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Autore: ValeDowney    12/05/2012    2 recensioni
Primo capitolo di una lunga serie, che vede protagonista Clarice Piton, la figlia di Severus Piton e Lily. In questa serie di storie, Harry Potter é in versione femminile e la giovane Clarice passerà tante meravigliose avventure, insieme ai suoi fedeli amici, nel magico mondo di Hogwards. Prima serie: Clarice Piton e la Pietra Filosofale
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Una notte buia e nebbiosa a Londra: Privet Drive, una delle tante vie di questa città. Un uomo, dalla lunga barba bianca e con un vestito che lo faceva assomigliare ad un mago, passeggiava per questa via, la quale era debolmente illuminata dalla luce fioca dei lampioni. Il vecchio prese fuori, da una tasca, un Deluminatore e, tramite esso, spense, una dopo l’altra, tutte le luci dei lampioni, così che nessuno, nel caso fosse passato di lì, lo avesse visto. Stava spegnendo l’ultimo lampione, quando sentì miagolare. Finì di spegnere la luce nell’ultimo lampione e, quando ebbe messo via il Deluminatore, si voltò verso il gatto e, sorridendo disse: “Dovevo immaginare che l’avrei trovata qui, Professoressa McGranitt”. Il gatto si mosse e, mentre camminava verso il vecchio mago, si trasformò, assumendo le sembianze di un’anziana strega, la quale disse: “Buonasera, Professor Silente”. I due, poi, incominciarono a camminare e la Professoressa McGranitt disse: “Albus, crede davvero che sia il caso di dover lasciare la bambina con queste persone ? Li ho osservati tutto il giorno e sono la peggior specie di babbani immaginabili. Dico sul serio !”. “Sono i soli parenti che ha” disse Silente. “Albus, lo sai anche tu che questo non è vero” disse la Professoressa McGranitt. “Ma farla andare a vivere con il padre sarebbe un pericolo in più per la piccola” disse Silente. Prima che la Professoressa McGranitt potesse dire qualcos’altro, Silente la fermò dicendo: “Severus è d’accordo con me, anche se non è stato semplice convincerlo: mi ci è voluta un’intera settimana per fargli cambiare idea”. “E certo che non è stato semplice: quale spregiudicato dividerebbe un padre dalla sua bambina e non gliela farebbe vedere per un sacco di anni ?!” disse stupita la Professoressa McGranitt. Silente la guardò, quindi la Professoressa McGranitt disse: “Ovviamente, per spregiudicato, non intendevo lei; però, non continuo a ritenerla una cosa giusta”. “Credimi, Minerva: è meglio per entrambi; e, poi, Severus la rivedrà quando incomincerà a frequentare la scuola” disse Silente. Ci fu un po’ di silenzio; poi la Professoressa McGranitt chiese: “ E la bambina ?”. “Hagrid la porterà qui” rispose Silente. “Lei trova saggio affidare ad Hagrid un compito importante come questo ?” domandò la Professoressa McGranitt. “Oh, Professoressa: affiderei ad Hagrid la mia stessa vita” rispose Silente e, appena ebbe finito la frase, si sentì un rumore: i due anziani maghi si voltarono, per vedere una motocicletta scendere dal cielo e fermarsi davanti a loro. Dopo che chi la guidava la spense si voltò verso i due e, alzandosi gli occhialoni da gli occhi, disse: “ Professor Silente, signore; Professoressa McGranitt” e, mentre scendeva dalla moto, Silente gli chiese: “Nessun problema spero, vero Hagrid ?”. “No, signore: la marmocchia si è addormentata mentre volavamo sopra Bristol” rispose Hagrid mentre camminava verso i due maghi anziani, e prima di consegnare la bambina in braccio a Silente, aggiunse dicendo: “Cerchi di non svegliarla” e gliela diede in braccio. I tre incominciarono a camminare verso la casa dove avrebbero lasciato la piccola e, quando la raggiunsero, la Professoressa McGranitt disse: “Questa piccina diventerà famosa: non ci sarà bambino nel nostro mondo che non conoscerà il suo nome”. “Esatto. Sarà molto meglio per lei crescere lontano da tutto questo…finché non sarà finito” disse Silente, mentre guardava la bambina addormentata che teneva in braccio; poi, l’adagiò davanti alla soglia della porta, mentre ad Hagrid scese qualche lacrima. Silente, quindi, lo guardò e disse: “Via, via, Hagrid: questo non è un vero addio, dopotutto”, ma Hagrid affermò solamente, anche se alcune lacrime continuavano a scendere lungo il viso. La Professoressa McGranitt e Silente si rivoltarono verso la piccola ed anche la Professoressa McGranitt era molto triste: d’altronde lei sapeva come erano questi suoi zii, visto che li aveva osservati per tutto il giorno, ma non poteva fare diversamente. Silente lasciò una lettera sopra la piccola; sulla busta vi era scritto: “Mr. and Mrs. Dursley – 4 Privet Drive, Little Whinging, Surrey; poi disse: “ Buona fortuna, Clarice Piton”.

