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Autore: almeisan_    09/05/2012    3 recensioni
E se Elena Gilbert, l’ultima doppelgänger Petrova, stretta in un triangolo fatale, avesse una sorella gemella, totalmente dissimile da lei? E se questa sorella, Nicole, fuggita da Mystic Falls anni prima e di cui non si hanno più notizie, fosse una strega discendente da una delle più importanti dinastie di Salem? E se Klaus, l’ibrido invincibile, proprio per questo cercasse il suo appoggio?
Questa storia si ambienta nella terza stagione, per cui ci sono spoiler per chi dovesse ancora vederle, dall’episodio 3x03 e ha come protagonisti prevalentemente la famiglia Gilbert e quella degli Originari, come sfondo la cittadina di Mystic Falls attraversata dalle morti e dagli scontri soprannaturali e i suoi abitanti.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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14 cap

Capitolo 14

Anger

 

« Guardami, Nicole,» le sussurrò Klaus, con la voce arrochita dal desiderio e dalla passione. La giovane aprì gli occhi, li spalancò, e vide il suo sorriso affascinante e perfetto, incantevole. Le illuminò l’anima, ma delle ombre si avvicinavano progressivamente, disilludendola di poter ancora vivere quell’istante di pura perfezione, lì, tra le sue braccia forti e passionali che sembravano cingerle la parte più intima di sé. Gli carezzò lievemente la guancia irsuta, poi Klaus si portò la sua mano sulle labbra posando un dolce bacio galante su di essa. Il cuore le battè con più energia, come per richiamarla e farle comprendere che non poteva continuare così, mentre si immergeva nei suoi occhi, limpidi come specchi d’acqua. La osservavano confusi da quegli atteggiamenti così dissimili da quelli che aveva avuto solo pochi istanti prima. La verità era che, seppur la sua parte più razionale le stesse ordinando di allontanarsi, fuggire, nascondersi da quei sentimenti così inadeguati alla situzione, non poteva farlo perché avrebbe ferito l’unica persona che le facesse battere davvero il cuore. Si morse il labbro inferiore, gonfio per i suoi baci, e scosse il capo, addolorata. Era stata una folle, lo sapeva bene. Aveva ceduto, ma avrebbe dovuto subito fare un passo indietro per rinsavire. La razionalità riprese il ruolo di imperatrice nella sua mente e si lasciò condurre da lei fiduciosa che fosse la guida più adatta e autorevole. Aveva avuto dinanzi a sé Niklaus, il ragazzo umano completamente innocente e puro, non Klaus, l’ibrido immortale che distruggeva e spezzava vite dalla notte dei tempi, ed era stato meraviglioso conoscere quella splendida parte dell’Immortale. Però doveva ritornare a essere Klaus, l’assasino della sua famiglia, il torturatore di Mystic Falls, prima che Nicole facesse qualcosa di totalmente avventato e buttasse al vento il suo rapporto con Elena che stava tentando di ricostruire con le unghie e con i denti.   
« Non posso, Klaus,» sussurrò con un filo di voce acuta e istabile, afflita come se le avessero appena inferto un colpo di pugnale dritto al cuore. Poggiò entrambe le mani sul suo petto per allontanarsi e, stupito da quelle parole, meravigliato da lei, Klaus non oppose resistenza, scostando le mani dalla sua schiena. Nicole indietreggiò di un solo passo, per non poter più sentire il suo respiro rovente, che le causava mille brividi e insieme calore, sulla pelle perlacea, in quel momento arrosata sulle guance rotonde. Trattene un singulto che era in procinto di squassarle il petto, però una lacrima le rigò il volto. Klaus schiuse le labbra, ancora più sorpreso, dispiaciuto che potesse essere lui la causa del suo dolore. Tremava, l’ibrido che non si era mai piegato a nulla e a nessuno tremava dinanzi a lei come un fuscello scosso da un vento imperioso e impetuoso. Le sfiorò il volto con i polpastrelli e Nicole non ebbe la forza di scostarlo nuovamente da sé.
« Perché? Perché piangi? » le domandò sottovoce vedendo che le lacrime che le velavano gli occhi chiari aumentavano sempre di più a ogni istante.
« Perché io non dovrei essere qui con te, Klaus, ma a casa, con la mia famiglia. Non avrei dovuto baciarti, non avrei dovuto stringerti, non avrei dovuto fare niente questa sera,» esclamò tremante per le lacrime e i singhiozzi, portandosi le mani sulle tempie e chiudendo gli occhi, serrandoli. Percepì Klaus farsi più vicino, a un soffio da lei e tornò a guardarlo, incapace di trattenersi e di controllare le proprie emozioni.
