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Autore: almeisan_    05/05/2012    1 recensioni
E se Elena Gilbert, l’ultima doppelgänger Petrova, stretta in un triangolo fatale, avesse una sorella gemella, totalmente dissimile da lei? E se questa sorella, Nicole, fuggita da Mystic Falls anni prima e di cui non si hanno più notizie, fosse una strega discendente da una delle più importanti dinastie di Salem? E se Klaus, l’ibrido invincibile, proprio per questo cercasse il suo appoggio?
Questa storia si ambienta nella terza stagione, per cui ci sono spoiler per chi dovesse ancora vederle, dall’episodio 3x03 e ha come protagonisti prevalentemente la famiglia Gilbert e quella degli Originari, come sfondo la cittadina di Mystic Falls attraversata dalle morti e dagli scontri soprannaturali e i suoi abitanti.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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12 cap

Capitolo 12

Homecoming Dress

 

Il Sole sorse alto e meraviglioso nel cielo terso di Charlottesville, illuminando le sempre trafficate vie della città per annunciare agli abitanti che un nuovo giorno era in procinto di cominciare. Però non tutti volevano percepire il messaggio, bramosi di poter riposare ancora un po’, allontanarsi da quella terribile realtà che era diventata la loro vita, e seguivano a rimanere a letto. Gli ospiti della Dinsmore House, a pochi metri sia dal centro che dall’università della Virginia, si accingevano a scendere per la colazione fumante appena poggiata sul buffet da due camerieri giovani e aitanti, due ragazzi semplici, tipicamente americani di piccole cittadine circostanti, sempre pronti ad aiutare e a rendersi utili. In una delle stanze più belle e caratteristiche, che portava lo stesso nome dell’hotel, i dimoranti non se ne accorsero e il loro tavolo rimase vuoto sino a quando il tempo della colazione non fu terminato. Quando fu possibile percepire il primo rumore di una macchina che veniva accesa, la ragazza schiuse gli occhi impercettibilmente e aggrottò le sopracciglia, mugugnando qualcosa di incomprensibile, una protesta per essere stata così bruscamente destata da quel dolce sogno che aveva vissuto pocanzi. Si era ritrovata a casa sua, quella di Richmond, e aveva visto suo padre preparare, goffamente, tentando di non bruciarle, delle uova e della pancetta mentre la luce della macchinetta del caffè si accendeva mostrando di essere pronta per l’uso. Quel ricordo sbiadito, filtrato dal proprio nebuloso inconscio, la svegliò completamente e ordinò alla sua mente di comprendere dove si trovasse. Non era più a Mystic Falls, né stava dormendo sul divano, ma nemmeno sul cuscino. Sotto il capo aveva una superficie scolpita, però morbida, che si gonfiava a intervalli regolari, e la mano destra, quella su cui spiccava l’anello paterno, era poggiata sulla stessa, a pochi centimetri. Sgranò gli occhi chiarissimi e arrossì, sollevandosi dal petto di Klaus. Nel sonno non doveva essersi accorta di essersi spostata cercando il suo abbraccio. La testa era martellata da un dolore fortissimo e si portò una mano sulla tempia, distendendo le labbra in una smorfia afflitta e lasciandosi sfuggire un soffio. Nel frattempo guardò Klaus. Era ancora addormentato. Sbatté le palpebre, estasiata dalla vista delle sue labbra rosee e lievemente schiuse, meravigliose e sensuali, che le generarono mille brividi lungo la schiena, delle sue gote rilassate e coperte da una lieve peluria bionda, quelle di un bambino, delle sue ciglia lunghe che sfioravano gli zigomi marcati, celando l’osservazione dei suoi splendidi occhi azzurri e limpidi, e dei suoi capelli ricci e dorati. Era bellissimo e perfetto, constatò mordendosi il labbro inferiore, negli occhi un’espressione intenerita, ma anche piena d’imbarazzo. Fortunatamente si era svegliata prima lei, altrimenti sarebbe stato ancora più delicato e spiacevole giustificare quella posizione. Scostò le coperte per dirigersi in bagno e farsi una doccia gelida per raffreddare i bollenti spiriti e rigenerarsi, ma la sua voce roca e impastata dal sonno le impedì di fare qualsiasi cosa, ancorandola al letto matrimoniale.