I tre stettero a guardare, tristemente, la piccola, poi, come per magia, se ne andarono. Poco dopo, la piccola iniziò a piangere; le luci all’ interno della casa si accesero ed una signora, dopo aver aperto la porta, vide la bambina sulla soglia della porta e disse: “ Vernon ! Vieni qua !” e, dall’interno dell’abitazione, si sentì un’altra voce domandare: “Che cosa c’è, Petunia ?” e, quando arrivò dalla moglie, seppe già da solo la risposta; quindi disse: “Ci mancava solo questa ! Ma come ha fatto a farsi uccidere quella stramba di tua sorella ?!”. Petunia prese in braccio la bambina la quale stava continuando a piangere  e, di conseguenza, prese in mano anche la lettera; poi, disse: “Non lo so !” e, mentre rientravano in casa, Vernon disse: “Questa mocciosa è una maledizione per noi: diventerà stramba come i suoi genitori ! Guardala: di tua sorella ha solo gli occhi ed il naso: tutto il resto è di quello svitato del padre. Tu l’hai conosciuto quando era un bambino e mi hai detto che era svitato quanto tua sorella: non faceva altro che parlare di magia”. “La bambina non dovrà sapere chi erano veramente i suoi genitori, né tanto meno della magia” disse Petunia e si sedette sul divano in salotto. Ci fu un po’ di silenzio; poi Vernon, dopo aver aperto la lettera, la lesse; quindi Petunia, mentre cercava di calmare la bambina, gli chiese: “Che cosa c’è scritto ?”. “C’è scritto che ci ringraziano perché ci prendiamo cura della figlia di Lily e Severus Piton, ma che anche non dobbiamo rivelarle nulla sull’esistenza della magia, né chi erano veramente i suoi genitori e come è morta sua madre. Inoltre, c’è scritto che quando la bambina avrà compiuto undici anni, dovrà frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts” rispose Vernon. I due si guardarono; poi, Vernon disse: “No ! La mocciosa non frequenterà quella dannatissima scuola ! Vivrà come le diremo noi !”. “Hai perfettamente ragione, tesoro: questa bambina non scoprirà mai che, in realtà, è una strega come i suoi genitori” disse Petunia.

