avessi avuto cura di te, pensi che avrei fatto tutto quello che ho fatto in passato, quando eri ancora un ragazzino abbandonato e solo? Ti ho preso con me e ti ho trasformato in un guerriero.. e sappi che non l'ho mai fatto con nessuno... Dunque considerati un privilegiato! Ora va... io devo incontrare quella persona di cui ti ho parlato. Aspettami al rifugio e prega gli dei affinchè mi permettano di portarti buone notizie!”

Decio sospirò di nuovo, si avvicinò di un passo al console e allargò di poco le braccia quasi a volerlo abbracciare, ma di fronte all'espressione dura e severa dell'altro, ci ripensò e si allontanò, montando a cavallo e sparendo in una nuvola di polvere.

Marcello scosse la testa e montato lui stesso in sella, si diresse velocemente verso il colle Aventino.


Domus di Marcello

Gabrielle camminava pensierosa nella sua stanza, calpestando senza fare alcun rumore i soffici tappeti che ricoprivano il pavimento di marmo.

Si portò una mano al petto e sospirò, portando alla mente i momenti intensi che aveva provato quella mattina. Le labbra di Xena, le mani di Xena, gli occhi di Xena... non riusciva a pensare ad altro e quelle immagini l'avevano accompagnata per tutta la mattinata senza darle un momento di tregua. Si sedette, si alzò, si recò al balcone, sperando che la leggera brezza che scuoteva le foglie degli alberi le avrebbe dato un po' di sollievo. Sospirò di nuovo e appoggiò le braccia al parapetto, posando su di esse il mento sottile. Da quel balcone aveva visto Xena per la prima volta, mentre galoppava veloce inseguita da Marcello e da Manlio.

Pareva davvero la dea Diana, ma ben diversa è stata la freccia che ha scoccato verso di me... non il dardo di Diana, ma quello di Cupido, infatti, ha colpito il mio cuore e quindi fremo d'amore e non di dolore!!”

Incapace di fermarsi, si sollevò e tornò in camera, sedendosi nuovamente sul letto, ma rialzandosi pochi attimi dopo come se si fosse scottata. Alla fine, consapevole di non poter trascorrere un altro minuto in quello stato di terribile ansia mista a desiderio, aprì la porta della camera e chiamò a gran voce Emilia.

Dovette attendere solo pochi minuti prima che la porta si aprisse silenziosamente e la ragazza entrasse, abbassando le ginocchia in un riverente inchino.

Dimmi mia Domina, hai chiamato?” chiese

Si Emilia... vorrei che tu chiamassi Xena e la facessi venire qui.” ordinò pacatamente Gabrielle.

Si stupì osservando la ragazza portare una mano alle labbra e ridere sommessamente per cercare di non attirare la sua attenzione.

Gabrielle aggrottò la fronte “E ora? Perchè ridi?”

Emilia si sollevò, chiuse la porta e con rapidi passi si avvicinò a Gabrielle, piegandosi verso il suo orecchio e abbassando la voce per assumere un tono confidenziale.

Oh Domina... perdonami se mi comporto così, ma so che con te posso parlare liberamente, non sei come il padrone!”

Gabrielle la osservò stupita, ma non ebbe il tempo di controbattere.

Ecco... non credi anche tu che Xena sia una persona tremendamente affascinante? E' così misteriosa... e ogni volta che ti osserva, sembra scavarti l'anima... e poi...”

Ma cosa dici Emilia?” la interruppe Gabrielle, allontanandosi da lei e dandole le spalle per evitare che notasse il rossore delle sue gote “Ate (nota 1) ti ha forse colpita con un suo maleficio?”

Emilia abbassò lo sguardo e si strinse le mani intorno alla veste “Oh no Domina.. ecco.. era solo un pensiero... non volevo dir nulla di offensivo nei tuoi riguardi, perdonami!”

Gabrielle si voltò e sorrise, cercando di apparire gentile come al solito

Lo so, non preoccuparti. Non è successo nulla di male. Ora va a chiamarla e falla venire qui.”

La ragazza annuì e se ne andò via correndo.

Gabrielle si sedette di nuovo sul letto e corrugò la fronte “E ora mia cara Xena.. dovrai spiegarmi un po' di cose...”


Nei pressi del colle Aventino

Il vento gli accarezzava placido le guance, mentre la schiena ritta oscillava avanti e indietro, accompagnando la ritmica andatura del destriero; le mani e le gambe strette intorno alle redini e alla sella, il cuore che batteva preso da ansia e preoccupazione: Marcello cavalcava silenzioso lungo i sentieri deserti, rimuginando su ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Non mancava molto ormai, solo qualche miglio e la domus di Alti si sarebbe presentata all'orizzonte...