« Nicole,» la chiamò. La ragazza si voltò di scatto, ma era ancora addormentato, o almeno lo sembrava. Il cuore le batté furiosamente nel petto e il suo suono le occupò tutto il campo uditivo. Schiuse le labbra, le guance ancora più rosse, e si portò una mano tra i capelli, ravvivandoseli e scostandoli dagli occhi per poterlo guardare meglio. Klaus aprì gli occhi e sbatté le palpebre, mettendosi a sedere. Aveva quell’espressione così beata e dolce, fanciullesca e brillante, che aveva visto quando l’aveva abbracciato nel motel. La guardò e Nicole deglutì a vuoto per la potenza di quello sguardo, non per paura, bensì per quel mare di emozioni che le attraversa il cuore quando lui l’osservava come se fosse la creatura più avvenente e meravigliosa del mondo intero. Lui allungò la mano cercando la sua e stringendola come per implorarla di non abbandonarlo, non sapendo che non lei l’avrebbe fatto anche se lo avesse voluto davvero, « Dove stai andando? » le sussurrò quasi timoroso. Con l’altro indice indicò il bagno e gli sorrise teneramente.
« Forse è meglio se non rimetto nel letto. Non credo che gli inservienti gradirebbero,» aggiunse divertita, poggiando i piedi coperti dai fantasmini bianchi sul pavimento. Klaus annuì, lasciandola andare, e rimase a letto, passandosi una mano sugli occhi non appena sentì la porta chiudersi. La spostò sui capelli, frizionandoseli poi la suoneria del suo cellulare attirò la sua attenzione. L’aveva poggiato sul comodino, lo prese e controllò il nome. Stefan. Sbuffò, impercettibilmente, e distese le labbra in un sorriso ironico e divertito. Accettò la chiamata, curioso di scoprire cosa volesse il vampiro.
« Stefan,» lo salutò allegro e pacifico, scostando le coperte e alzandosi dal letto morbido. Si diresse verso la finestra che si affacciava sulla strada principale e guardò il paesaggio. Era una mattina assolata e meravigliosa. Gli studenti passeggiavano svelti per raggiungere l’università mentre un uomo vestito in modo elegante faceva il percorso opposto dirigendosi verso il centro.
« Klaus,» mormorò il suo Squartatore, l’amico più sincero che aveva mai avuto, un fratello per lui, al pari di Kol o Elijah, o anche di Finn quando non si autocommiserava rendendo vano ogni tentativo di provare un sentimento che non fosse la pietà e la compassione nei suoi confronti. No, Stefan non era più il vampiro spietato degli anni del Proibizionismo, però Klaus non era del tutto convinto che fosse poi tanto incorruttibile. Sorrise mefistofelico per quel pensiero e richiuse le tende con un gesto secco, « Tuo padre è morto,» gli comunicò atono. Klaus sobbalzò, impercettibilmente, e sgranò gli occhi per poi assottigliarli e curvare le labbra in un’espressione meditabonda. Schiuse le labbra e fece per parlare e domandargli spiegazioni mentre Stefan era già in procinto di fornirgliele, « Mikael è morto, non del tutto, ma ora è ornato da un bel pugnale nel petto,» continuò con più emozione, caustico e più leggero. Percepì un lieve movimento e volse il capo verso la porta del bagno. Nicole l’aveva appena richiusa e lo stava osservando interrogativa. Era pallida, ma non più del solito, piccola come una bambina con quei piedi scalzi e i capelli sciolti a incorniciarle il volto meravigliosamente luminoso. Il rosato antico delle sue labbra a cuore le offriva colore e gli occhi sembravano due cieli notturni pieni di stelle. Era bella, Nicole, di un’avvenenza inconsueta e particolare, come un giglio bianco e puro. No, non un giglio, bensì una rosa, si corresse divertito. Nicole aveva le sue spine. L’aveva notato quando poteva leggerle la mente. V’erano tanti segreti, tante ombre nella sua esistenza, tanti dolori. Assorto in quei pensieri, non si era dimenticato di Stefan e delle sue parole. Mikael era morto, temporaneamente. Non ne era pienamente convinto, non aveva vissuto mille anni per lasciarsi abbindolare da un vampiro così giovane come lo era Stefan Salvatore.

« Com’è successo esattamente? » gli domandò ancora imprimendo nella sua voce quell’allegria che non era presente nel suo animo. Nicole gli si avvicinò e poggiò la mano sulla sua per poi stringerla. La guardò e Nicole gli sorrise, rassicurante.
« Elena l’ha pugnalato. Legittima difesa, la stava per attaccare,» gli raccontò, « E usare il pugnale su Rebekah,» continuò. Klaus serrò le labbra increspate in un’espressione di pura ira e strinse la mano della giovane con maggior forza. Nessuno avrebbe mai dovuto toccare sua sorella con un dito, soprattutto suo padre. Rebekah era troppo preziosa, l’unica persona che gli fosse rimasta dopo che anche Elijah gli aveva voltato le spalle. Si erano giurati che sarebbero rimasti per sempre e oltre insieme, come una famiglia, sulla tomba di Esther, sua madre, la donna che lo aveva messo al mondo, poi rinnegato e maledetto. Le aveva strappato il cuore dal petto, senza esitazioni, anche se molte volte l’aveva rimpianto in quei lunghi secoli.

