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Autore: Jerk and Bitch    12/05/2012    6 recensioni
Per riportare l’ordine nell’ormai irrimediabile anarchia causata dai Winchester negli equilibri di vita e morte, Death prende una drastica decisione: intervenire personalmente nel passato, modificando gli eventi. Le conseguenze riscrivono l’intera esistenza di Dean e Sam, creando una realtà alternativa in cui i due fratelli sono cresciuti vivendo una vita normale, completamente ignari dell’esistenza del soprannaturale. A 32 anni, Dean vive con sua moglie e i suoi due bambini, sereno seppur con il ricordo doloroso di suo fratello, morto quattro anni prima. Ma lo spirito di Sam, dilaniato dai ricordi della sua vera vita, ora vaga nel tormento. E mentre Dean, tra déjà-vu e ombre del passato, scopre l’esistenza di un mondo fatto di fantasmi, medium e cacciatori, qualcuno si sta muovendo in segreto per rimettere ogni cosa al suo posto.
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester, Lucifero, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Settima stagione
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It’s taken a lifetime to lose my way, a lifetime of yesterdays

All the wasted time on my hands turns to sand and fades in the wind

Crossing lines, small crimes, taking back what is mine

I’m fine in the fire, I feed on the friction

I’m right where I should be

Don’t try and fix me.

(Fix me – 10 Years)

 

 

 

 

Sam aprì gli occhi. Il pallido chiarore dell’alba scivolava dolcemente attraverso la finestra del soggiorno di Bobby.

Il ragazzo prese un lungo respiro e si sollevò a sedere.

Ehi,” lo saluto la voce di Dean.

Sam si voltò e incontro lo sguardo del fratello, sollievo e preoccupazione che lottavano nei suoi occhi verdi. Se ne stava seduto a poca distanza dal divano su cui Sam aveva, a quanto pare, dormito per ore e ore.

“Come ti senti?”

Sam chiuse gli occhi per un momento, la lucidità che pian piano gli schiariva e svegliava la mente. Una preghiera accorata sussurrò la sua ultima eco prima di svanire.

“Torna. Ti prego.”

Rivolse al fratello maggiore un debole sorriso.

“Sto bene.” Allo sguardo incerto di Dean, si strinse nelle spalle. “Meglio. Sto meglio,” si corresse. “Mi fa solo un po’ male la testa.”

Dean lo studiò per un momento, poi lasciò andare un respiro sollevato e annuì. Quel maledetto muro era ancora in frantumi, ma Sam si era svegliato e sembrava stare molto meglio. Era già qualcosa. Era moltissimo.

Si alzò, dirigendosi verso la cucina.

“Hai fame?”

Sam ignorò la domanda. “Cos’è successo, ieri notte?”

Dean tornò a voltarsi verso di lui, le braccia allargate.

“Un bel cazzo di niente, Sammy,” sospirò. “Balthazar non ci ha risposto. Potrebbe aver deciso di unirsi a Cas dopotutto, o chissà, magari è soltanto stato fatto fuori. La buona notizia è che Cas non pare averci messi in cima alla sua lista delle cose da fare,” concluse con un sorriso di amaro sarcasmo.

Sam si alzò, all’inizio muovendosi con cautela. Nelle ultime ore, le sue gambe non si erano dimostrate esattamente qualcosa su cui fare affidamento.

“Perciò ora... cosa facciamo?” chiese.

Dean abbassò lo sguardo, restando in silenzio per un attimo.

“Quello che possiamo,” rispose infine. “Bobby cercherà un modo per fermare Cas. Io sono andato a recuperare la mia piccola, e la rimetterò in sesto.” Sollevò un pallido sorriso su di lui, avvicinandosi e dandogli un affettuoso colpetto su un braccio. “Tu cerca di continuare a reggerti in piedi,” mormorò.

Non aggiunse altro, avviandosi verso il frigo. Prese una birra e mosse un passo verso la porta, ma prima di raggiungerla si voltò ancora verso il fratello minore.

“Vado fuori a lavorare sulla macchina,” disse. “Vieni ad aiutarmi?”

“Okay,” rispose l’altro. Dean annuì e uscì.

Sam prese un lungo respiro. Il fuoco e il dolore sembravano davvero essere scomparsi. Era cosciente, lucido, stava bene. Aveva quasi paura a pensarlo, ma forse il peggio era passato sul serio. Si diresse verso la porta, arrestandosi di colpo quando gli parve di avvertire una presenza alle proprie spalle. Si voltò verso la stanza vuota. Per un attimo, la sensazione di un leggerissimo capogiro lo colse, ma l’istante dopo era svanita. Fissò la stanza ancora per qualche secondo, prima di decidersi a voltarsi e uscire. Doveva averlo solo immaginato.

 

 

* * *

 

 

Si sentiva debole, e pesante.

Avvertiva un sordo ronzio, che copriva... qualcosa. Una voce, delle grida.

Dean che implorava suo fratello di lottare, di non abbandonarlo? No, non era lui, eppure la disperazione sembrava la stessa.

Provò a sollevare le palpebre, ma erano come macigni.

“Coraggio, Michael, puoi farcela!”

… Helel?

“Apri gli occhi, ti prego,” supplicò, e una mano si strinse sul suo collo.

Una parte di lui voleva obbedirgli, disposta a tutto pur di lenire l’angoscia del minore; un’altra invece non gli chiedeva che di lasciarsi andare, di abbandonarsi alla stanchezza e scivolare nell’oblio.