« Avresti potuto fermarmi, dovuto farlo se non mi volevi,» affermò con la voce ragionevole, lievemente acuta, poi un barlume di consapevolezza illuminò i suoi occhi quando le vide schiudere le labbra, « Oppure il problema è che mi volevi, Nicole? » domandò più serio, quasi minaccioso tanto da farle tremare il cuore. Era la verità, ma non avrebbe mai potuto rivelargliela. Si volse e Klaus non la bloccò. Avanzò velocemente verso la jeep e mise in moto senza guardare nulla, specialmente lui, immobile nel punto in cui l’aveva lasciato. Superò abbondantemente i limiti di velocità e percorse le vie della cittadina con il cuore a mille e le lacrime che le inumidivano il volto pallido. Singhiozzò e si fermò di colpo, con una sgommata fragorosa. Non poteva guidare in quelle condizioni. Si portò una mano sulle labbra e pianse, il petto scosso da mille singulti e il corpo tremante. Avrebbe solo voluto che Klaus non le avesse rivolto quell’ultima domanda, il colpo di grazia per la sua mente provata dal continuo desiderio di cedere e la determinazione nel ricordare chi erano loro due nel mondo. Non era mai stata brava a mentire, Nicole, soprattutto a se stessa e sapeva che prima o poi avrebbe agito impulsivamente. Quella sera era stata perfetta per un folle gesto, erano accaduti mille avvenimenti che li avevano portati a quello e a Nicole, in tutta onestà, non era dispiaciuto. Non sarebbe stata onesta se avesse detto il contrario, anche se, sicuramente, sarebbe apparsa molto più integra e morale. Si asciugò le lacrime, ferendosi gli zigomi che subito si arrossarono. Non doveva piangere, voleva soltanto tornare a casa e sperare che Elena stesse già dormendo per non farle la paternale sulla scelta di aver salvato Klaus e Mikael. Riprese a guidare, più calma, e arrivò subito a casa, parcheggiando nel vialetto dietro l’auto di sua sorella. Si chiuse lo sportello alle spalle con un tonfo fragoroso ed entrò in casa. Si guardò intorno e vide tutte le luci spente e le finestre serrate. Dovevano essere andati a letto. Avanzò verso la sala, fiduciosa che per quella notte potesse essere tranquilla, poi si bloccò di botto riconoscendo la sagoma di sua sorella accomodata sul divano. Appena sentì il suono dei suoi tacchi contro il pavimento, Elena si girò e si issò in piedi, inconcrociando le braccia al petto e guardandola con disappunto.
« Davvero, Ele, oggi non è proprio la giornata adatta a una discussione. Sono stanca, ho sonno e voglio andare soltanto a dormire,» affermò risoluta, prima che sua sorella potesse incominciare a parlare, alzandosi le mani in segno di resa. Elena annuì e degluitì, avanzando verso di lei. Era in pigiama, i capelli legati in una coda alta e le gambe coperte dal pantalone grigio, i piedi scalzi.
« Ieri notte non sei stata dalla signora Flowers, Nicole,» sussurrò standole dinanzi, non volendo accettare il suo rifiuto. Nicole alzò gli occhi al cielo, si appoggiò allo stipite della porta e si tolse le scarpe, lasciando i piedi liberi sul pavimento, « E quel vestito sicuramente non l’hai comprato a Mystic Falls,» continuò più dura. Nicole sospirò e si slegò i capelli, avanzando verso il divano come se non l’avesse udita. Elena la raggiunse subito sedendosi accanto a lei e poggiando la mano sulla sua, « Cosa sta succedendo, sorellina? Hai dimenticato chi è lui? Cos’è?» si corresse con la voce più alta di un’ottava, incredula. Nicole arrossì, avvampò, e si scostò un boccolo dal volto. Scosse il capo.
« Non l’ho fatto, Elena,» mormorò atona, cominciando ad abbassare la chiusura del vestito, avendo visto un pigiama posato sul tavolo. Si cambiò velocemente, dinanzi allo sguardo scettico e dubbioso di sua sorella, poi si accomodò nuovamente, dopo aver piegato dolcemente l’abito.
« E allora perché sei dalla sua parte? Che diavolo ti prende? Perché non hai permesso che Damon lo uccidesse una volta per tutte?» quasi urlò agitata e arrabbiata, indispettita da tutta quella indifferenza che sua sorella ostentava. Percepirono i passi ovattati sulle scale e volsero lo sguardo verso il loro fratellino, probabilmente attirato dai rumori nel soggiorno. Avanzò verso di loro e si sedette sul tavolino, dal lato di Elena, come per farle notare che non era dalla sua parte, ma da quella della bruna. Schiuse le labbra e aggrottò le sopracciglia, però non emise alcun suono. Dire la verità era impossibile, semplicemente inammissibile, ma, se avesse detto una bugia, se ne sarebbero subito accorti.
« Mi dispiace, Elena,» scandì ogni parola amareggiata, con il respiro corto e le lacrime che premevano agli angoli degli occhi per poter fuoriuscire.