« Voglio vedere il suo corpo,» esclamò incollerito da quei pensieri. Percepì la mano gentile di Nicole sfiorargli la guancia e tornò ad osservarla veramente. Sembrava implorarlo di mantenere la calma. Era proprio una Bishop, l’erede perfetta di sua zia, la bella Rowena dagli occhi azzurri e dai capelli biondi come l’oro, « Con i miei occhi,» aggiunse tentando di controllarsi per non spaventarla. Nicole annuì, più rilassata e scostò la mano dal suo volto, facendola ricadere lungo il fianco magro.
« È qui, nella sala,» affermò pacato Stefan, « Puoi venire quando vuoi.»
« Se stai mentendo, l’ammaliamento ti smaschererà, Stefan, e pagherai con la vita il tuo tradimento, quindi ti consiglio caldamente di dirmi la verità,» esclamò scandendo con forza ogni parola. Nicole divenne più seria, non un’ombra di sorriso nei suoi occhi, solo più meditabonda. Neanche lei era molto convinta.

« L’ho visto con i miei occhi,» gli confermò Stefan. Si ricordò di Rebekah. Lei gli avrebbe detto sicuramente la verità, era sua sorella e non l’avrebbe mai tradito schierandosi dalla parte di Mikael, il padre che le aveva dato la caccia per mille anni. Anche lei glielo confermò e chiuse la comunicazione più sereno. Era vero. Mikael era morto.
Sbuffò e sorrise, scuotendo il capo. No. Non si fidava. Aveva notato che nella voce di sua sorelle v’era un’inclinazione sbagliata, più acuta, tipica di quando tentava di mentirgli. La conosceva, meglio di chiunque altro, ed era impossibile sbagliarsi.
« Ti fidi? » gli domandò Nicole, incredula.
« No, sweetheart, per niente. I Salvatore devono essersi alleati con il mio caro paparino per farmi fuori coinvolgendo la mia sorellina. Non so come ci sono riusciti. Rebekah non mi tradirebbe mai,» aggiunse irritato andandosi a sedere sul letto. Nicole lo seguì subito dopo e annuì.
« È strano che mia sorella abbia pugnalato qualcuno, soprattutto Mikael. Insomma lui è terrificante. Io stessa ho avuto paura di lui, quindi è impossibile che Elena, senza battere ciglio, l’abbia ucciso,» sussurrò incerta. Sua sorella non era un’assassina, di quello era pienamente convinta. Klaus la guardò per un impercettibile istante, poi annuì.
« Sai cosa faremo, Nicole? » le domandò divertito. La strega scosse il capo e lo osservò interrogativa, « Io e te ritorneremo a Mystic Falls e faremo finta di credere a questa storiella. Mi sembra che oggi ci sia l’Homecoming, no? » continuò più malizioso. Nicole annuì, era sempre il primo sabato dopo l’inizio delle lezioni, « Bene, saboteremo la festa. Sei con me? » le domandò porgendole la mano. Nicole assottigliò gli occhi, incerta, osservando lo sguardo limpido di Klaus e il suo sorriso appena accennato.
« Perché dovremmo sabotare l’Homecoming? Che senso ha? » gli chiese sottovoce.
« Perché ho un piano, dolcezza, un piano che mi permetterà di uccidere il mio patrigno per sempre, che mi libererà dal dovere di fuggire sempre da lui, che mi darà finalmente pace,» mormorò dolcemente. Nicole schiuse le labbra, ancora insicura. Klaus comprese i suoi dubbi e allargò il sorriso, sfiorandole la guancia, « Non preoccuparti, Nicole Bishop. Non ho intenzione di far del male ai tuoi amici, né alla tua famiglia. Hai la mia parola,» le sussurrò. Nicole annuì.
« Sono con te, allora,» gli confermò con voce certa e sicura. Klaus sorrise, trionfante e si alzò, porgendole la mano, galante, per aiutarla a fare lo stesso.
« Penso proprio che ti servirà un vestito, sweetheart,» le comunicò allegro. Nicole arrossì , si morse il labbro inferiore, mentre nei suoi occhi brillava una luce di gioia, poi si allontanò velocemente da lui, che l’osservò incredulo. Si sedette dall’altra parte del letto e si chinò per mettere le scarpe. Klaus rise lievemente divertito, poi scosse il capo e indossò la camicia bianca della sera prima e le scarpe. Tappò la bottiglia e si avvicinò all’armadio, poggiandola sui suoi vestiti piegati nel borsone scuro. Lo chiuse e se lo mise in spalla mentre Nicole lo guardava incredula, con le sopracciglia arcuate e le labbra increspate da una risata a stento trattenuta.
« Che c’è? » le domandò piccato e Nicole rise del tutto, avvicinandosi a lui, « È ancora piena per metà e il brandy non si butta mai,» continuò più imbarazzato. Nicole annuì e smise seguendolo fuori dalla stanza.
