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Autore: SheBecameDirectioner    15/05/2012    1 recensioni
Mia è una persona speciale, ma ancora non lo sa.
Raggiunge la zia a Londra ed è lì che comincia a vivere il suo sogno.
Cinque ragazzi, con voci potenti e sorrisi brillanti. E sarà accompagnata da Nina, la sua migliore amica, sebbene un po’ troppo distratta da Austin, quel magnifico ragazzo che le ha rubato il cuore.
Mia si divertirà, soffrirà, si sentirà quasi sulla Strada dei Sogni Spezzati, proprio come dicono i suoi Miti.
[Dalla Storia]
«Mamma, sappi che se non mi manderai laggiù mi rovinerai la vita per sempre e non ti perdonerò mai più», la minacciai.
Mamma prese la cosa come uno scherzo, ma io avevo davvero la sensazione che qualcosa sarebbe cambiato. Un cambiamento nella mia vita che non potevo perdermi solo perché non c’erano abbastanza soldi per pagare l’aereo.
Poi continuai con le “minacce”: «Mamma, davvero, tu non capisci. Questo viaggio potrebbe cambiarmi la vita per sempre»
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.

 
Dopo 3 giorni passati con la solita routine, ossia: alzarsi alle 11, fare colazione, fare la doccia, pranzare, andare da Nina, tornare a casa, cenare e andare a dormire, era arrivato il giorno. L’ aspettato, temuto e amato giorno!
In aeroporto aspettai ben due ore prima che il mio aereo partisse, avevo paura del volo… Ero a dir poco terrorizzata, fin da piccola ho questa paura. Ricordo perfettamente la prima volta che la sperimentai: io, mamma e papà dovevamo andare in Francia, a Parigi e per farlo dovevamo prendere l' aereo; in quel momento ero felicissima ma non appena salii mi venne da svenire, mi girava la testa e non capivo più nulla di tutto ciò che stava in torno a me.
Girai per i negozi di tutto l'aeroporto, non vi erano molti piccoli negozietti: una profumeria, un'erboristeria e due o tre "botteghe del vestito". Mamma mi aveva pregato di potermi accompagnare ma avevo insistito e le avevo detto di no… Ero grande abbastanza da sapere come arrivare in aeroporto e come prendere un volo, insomma tutti i film polizieschi che guardavo con la mamma dovevano servire a qualcosa. Mi pentii del mio sfacciato orgoglio subito arrivata lì, avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, le uniche parole che sentivo erano quelle dei signori di fianco a me che spettegolavano sui fatti di cronaca e – cosa molto più gradevole – la musica del mio iPod.
Salii sull'aereo. Mi misi a sedere sulla parte destra e quindi con la vista del finestrino, di fianco a me era seduta l'unica ragazza al di sotto dei trent' anni. Aveva dei bellissimi capelli castano chiaro, raccolti in una coda di cavallo. Aveva un cartellino sulla camicia azzurra che riportava il nome, il cognome, la data di nascita e anche una piccola foto, si chiamava Elena. Anche lei ascoltava la musica ma con un volume molto più alto del mio.
Il volo durò circa tre ore, il cuore mi batteva fortissimo, ogni tanto per tranquillizzarmi parlavo con me stessa, "stai tranquilla Mia, stai tranquilla!", mi ripetevo. Arrivammo in piena notte a Londra, appena atterrammo sospirai e mi tranquillizzai. Ero arrivata! Volevo gridarlo al mondo ma… Non lo feci. Mi alzai dalla panchina da dove ero seduta e andai alla ricerca di un bar o un punto di ristoro, ero affamata, sull'aereo non ci hanno dato molto da mangiare, solo acqua, bibite e un tramezzino quasi invisibile. Cercai di avviarmi in qualche area di ristoro, cavoli!, in confronto all’aeroporto da cui ero partita quello di Londra era immenso!
Trovai un bar in fondo ad un corridoio gremito di gente che spingeva da tutte le parti. La mia claustrofobia si faceva largo nella mia mente, mi girava la testa, ero confusa dal rumore dei signori intorno a me. Camminai fino a raggiungere con fatica il piccolo bar, mi appoggiai per un secondo al bancone e poi andai a prendere una bottiglia d’ acqua e un panino, il primo che mi era capitato in mano. Mi sedetti su una panchina e cominciai a sorseggiare l’acqua. Finita la “cena” cominciai a cercare un’ uscita. Io e il mio trolley percorremmo un immenso corridoio in cui si potevano benissimo vedere le numerose uscite. Mi ritrovai più o meno dove ero sbarcata e cercai l’uscita più vicina. Sull’imponente barra di metallo c’era scritto “exit B”. Uscii dall’enorme vetrata. Volevo solo trovarmi la zia davanti che mi dicesse: “Benvenuta in Inghilterra cara!”, e che mi accogliesse con un abbraccio. Non fu così, mi ritrovai davanti dieci persone mai viste prima tutte impegnate a parlare in modo acceso al telefono. Ah, non poteva andare peggio! Io con la claustrofobia e il trolley in un aeroporto enorme!