« Perché, Nicole? Io non capisco,» sussurrò Jeremy, posando la mano sulla sua. Scosse il capo, non sapendo dare una giustificazione accettabile per loro, poi Elena sospirò e si issò in piedi. Avanzò verso le scale e le salì velocemente scomparendo dalla loro vista. Jeremy le posò un lieve bacio sulla guancia, poi fece lo stesso. Non bramosa di pensare ancora, rimuginare su quella serata, Nicole si stendette sul divano e si corpì, chiudendo gli occhi e sperando di addormentarsi il prima possibile.

Dormì e sognò quei baci mille e mille volte in quelle ore, un sorriso a incresparle le labbra e un’espressione beata sul volto. Avrebbe voluto che ci fosse stato un finale diverso quella sera, ma era meglio che si fosse fermata, che fosse fuggita, come una codarda, da lui, dalle sue braccia, dal suo cuore nobile e fiero come quello di un principe antico e glorioso. I rumori nella cucina la destarono, facendola sobbalzare. Si mise a sedere, con lo sguardo ancora assonnato e vide sua sorella preparare la colazione, causando volontariamente tutti quei fragori come per farla svegliare di proposito. Indossava una tuta, probabilmente era in procinto di andare a correre. Si alzò e avanzò, abbandonandosi, poi, sulla panca.
« Si può sapere perché fai tanto rumore? » borbottò stanca, poggiando i gomiti sul tavolo e coprendosi le orecchie per non sentire la padella contenente uova e pancetta sbattere sul fornello scoppiettante.
«Oh, sei sveglia. Finalmente,» esclamò, volgendosi con un tono innocente che la irritò poiché negli occhi vedeva solamente diffidenza, incredulità e dispiacere. Era arrabbiata con lei, e tanto. Poggiò la tazza di caffè davanti a lei e le sorrise, falsamente, come mai lo era stata, « Jer deve andare a lavoro tra un po’. Quindi sveglialo tu, per favore,» aggiunse con più gentilezza, incapace di essere davvero cattiva con lei, « Io vado a correre. Ci vediamo al Grill. Devo vedermi con Bonnie e vorrebbe un tuo parere da strega,» le comunicò avanzando verso la porta, poi sbuffò e si girò a guardarla, « Ovviamente se sei disponibile e Klaus non ti reclama,» soggiunse malevola e ironica prima di uscire. Nicole sbuffò e chiuse gli occhi, sorgeggiando il caffè con calma, per non addormentarsi lì sul tavolo. Subito dopo si alzò e poggiò le uova e la pancetta sul piatto. Aprì il frigo e prese un contenitore di succo d’arancia pr poi versarlo in un bicchiere alto. Si diresse verso la camera di suo fratello, aprì la porta e poggiò la sua colazione sul comodino, scansando il cellulare e le cuffie. Jeremy dormiva beatamente, il volto di bambino rivolto al soffitto e scoperto totalmente. Gli carezzò la guancia teneremante e vide le sue palpebre tremare mentre dalle labbra sfuggiva un suono di diniego.
« Jer, svegliati. Farai tardi a lavoro,» sussurrò dolcemente prima di posargli un dolce bacio sulla guancia.
« Mi sono licenziato,» le comunicò con la voce ancora impastata di sonno, incosapevole di cosa aveva appena rivelato. Nicole sgranò gli occhi, la mano ancora a mezz’aria. Schiuse le labbra, sorpresa.
« Cosa? » domandò sperando che fosse solamente uno scherzo per poter rimanere ancora un altro po’ a letto. Jeremy schiuse gli occhi e si mise a sedere, guardandola appena per la timidezza e la vergogna, avvampando.
« Io… Mi hanno licenziato la settimana scorsa,» sussurrò facendola sobbalzare.
« E quando ce l’avresti detto di grazia? Sei ammattito per caso? Hai sedici anni, Jer, e noi siamo la tua famiglia. Devi dirci queste cose, per l’amor del cielo,» esclamò incredula, la voce acuta e le mani tremanti. Jeremy la guardò arrabbiato e si alzò, scostandola bruscamente da sé, facendola quasi distendere sul letto disfatto.
« Certo. E tu dicci che sei dalla parte dell’ibrido stronzo che vuole ammazzarci tutti,» sibilò prima di prendere il bicchiere con il succo ed entrare in bagno, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo fragoroso. Nicole sgranò gli occhi, irata, trattenendo lacrime di rabbia, e si alzò, battendo i pugni chiusi contro la porta. Non le importava se i vicini avessero ascoltata e l’avessero ritenuta pazza. Jeremy non poteva comportarsi in quel modo così irrispettoso e insolente. Non sembrava nemmeno più il suo fratellino dolce e tranquillo. Non era per il posto al Grill, non le importava nulla se lavorasse o meno, però non poteva celare a loro questioni riguardanti la sua vita. Erano le sue sorelle che lo amavano con tutta l’anima e avrebbero fatto di tutto per lui.