« Per me è la vodka, ma penso che il principio sia esattamente lo stesso,» mormorò per non farsi udire dagli altri ospiti che stavano risalendo per prendere le proprie cose. Loro scesero e Klaus si diresse verso la reception. Nicole non si avvicinò, ma guardò una coppia di fratelli che giocavano a rincorrersi tra i tavoli della sala ristorante. Erano piccoli, non potevano avere più di cinque anni, e i loro genitori li richiamavano sottovoce.
« Mark, Thomas, venite qui. Volete che ci rimproverino? » mormorò la madre, una donna sulla trentina dai lunghi capelli rossi e ricci e dai grandi occhi color nocciola, mentre il marito si dirigeva verso il più piccolo, il bambino biondo e più vivace, che stava per sbattere la testa contro il legno della gamba di una sedia. Non riuscì a prenderlo in tempo e Nicole, attenta a non farsi notare, spostò la sedia di pochi centimetri, tanto da permettergli di non ferirsi. Percepì la mano grande di Klaus dietro la schiena e il suo respiro nell’orecchio e tra i capelli.
« Brava, la mia streghetta,» sussurrò soddisfatto, con la voce calda e roca che la fece tremare impercettibilmente e arrossì con forza. Klaus rise, ancora vicino a lei, e Nicole scosse il capo, scansandosi dalla sua presa e dirigendosi verso l’uscita. La brezza fresca, tipicamente autunnale, la investì, donandole piacere. Klaus la raggiunse, « Oh non ti sarai mica offesa, tesoro? » esclamò melodrammatico seguendola mentre velocemente si allontanava da lui per raggiungere l’auto.
« Ad onor del vero, » esordì divertita e suadente, tornando a guardarlo. Klaus la fissò, colpito da quel cambiamento repentino e anche dal suo tono. Non aveva mai sentito quella nota maliziosa nella sua bella voce, « Damon Salvatore ha sempre l’abitudine di chiamare Bonnie e anche me streghetta. Siete davvero molto simili,» concluse trattenendo a stento una risata vedendo la reazione di Klaus. Aveva sollevato il labbro superiore in un’espressione di puro ribrezzo e aveva scosso il capo con forza, più arrabbiato. Si mosse velocemente, troppo perché lei potesse scansarlo, e si sentì sospingere contro lo sportello del passeggero della jeep, incastrata tra la figura longilinea dell’ibrido e quella liscia dell’auto. Klaus aveva le mani strette ai suoi polsi e la guardava irato, anche se era ben presente il proprio divertimento.
« Ritira subito quello che hai detto,» sibilò sottovoce, a un centimetro dal suo volto. Nicole sorrise, incapace di trattenersi, « Io sono di gran lunga migliore rispetto a quel vampiro da due soldi,» continuò scadendo con forza ogni parola, ma allentando la presa, liberandola del tutto. Non si allontanò da lei e Nicole annuì.
« Rilassati, Klaus. Stavo scherzando,» esclamò leggera. L’ibrido sembrò soddisfatto, sorrise falsamente e indietreggiò, lasciandole la possibilità di entrare in macchina. Aprì, poi, il cofano e poggiò il borsone, poi si sedette, « Quanto sei suscettibile,» soffiò Nicole, guardandolo in tralice e massaggiandosi i polsi sbiancati. Klaus scosse il capo e mise in modo.
« Dove vuoi andare, sweetheart? Prada, Versace, Dior, Chanel, o un negozietto caratteristico? » continuò più allegro. Nicole arrossì, imbarazzata, e chinò il capo.
« Non ho nulla con me,» sussurrò impercettibile, torturandosi le dita. Si era esaltata per nulla prima. Aveva dimenticato persino il portafogli e non aveva neanche la carta di credito che le aveva regalato suo padre per il suo diciassettesimo compleanno ritenendola oramai matura per possederla. Klaus poggiò la mano sulle sue e Nicole tornò a guardarlo con la coda dell’occhio. Le sorrideva rassicurante.
« Non preoccuparti. Offro io. Questa serata dev’essere perfetta. Non sai da quanto tempo aspetto questo momento,» le rivelò sottovoce. Nicole avvampò maggiormente e si morse lievemente il labbro inferiore. Sorrise, poi, e lo ringraziò lievemente. Klaus scosse il capo e avanzò velocemente tra le vie della città, fermandosi dinanzi a un atelier d’alta moda con degli abiti principeschi in vetrina. Nicole li osservò adorante come altre ragazze vicino a lei. Scese dall’auto e si avvicinò all’entrata, guardando il listino dei prezzi sotto alcuni di essi. Erano esorbitanti, centinaia di dollari per un vestito che poi non si sarebbe più indossato. Era troppo. Si volse indietro e guardò Klaus.