Da questo giorno, passarono 7 anni, nei quali la piccola Clarice Piton visse una vita a dir poco squallida, visto che i suoi zii non la trattavano molto bene e suo cugino Dudley era sempre cattivo con lei, prendendola in giro o facendole ogni tipo di dispetto. Una mattina, Clarice stava dormendo nel ripostiglio del sottoscala, ovvero la “camera da letto” che le avevano appropriato i suoi zii, quando un bussare forte e veloce la svegliò, ovviamente accompagnato dalla voce non poco gentile di sua zia Petunia, la quale disse, più gridò: “ Sveglia ! Alzati ! Subito !” e, dopo avere aperto il catenaccio che chiudeva il ripostiglio, se ne ritornò in cucina. Clarice si alzò e, dopo aver accesso la piccola luce che vi era, si mise gli occhiali e si guardò nell’altrettanto piccolo specchio appeso alla parete, nel quale poté vedere il suo aspetto: occhi verdi, capelli neri e lunghi ed una cicatrice a forma di saetta sulla fronte. Clarice non sapeva come se la fosse procurata: forse era caduta dall’altalena o, semplicemente, era stato suo cugino facendole uno dei suoi dispetti, anche se, una specie di sesto senso, le diceva che non era andata veramente così. Inoltre, ogni qual volta che chiedeva ai suoi zii che fine avevano fatto i suoi genitori, loro cambiavano discorso, mandandola il più delle volte nel ripostiglio del sottoscala senza cena, oppure le dicevano che erano morti in un incidente d’auto. Inoltre, Clarice doveva fare tutti i lavori più umili e faticosi: da pulire per terra ed i mobili, a preparare la colazione, pranzo e cena; il più delle volte, doveva rimanere a casa da sola, mentre i Dursley se ne andavano in giro per Londra, perché lei non era ritenuta una della famiglia e, quando ritornavano a casa, pretendevano dalla piccola, che avesse già preparato da mangiare e che lavasse loro i vestiti. Ma Clarice non sapeva che, da quel giorno in poi, la sua vita sarebbe completamente cambiata. Clarice si stava alzando da letto, quando sentì dei forti passi sopra di sé: era Dudley che stava scendendo le scale ed un elefante era più leggero di lui. Dudley sapeva benissimo che, nel ripostiglio, ci dormiva sua cugina; quindi, risalì di qualche gradino e, mentre saltava, in modo che la polvere andasse tutta addosso a Clarice, disse: “ Sveglia cugina: andiamo allo zoo !”; poi, dopo aver saltato ancora un po’, scese ridendo gli altri gradini e, passò davanti al ripostiglio, proprio nel momento che stava uscendo Clarice; quindi, si fermò e rispuntò Clarice dentro al ripostiglio, chiudendo la porta con un piede ed andando in cucina, dove Petunia gli disse: “Ecco che arriva il nostro festeggiato”. Clarice riuscì dal ripostiglio, massaggiandosi la testa, per la botta che le aveva dato suo cugino e, mentre apriva la porta per andare in cucina, sentì Vernon dire a Dudley: “ Buon compleanno, figliolo”. Clarice entrò in cucina e Petunia, in un modo non molto gentile, le disse: “ Tu prepara la colazione e vedi di non bruciare niente” e, mentre Clarice si avvicinò ai fornelli, dicendo, un po’ seccamente, “Sì, zia Petunia”, Petunia mise le mani sopra gli occhi del figlio, conducendolo verso il salotto; poi, disse: “ Voglio che ogni cosa sia perfetta il giorno speciale del mio Dudley”. Clarice, intanto, stava mettendo le frittelle, che vi erano nella padella, nel piatto, anche se con scarsi risultati visto che, orni volta che prendeva una frittella con la spatola, essa ricadeva dentro alla padella. “ Sbrigati ! Il mio caffè, ragazza” disse Vernon. “ Sì, zio Vernon” disse Clarice, riuscendo, finalmente, a mettere le frittelle nel piatto. Petunia tolse le mani da sopra gli occhi di Dudley il quale, mentre guardava i tanti regali che c’erano davanti a se, disse: “ Non sono meravigliosi, tesoro ?”. Dudley si voltò verso suo padre e, arrogantemente, domandò: “Quanti sono ?!” e Vernon rispose dicendo: “36. Gli ho contati io stesso”. “36 ?! Ma l’anno scorso… l’anno scorso ne ho avuti 37 !” replicò dicendo Dudley. Clarice lo guardò e, mentre versava il caffè a suo zio, scosse negativamente la testa. “ Sì, certo, ma alcuni sono più grossi di quelli dell’anno scorso” disse Vernon. “Non mi importa quanto sono grossi !” replicò Dudley. “Non urlare, tesorino mio; ecco che cosa facciamo quando siamo fuori: ti compreremo altri due regali; che ne dici, zuccherino ?” disse Petunia. Clarice li guardò, ma non disse nulla, perché sapeva che, se avesse contraddetto anche solo una cosa che dicevano, l’avrebbero mandata immediatamente nel ripostiglio. Clarice desiderava tanto che qualcuno le facesse un regalo visto che, ogni volta che aveva compiuto gli anni, non aveva mai ricevuto niente: a lei, bastava anche uno piccolo ma, anche se non ne riceveva, voleva l’affetto di qualcuno che le volesse veramente bene e che non la trattasse mai male. Dopo aver fatto colazione, si vestirono ed uscire di casa. Petunia e Dudley salirono subito in macchina ma, proprio quando Clarice aprì la sportella di dietro, Vernon gliela richiuse, dicendole: “ Guarda che ti avverto, ragazza: niente faccende bizzarre, niente di niente, o rimarrai senza mangiare per una settimana !”. Ci fu un po’ di silenzio, nel quale Clarice lo guardò, senza dire nulla; poi Vernon, sgarbatamente, disse: “Sali !” e, dopo che furono saliti in macchina, partirono.

