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Autore: loryl84    12/05/2012    1 recensioni
Stava calando la sera.
Il cielo si andava tingendo di rosso. Tutto era immobile, statico.
In lontananza, il rumore di un ruscello che seguiva il suo corso...
Salve! sono nuova di questa sezione, ho deciso di postare anche qui questa storia, postata già in un altro sito. Spero davvero che possa piacere! A presto, Lory
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Anni ’90 – Un punto imprecisato dell’America centrale


Un colpo alla porta la riportò bruscamente alla realtà.

“Kaori?”

Velocemente, si vestì con un jeans e una canotta, raccogliendo i lunghissimi capelli, ancora umidi, in una coda di cavallo.

“Si, Josè?” disse aprendo la porta.

Josè aveva qualche anno in più di lei. Era il figlio del braccio destro di suo padre, Pedro. Era lui che gli aveva insegnato piccoli trucchi per sopravvivere nella giungla.

Era un bel ragazzo, moro, gli occhi verdi, con una spiccata parlantina e una solare vivacità.

“Il capo ti vuole parlare”

Con un cenno della testa, gli indicò il punto in cui si trovava. Kaori lo ringraziò con un sorriso, poi uscì di casa, dirigendosi verso una zona riparata da due alberi frondosi.

Kaibara era lì, una canottiera bianca faceva risaltare il suo fisico asciutto e tuttavia possente, malgrado l’età non più giovanissima. Piccole rughe solcavano la sua fronte, ma ciò non toglieva nulla al suo fascino, anzi, se possibile, lo rendevano ancora più interessante. Aveva le guance ricoperte di schiuma da barba ed era impegnato nella meticolosa operazione di radersi.

Prese il rasoio, tirando la guancia il più possibile, e, osservandosi attraverso un piccolo specchio appoggiato al tronco di un albero, cominciò a rasarsi.

Kaori lo fissava affascinata. Anche la più piccola sciocchezza fatta da Kaibara aveva un non so che di carismatico che calamitava l’attenzione.

“Mi avete fatto chiamare?” chiese

Kaibara la guardò attraverso lo specchio.

“Mi hanno detto che oggi te la sei cavata in maniera eccellente” disse con la sua inconfondibile voce roca e profonda, mentre levava la schiuma da barba, passando il rasoio su un asciugamano appoggiato sulla sua spalla.

“Ho imparato dal migliore”

L’uomo fece un piccolo sorriso al velato complimento. Finì di radersi, asciugò il rasoio e lo poggiò lì vicino.

Si girò verso la ragazza, poggiando le mani sulle sue spalle. A quel gesto lei trasalì.

“Oggi mi hai confermato quello che già sapevo da tempo. Tu sarai la mia erede, Kaori. Hai la forza e la determinazione adatti per questo compito così gravoso. Ed è per questo che ho deciso di mandarti in missione, da sola”

Kaori sentì il suo cuore tamburellare più forte, ma non perse il suo sangue freddo.

“Ditemi ciò che devo fare, padre”

Kaibara la soppesò con lo sguardo, poi mollò la presa.

“Come tu ben sai, l’Unione Teope, è un’organizzazione molto vasta. Sono riuscito ad estendere i miei affari anche fuori dal continente. L’Europa e la Cina sono sotto il mio potere. Ma voglio di più, molto di più. Voglio che anche il Giappone mi appartenga. Ed è lì che dovrai andare”

Kaori lo guardò, aspettando che proseguisse.

“Il Giappone è uno dei pochi Paesi al mondo più avanzato. È un vasto impero economico, con un florido mercato, indispensabile per i miei affari. Tokio è la capitale degli affari illeciti. Diverse famiglie della yakuza controllano i mercati. Ho parlato con degli amici, ti stanno aspettando”

Kaori continuava a fissarlo, mille domande si ponevano nella sua mente.

“Cosa Vi impedisce di espandervi anche lì?”

Lo sguardo di Kaibara divenne duro.

“Nonostante Tokio sia il punto di riferimento della malavita, molte famiglie preferiscono evitare di mettersi in affari, temono la presenza di qualcuno”

“Yakuza?”