« Jeremy Gilbert, esci immediatamente di lì. Ora,» tuonò collerica, dando un ultimo pugno contro la porta chiusa. Il fratello non le obbedì, non sentì alcun suono provenire dal bagno, e respirò profondamente per non far fluire la magia dentro di sé verso l’esterno e abbattere la porta. Un suono di pura rabbia le fuoriuscì dalle labbra, sembrava quasi animalesco e le corrose le corde vocali, poi uscì dalla camera di Jeremy, dirgendosi verso quella di sua sorella. Prese degli abiti a caso dall’armadio ancora aperto e si vestì velocemente, tentando di calmarsi e non tremare troppo nel chiudere il bottone dei jeans scoloriti e allacciandosi le converse rosse. Aveva preso una felpa grigia di una taglia più larga, però non si cambiò, non facendo nemmeno attenzione al suo aspetto. Scese le scale, ben sapendo che suo fratello non sarebbe uscito di lì molto presto, e prese al volo le chiavi della macchina, chiudendo la porta di casa. I vicini erano usciti e la guardavano allibiti. Doveva aver urlato tantissimo. Arrossì e scosse il capo verso la piccola signora Austen, una donna anziana che abitava con il suo gatto Leo, facendole cenno di non preoccuparsi. Si diresse verso la jeep e mise in moto, avanzando verso il Grill tra le vie poco trafficate della città. Arrivò in pochi minuti ed entrò nel locale semivuoto, ancora trafelata e rossa di rabbia. Vide sua sorella e Damon Salvatore giocare a freccette e spalancò le braccia, incredula e stupefatta, le labbra contratte in una smorfia. Alcune persone la guardarono, incredule di vedere Nicole Gilbert così vestita. Sicuramente aveva anche i capelli in disordine, però non le importava.
« Che diavolo stai facendo? » domandò sottovoce a sua sorella, scendendo le scale e arrivando a pochi passi dai due, facendo voltare subito Elena, « Sei impazzita, per caso?» continuò tentando di non attirare l’attenzione di tutti.
« Parlò la strega,» la riprese Damon, facendosi accanto a Elena come per proteggerla da lei, sua sorella. Lo guardò con disappunto e rabbia, come se fosse lui la causa dei suoi problemi.    
« Che c’è, Nicole? » le chiese, non più arrabbiata come quella mattina, più sbalordita e perplessa da quel comportamento così inusuale, « Hai dei capelli orribili e guardati: hai mischiato dei colori assurdi,» continuò ancora più confusa. Nicole avvampò, non di rabbia, ma di vergona e mise le mani nella tasca ampia della felpa, torturandosele.
« C’è che il nostro piccolo Jeremy non ci racconta le cose e mi urla contro se gli dico che non va bene. C’è che tu sei arrabbiata con me però giochi a freccette con Damon Salvatore e nemmeno questo va bene,» sibilò contrita, trattenendo le lacrime dinanzi a tutti. Elena schiuse le labbra e le poggiò le mani sugli avambracci, « E c’è che sembro davvero una sguattera e questo non va assolutamente bene visto che in questa città tutti mi odiano,» continuò più triste, guardando sua sorella con malinconia e desiderio di affetto.
« Non è vero, Nicole,» sussurrò, abbracciandola lievemente, poi scostandosi, prendendole il volto tra le mani e guardandola seriamente, « Jeremy è entrato in una spirale distruttiva. Speravo che almeno con te riuscisse ad aprirsi dato che con me non vuole farlo perché non accetto che sia ancora innamorato di Anna e abbia tradito Bonnie. »
« Ragazze, ha perso soltanto il lavoro al Grill. Non è da suicidio,» esclamò Damon sarcastico, tirando un’altra freccetta, sbagliando il bersaglio.
« Grazie per l’interessamento, ma queste sono questioni familiari. Occupati del tuo di fratello, non del mio,» affermò Nicole con finta gentilezza, gettandogli un’occhiata in tralice. Damon le sorrise falsamente e inclinò il capo. Spalancò gli occhi chiarissimi, guardando oltre la sua figura.
« Klaus,» lo salutò, facendo cenno a Elena di scostarsi da lei e arretrare verso le sue spalle. La sorella obbedì prontamente, timorosa, mentre Nicole si voltava verso di lui. Arrossì impercettibilmente nel vedere il suo sorriso appena accennato, non rivolto a lei, però, ma a Damon.