Una volta tanto i pettegolezzi e i cicalecci tipicamente romani gli erano stati molto utili. Marcello non era mai stato tipo da chiacchiere e sussurri: non li sopportava e odiava tutti quei nobili e quei senatori che sgomitavano per sapere le ultime notizie. Ma quella volta... quella volta origliare era stato maledettamente utile.


Marcello camminava piano, osservando annoiato gli invitati che riempivano la sala.

A pochi metri da lui un capannello variopinto di uomini e donne travestiti sembrava occupato in una animata discussione, tanto da non curarsi di chi li stesse ascoltando.

Vi dico che è così!!!” esclamò un uomo vestito da satiro, sbuffando adirato.

Ma come è possibile? Chi ha così tanti sesterzi? Quella domus non è sicuramente alla portata di una come lei”

Il tono scettico e sospettoso della falsa Atena, appoggiata mollemente a una colonna alla sua destra, suscitò l'attenzione di Marcello.

Il console si avvicinò noncurante e si sedette poco distante su un soffice triclinio, trangugiando lentamente il vino dolciastro.

A quanto pare è così! Dicono che l'abbia persino ingrandita! Per qualche tempo c'è stato un via vai di manovali e carpentieri, ma alla fine sembra che abbiano fatto in tempo a finire l'opera per il suo arrivo...”

Ma da dove viene?” domandò uno dei tanti Ercole, aggiungendosi alla conversazione senza troppi convenevoli

Dalla Grecia... dicono che sia una fattucchiera o qualcosa del genere... c'è chi dice che sia una maga potentissima.. altri pensano che sia la classica ciarlatana che ha imbrogliato un mercante ricchissimo con i suoi trucchi e al momento buono l'ha ucciso, rubandogli ogni cosa..” rispose Atena vivace: era palese che fosse informatissima sull'accaduto.

Certo che è strano... perchè avrà scelto la domus del defunto senatore Paulus? E' isolata... poco lontano dal sentiero principale che da Roma va verso il colle Aventino.. Insomma.. chi ci vivrebbe? Lo stesso Paulus ci andava solo per riposarsi durante le pause estive...” disse il satiro perplesso, portando una mano al pizzetto ramato e lisciandoselo meccanicamente.

Se io fossi una fattucchiera e volessi preparare i miei infusi, sceglierei sicuramente un posto come quello, isolato e tranquillo, dove nessuno mi possa disturbare,non credete?” chiese Atena sorridendo

Ma tu non sei una semplice fattucchiera, sei una maga perfida!!” esclamò Ercole ridendo, e guadagnandosi un buffetto amichevole sul braccio da Atena.


Marcello si riscosse dal ricordo. Diede un altro colpo di talloni ai fianchi del cavallo per aumentare l'andatura. Quella stessa sera aveva incontrato Alti.

Non aveva impiegato molto tempo a collegare proprio lei alla fantomatica maga della quale tutti parlavano.

Effettivamente la scelta della casa poteva sembrare stravagante, soprattutto per una donna sola e apparentemente straniera.

Oh.. se sapessero di lei quello che so io.. penso che non basterebbe tutta Roma a contenere i pettegolezzi..” pensò divertito.

In quel momento il profilo della domus apparve all'orizzonte. Il cuore gli balzò nel petto e una scarica di adrenalina gli attraversò le viscere: anche se odiava ammetterlo, era maledettamente nervoso.

Lanciò il destriero al galoppo e presa una deviazione laterale, ben presto arrivò di fronte ad un enorme arco di pietra, dal quale era possibile vedere la domus.

Wooh” disse, tirando le redini.

Rimase a bocca aperta: i marmi delle colonne rilucevano, i fregi e i bassorilievi del tetto e dei capitelli erano di splendida fattura.

Fece ripartire il cavallo al passo e attraversò l'arco, stupendosi di trovare il cancello aperto: pareva che lo stessero aspettando.

Giunto nel cortile, scese dalla sella e si guardò intorno. Non dovette aspettare che pochi istanti prima che un ragazzo si avvicinasse a lui correndo.

Dai a me il cavallo. Lo porterò nelle stalle. Sali le scale e bussa, Lea ti verrà ad aprire.” sussurrò, prendendo le redini e allontanandosi silenziosamente.

Marcello lo osservò per qualche secondo perplesso: da dove era sbucato? Non l'aveva visto arrivare né aveva sentito i suoi passi...

Scuotendo la testa, fece quanto gli era stato detto. Salì i gradini di pietra levigata e bussò al pesante portone di legno scuro.

Ancora una volta aspettò solo qualche attimo: una giovane donna dai lunghi capelli rossi gli sorrise, aprendo l'uscio e invitandolo ad entrare con un gesto della mano.

Benvenuto Marcello. Ti stavamo aspettando.” disse con voce gentile, scostandosi appena e permettendo all'uomo di avanzare di qualche passo nell'ingresso.