“No. Pare che in uno dei quartieri più malfamati ma più redditizi di Tokio, si stia spargendo piano piano il nome di un tale che mette i bastoni tra le ruote. Come puoi ben capire, non posso rischiare che i miei affari vadano in fumo per colpa sua”

Kaori era sbalordita.

“Come può un uomo solo mettere paura alla yakuza stessa?”

Shin fece un sorriso, bieco.

“Tsè, è quello che mi sono chiesto anche io. Si fa chiamare con il nome di City Hunter, dicono sia imbattibile e molto astuto. Tutti lo temono, e preferiscono rimanere nell’ombra, anziché affrontare la sua ira”

La donna non riusciva a capacitarsi di una cosa del genere. Affrontò lo sguardo di Kaibara, che era diventato terribilmente serio.

“Tu dovrai andare a Shinjuku. Parlerai con i miei amici e farai in modo che la Unione Teope prenda il controllo. Siamo intesi?”

La giovane annuì.

“E come devo comportarmi con questo fantomatico City Hunter?”

L’uomo sorrise.

“Lo troverai e lo ucciderai”

Aveva parlato piano, eppure il tono di voce era tagliente, e lo sguardo non aveva nulla di umano. D’improvviso, capì perché Kaibara era nominato El Diablo.

Il cuore di Kaori accelerò i suoi battiti, tuttavia chinò il capo, in segno di accettazione.

Kaibara avanzò nuovamente verso di lei. Le alzò il mento, affinché potesse affondare gli occhi nei suoi.

“Devi essere molto forte e astuta, figlia mia. Ricorda, tutto ciò che faccio, lo faccio per te. Un giorno il mio impero sarà il tuo. Per allora dovrai essere in grado di portare il peso di questa incombenza, e ci riuscirai. È finito il tempo di giocare. Da oggi sarai una Kaori nuova, devi lasciarti alle spalle la vecchia Kaori. Pensi di riuscire a farlo?”

Una semplice domanda, carica di aspettative, a cui, sinceramente, lei non sapeva dare una risposta. Era veramente disposta a fare ciò che lui le chiedeva? Ancora morti, ancora sangue e violenza. Non sarebbe finito mai tutto questo?

Guardò suo padre, l’unico che avesse conosciuto. La fissava con uno sguardo speranzoso, in cui riusciva a percepire tracce di affetto. All’improvviso le tornò alla mente un episodio che risaliva ai primi tempi della sua vita al campo. Era notte, aveva avuto un terribile incubo, e si era svegliata urlando, cercando di sua madre. Kaibara l’aveva presa tra le braccia, cullandola fino a quando i singhiozzi erano cessati.

Si ricordò anche di quando aveva preso la malaria, e sempre Kaibara era rimasto al suo fianco mentre aveva la febbre e delirava. Piccoli episodi, che le erano rimasti dentro lasciando tracce indelebili.

Shin Kaibara era sempre rimasto accanto a lei, donandogli il suo affetto, anche se a modo suo. Era stato il padre che non aveva mai avuto, l’amico, il confidente, il capo. Le aveva dato tanto, ora toccava a lei ripagarlo.

Lo fissò e allora seppe cosa rispondere.

Alzò la testa, risoluta. Con un gesto determinato, prese il rasoio che suo padre aveva poggiato poc’anzi.

Si avvicinò allo specchio, in modo da incrociare i suoi occhi attraverso il riflesso. Lentamente, sciolse i lunghi capelli, il suo cuore tamburellava forte. Li sollevò un poco e poi…

Zac!

Con uno scatto deciso, li recise con un taglio netto.

I suoi occhi rimanevano incatenati a quelli di suo padre, nelle mani teneva ancora i resti della sua chioma. Quel gesto raccoglieva mille significati, ed entrambi lo sapevano.

Si voltò piano verso di lui, la determinazione nello sguardo.

“Si, ce la farò” mormorò, mollando la presa intorno ai capelli che scivolarono a terra.


 
Quando Kaori si fu allontanata, un’ombra si avvicinò.

Kaibara gli dava le spalle, lo sguardo era assorto.

“Seguila”

Il tono di voce non ammetteva repliche. L’ombra chinò il capo, poi si dileguò.

  
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