Poco dopo, allo zoo, e dopo averlo visitato quasi tutto, andarono al Rettilario e, mentre stavano guardando un boa, Dudley disse: “ E fallo muovere !”. Vernon, allora, bussò contro la vetrata e disse: “Muoviti !”. Dudley, bussò ancora più forte e gridò: “Muoviti !”. “Sta dormendo” disse Clarice. “Che barba” disse Dudley e, lui ed i suoi genitori, se ne andarono a vedere altri rettili, mentre Clarice rimase a guardare il boa, dicendo: “ Devi scusarlo: non capisce cosa significhi stare sdraiati, giorno dopo giorno, a guardare tante brutte facce premute contro il vetro”. Quando finì di parlare, il boa si svegliò e strabuzzò gli occhi, perché quella bambina stava parlando proprio con lui; quindi la guardò e Clarice, stupita chiese: “ Riesci a sentirmi ?!” ed il boa, sibilando, annuì positivamente. “ Vedi…non ho mai parlato con un serpente” disse titubante Clarice; poi, domandò: “Tu…insomma…parli spesso con la gente ?” ed il boa scosse negativamente la testa. “Vieni dalla Birmania, vero ? Era bello lì ? Ti manca la famiglia ?” chiese Clarice, ma ricevette la risposta, quando il boa voltò lo sguardo a sinistra; quindi anche Clarice lo voltò e, sulla targhetta appesa, lesse: “Cresciuto in cattività”; poi, i due si riguardarono e Clarice continuò dicendo: “ Capisco. Vale anche per me: neanche io ho mai conosciuto i miei”. A rovinare la bella conversazione che Clarice stava avendo con il boa, arrivò Dudley che, fino a quel momento, stava guardando un’altra teca: “Mamma ! Papà ! Venite qui: venite a vedere che cosa fa il serpente” disse Dudley e spinse Clarice da una parte, facendola cadere per terra. Dudley, poi, mise entrambi le mani sulla vetrata. Clarice lo guardò e, come per magia, la vetrata scomparì, facendo cadere Dudley nell’acqua davanti a lui. Clarice non poteva credere ai suoi occhi: come aveva fatto la vetrata a scomparire ? Gli oggetti non scompaiono al solo guardarli, eppure, qualcosa era successo, solo che non riusciva a spiegarselo. Comunque, Clarice rise nel vedere suo cugino nell’acqua: del resto, era proprio quello che si meritava, soprattutto dopo averla sbattuta per terra con noncuranza. Dudley si sedette nell’acqua, proprio mentre il boa strisciò accanto a lui, per poi fermarsi davanti a Clarice; poi, sibilando le disse: “Grazie”. “Ma ti pare” disse Clarice ed il boa, riprese a strisciare spaventando, nel frattempo, tutti i visitatori. Mentre tutti correvano a destra ed a sinistra per la paura del serpente, Dudley si rialzò in piedi ma, quando cercò di uscire, non vi riuscì, perché la sua mano toccò la vetrata che, magicamente, era ricomparsa. In preda al panico, il ragazzo battè contro la vetrata, dicendo: “ Mamma ! Mamma !”. Sentendosi chiamare, Petunia voltò lo sguardo, per poi gridare, nel vedere il suo Dudley, all’interno delle teca. “Aiutami !” supplicava Dudley. Petunia, allora, mise le mani sulla vetrata e, mentre cercava un modo per liberarlo e capendo, allo stesso tempo, come poteva esserci finito lì dentro, Vernon guardò malamente Clarice, la quale era ancora seduta a terra e se la rideva di gusto ma, quando vide lo sguardo minaccioso dello zio, smise subito di ridere, capendo di trovarsi nei guai.