Era una stanza luminosa e molto spaziosa. Numerose colonne di marmo giravano intorno al perimetro della sala,mentre al centro erano posizionati numerosi triclini e sedili di pietra ricchi di cuscini di porpora e di lenzuoli di seta rossa. Di fronte a loro una bianca scalinata conduceva ai piani superiori.

Come fai..?” cominciò il console, distogliendo lo sguardo dal mobilio

A sapere il tuo nome?” lo interruppe la giovane “E' molto semplice... la nostra padrona sa molte cose... prima che accadano o anche prima che gli stessi dei ne siano a conoscenza, lei vede... vede ogni cosa...”

Il boato del portone chiuso fece sobbalzare Marcello.

La tua padrona è una maga così dotata?” chiese il console, seguendo la ragazza lungo la sala e imboccando un corridoio nascosto alla vista.

Certo che sì... la nostra padrona ha dei poteri enormi” sussurrò Lea, portando una mano al collo pallido. Marcello notò un lampo di terrore attraversare gli occhi scuri della giovane, mentre compiva quel gesto apparentemente casuale e spontaneo. Avrebbe voluto indagare, ma rinunciò subito al proprio intento quando Lea posò una mano sul suo braccio per farlo fermare.

Siamo arrivati... entra... tra non molto la padrona ti raggiungerà. Vado a chiamarla.” e si allontanò silenziosamente come il ragazzo delle stalle.

Solo in quel momento Marcello si rese conto del silenzio innaturale che regnava in quegli ambienti: sembrava di essere sospesi in un sogno, a metà tra l'oblio del mondo onirico e la realtà.

Da quando era arrivato nemmeno il più piccolo sussurro era giunto al suo orecchio, tranne la voce pacata di Lea.

Spinse piano la porta di fronte a lui e anch'essa si spalancò senza emettere il minimo scricchiolio.

Si ritrovò in una camera ben arredata, con soffici tappeti disposti qui e là a coprire il freddo pavimento di marmo e con un grande specchio posizionato al di sopra di un baule di ebano.

Alla sua destra stava uno spazioso letto, ricoperto da lenzuoli dorati.

Per ingannare il tempo, si mise a gironzolare per la stanza. Notò un balcone poco distante da lui e si affacciò. Il venticello era calato e il cielo si era fatto più nuvoloso: le nubi grigie minacciavano pioggia.

Rientrò velocemente, scosso da un leggero brivido e si avvicinò al letto. Si sedette sul bordo e lo sguardo gli cadde su una cassetto mal richiuso del basso mobile di noce alla sua destra. Giratosi e assicuratosi che nessuno stesse entrando, lo aprì di poco e infilò dentro la mano per scoprire cosa ci fosse. Si stupì quando i polpastrelli percepirono la freddezza del metallo: curioso, aprì di più il cassetto e quello che vide tra le sue dita lo lasciò senza fiato.

Non è possibile...” sussurrò, rigirandosi il semplice braccialetto tra le falangi.

Che cosa non è possibile? Che un console si metta a curiosare nei cassetti di una signora o che io abbia conservato il tuo braccialetto?”

Marcello trasalì e si voltò: Alti in tutta la sua bellezza lo stava osservando, le braccia conserte e appoggiate al petto, un sorriso a incorniciarle il volto delicatamente truccato.

Ecco... io...” cominciò Marcello, deglutendo a fatica. La gola gli si era seccata di colpo.

Alti si avvicinò, i passi attutiti dal soffice tappeto verde smeraldo.

Ti aspettavamo... sapevo che saresti arrivato, così ho avvisato la servitù. Ormai sono abituati alle mie predizioni e non si scompongono più di fronte a nulla. Allora... ti piace la domus?”

Marcello annuì “L'hai resa tua. Mi ricordo che, quando una volta venni a trovare Paulus,questo mi sembrava più un lupanare che una casa...”

Oh ma tu sai che ho una predilezione ad appropriarmi delle cose, soprattutto quando mi piacciono e stuzzicano il mio desiderio...” sussurrò Alti, sorridendo in maniera sensuale.

Marcello deglutì di nuovo, incapace di parlare. Il cuore gli batteva e le dita della mano destra tamburellavano nervose sul ginocchio sinistro.

Ma Marcello...” disse Alti, interrompendo il flusso dei suoi pensieri “Credevo che tu fossi venuto per trattare... per proporre... ma non hai aperto bocca... si può sapere che ti succede?”

Il console sospirò e scosse la testa: stava facendo la figura del pivellino spaventato. Si alzò in piedi e prese a camminare avanti e indietro, per celare in parte il proprio nervosismo. “Infatti è così Alti. Mi avevi detto di pensarci e di prendere una decisione no? E' quello che ho fatto...”

Alti si avvicinò ancora e si sedette su una cathedra (nota 2), congiungendo i polpastrelli delle mani. “Ebbene?” lo incalzò.