« Davvero, non importa. Chiederò a Elena di prestarmi uno dei suoi, oppure a Care,» sussurrò convinta, anche se era evidente il suo dispiacere. Klaus scosse il capo, poi sorrise, dolcemente intenerito dal suo imbarazzo.
« Non per mancarti di rispetto od offenderti, ma sei più bassa di tua sorella di almeno una decina di centimetri,» mormorò ragionevole. Gli occhi di tutte le giovani si fissarono su di loro e Nicole arrossì, poi schiuse le labbra per parlare, ma non uscì alcun suono. Klaus rise e la sospinse all’interno del locale. La giovane strega si guardò intorno, sognante, con le labbra schiuse e gli occhi sgranati. Era un negozio abbastanza ampio, dalle pareti bianche e il pavimento dorato, e pieno di abiti italiani, prevalentemente, ma anche francesi e americani. V’erano poi delle immagini dei più grandi stilisti che delimitavano le relative zone. Quella più vicina a loro sulla destra apparteneva a Choco Chanel, splendida nel suo tubino nero, mentre alla sinistra v’era Giovanni Versace e più avanti Mario Prada e Christian Dior. Klaus le poggiò le mani sui fianchi e sorrise lievemente, « Io li ho conosciuti tutti,» le sussurrò. Nicole sorrise e annuì.
« Posso esservi utile? » domandò gentilmente una donna sulla quarantina che doveva essere la proprietaria. Aveva i capelli neri e folti raccolti una crocchia signorile e il volto ovale segnato da qualche ruga del tempo, le labbra sottili e colorate da un rossetto intenso e gli occhi neri proprio come i suoi abiti, una camicia di seta, una gonna lunga sino al ginocchio e delle decolté.
« Sì. Cercavamo un abito per questo splendore di giovane donna. Lei cosa ci consiglia? » domandò Klaus cordialmente, mostrandola alla signora. Nicole sgranò gli occhi per quel complimento enorme e altamente esagerato. La proprietaria giunse le mani e la osservò lungamente, poi sorrise e schioccò le labbra.
« Sarebbe perfetta con un bel turchese, un po’ più chiaro dei suoi occhi, o un glicine per enfatizzarle la pelle. »
« Lo pensavo anch’io,»  concordò Klaus, annuendo lievemente.
« Io… Io mi sono sempre vestita di azzurro. Mia madre diceva che mi donava,» sussurrò Nicole imbarazzata.
« Allora seguimi, tesoro. Ho un Versace che fa al caso tuo, » le comunicò prendendole la mano e dirigendosi verso sinistra. Gli abiti erano disposti in modo circolare ed era impossibile vederli. V’era solo un’unione di colori bellissimi con al centro l’affresco dello stilista e il logo della casa d’appartenenza. Sulla parte sinistra v’erano le scarpe poggiate su dei ripiani illuminati da delle luci invisibili e dei divanetti candidi. La donna li fece accomodare e Nicole guardò Klaus, incerta. L’ibrido le sorrise, affascinante e rassicurante, carezzandole lievemente la mano e facendole l’occhiolino.
« Potrai gloriarti di un Versace,» le sussurrò senza farlo udire alla signora.
« Ma...,» replicò incerta. Klaus la interruppe, facendole cenno di guardare verso la proprietaria e Nicole si volse prontamente. Le stava mostrando un abito meraviglioso con un sorriso dolce impresso nei lineamenti nell’osservare la sua reazione. Meraviglioso era altamente riduttivo ed eufemistico. Era di un turchese intenso, lungo e aveva delle linee perfette, semplici e armoniose per far risaltare il corpo di chi lo indossava. Era molto scollato e sui fianchi aveva delle pieghettature che creavano uno splendido gioco di luci e ombre.
« Vorresti provarlo, cara? » le domandò la donna riportandola alla realtà. Nicole si indicò, incredula, ma non se lo fece ripetere. Si alzò e la proprietaria le indicò che il camerino era dietro l’affresco. Prese il vestito e si diresse a passo svelto. Appena entrò le luci si accesero e chiuse la porta nascosta. Aveva uno specchio dinanzi a sé e si guardò. Sembrava sconvolta. Scosse il capo, sospirò e si svestì velocemente per poi indossare l’abito. Era di seta, morbidissimo e aderiva perfettamente al suo corpo. Si avvicinò e si guardò. Sembrava più adulta. Si sistemò meglio le spalline. Il seno si notava troppo, anche se non aveva delle dimensioni molto importanti. Guardò le scarpe. Le sue converse nere non facevano una bella figura sotto quell’abito così sofisticato. Le tolse e uscì. Percepì lo sguardo di Klaus su di sé e si volse verso di lui. Aveva le labbra lievemente schiuse, sembrava stupito, oppure meravigliato. Arrossì e sorrise impercettibilmente.