« Non fate caso a me, per favore,» affermò divertito. Nicole si guardò le vesti e poi alzò gli occhi al cielo. Stava davvero malissimo e tutta la città poteva vederla, lui poteva vederla. Infatti Klaus scostò lo sguardo da Damon puntandolo verso di lei, incontrando i suoi occhi limpidi. Non percepì nemmeno le parole di Damon così concentrata nel guardarlo. Era arrabbiato, con lei, come il resto di Mystic Falls, del resto, ma con diverse motivazioni. L’aveva abbandonato la sera prima e Nicole sapeva che l’avrebbe incontrato prima o poi. Solo sperava fosse poi. E, sinceramente, non vestita in quel modo dopo che la sera prima aveva sfoggiato un Versace. Avanzò verso di loro, rassicurandoli e mandando Tony a prendere da bere, e si fermò a pochi passi da lei.
« … Poi volevo sentire cos’hai intenzione di fare con Mikeal, sweetheart,» affermò interrogativo, scrutandola. Nicole incrociò le braccia al petto come per proteggersi e scosse il capo.
« È lui a dover decidere. Se sceglie la tomba, penso di riportarlo a Charlotte e in poco tempo si disidraterà completamente, rimamendo lì per altri secoli. Però se sceglie di non far del male a nessuno, lo libererò e tu potrai risvegliare i tuoi fratelli,» gli spiegò atona, guardandosi intorno per essere certa che nessuno, a parte Elena e Damon, potesse ascoltare quella conversazione. Klaus annuì meditabondo mentre Damon sbuffò.
« Che bel duo. Mi soprende che tu sia rimasto in città per l’ora dell’aperitivo, Klaus,» esclamò ironicamente Damon.

« A quanto pare la mia sorellina è scomparsa. Devo risolvere la faccenda. Se tu potessi aiutarmi, Nicole, mi faresti davvero un gran favore. Poi potrai parlare con Mikeal. A me rivolge solamente insulti e maledizioni. Forse una bella bionda avrà più successo,» affermò divertito, facendola avvampare per il suo sguardo languido e accattivante.
« Mia sorella non è ai tuoi servigi, Klaus,» sibilò Elena irata, con gli occhi infuocati di rabbia. Nicole si volse e le fece cenno di non dire nulla, « Davvero, Nicole? E quello che ci siamo dette ieri notte non conta nulla? Devi aiutarmi con Jeremy. Non puoi lasciarmi da sola ad occuparmi di lui. Sei tornata a casa e mi hai promesso che saremmo stati una famiglia, che ci avremmo perlomeno tentato,» sussurrò incredula, facendola sentire in colpa.
« Jeremy è arrabbiato con me, Elena, e, in tutta onestà, mi ha mancato di rispetto,» affermò ancora offesa da quel comportamento. Elena sbuffò divertita.
« Sì. Con me lo fa da due anni, se proprio vuoi saperlo. Però non lo lascio da solo. È mio fratello ed è anche il tuo, anche se ti ostini a dimenticare chi ti ha cresciuta,» aggiunse con più rabbia. Nicole la guardò, stupefatta, e schiuse le labbra, scuotendo il capo.
« Io non ho dimenticato proprio un bel niente, Elena. Il fatto che io accetti che John e Isobel siano i nostri genitori non significa che io non ricordi Grayson e Miranda,» mormorò veritiera, sfiorandole il braccio, tentando di imprimere nella sua voce una pacatezza che il suo animo tremante non possedeva in quel momento. Elena si scansò e la osservò con gli occhi assottigliati per la collera.
« Credici, Nicole, perché io non lo faccio. Non ci riesco proprio. Non sei stata al cimitero nemmeno una volta per loro, non sei venuta neanche al funerale, però sei tornata per John. È sempre stata una questione di priorità, sorella, e la famiglia viene sempre al secondo posto per te,» affermò malevola come mai l’aveva sentita prima di andarsene a passo svelto. Nicole spalancò le labbra e trattenne le lacrime.
« Non è vero,» sussurrò al vento, ben sapendo che la sorella non potesse più ascoltarla. Si scostò una ciocca di capelli che le era ricaduta dinanzi al volto, nemmeno accorgendosi dello sguardo dei due vampiri su di lei. Tratteneva le lacrime, Nicole, e i singhiozzi, ma non avrebbe pianto, non lì, non dinanzi a tutta Mystic Falls. Percepì altri sguardi su di sé e alzò il proprio arcuando le sopracciglia dorate e guardando tutti con superiorità.
« Non avete altro da fare, voi?» cinguettò, scrutandoli con disprezzo. La rabbia faceva prevalere la parte peggiore di sé e si odiò per quel tono così ostile, « Possiamo andare,» mormorò rivolta a Klaus che la osservava sorpreso. Annuì e uscirono insieme dal locale. Nicole sentì lo sguardo di Damon fisso sulle sue spalle per tutto il tragitto, ma non si voltò. Era troppo arrabbiata. Si bloccò dinanzi una Porsche nero mentalizzata e Klaus le fece cenno di sedersi. Nicole accettò con un piccolo cenno del capo e si accomodò. Una lacrima le rigò il volto pallido, le parole di Elena risuonavano ancora nella sua mente.