Marcello si fermò e le lanciò uno sguardo penetrante.

Roma ha bisogno di noi, Alti... anzi... ha bisogno di te e del tuo potere.”

E tu? Tu di chi hai bisogno Marcello?” domandò la donna piano, osservando divertita il console agitarsi e deglutire nervosamente.

Rise, sollevandosi in piedi e dandogli le spalle “Vuoi che te lo dica io?”

Marcello scosse la testa e si alzò a sua volta “Anche io ho bisogno del tuo potere Alti” rispose inespressivo, affogando nel nervosismo che quella donna gli provocava l'ultimo barlume di orgoglio.

Alti si voltò e gli regalò un sorriso “Esatto. Tu hai bisogno di me e io, come promesso, ti aiuterò, purchè....”

Purchè?” ripetè Marcello ansioso

Purchè tu faccia quello che ti dico io e purchè tu mi dia ciò che bramo...”

Il console abbassò per un attimo lo sguardo e si passò una mano sugli occhi “Non so di cosa tu stia parlando..”

Hai già dimenticato quello che ti ho detto alla festa di Cornelio Scipione?” domandò la donna avvicinandosi e portandosi a pochi metri dal suo viso

Io voglio il potere... voglio Roma...” gli sussurrò all'orecchio, accarezzando appena con la propria guancia quella del console.

Marcello sentì un brivido attraversagli la schiena e le viscere e si scostò, dirigendosi verso la porta “Che stai facendo?” domandò nervoso, portandosi una mano alla pelle arrossata per l'emozione e l'eccitazione che quella donna ancora scatenava dentro di lui.

Alti si voltò nuovamente e sorridendo ripetè “ Ho una predilezione ad appropriarmi delle cose, soprattutto quando mi piacciono e stuzzicano il mio desiderio”

Marcello scosse la testa, cercando di impedire che quella voce così calda e profonda stuzzicasse le sue orecchie, trasformandosi in una dolce melodia che gli annebbiava i sensi. “E' forse questo il suo potere? Confondere i nemici per trasformarli in burattini da manipolare?” pensò, arretrando di un passo.

Marcello... Marcello... perchè fuggi da me? Lo fai continuamente.. eppure quando eravamo giovani, non facevi che inseguirmi...”

Io non fuggo.. semplicemente non capisco cosa vuoi da me e perchè ti comporti in questo modo. Io non sono una cosa che ti appartiene Alti, non lo sono mai stato e non lo sarò mai!” esclamò Marcello furente, stringendo i pugni per impedire alle mani di tremare.

Alti sollevò il braccio e agitò l'indice a destra e a sinistra in segno di diniego.

Questo è falso mio caro.. Tu sei sempre stato mio. Lo sei ancora oggi! Non percepisci questa calda sensazione che ti avvolge? Che ti annebbia i sensi e ti rende ansioso e nervoso? Vuoi farmi credere che il virile e magnifico console Marcello si comporta così davanti a tutti? Ammettilo... sono io che scateno in te queste emozioni!”

Tu... tu sei una strega! E' il tuo potere... ecco perchè io mi sento così! Non ci sono altri motivi!” urlò Marcello, incapace di contenersi.

Alti lo guardò, sospirando “Adesso basta Marcello. Vattene.”

Vattene?” ripetè l'uomo indignato “Come osi trattare me in questo modo? Sei una misera plebea arricchita in confronto a me!”

E tu cosa sei Marcello? Anche tu eri un plebeo.. proprio come me.. eravamo due ragazzi innamorati senza ricchezze né gloria, l'hai dimenticato? Ora vattene... ti farò chiamare io.”

Mi farai chiamare? Per chi mi hai preso? Per uno dei tuoi servi?”

Tu hai bisogno di me e del mio potere... questo fa di te un mio sottoposto, semplice no? Va via! Non ho intenzione di ripeterlo ancora!!!” urlò, facendo trasparire la rabbia tumultuosa che le agitava il petto.

Punto nell'orgoglio, Marcello uscì sbattendo la porta.

Alti si lasciò cadere sul letto, sospirando esausta e ascoltando il battito accelerato del suo cuore.

Però... piuttosto focosi gli incontri d'affari!” esclamò ironica una voce alle sue spalle.

Alti rimase ferma e portò le mani alle tempie “non ancora... non adesso..” pensò.

L'altra Alti rise “Non adesso? Che fai? Mi respingi? Ti ho già detto che non puoi staccarti da me...”

Perchè non la smetti? Perchè non mi lasci perdere?” domandò Alti, sollevandosi di scatto e recandosi al balcone.

Da lì potè vedere Marcello salire in groppa al suo destriero e sparire al galoppo.

