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Autore: RoryTheSherlockian    04/05/2012    1 recensioni
Anche quella sera pioveva. Grosse nuvole si erano addensate due giorni prima, verso mezzogiorno, e da allora lo scroscio d’acqua non aveva smesso di battere sulle case.
Le strade erano tristi e vuote, nessuno aveva voglia di uscire con quel tempaccio, erano tutti rinchiusi in casa o in un pub, per rallegrarsi e scaldarsi in compagnia.
Bé, non proprio tutti.
Nelle cantine di una delle case più antiche della città un’ombra si muoveva lentamente, sola e infreddolita, facendo tintinnare lievemente le catene che la tenevano legata.
Niente slash stavolta, solo amicizia, massimo bromance e tanto fluff.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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- Sherlock -
 
- E’ un bel nome. Mi piace! -  esclamò John con allegria, mentre Sherlock si sentiva sempre più felice.
- Ti ringrazio – mormorò lievemente. John fece per avvicinarsi a lui, ma inciampò su un’irregolarità del pavimento, finendo lungo disteso a faccia in giù.
 
-Ahiahiahi, che male – fece, massaggiandosi il naso. Sherlock istantaneamente allungò una mano verso di lui – Tutto bene? – chiese, preoccupato.
- Si, è che qua non si vede un tubo – Sherlock si scostò rapidamente, finendo in un angolo della stanza – Dovrei avere qualche candela e alcuni fiammiferi, da qualche parte – disse rovistando in un mucchio di roba – Li tenevo in serbo per un’occasione speciale –
 
John arrossì lievemente, nel buio, sentendosi chiamare occasione speciale. Dopo qualche minuto, Sherlock si riaccostò a lui, posando in terra una grossa candela e porgendogli un fiammifero con tanto di scatoletta – Potresti accenderlo tu? Non credo di sapere come fare –
 
John sorrise – Ma è semplice, Sherlock. Devi solo strofinare la punta scura del fiammifero sul bordo della scatoletta, molto rapidamente, mi raccomando. Ecco guarda, così – E fece per accendere il fiammifero, quando Sherlock lo fermò.
- Cosa c’è? – chiese – Non… non sono sicuro – ammise Sherlock.
- E di cosa? – John proprio non capiva.
- Non sono sicuro di volere che tu mi veda. Non… non vorrei spaventarti – ammise Sherlock, l’imbarazzo che faceva assumere alla sua voce un tono molto dolce, a detta di John.
 
John scoppiò a ridere – Non ti preoccupare! Non scapperò via, so che non mi faresti niente, e poi ormai siamo amici –
Sherlock sentì scomparire un peso dal petto. Non aveva mai incontrato nessuno con tutto quel… buon cuore. Era stupido, non avrebbe mai dovuto dubitare del suo amico.
Tolse la mano che bloccava il fiammifero, dando via libera al biondino di accendere prima esso e poi la candela.
 
Una tenue luce si diffuse per l’ambiente, accecando momentaneamente i suoi occupanti, ormai abituati al buio più nero.
Quando gli occhi di John si furono abituati alla luce della candela, finalmente poté osservare il suo nuovo amico, chiedendosi perché dovrebbe aver avuto paura di lui.
 
John stimò che poteva avere sui vent’anni, ma trovava difficile ottenere un metro di paragone. La pelle era liscia e chiara, quasi bianca, ma non aveva l’aria di uno malato, piuttosto della neve, o della panna. Era nudo, con solo una grossa coperta che gli copriva dai fianchi in giù, la corporatura così esile che John poteva contargli le costole; stava a sedere di fronte a lui, e nonostante ciò era evidente la sua notevole altezza anche da seduto.
Come aveva avuto modo di constatare “a tatto”, due lunghe cicatrici, una a ogni lato della bocca, partivano da essa fino a percorrere tutta la guancia, ed erano chiuse da degli scuri fili da sutura, che prendevano anche parte della bocca. I fili scuri riprendevano i capelli, riccioluti e spettinati, che gli cadevano sul viso nascondendone una parte.
Ma la cosa più straordinaria erano gli occhi. Erano infossati nel cranio, come se un’ombra gli avvolgesse costantemente, ciononostante la pupilla era chiarissima, di un azzurro che John non aveva mai visto neanche nei cieli più limpidi. Sherlock riteneva che lo avrebbe spaventato, ma John si ritrovò a pensare addirittura che fosse bello, tutto il contrario di lui, pensò, che con la sua altezza e i suo aspetto banale non spiccava su nessun fronte.
 