« Calmati, Nicole. Son certo che non pensava davvero ciò che ha detto,» le sussurrò quasi con dolcezza, sfiorandole la mano. La giovane scosse il capo.
« Io credo proprio di sì, Klaus. Mi aspettavo che le dicesse. Era impossibile che mi riaccogliessero senza farmi pesare nulla e non sarebbe stato nemmeno giusto. Solo che non volevo lo facessero tutti nella stessa mattinata, non al Grill, davanti a tutti,» esclamò sorridendo quasi sfiorando l’isteria, « Non ho mai sentito mio fratello parlarmi con quel tono, urlarmi contro. Io…,» si interrupe asciugando un’altra lacrima e mettendo la mano tra i capelli, tremante per la rabbia e la vergogna. Dopo schiuse gli occhi e sollevò gli angoli delle labbra in un’espressione di pura incredulità, « E poi quella parolaccia, il mio Jeremy? No, è troppo. Non può continuare così. È solo un ragazzino e questa rabbia gli fa male,» continuò dispiaciuta, stringendo la mano di Klaus per ricevere calore. Stavano dirigendosi verso l’immenso palazzo bianco abbandonato. Klaus sospirò fortemente, poi la guardò, profondamente. Nicole sbatté le palpebre, invitandolo a parlare, più calma grazie a lui. Si sentiva bene con Klaus, sebbene fosse certa che fosse ancora incollerito con lei.
« La rabbia è nemica di ognuno, anziano e giovane, come l’invidia e l’accidia. Però tu non temere, Nicole. Passerà. Tuo fratello è un ragazzino, l’hai detto anche tu. Crescendo imparerà e ti domanderà perdono. E so che tu lo accoglierai a braccia aperte perché sei buona e onesta e ami la tua famiglia,» le mormorò accorato, lo sguardo limpido reso più scuro dalla serietà del tuo tono, « Tua sorella ha pronunciato solamente falsità questa mattina,» aggiunse quasi con sdegno, poi tornò calmo e le sorrise, sfiorandole la guancia con delicatezza e malinconia, come se stesse rimuginando su qualcosa mille anni luce lontano da lui, « Non ho visto che luce in te, Nicole Bishop. Sei la degna erede di mia zia,» sussurrò dolcemente. Il cuore aveva accelerato i suoi battiti a ogni sua parola per l’emozione e il sentimento. Schiuse le labbra e lo guardò, teneramente colpita dalle frasi che Klaus aveva appena pronunciato e dai suoi occhi, così puri e appassionati. Fermò l’auto e le baciò la mano, amorevolmente, galante e cortese, non scostando nemmeno per un istante gli occhi dai suoi, « Torna a casa. Hai delle questioni da sistemare. Io ho le mie. Mikael può aspettare, anche se credo abbia già fatto la scelta. Ho bisogno di quelle bare, Nicole. I miei fratelli aspettano da troppo tempo. Non posso indugiare oltre,» sussurrò spossato. L’aveva accompagnata a casa. Quella constatazione la fece per un secondo arrossire e nemmeno lei ne conosceva la ragione. Poi annuì e si sporse per posare le labbra sulla sua guancia in un lieve bacio pieno di gratitudine.
« Perdonami per ieri sera,» mormorò sottovoce, prima di scendere velocemente e avanzare verso casa. Klaus non ripartì fino a che non aprì la porta d’ingresso, come se attendesse di saperla al sicuro, poi lo sentì percorrere la via e scomparire dal suo campo uditivo. Entrò e si chiuse la porta alle spalle. Percepiva dei rumori in cucina e sospirò, camminando verso di essa e vedendo Alaric ed Elena preparare la cena. Non si accorsero di lei, stavano parlando di Jeremy mentre Alaric tagliva le verdure ed Elena prendeva i piatti di ceramica bianca.
« Mio fratello ribelle… sono preoccupata,» esclamò poggiandoli sulla superficie lignea del tavolo. Alaric la notò e Nicole le fece cenno di tacere ancora per qualche istante e il professore continuò nella sua attività, « Sembra proprio che Nicole si sia alleata con il nemico… sono sbalordita. Mia sorella non è affatto così, lei non tradisce mai, lei dice sempre la verità e non la nasconde,» continuò dispiaciuta e incredula.
« Io non nascondo niente, Elena, e non ti ho tradita,» esclamò Nicole esasperata da quel comportamento, facendo voltare la sorella di scatto mentre si apriva la porta d’ingresso. Volsero contemporaneamente lo sguardo verso il loro fratello che, vedendosi osservato, si bloccò per un istante, poi tornò ad avanzare verso la cucina. Nicole si sedette sulla panca e serrò le labbra. Era ancora arrabbiata con lui per quell’atteggiamento così arrogante e sfrontato. Si diresse verso il frigo, senza degnarla di un’occhiata.