Tu lo ami ancora... ah! Che cosa patetica! E' una fortuna che io abbia parlato al tuo posto! Altrimenti ti saresti fatta manovrare da lui! Come fate voi umani ad essere tanto stupidi?”

io... io non lo amo... e poi cosa vuoi? Tu non hai fatto proprio niente!!” esclamò Alti furente, allontanandosi dalla finestra e fermandosi di fronte al grande specchio alla sua destra.

La lucente superficie riflettè la sua immagine pallida e tremante, mentre alle sue spalle l'altra se stessa le regalava un sorriso strafottente, che nemmeno lo specchio poteva mostrare.

Visto? Ecco cosa sei senza di me! Una povera donna spaurita e indifesa, incapace di lottare contro il destino avverso!! Saresti ancora a Roma a vivere di stenti, se non ci fossi stata io! Io sono il tuo potere!!!”

Un lieve bussare la riportò bruscamente alla realtà “Avanti!” disse, voltandosi, appena in tempo per vedere l'altra se stessa sorridere e appoggiare l'indice destro sulle labbra prima di sparire: per l'ennesima volta sentì il potere e l'odio scorrere dentro di lei e bruciarle le vene. Lo sguardo confuso si dissolse, lasciando il posto all'espressione menefreghista e egocentrica che tutti conoscevano.

La porta si aprì piano e Lea entrò, sorreggendo un vassoio.

Il tuo pranzo mia Domina” sussurrò, abbassando il capo riverente.

Ora non ne ho voglia! Vattene!” intimò secca Alti

Ma padrona..” tentò di dire la giovane, sollevando di poco gli occhi.

Come osi contraddirmi? Ti ho detto di andartene! Fuori!!” urlò la donna, agitando il braccio e indicando la porta con un fragoroso tintinnio di bracciali.

Si domina. Perdonami..” disse Lea, appoggiando il vassoio sul letto e congedandosi con un inchino.

La porta si chiuse con un tonfo secco, lasciando Alti immobile sulla sedia e sola con i propri pensieri, mentre impercettibili lacrime scendevano lungo le guance, deformate da un malefico sorriso sghembo.


Domus di Marcello, cucina

Il crepitio del fuoco riempiva la stanza. Diona, canticchiando, si muoveva con disinvoltura intorno al lungo tavolo di pietra che ingombrava gran parte dello spazio, mentre Xena e Manlio se ne stavano in un angolo, intenti a pelare e tagliare carote di tutte le dimensioni.

Perchè dobbiamo farlo?” si lamentò Xena, abbandonando per un attimo le carote al loro destino

Perchè siamo schiavi forse?” esclamò Manlio ironico “Secondo te noi cosa abbiamo fatto durante la nostra vita? Abbiamo dormito tutto il tempo?”

Xena sbuffò “Lo so perfettamente.. ma io non sono più abituata a fare i lavori di casa. Un tempo, quando ero ragazza, lavoravo nella locanda di mia madre, ma era lei che si occupava della cucina. Io e mio fratello ci limitavamo a mettere in ordine e a servire ai tavoli...”

Diona sorrise “Su Xena non lamentarti! Potrebbe andarci molto peggio! Insomma.. i questo periodo il padrone è più assente che mai! Se ci fosse lui in giro per la casa, non avremmo nemmeno il tempo di respirare... ma pare che in questo periodo la sua mente sia assorbita da cose più importanti.. e poi ricorda che tu dovresti stare in cella! Non qui all'aria aperta!!”

La mora scosse la testa “Io sto dove mi pare e piace!”

Ma sentitela! Ecco perchè hai passato più tempo nelle segrete che in giro per la casa! Quando la smetterai di fare certi discorsi?” la riprese Diona, portando le mani ai fianchi.

Dai Diona, lasciala stare! Smettila di sgridarla!” si intromise Manlio, buttando svogliatamente pezzetti di carota nel cesto di fronte a lui.

E tu non ti impicciare! Sai benissimo che questo discorso vale anche per te! Voi ve ne state lì a lamentarvi della nostra posizione come se potessimo fare qualcosa per cambiare il nostro destino. Mi dispiace deludervi, ma non è così! Da che mondo è mondo gli schiavi sono stati creati per servire i ricchi e nulla cambierà! Dunque a che serve sprecare fiato? Dovreste ringraziare gli dei invece... serviamo uno dei signori più importanti di Roma e abbiamo cose che gli altri schiavi non potranno mai avere!

E' vero.. il padrone è terribile e severo, ma almeno viviamo in una casa decente!”

Noi viviamo in una cucina...” sottolineò Xena, guardandola con gli occhi furenti “ e poi scusa da quando in qua tu difendi Marcello?”