Rientrai e cercai un’altra uscita vedevo la “exit A” e la “exit C” solo che non riuscivo a decidere. L’istinto mi diceva la A ma io non lo ascoltai e mi diressi verso la C. Davanti al portone non c’era nessuno e la cosa mi spaventò… molto! Uscii dalla vetrata e lì fuori vidi solamente tra taxi e una signora che fumava una sigaretta intenta a trafficare con il cellulare. Sembrava la zia Susan dalla corporatura che riuscii ad intravedere dallo scuro della notte. Lei si girò verso di me e le si illuminò il viso appena mi vide, io non riuscivo ancora a vedere il suo viso poiché oscurato dal buio.
Si avvicinò, io indietreggiai. Ma perché avere paura di una povera signora? Non mi aveva fatto niente di male!
-Mia, sei tu?- mi sussurrò la signora.
Mi avvicinai e appena riuscii ad intravedere il suo viso la riconobbi subito. Mi aggrappai a lei in un abbraccio.
-Oh, non sai quanto sono felice di vederti!– le dissi stringendola ancora di più.
Mi staccai da lei e poi mi chiese molto dolcemente: -Ehi, allora com’era il volo? Ti senti bene?-
Era dolcissima quando le rivolgevi la parola e quando le facevi delle domande e, in questo caso, quando lei le faceva a te.
-Sì, è andato tutto bene, non ti preoccupare. Che ne dici se ce ne andiamo a casa? Sai, in questi posti non mi trovo molto a mio agio-
-Certo tesoro!- sorrise e ricambiai.
-La macchina è da quella parte, vuoi che ti porti la valigia?-
-No, non è pesante per niente, c’è il minimo indispensabile qui dentro e poi non pesa cento chili… è solo un trolley.-
-Ok, ok, come vuoi.-
Andammo verso la macchina. Dopo circa dieci minuti arrivammo davanti ad una cinquecento rossa.
–Wow!- esclamai. – Questa è la tua macchina?-
-Sì, e non è l’ unica!- sorrise.
-Cosa?- le chiesi abbastanza scioccata.
-Lo scoprirai, non ti preoccupare.-
Abbassai la testa e mi appoggiai al finestrino.
Passammo per il centro di Londra, ma non lo vidi molto bene, ero mezza addormentata. Aprivo gli occhi a fatica, la luce che proveniva dal centro mi abbagliava di tanto in tanto. Era magnifico!
Arrivammo a casa, avevo perso la cognizione del tempo. La zia aprì un cancello automatico enorme con un telecomando minuscolo. Entrammo piano in una villa enorme, non mi ricordavo che la casa di zia Susan fosse così grande. Scesi dalla macchina, presi il trolley dal baule e seguii la zia attraversando prati e aiuole molto colorate e illuminate da piccoli lampioni a forma di girasole. Sbadigliavo in continuazione, non sapevo quanto sarei riuscita a rimanere in piedi. Per fortuna la casa era su un solo piano, non sarei riuscita sicuramente a salire le scale.
Percorsi un piccolo corridoio che portava alla stanza degli ospiti, o almeno speravo fosse così. La zia mi fece strada, arrivò davanti ad una porta verde prato, già mi piaceva. Appena entrai rimasi a bocca aperta: le pareti erano tutte verdi e i cassetti e gli armadi erano decorati con delle scritte in inglese di tutti i colori, il letto aveva il materasso ad acqua e sulle pareti vi erano dei disegni e delle fotografie di paesaggi stupendi e sul soffitto era dipinta la bandiera dell’ Inghilterra… era la camera che avevo sempre desiderato, era a dir poco magnifica!
-Ti piace?- mi chiese la zia ridendo sotto i baffi. Conosceva i miei gusti e sapeva che la avrei trovata bellissima.
- Sai che la adoro!- corsi ad abbracciarla, i suoi capelli ricci castani mi accarezzavano il viso, il suo profumo di rosa si sentiva da un chilometro ma era delizioso, adoravo mia zia!
-Ok, Mia, è ora di dormire: sono le tre di notte.- mi disse lei staccandosi dal mio abbraccio.
Annuii e cominciai a spostare le lenzuola dal mio letto, mi ci sdraiai… era una cosa pazzesca! Volevo chiamare Nina ma erano le tre e un quarto del mattino e non potevo svegliarla, lo avrei fatto sicuramente il giorno dopo.


GUTEN TAG :D! Sono tornata, yoh!, con un nuovo capitolo tutto per.. VOI! Grazie per tutte le visualizzazioni, ahah mi avete commossa, giuro :') Però non costa nulla lasciare un commentino, anche perché questa è la mia prima fanfiction o.ò Insomma, vi ho detto di non essere crudeli, non silenziosi ._. Grazie :D
SheBecameDirectioner


 

  
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