« Mi spiace, sono solo di passaggio, » comunicò loro prendendo una bibita. Nicole sbuffò e si alzò, incrociando le braccia al petto e inclinando il capo. Suo fratello la guardo interrogativo, per nulla dispiaciuto di ciò che le aveva urlato quella mattina. Quel pensiero la irritò talmente tanto da farle schioccare le labbra sottili come una frusta.
« Per una volta che potremmo cenare tutti insieme, come una famiglia, davvero vuoi lasciarci? » gli domandò con finta innocenza, ma il suo volto era rigido e i suoi occhi infuocati. Jeremy sbuffò, divertito da quel tono e Nicole poté vedere l’espressione sbalordita di Alaric. Non si era mai comportato in quel modo così indisponente e altezzoso, soprattutto con le sue sorelle, a cui Alaric sapeva voler davvero molto bene. 
« Perché? » domandò con finta gentilezza, sbattendo le palpebre e avanzando verso di lei, « Te ne andrai di nuovo o hai intenzione di trasferirti da Klaus?» Nicole schiuse le labbra e avvampò per quella insinuazione. Non era possibile che avesse davvero pronunciato quelle parole rivolto a lei. Era semplicemente inimmaginabile. Però era la realtà e quella verità le velò gli occhi di lacrime colme di tristezza mista a imbarazzo. Non potevano davvero credere che li avesse traditi, non i suoi fratelli, e una parte di lei era certa che non fossero davvero arrabbiati, solo confusi da quegli atteggiamenti ambigui che v’erano tra lei e Klaus. Quella stessa parte li comprendeva appieno, però era impossibilità ad abbandonare Klaus. V’era come una calamita che la legava indossolubilmente a lui, una corda che lei non voleva spezzare. Non voleva mettere a tacere ancora una volta le sue emozioni, sebbene era certo e risaputo che Klaus fosse il cattivo della favola, l’antagonista per eccellenza, il mostro da cui dover scappare, un angelo caduto. Lei sapeva che non era così. Nessuno si era mai sforzato di vedere Klaus nel profondo. Non era solo il cattivo, v’era molto di più, ma spiegarlo a loro era assolutamente fuori discussione. Così tacette.

« O forse perché sei stato licenziato e non l’hai detto a nessuno? » domandò Elena irritata da come le stesse parlando e da quella verità sconvolgente. Jeremy schiuse le labbra, spostando lo sguardo sull’altra sorella, poi chiuse gli occhi e sospirò leggermente. Inclinò il capo e avanzò di un passo.
« Possiamo parlarne più tardi, Elena? Tyler mi sta aspettando fuori,» comunicò speranzoso. Nicole aggrottò le sopracciglia. Non sentì la discussione su Tyler, non le importava cosa pensassero loro. Tyler era a posto, lei lo sapeva e ne era sicura. Fu solidale con suo fratello, sebbene fosse arrabbiata con lui, in quella discussione.
« Suvvia, Elena. Conosciamo Tyler da una vita. Come puoi non fidarti di lui? » sbuffò volgendo il capo verso di lei e aggrottando le sopracciglia mentre Jeremy avanzava verso la porta d’ingresso. Elena lo raggiunse, non prestando attenzione alle sue parole, e lo bloccò, dicendogli che non sarebbe andato da nessuna parte, soprattutto non con Tyler. Jeremy si arrabbiò e rivide in lui la stessa espressione di quella mattina mentre invitava l’ibrido ad entrare. Nicole si avvicinò ai suoi fratelli e lo sguardo si puntò sul ragazzo. Lei si fidava ancora e gli sorrise, timidamente, un sorriso che il giovane ricambiò subito. Jeremy fece accomodare Tyler e gli prese un bicchiere. Nicole si sedette di fronte a lui e il ragazzo la guardò, ringraziandola di quella gentilezza. Elena non era della sua stessa opinione e, in tutta onestà, la comprese. Con tutto quello che le stava accadendo, non provava più fiducia nei confronti di nessuno, solo di pochi intimi e tante volte nemmeno di quelli.
« No, Tyler non devi andartene. Sei il benvenuto in casa mia. Certo, se lo è ancora e non mi cacciano da qui,» aggiunse la giovane con un sorriso appena accennato, pieno di sarcasmo e ironia. Elena si avvicinò a lei e sentì i suoi occhi fissi sulla sua figura. Tyler aggrottò le sopracciglia folte e scure e la osservò confuso, poi Alaric, seduto a capotavola, il posto che aveva sempre occupato suo padre, gli chiese quale fosse la differenza tra essere ammaliati e avere un sire. La sua risposta la turbò, e molto, anche se non lo diede a vedere agli altri. Era strano sentir parlare in quel modo così accorato Tyler Lockwood. Sembrava diverso dal ragazzo di cui si era innamorata tanti anni prima, ma era fermamente convinta che non fosse malvagio, che non avrebbe esitato a combattere per salvare Mystic Falls. E poi non v’era alcuna ragione di combattere. Klaus non era un pazzo, non voleva la guerra, o almeno era quello che lei pensava, e Mikael, qualunque fosse stata la sua decisione, non sarebbe stato un problema. Era assurdo rimuginare su quei pensieri, totalmente folle e insensato, proprio come le domande di Alaric ed Elena.