Diona scosse la testa, rimestando la zuppa nella pentola di rame alla sua sinistra

Io non difendo il padrone.. mi limito a dire come stanno le cose. Non abbiamo la libertà, non abbiamo nulla, ma abbiamo almeno un tetto sulla testa e un pasto caldo. E credimi.. qui a Roma non sono cose da buttare via. So di schiavi tenuti per ore in piedi affamati vicino la tavola dei loro padroni, a guardare gli ospiti ingozzarsi e stramazzare al suolo per l'indigestione... di madri strappate ai loro bambini...”

Xena si alzò di scatto “E queste? Queste come le chiami??” urlò, indicando le cicatrici sulla propria schiena “Ecco come ci tratta il tuo padrone... come bestie da soma.. è uguale a tutti gli altri..”

Diona distolse lo sguardo dalla zuppa e le si avvicinò “Xena... cerca di capire.. lo so che il padrone sa essere cattivo e spietato.. sto tentando solo di spiegarti come funzionano le cose... Tu non sei mai stata a Roma... qui le cose sono molto diverse...”

Diverse? Diverse dici? Se tu avessi visto quello che ho visto io, non te ne staresti a canticchiare rimestando zuppa, ma in un angolo con gli occhi sbarrati... a piangere per le cattiverie del mondo...”

Forse hai ragione... ma io ho accettato il mio destino molto tempo fa, quando ho capito di non avere vie d'uscita. E' ora che anche tu lo faccia... e non solo per te... lo sai benissimo che questo tuo comportamento alla lunga danneggerà anche Gabrielle.”

Xena non rispose, limitandosi a scuotere la testa e a ritornare al proprio posto.

Manlio sospirò, osservando lo scontro tra le due donne senza fiatare.

Era una discussione che lo riguardava da vicino: da una parte il passionale desiderio di libertà che da sempre gli scuoteva le viscere e dall'altra le sagge parole di Diona.

La ragione era da entrambe e da nessuna delle parti.

Sospirò di nuovo, posando il coltello e voltandosi verso Xena.

Un'ombra scura copriva l'azzurro profondo dei suoi occhi, che si spostavano meccanicamente dagli ortaggi al cesto.

Su non prendertela... lo sai che non lo dice con cattiveria..” le sussurrò, attento a non farsi sentire da Diona, che era tornata a cucinare come se nulla fosse successo.

Xena annuì “Lo so... quello che dice è vero sotto certi aspetti, ma è comunque una cosa ingiusta costringere le persone a fare ciò che non vogliono...”

La porta si aprì con un tonfo secco, distogliendo lo sguardo di tutti e tre dalle carote e dalla zuppa.

Emilia entrò defilata, fermandosi a pochi passi dal tavolo e incantandosi a osservare Xena.

C'è qualcosa che non va?” domandò la mora, accortasi dello sguardo insistente della ragazza.

Oh... no.. no... ecco.. la padrona ti vuole parlare. Ti aspetta.” rispose Emilia balbettando.

Xena si illuminò e si sollevò di scatto, abbandonando definitivamente gli ortaggi

Vado subito!”

Ma come? E le carote?” domandò Manlio

Finisci di tagliarle tu Manlio! La padrona mi vuole, non hai sentito?” rispose Xena sorridendo.

Manlio sbuffò “Ah certo... ma non eri tu quella che lottava per la libertà?”

Vai Xena.. ci pensiamo noi.. non preoccuparti” disse Diona sorridendo.

Xena la osservò intensamente “Grazie...”

La giovane scosse la testa, osservando la mora aprire la porta e scappare via.

Emilia finisci di tagliare tu le carote...”

La ragazza dai capelli rossi non rispose, limitandosi a sospirare.

Emilia! Ma si può sapere che ti succede?” la richiamò Diona.

Cosa?” domandò Emilia trasognata

Le carote! Finisci di tagliarle! Servono per stasera!! Ma che guardi?”

Io?? Io non guardo nulla...” esclamò la ragazza, tentando di nascondere il rossore delle guance.

Manlio la osservò curioso “Perchè quando guardi Xena sospiri sempre?”

Emilia gli lanciò uno sguardo confuso “Io? Io non sospiro! Perchè non mi lasciate stare?” domandò furiosa e voltatasi se ne andò sbattendo la porta.

Diona e Manlio si scambiarono uno sguardo confuso.

E ora che le prende? Non si può nemmeno scherzare?” chiese Manlio, grattandosi la nuca.

Lascia perdere Manlio.. e taglia le carote.. almeno tu!” esclamò Diona ironica, dandogli le spalle e tentando di tenere la mente lontana dai dubbi che quel comportamento sospettoso aveva destato.