Dopo aver liberato Dudley ed avergli messo addosso una coperta, visto che tremava dal freddo per essere caduto in acqua, ritornarono a casa e, mentre Petunia conduceva il figlio a riscaldarsi, dicendogli: “ Va tutto bene, zuccherino mio: ora ti togliamo questi vestiti fradici”, Vernon aveva Clarice per un orecchio; la mollò solamente per chiudere la porta; poi, la prese per i capelli e le domandò sgarbatamente: “ Cosa è successo ?”. Clarice gridava per il dolore, ma riuscì a rispondere, dicendo: “ Lo giuro, non lo so: un minuto prima c’era il vetro e, poi è sparito, come per magia”. Mentre le teneva i capelli con la mano destra, con la mano sinistra aprì il ripostiglio e, dopo averla spinta dentro, lo richiuse, per poi replicare dicendo: “ Non esiste quella robaccia: la magia !” e chiuse anche la piccola grata da dove proveniva la luce. Quella giornata era finita proprio male, ma Clarice, ormai, ci aveva fatto l’abitudine: è da quando aveva tre anni che abitava con i suoi zii e avrebbe tanto voluto che i suoi genitori non fossero morti; almeno, loro, l’avrebbero trattata con amore ed affetto e, soprattutto, non l’avrebbero fatta dormire in un ripostiglio.

Il mattino seguente, un gufo volava nel cielo di Privet Drive, portando tra le sue zampe una lettera, che poi fece volare dentro la buca delle lettere che c’era alla porta dei Dursley; poi, il gufo si andò a posare su un’antenna. In casa Dursley, Petunia stava facendo le foto a Dudley, il quale era vestito molto elegantemente e, in testa, portava un cappello di paglia: “ Sorridi” disse Petunia e gli scattò un’altra foto. “Vernon, guarda come è bello: non riesco a crederci che, fra una settimana, andrà a SnobKing” disse Petunia. “Ave a SnobKing: non sono mai stato così orgoglioso” disse Vernon. “Devo metterla anche io ?” chiese Clarice. Vernon e Petunia voltarono lo sguardo verso di lei; poi, Petunia disse stupita: “Cosa ?! Tu, andare a SnobKing ?!” e Clarice annuì positivamente. Vernon, Petunia e Dudley si misero a ridere; poi, Petunia disse, mentre andava verso i fornelli: “Non fare la sciocca, tu andrai alla scuola pubblica: quello è il tuo posto”. Quindi, dopo aver preso due tenaglie, si avvicinò alla pentola e, mentre estraeva qualcosa da essa, disse: “No, tu metterai questa, non appena avrò finito di tingerla”. “ Ma quella è la vecchia divisa di Dudley: sembrerà la pelle di un vecchio elefante” disse Clarice. Petunia la guardò e replicò dicendo: “ Addosso ti starà benissimo”; poi, aggiunse dicendo: “Va a prendere la posta. Corri !” e Clarice ubbidì. Uscì, quindi, dalla cucina e, prese in mano la posta e, mentre guardava le varie lettere, una attirò la sua attenzione; di fatti, sulla sua busta lesse: “ Signorina Clarice Piton, Ripostiglio del Sottoscala – 4, Privet Drive, Little Whinging, Surrey” e Clarice disse semplicemente: “Uao !” e ritornò in cucina, dove Petunia stava continuando a tingere la divisa che si sarebbe dovuta mettere Clarice, mentre Vernon e Dudley stavano facendo colazione. Clarice diede la posta a suo zio, tenendosi, però per se, la lettera intestata a lei e, mentre la guardava, Vernon disse, guardando una cartolina: “ Margie sta male: le aringhe erano guaste”. Dudley, ovviamente, si accorse che Clarice aveva tenuto una lettera in mano; quindi, gliela prese dalle mani e disse: “Papà, Clarice ha ricevuto una lettera” e, mentre gliela diede, Clarice replicò dicendo, voltandosi verso di loro: “ Ehi, ridammela: quella è mia !”. “ Tua ?! E chi mai ti scriverebbe ?” disse ridendo Vernon e, voltandola, vide che era intestata alla bambina, mentre, voltandola dall’altra parte, vide uno strano stemma, con scritto “Hogwarts”. Vernon guardò preoccupato Petunia; poi, tutti e tre, guardarono Clarice, la quale li guardava a sua volta, non capendo del perché i suoi zii fossero così preoccupati.

  
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