Il suo amico era strano, sì, ma non spaventoso, e John gli regalò uno dei suoi migliori sorrisi.
Sherlock dal canto suo era praticamente esterrefatto. Non si aspettava una reazione così tranquilla al suo aspetto, che considerava nettamente inferiore a quello di John.
Sherlock tese una mano, e senza difficoltà John vi montò sopra. – Sei carino – mormorò Sherlock, avvicinandoselo per osservarlo meglio. Sarà pure stato piccolo di statura, ma era ben proporzionato, con i capelli biondi tagliati corti, spettinati come i suoi. Indossava una maglia a righe orizzontali bianche e nere che gli calzava a pennello.
John arrossì a quel complimento – Grazie, anche tu lo sei -  e fu il turno di Sherlock ad arrossire.
 
Un rumore improvviso li fece sussultare – Ah, è il tuo stomaco che brontola – ridacchiò lievemente John.
- Già, è da un po’ che non mangio – replicò mestamente Sherlock. John gli fece segno di farlo scendere, e una volta a terra recuperò il suo fagotto tanto faticosamente difeso. Scartò la stoffa verde e rivelò tre grossi biscotti scuri. John staccò un pezzo per sé e porse il resto a Sherlock – Mangiali te questi, il pezzo che ho preso è più che sufficiente – e con molta fatica tirò su i restanti due biscotti e mezzo.
 
- G- grazie – rispose Sherlock interdetto, prendendo un biscotto e portandoselo alla bocca, facendo tintinnare la catena legata al suo polso.
Diede un piccolo morso, scoprendolo al cioccolato.
Un biscotto al cioccolato, da quanto tempo non ne mangiava uno? Si chiese.
 
Nella foga di avere un secondo morso, spalancò troppo la bocca. Una fitta di dolore gli pervase la guancia facendogli emettere un grido acuto e piegare in due sul pavimento.
John accorse immediatamente – Oddio, stai bene? Ti ha fatto male il biscotto? E’ colpa mia, ti prego scusami! Scusami! –
 
Stringendo la bocca e massaggiandosi la guancia, pian piano il dolore passava, lasciando solo una fastidiosa sensazione di prurito. Alzando gli occhi azzurri, la prima cosa che Sherlock notò fu John.
Grossi lacrimoni scendevano dai suoi occhi, singhiozzi che gli percorrevano il petto, sentendosi responsabile del dolore dell’amico.
Panico. Sherlock era nel panico. Non sapeva come comportarsi in una situazione del genere, non sapeva come farlo smettere di piangere. Si chinò su di lui, lasciando cadere la coperta all’indietro.
 
-Sto bene, ti prego, non piangere – era un sussurro quello di Sherlock, il viso vicino a quello di John, tanto vicino che il suo respiro mozzato scompigliava i capelli del più piccolo.
 
John tirò su col naso – Sicuro? – chiese tra le lacrime.
- Sicuro – confermo Sherlock. John però non era ancora soddisfatto – Mi faresti vedere? –
Sherlock lo prese di nuovo sulle mani, portandoselo vicino al viso.
John osservò attentamente la bocca: sì, era arrossata dove i fili avevano tirato, ma sembrava tutto ok, e un sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra.
 
Il campanile in lontananza batté la mezzanotte.
- Sherlock, non pensi che dovremo andare a dormire? –
John evidentemente doveva avere qualche potere, perché riusciva a sbigottirlo ogni volta, pensava Sherlock – Tu rimarresti… a dormire qui? –
- Se non è troppo disturbo – rispose John abbassando il capo e arrossendo come una ragazzina alla prima cotta.
- Figurati. Mi… mi fa piacere averti qui – disse Sherlock, portandolo fino a suo materasso.
John si sdraiò da una parte, seguito dopo poco da Sherlock che, dopo aver spento la candela, coprì entrambi con la coperta.
 
Nel giro di un paio di minuti, esausti, si abbandonarono entrambi alle dolci braccia di Morfeo.



Angolo dell'autrice:
Niente di che questo capitolo, secondo me. Troppo corto, come al solito. Manca ancora una buona mezz'ora alla mezzanotte, quindi mi ritengo assolutamente in orario u.u Un grazie  a quei pochi che hanno recensito, mi avete fatto un grande piacere <3 Ci becchiamo venerdì prossimo!
   
 
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