Domus di Marcello, corridoi

Xena aveva imboccato la porta correndo a perdifiato. Il cuore le batteva senza sosta e il cervello era incapace di formulare un solo pensiero sensato. Si fermò un momento e appoggiò la schiena ad una delle fredde colonne del peristilium: si sentiva come un'adolescente alla prima passione amorosa. Lo stomaco e il cuore in tumulto, le gambe molli e il cervello annebbiato per l'emozione; era incredibile che quella giovane donna, all'apparenza così fragile, fosse riuscita a scatenare dentro di lei quell'uragano di emozioni senza fine... Un sentimento così travolgente che poteva essere solo opera del potere divino. Scosse la testa, sorridendo per quei pensieri frivoli che le ingombravano la mente per la prima volta nella sua vita e riprese a correre, imboccando un altro corridoio alla sua sinistra e attraversando il lungo andron, che l'avrebbe condotta ai cubicula (nota 3)

In pochi minuti raggiunse la porta della camera da letto di Gabrielle.

Sollevò il braccio destro per bussare, ma notò che l'uscio era socchiuso. Attenta a non fare rumore, entrò nella stanza in punta di piedi e la luce del sole che filtrava dall'ampia finestra le regalò una visione meravigliosa: seduta alla scrivania, stava Gabrielle, apparentemente immersa nei suoi pensieri; era appoggiata mollemente al tavolo con il gomito destro e si accarezzava meccanicamente con la mano sinistra la pelle della parte posteriore del collo. Xena rimase qualche minuto in contemplazione, incapace di muoversi e di respirare, nel timore che quell'immagine stupenda si dissolvesse di fronte ai suoi occhi. “E' così bella e innocente... come ho fatto a meritarmi un fiore così prezioso?” pensò, incamminandosi piano verso di lei.

Gabrielle sospirò e senza rendersi conto della presenza di Xena si stiracchiò piano, riprendendo la lettura che aveva completamente assorbito la sua attenzione.

Un brivido le attraversò la schiena quando sentì qualcuno cingerle i fianchi da dietro.

Cosa fai?” le sussurrò Xena all'orecchio

Gabrielle sorrise, portando le mani su quelle più grandi della mora “Leggo Saffo”

Xena osservò curiosa la pergamena “Ma io non ci capisco nulla! Che lingua è?” domandò perplessa, non riuscendo a dare un significato alle sottili linee d'inchiostro che ingombravano il foglio.

E' latino. Mio marito mi ha regalato un'intera collezione di poesie greche tradotte, per permettermi di imparare al meglio la lingua. Ormai il latino non ha più segreti per me. A te piace leggere?”

Xena guardò inespressiva la scrivania e si sollevò in piedi “Io non so leggere... non il latino almeno. Ricordati che io sono una schiava e nell'arena dei gladiatori le pergamene servono a ben poco.”

Gabrielle si voltò verso di lei, annuendo “Posso insegnarti io se vuoi...”

Xena la guardò sorpresa “Davvero?”

Certo che si.. Inizieremo con gli autori più semplici e poi a quelli più difficili.”

La mora sorrise e lanciò un altro sguardo curioso alla pergamena “Sembra più difficile del greco... tutte quelle linee mi fanno impazzire! Sicura che siano lettere?”

Gabrielle rise “Ma certo che lo sono! A ben vedere sono molto più semplici di quanto sembrano... anzi.. ti dirò... sono molto più chiare delle nostre lettere greche..”

Xena sollevò le spalle “Sarà... ma io preferisco il greco..”

Gabrielle scosse la testa sospirando “Come fai a dirlo? Non hai nemmeno cominciato!”

E io ti dico che l'alfabeto greco rimarrà sempre il mio preferito!” affermò Xena piccata, appoggiando le braccia al petto.

Gabrielle si alzò e le si avvicinò “Sei sempre la solita testarda..”

La mora la osservò divertita, sollevando il sopracciglio “Io? Ma se sono la persona più docile del mondo....”

Ma che bugiarda!!” esclamò Gabrielle ridendo e dandole uno schiaffetto sul braccio “Sei la persona meno accondiscendente che io conosca!”

Xena la guardò intensamente e portò la testa a pochi centimetri dal suo viso “Dipende dalla persona con la quale sto parlando...” sussurrò, sfiorando con le labbra la guancia dell'altra.

Gabrielle sospirò “Xena...” disse, sentendo le labbra soffici della donna seguire il contorno della mandibola e poi scendere lungo il collo.

Xena..” ripetè, cercando di non cedere alle emozioni che le stavano prepotentemente annebbiando il cervello.

La mora si limitò a mugugnare, troppo occupata a baciare quella pelle così rosea e soffice per poter prestare la minima attenzione al mondo esterno.

Gabrielle le appoggiò le mani sulle larghe spalle e con una leggera spinta, la allontanò dalla clavicola che la tunica le lasciava scoperta.

Che succede?” domandò Xena perplessa.

Devo chiederti una cosa...” rispose Gabrielle, incrociando le braccia al petto e guardandola fissa negli occhi

Proprio ora?” esclamò Xena con voce supplichevole, cercando di controllare la passione che aveva preso il controllo dei suoi sensi

Si... riguarda Emilia..”