« Non lo so. Allora mi strapperei il cuore dal petto,» esclamò esasperato, allargando le braccia e guardando tutti con disappunto. Nicole sobbalzò e Jeremy lo guardò turbato, sembrava persino dispiaciuto di averlo invitato lì.
« Adesso smettetela, tutti quanti. State esagerando. Tyler è un ospite e non mi sembra ci abbiano insegnato a trattere in questo modo così sgarbato e maleducato le persone che entravano in casa nostra,» esclamò Nicole incredula e incapace di comprendere quell’atteggiamento, issandosi in piedi per poter guardare entrambi i fratelli.

« Posso ancora decidere di mia volontà,» continuò Tyler. Le sembrò talmente sincero che dissipò ogni suo minimo dubbio. Il telefonino di Jeremy squillò e il ragazzo si alzò, allontanandosi di poco e volgendo le spalle ai presenti. Nicole lo guardò, sospirando leggermente. Era tutto così orribile. Jeremy non poteva essere cambiato così tanto in sua assenza e gli attacchi di Elena erano troppo duri da affrontare. La famiglia come se la ricordava lei non esisteva più oramai. Quel pensiero le fece chinare il capo e velare gli occhi di lacrime. Sentì lo sguardo di Tyler su di sé, era dispiaciuto di vederla triste e le rivolse un timido sorriso rassicurante. Si sedette ed Elena fece lo stesso, vedendo tornare suo fratello. Tyler si alzò e si congedò, guardando soprattutto lei e Jeremy. Subito dopo Elena e Alaric si alzarono, tornando a cucinare, mentre Nicole aprì il frigo cercando una birra, o qualcosa di forte, che non riuscì a trovare. Chiuse lo sportello con uno sbuffo annoiato e guardò verso il tavolo. Jeremy non c’era più. Al suo posto, nel piatto fondo, brillava il suo anello. Elena se ne accorse un secondo dopo e chiamò il suo nome sorpresa di non trovarlo più lì.
« Dov’è andato? » continuò incredula, prendendo il suo anello tra le dita.
« Non è idea,» mormorò Nicole preoccupata. Percepiva qualcosa di sbagliato, proprio come durante la notte dell’Illuminazione, un tragedia che stava per accadere dinanzi ai suoi occhi. Però questa volta non aveva come protagonista un conoscente, bensì suo fratello, il suo piccolo Jeremy. Seguì velocemente Alaric ed Elena fuori dalla casa e lo vide in strada, come se stesse attendendo qualcosa, o qualcuno. Solo che era totalmente insensato. I suoi occhi era fissi dinanzi a sé e non si voltò quando Elena lo chiamò. Scese le scale del pianerottolo al fianco di Alaric e lo osservò confusa, poi un barlume di consapevolezza illuminò le sue iridi quando vide sfrecciare una macchina a tutta velocità verso suo fratello. Notò che i due stavano correndo, urlandogli di spostarsi. Lei non ne aveva la forza mentre il battito le si accelerava. Dopo, scossa da una voce, che assomigliava talmente tanto a quella di nonna Elizabeth da turbarla nel profondo, corse raggiungendo sua sorella mentre Alaric continuava, scostandolo appena in tempo. Gli salvò la vita. Un fragore agghiacciante le occupò il campo udito e sgranò gli occhi chiari, il respiro si fece più corto e accelerato. L’impatto era stato violentissimo e vide il corpo di Alaric rotolare per molti metri prima di fermarsi. Trattenne il fiato, sconvolta, e corse verso Jeremy, mentre Elena verso Alaric. Si inginocchiò al fianco e gli prese il volto tra le mani. Sembrava ancora più scombussolato di lei. Gli guardò gli occhi. Le iridi occupavano tutto l’occhio e scosse il capo. Era stavo evidentemente ammaliato. Ma chi avrebbe mai potuto desiderare la morte del suo fratellino? Chi poteva essere tanto malvagio da fargli del male?  
« Stai bene? » domandò con un filo di voce, terrorizzata. Jeremy annuì e insieme corsero verso Alaric ed Elena. Il professore aveva l’anello, sarebbe sopravvisuto, fortunatamente. Tirò un sospiro di sollievo.

« Chi era prima al telefono? » chiese Elena, sfiorandogli la guancia candida. Jeremy la osservò confuso prima di rispondere, prima di annientare ogni suo sentimento.
« Era Klaus.»

  
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