« Fatti vedere, tesoro,» sussurrò la donna soddisfatta. Nicole avanzò e allargò le braccia, timorosa sino a quando lei non sorrise, « Perfetta. Sei fortunata. È proprio la tua misura. Anche se…,» obbiettò contrariata, avvinandosi. Le separò le spalline, aprendo la scollatura, « quest’abito è pensato così per esaltare le forme femminili,» mormorò gentilmente notando il suo imbarazzo, « Sentiamo cosa ne pensa il tuo ragazzo,» la esortò volgendosi verso Klaus. Nicole arrossì visibilmente e scosse il capo per comunicarle che non era il suo ragazzo, ma non lo disse ad alta voce perdendosi nel sorriso di Klaus. L’ibrido si alzò e le venne incontro.
« Sì, è davvero molto bella. Le sta bene,» confermò facendola sorridere di cuore e aumentare il battito.
« Tu, tesoro, ti piaci? » Nicole annuì più volte, incontrando lo sguardo di Klaus e ringraziandolo. La proprietaria si avvicinò alla zona delle scarpe e ne prese un paio. Erano sandali neri, lucidi e altissimi con le fasce che seguivano il piede sino ad arrivare alla caviglia, « La modella che ha sfilato ha indossato questi, ma io non credo che sia il tuo genere,» aggiunse gentilmente. Nicole annuì ancora una volta.
« Sono davvero belli, ma io non so portare tacchi così alti e poi mi vesto moto raramente di nero,» soggiunse sommessamente. Klaus le sfiorò il braccio in una carezza lieve, facendola sentire al sicuro.
« Infatti. Parlando con il tuo ragazzo, un buon consigliere, devo dire, pensavo a un paio di decolté celesti, con il tacco basso, ma ben marcato, per slanciarti,» le comunicò prima di avanzare verso l’esterno e sceglierne un paio. Nicole guardò Klaus e gli sorrise.
« Non so come ringraziarti. Io… Nessuno ha mai fatto questo per me,» sussurrò impercettibilmente. Klaus arcuò le sopracciglia e sollevò gli angoli delle labbra in un sorriso appena accennato, poi le fece cenno di sedersi per indossare le scarpe con un fiocco di vernice bianca. Nicole annuì e si accomodò, chinandosi.
« Puoi vederti allo specchio,» la invitò la donna. La giovane annuì e si guardò con un sorriso. Non sembrava più nemmeno lei, la ragazza che indossava sempre i jeans e le scarpe basse, ma una donna adulta. Esclamò sorpresa e meravigliata, sbattendo le palpebre, e Klaus rise leggermente.
« Dimmi, tesoro, è meglio questo o un abito di tua sorella?» le domandò poi carezzevole, avvicinandosi a lei e poggiandole il mento sulla spalla. Il riflesso le diede l’immagine che avrebbe potuto avere una coppia di fidanzati innamorati e sussultò lievemente, poi sorrise, « Può indossarlo ancora? » domandò cordialmente alla donna, scostandosi di poco da lei, « Non penso avremo il tempo di cambiarci lì, vero cara?» continuò dolcemente.
« Sì, durate l’Homecoming diventa tutto davvero molto confuso e non sarebbe proprio il caso, poi hai detto che questa serata sarà speciale e dovremmo arrivare al meglio,» continuò con un sorriso imbarazzato.
« Certo che sì. Quindi, ricapitoliamo, un abito e delle decolté Versace e un completo da cerimonia di Gucci. Spero proprio che sarete i reali della festa,» esclamò la donna avvicinandosi alla cassa. Klaus la seguì e Nicole era in procinto di fare lo stesso, quando l’ibrido alzò la mano per bloccarla volgendosi a tre quarti verso di lei continuando ad avanzare. Nicole lo guardò interrogativa, ma rimase lì, dopo aver preso le sue cose dal camerino. Lo vide pagare alla cassa, non ammaliare la donna, e ne rimase sorpresa e colpita. Era un vero regalo e non voleva che risultasse sminuito da qualcosa di sovrannaturale. Il battito le si accelerò e arrossì, sorridendo raggiante e felice. Klaus si volse verso di lei, forse attirato da quelle emozioni, e le sorrise affascinante mentre la donna gli porgeva una busta e lo scontrino.
« Aspettami qui, tesoro. Faccio in un attimo,» esclamò prima di chiudersi in camerino. La proprietaria le si avvicinò e si sedette sul divanetto bianco. Le sorrise gentilmente e Nicole ricambiò allegra.
« Siete davvero molto belli e affiatati. State insieme da molto? » le domandò curiosa, ma non indiscreta. La giovane scosse il capo e sbatté le palpebre.
« In realtà, lui non è il mio ragazzo. Non so nemmeno io cosa c’è tra di noi,» sussurrò mentendo a se stessa. La donna se ne accorse e sorrise.