La mora la osservò senza capire “Emilia?”

Stamattina si è comportata in modo strano... ne sai qualcosa?” domandò Gabrielle allusiva.

Xena sollevò entrambe le sopracciglia sorpresa “Io? E che c'entro?”

Si dà il caso che diventi improvvisamente sospirante e svampita appena ti si nomini!”

Senti Gabrielle... non penserai che io le abbia detto o abbia fatto qualcosa!”

Gabrielle si avvicinò ancora di più,squadrandola dalla testa ai piedi “Tu credi? So per certo che prima Emilia non passava le sue giornate a sospirare e a fare domande stupide!”

Domande stupide? Che domande?” ripetè Xena senza capire

Gabrielle scosse la testa “Lascia perdere...”

Xena rise “Insomma Gabrielle!! Non sarai gelosa??”

Io??? Io non sono gelosa!!!” affermò la giovane, dandole le spalle

Oh certo che no... e allora perchè ti comporti in questo modo??” disse la mora, aggirandola e portandosi di nuovo di fronte a lei.

Ecco... io... insomma... non sopporto di vedere quello sguardo adorante non appena si pronuncia la parola Xena..” esclamò Gabrielle furente

Giuro che non ho fatto niente! Le ho solo raccontato qualcosina dell'arena di Capua, dei combattimenti con i gladiatori...” disse la mora, contando sulla punta delle dita.

E ti sembra poco???” domandò la giovane arrabbiata

Ma lei sembrava così curiosa... e mi ha fatto così tante domande... che potevo fare?”

si giustificò Xena, alzando le braccia a mò di scusa

Dovevi dirle che non erano fatti suoi, come sei abituata a fare con chiunque ti faccia tante domande personali!” sbottò Gabrielle corrucciata.

Oh dai Gabrielle.. è solo una ragazza curiosa... e poi era così entusiasta che mi dispiaceva dirle di no... e poi sono state solo brevi conversazioni sparse! Insomma.. fino a prova contraria era lei a portarmi il cibo in cella! Dovevo pur parlare con qualcuno!!”

Gabrielle prese a camminare avanti e indietro, agitando le braccia “Che cosa??? E' venuta lei a portarti il cibo???? Ero convinta che lo facesse Manlio!”

Veniva lei quando Manlio era occupato e rimaneva un po' a chiacchierare... Non era così male parlare con lei...”

Ah l'ho capito questo...” concluse Gabrielle, mentre una scura espressione le si dipingeva in volto.

Xena sorrise e la abbracciò “Sei tu la mia preferita, dovresti saperlo.”

Gabrielle la osservò a lungo, perdendosi nel blu dei suoi occhi e annuendo.

La mora le diede un leggere bacio sulla fronte “Avevi dubbi?”

Non proprio, ma sarà meglio che tu non me ne faccia mai venire..” disse Gabrielle, appoggiando il volto nell'incavo della sua spalla.

Oh.. è una minaccia, mia Domina?” domandò Xena ridendo, accarezzando piano la schiena dell'altra, coperta dalla sottile tunica.

Oh no... è la verità...” rispose avvicinandosi alle sue labbra e lasciando che l'irrefrenabile passione che la attanagliava si liberasse in un bacio impetuoso e travolgente.


Nota 1: Ate. Allora... non sono molto sicura in realtà di questa divinità.. Stando alle mie ricerche era la dea della follia per i Romani. Tuttavia non posso essere sicura al cento per cento, perchè molto spesso era confusa con Eris, la dea della discordia!!


Nota 2: Cathedra. E' uno dei tanti tipi di sedia che facevano parte dell'arredamento delle domus romane. Aveva uno schienale e braccioli.


Nota 3: Planimetria romana. Ebbene si.. lo confesso! Ho studiato alla perfezione la planimetria delle domus romane! Dunque il percorso di Xena è presumibilmente lo stesso che avrebbe fatto un vero servo per recarsi nella camera della padrona! Ammetto però che l'arredamento delle camere è stato da me rimodellato! Le camere non erano né così spaziose, né così luminose! Niente finestre o balconi... ma ho preferito compensare le pene d'amore che riservo ai miei poveri personaggi con qualche comodità in più!!! hahahaha


Nota 4: Saffo. Poetessa greca vissuta tra il settimo e il sesto secolo a.C. Nacque a Mitilene, nell'isola di Lesbo. Si presume che sia nata intorno al 640 a.C, ma non si conosce né la data né le circostanze della sua morte. Una delle sue liriche più belle e famose è sicuramente “L'inno ad Afrodite”.A causa degli equivoci letterari e storico culturali l'educazione completa che impartiva alle sue alunne, caratterizzata dal rapporto omosessuale, ha dato origine a termini come “lesbica” o “saffico” per designare l'omosessualità femminile.


  
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