Avrebbe ascoltato la seconda, lo sapeva, ma non gliene fu lasciata occasione. Le gelide labbra di Lucifer si posarono sulle sue, costringendole a schiudersi e respirando dentro di lui aria che sapeva di brina. “Apri gli occhi,” sussurrò ancora, e Michael lo fece. Ad accoglierlo, il sorriso tremante di suo fratello.

“Ti avevo detto di non guarirla,” ribatté il Principe dei Serafini, sfiorandogli la guancia.

La mano dell’altro si chiuse sulla sua, il sorriso che faceva posto a una smorfia maliziosa. “Deve essersi proprio fritto qualcosa lì dentro,” disse con affetto, liberandogli la fronte dai lunghi capelli. “Non mi hai mai ferito, Michael. Se hai problemi coi paradossi temporali, possiamo guardare qualche episodio di Doctor Who, senza bisogno di scomodare Einstein.”

Il primo scosse la testa, lo stordimento tuttora evidente sul suo viso. “Hai ragione,” concesse, imbronciato. “È che… questo posto è sempre stato così asfissiante?”

“Ti ci devi solo riabituare,” mormorò, lo sguardo altrove.

Il maggiore percepì immediatamente il cambiamento nel suo tono e nella sua aura. “Cosa c’è?” domandò, ma la Stella del Mattino restò in silenzio. “Cosa?” ripeté allora, le dita che catturavano il volto dell’altro.

“Perché?” chiese. “Perché sei tornato?”

Michael si ritrasse, allontanato non dalle parole di Lucifer, ma dall’assoluta vulnerabilità che gli leggeva negli occhi. Sarebbe bastato così poco a distruggerlo. A distruggerli.

“Sai chi c’era dietro tutta questa storia?” lo incalzò, a sua volta. “Andiamo, non è difficile. Si tratta di una tua vecchia conoscenza, fratellino.” Si avvicinò nuovamente, le labbra che si muovevano contro quelle dell’altro. “Death,” soffiò, quasi con rabbia. “Ho dovuto minacciare quel figlio di puttana con la sua stessa falce, per fargli rimettere ogni cosa al suo posto…” Lucifer aprì la bocca per protestare, ma Michael glielo impedì, serrandola col palmo della sua mano. “E,” proseguì il Luogotenente di Dio, implacabile “ti giuro che se oserai chiedermi ancora perché l’ho fatto, ti prenderò a calci nel culo per il resto dell’eternità.”

Lucifer annuì, le prime lacrime che gli solcavano il viso. “Non hai neppure provato a convincerlo con le buone?” domandò, gli angoli della bocca che si sollevavano appena.

Michael sorrise. “Sai che i discorsi non sono il mio forte.”

Suo fratello si strinse nelle spalle. “Questo perché sono sempre stato io quello intelligente.”

“Sai,” cominciò il maggiore, intrecciando le dita fra i suoi capelli, “un giorno dovrai spiegarmi come fai a passare così in fretta da regina del melodramma a regina delle stronzette.”

E Lucifer rise. “Talento, fratellone. Puro e indiscutibile talento.”

Si avvicinò fino a posarsi contro di lui, le loro ali che dolcemente si sfioravano fino a comporre un armonioso abbraccio attorno ai due corpi uniti: un languido disegno di grazia, ribelle e stremata e pura. Le braccia di Michael accolsero il minore, il sorriso che ancora non abbandonava le sue labbra. Per la prima volta dall’inizio dei tempi, nessuna volontà superiore aveva governato le sue azioni. Nella più oscura profondità degli Inferi, tra le pareti soffocanti che lo avrebbero imprigionato per l’eternità, Michael strinse Lucifer a sé. E si sentì libero.


~Fine

 

 

 

 

Note: Sì, sappiamo che fate fatica a crederci, ma questa storia è finalmente giunta all’epilogo. E che epilogo, eh? Alzi la mano chi non si aspettava nient’altro che un finale di cruda disperazione e ora non crede più in niente XD

Be’, che dire? Lasciatevi solo abbracciare e sbaciucchiare ringraziare un’ultima volta. Grazie, grazie a tutte quelle che c’hanno seguite in questi mesi, nonostante la nostra tutt’altro che encomiabile costanza.

E ora veniamo ai ringraziamenti nominali, perché ci sono quattro personcine che dobbiamo abbracciare e sbaciucchiare ringraziare per bene.

Thinias, è arrivata verso la fine, ma i suoi commenti sono fenomenali e ogni volta che li leggiamo non possiamo che pensare “questa ragazza ha capito tutto”. Davvero, c’hai fatto sentire delle gran fighe!

France, che nonostante i mille impegni trova sempre il tempo per leggere e fangirlare!

Cento per Cento, nessun commento è più lo stesso da quando conosciamo la tua faccina: non smettere mai di lasciarcela.

E ora veniamo alla nostra Amata, che stringe fra le sue wincestosissime dita l’autografo di questa fic. Ti chiederemmo come ci si sente con un tale inestimabile tesoro in proprio possesso, ma lo sappiamo già, perché abbiamo una fan come te. Grazie per il tuo entusiasmo e la tua passione, il tuo affetto e la tua… pubblicità!

Allora, alla prossima storia, ragazzuole, e ricordate: we solemnly swear we’re up to no good! ^^

   
 
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