« Ti consiglio di scoprirlo presto, prima che qualcun’altra gli metta gli occhi addosso o che qualcuno li metta su di te,» le consigliò gentilmente. Nicole arrossì e guardò verso il camerino. Forse Klaus aveva ascoltato tutto e, da una parte, era davvero meglio così. Annuì e sorrise. Mimò il suo consenso solo con le labbra poiché Klaus era appena uscito, « Potete, cortesemente, attendermi un attimo? Voglio regalarvi un paio di accessori,» continuò dirigendosi verso il bancone. Nicole lo guardò e sgranò gli occhi chiari, avvampando e schiudendo le labbra. Se aveva pensato che la sera prima fosse bello, dovette ricredersi. In giacca e cravatta era splendido, forse avrebbe semplicemente preferito che si fosse rasato. Non le piaceva quella peluria su di lui, in qualche modo, pur essendo sempre bellissimo, gli deturpava il viso magro. Klaus le fece l’occhiolino e si sedette al suo fianco. La donna le porse un mascara, un gloss rosato antico e fermaglio a forma di farfalla turchese con delle perle bianche. Le prese due boccoli laterali e li fermò dietro la testa, creando un’acconciatura semplice, ma molto adatta, lasciando che gli altri ricci le ricadessero morbidamente sulle spalle. Nicole la ringraziò di cuore e accettò i doni che le porgeva con un sorriso ampio e raggiante, poi salutarono e uscirono. Il Sole era in procinto di tramontare e per le strade non passeggiava quasi nessuno. Si sedettero e Nicole lo guardò, imbarazzata.  
« Nicole, davvero, se mi ringrazi, ti tolgo quel vestito di dosso e lo riporto al negozio,» esclamò più divertito che collerico. La ragazza arrossì e sorrise, poi annuì. Aveva poggiato la gonna e la canotta sul sedile posteriore e si sporse per prendere il telefono. Elena l’aveva chiamata, un paio di volte. Compose il numero e si portò il cellulare all’orecchio. Le rispose prontamente.
« Nicole, dove sei finita? » le domandò incerta, con la voce acuta e preoccupata. Sembrava indaffarata, forse si stava preparando per il ballo.
« Io… Ho avuto dei servizi da fare. Ho dormito dalla signora Flowers. Quando sono uscita dal bar, ero troppo stanca per tornare a casa, » le mentì velocemente. Non le piaceva farlo, non a sua sorella, ma era necessario, constatò vedendo Klaus con la coda dell’occhio, « Ci vediamo all’Homecoming, sorellina. Mi sembri nervosa, è successo qualcosa? » chiese gentilmente.
« No, non preoccuparti. Va tutto bene. Solo che Jer mi sembrava triste e mi ha raccontato di averti detto delle cose che non pensava assolutamente, però tu ti eri intristita e avevi pianto. Quindi mi sembrava giusto chiamarti per riferirtelo,» le spiegò dolcemente. Anche lei le aveva mentito. Chiuse gli occhi e sospirò lievemente. Non avrebbero dovuto esserci bugie in una famiglia.
« Ti ringrazio. Non mi sono offesa, credimi. È Jer, qualche volta esplode e non era un argomento facile da affrontare, ma era meglio se litigasse con me che con te. Hai già i tuoi problemi a cui pensare,» affermò atona.
« Che vuoi dire? » le domandò confusa e incredula.
« Parlo di Stefan e Damon. Insomma non dev’essere il massimo avere due fratelli vampiri che litigano per te, oppure sì. Dipende dalla prospettiva,» aggiunse ridente. Elena sbuffò.
« Sei ancora ubriaca, sorellina. Fatti passare la sbornia e vieni a scuola. Ci vediamo lì,» la salutò chiudendo la comunicazione. Nicole rise lievemente e gettò il telefono dietro. Klaus sorrise, sornione, e la guardò in tralice.
« Dipende anche dai fratelli, tesoro,» la corresse malizioso e provocante.
« Oh non saprei. Mai stata protagonista di un triangolo, preferisco le relazioni stabili,» mormorò aprendo il mascara e poi abbassando lo specchietto. Erano entrati in autostrada già da qualche minuto e Klaus andava ancora più veloce di lei. Si truccò leggermente, dando volume alle ciglia e illuminando le labbra, poi, soddisfatta, sorrise e tornò a guardarlo. Non aveva replicato, ma aveva disteso le labbra sereno e pacato, « Il camion con la tua famiglia? » gli domandò curiosa.
« Ho chiamato un amico. Lo riporterà lui a Mystic Falls, » le comunicò atono, non spostando gli occhi dalla strada. Incominciò a vedere le prime uscite per Mystic Falls e sgranò gli occhi, volgendo lo sguardo verso il tachimetro.
« Un ibrido? » domandò interessata, tornando al discorso e celando il timore. Se non fosse stata un po’ su di giri la sera prima, mai sarebbe andata ad una velocità talmente alta, però Klaus era un ibrido e aveva i riflessi pronti per qualsiasi evenienza. Quella constatazione la rilassò notevolmente. Klaus annuì e rise leggermente.
« Tutti loro torneranno a Mystic Falls. Sono tutti previsti nel mio piano. Però noi due avremo il ruolo di protagonisti, dolcezza,» soggiunse accattivante, sorridendole. Nicole scosse il capo e sbuffò.
« Lo ebbi anche due anni fa, sai?» ricordò sottovoce, chiudendo per un istante gli occhi, « Fui incoronata reginetta dell’Homecoming dal preside in persona, » continuò dolcemente assorta in quel giorno così felice. Elena l’aveva abbracciata appena era scesa dal palco esclamando che ne era sicura mentre Nicole aveva pensato che la corona sarebbe stata meglio sul capo della sorella che sul suo, ma non l’aveva detto. Quando era tornata a casa e sua madre l’aveva vista, ne era rimasta così felice dal piangere per la commozione. Era stata una serata stupenda. Non l’avrebbe mai potuta replicare. Klaus sorrise e poggiò la mano sulla sua, carezzandola lievemente.
« Se vuoi, puoi riprovarci,» le mormorò gentilmente. Nicole scosse il capo con foga e sciolse il sorriso, negli occhi un’espressione di pura amarezza.
« Perché dovrei? Non è solo per te, per il piano, è per me. Io non sono più quella ragazza ed è totalmente inutile tentare di mostrarmi in modo diverso da quello che sono. Non ne sono mai stata in grado. Da piccola tentavo sempre di non parlare perché tutti ritenevano che la mia sincerità fosse altamente inadeguata, però poi Elena mi ha fatto capire che è proprio questo a rendermi quello che sono,» gli confessò, mantenendo il contatto tra le loro mani. Klaus svoltò e uscì dall’autostrada, dirigendosi verso il Wickery Bridge. Annuì e sfiorò il dorso della sua mano in un’ultima carezza lieve poi si scostò leggermente. Percorsero il ponte in silenzio, Nicole guardando verso il fiume che scorreva blando sotto di loro. Elena non aveva mai superato quell’incidente, e nemmeno lei. Anche se era lontana da casa, non aveva mai smesso di pensare a loro, alla sua famiglia e sperava che un giorno, non molto vicino, questo era certo, sarebbero potuti tornare ad essere legati dal quel profondo vincolo che li avrebbe portati a morire gli uni per gli altri. 
« Ho detto ai miei ibridi di allagare la palestra della scuola,» mormorò Klaus. Nicole aggrottò le sopracciglia, « e a Tyler di spostare la festa a casa sua così da avere tutto sottocontrollo. Mikael non può entrare a casa Lockwood,» continuò vedendola ancora incerta. Nicole annuì, guardandolo lievemente intristita dal suo tono così spento. Gli carezzò il braccio rassicurante, per infondergli calore e Klaus le sorrise con più dolcezza, svoltando verso la villa. Il Sole era tramontato del tutto e una notte senza stelle, illuminata solo da una Luna crescente, brillava sopra di loro. La festa era ormai pronta per tutto e si domandò come Tyler, che non aveva mai saputo organizzare nemmeno un appuntamento perfetto, fosse stato in grado di allestire tutto quello che vide. Schiuse le labbra e un suono incerto sfuggì dalle sue labbra. Klaus rise poi uscì e, velocemente, aprì il suo sportello, porgendole la mano per scendere. Nicole l’accettò quasi senza vederlo.
« Ma come diavolo ha fatto? » esclamò con la voce soffocata e gli occhi sgranati. Klaus sbuffò divertito e la condusse verso l’entrata principale che era aperta. Klaus doveva essere già stato invitato a entrare in precedenza e Nicole si fermò ai piedi della scalinata, sentendo dei rumori di passi discenderla. Vide Carol e le sorrise dolcemente. La donna l’abbracciò, gentilmente, osservandola con soddisfazione, poi si guardò intorno, sorpresa quanto lei da ciò che vide. Nicole percepì la mano di Klaus cingerle il fianco e lo guardò, ma la vista dell’ibrido era su Carol non su di lei. Sorrideva cortese e la donna lo guardò interrogativa.
« Dovresti andare in chiesa, Carol, e pregare per gli abitanti di Mystic Falls affinché non compiano degli errori madornali questa sera, sindaco,» l’ammaliò. Nicole aveva ancora gli occhi sgranati nel vedere il suo sorriso avvenente, ma non lo fermò. Sapeva quel che faceva e poi non le aveva ordinato nulla di malvagio. Avrebbero avuto tutti necessità di un aiuto divino quella sera. Klaus rinfrancò i suoi pensieri, « Ne avranno bisogno.»

  
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