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Autore: JoAngel    16/05/2012    0 recensioni
Una normale ragazza viene a scoprire fatti sui suoi antenati molto strani, e la sete di vendetta di un demone si consumerà. Riusciranno i Winchester aiutati dai loro due angeli, Castiel e Balthazar, a salvarla?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 6.
 
“Sam!”.
Emise un verso, e si rigirò nel letto, dopo lo scossone alla spalla che gli diede.
“Sam!”
Sbuffò.
Dio mio perché non mi lascia dormire?!
Si mise seduto sul letto, tenendo gli occhi socchiusi, e da sotto le ciglia guardò il fratello, con fare infastidito.
“Cosa?”. La voce assonnata, seguita da uno sbadiglio.
Erano le 5 e mezza di mattina. Per quell’ora era una cosa normale essere in quelle condizioni.
Non lo era per Dean però.
Era già vestito, in modo trasandato, e con i capelli spettinati.
“Ho scoperto una cosa sul caso.”.
“Oddio …”. Con quelle parole, Sam tornò con la faccia immersa nel cuscino.
Non poteva credere che lo avesse svegliato per parlare di quello, proprio ora.
“E’ importante Sam! Non fare il bambino. Alzati maledizione!”. Gli strattonò il braccio borbottando.
“Lasciami dormire, diamine!”. Diede una spinta al fratello, e si mise il cuscino sulla testa, restando sdraiato.
Dean fece divenire i suoi occhi due fessure, poi andò in bagno.
Prese un asciugamano e lo impregnò d’acqua.
Tornò dal fratello e, con un sorrisetto sul viso, gli diede un colpo di asciugamano sulla schiena.
Il fratello, subendo il colpo, imprecò,  aprendo di scatto le palpebre.
Si alzò immediatamente e volle quasi dare un pugno al fratello, ma si trattenne.
Dean se la rideva come un matto vedendo la sua espressione infuriata.
Sam strinse un pugno, stringendo i denti.
L’altro si asciugò le lacrime e tossì, più volte, cercando di calmarsi.
“Bene … ora che sei sveglio, lasciami che ti dica ciò che ho scoperto ieri notte.”.
Il cacciatore bofonchiò qualcosa per poi sbuffare.
“Sentiamo.”.
Dean lo fece avvicinare alla scrivania, e gli illustrò il diario del padre.
“Cosa c’entra papà con tutto questo casino?”. Inarcò un sopracciglio, non capendo il nesso tra le due cose.
“Leggi.”. Gli indicò il punto della pagina dove iniziare a fare ciò che gli disse.
Sam aggrottò la fronte, per poi iniziare a scorrere con gli occhi il documento.
Voltò le varie pagine, con occhi sbigottiti.
“Allora?”. Incrociò le braccia. In viso aveva l’espressione da “Che ti avevo detto?”.
“Beh …”. Era senza parole. Non poteva essere una coincidenza il fatto che fossero capitati su un caso che aveva già preso in considerazione loro padre.
Dean sfoggiò un sorrisetto soddisfatto.
Sam si sedette al tavolo e rimase in silenzio.
Il fratello lo osservava. Cosa gli prendeva ora?
Dopo alcuni minuti di pesante silenzio, il cacciatore scrollò le spalle e voltò il capo verso l’altro, che se ne stava in piedi poco distante da lui.
“Mi faccio una doccia e andiamo al caffè.”. Con ciò, si alzò e raggiunse il bagno, chiudendo la porta dietro di sé.
Dean inarcò un sopracciglio. Aveva cambiato in pochi secondi umore.
Scosse la testa e chiuse il diario, che, dopo essersi infilato il giaccone di pelle, mise nella tasca intera, riparato dalla pioggia.
Buttò un occhiata pensierosa fuori dalla finestra.
Lys Crane …
Quel nome gli risuonava in testa. Non ne capiva il perché.
Era rimasto così tanto tempo lì fermo, con lo sguardo perso nel vuoto, che quando Sam arrivò neanche se ne accorse.
“Ehi sei con me?”.
Dean sbatté più volte le palpebre, cadendo dalle nuvole.
L’altro ridacchiò e gli diede una pacca sulla nuca. “Andiamo va.”.
Il cacciatore emise un verso infastidito, vedendo il fratello aprire la porta ed uscire continuando a ridacchiare. Poi lo seguì.
Arrivarono al bar dopo alcuni minuti di camminare.
Sam aveva avuta l’accortezza di prendere una copia del giornale all’ingresso del caffè.
Si sedettero come al solito ad un tavolo appartato.
“Vedi se c’è qualcosa che ci può aiutare.”. Il cacciatore passò il giornale, facendolo scivolare sul tavolo, al fratello. Poco dopo si alzò e si diresse al bancone per ordinare la colazione.
Fortunatamente a quell’ora c’erano poche persone lì, ovvero dei signori anziani.
Dean, dopo essersi osservato intorno per un po’, aprì il giornale.
Si morse il labbro inferiore, facendo balzare lo sguardo da un titolo di cronaca all’altro.
Niente.
Sbuffò e fece per chiudere il giornale, quando, con la coda dell’occhio, notò un articolo.
“Uomo assassinato nella sua villa. Viene ritrovato il corpo inchiodato a mani e piedi al muro del salotto.”.
Leggendo quelle parole, rabbrividì immaginandosi la scena.
Tornò Sam al tavolo, con i mano due cartocci di caffè. Mise quest’ultimi sul tavolo, dandone uno al fratello, poi si sedette al posto libero di fronte a quello di Dean.
“E’ sempre così, le cittadine apparentemente più tranquille celano dietro sé omicidi su omicidi.”.
“Che vuoi dire?”. Bevve un sorso di caffè, guardando il fratello stranito.
Quest’ultimo gli fece vedere l’articolo al quale poco prima aveva dato una veloce vista.
“Damien Leroy è stato ritrovato morto ieri sera dalla moglie Carla inchiodato al muro del loro salotto. Si è iniziato subito ad indagare su chi potrebbe aver compiuto una tale atrocità ad un uomo che apparentemente di nemici non ne aveva. Alcuni pensano che ciò sia studiato da tempo …”.
“Non mi sembra una coincidenza questo assassinio.”.
“E’ un altro tassello del puzzle, Sam”.
“Beviamo il caffè e poi raggiungiamo la casa di questo Damien. C’è scritto se qualcuno ha visto ciò che gli è successo? I vicini hanno sentito qualcosa?”.
Il fratello aggrottò la fronte, bevendo un sorso dal cartoccio. “Mmmh … sull’articolo non c’è scritto nulla di queste cose. E’ un articolo di secondo piano, infatti è in fondo pagina, a fine giornale.”.
Sam annuì, assorto nei suoi pensieri.
Finirono il caffè velocemente, pagarono ed uscirono dal bar.
Dato che erano a piedi, decisero di raggiungere la casa della vittima in quel modo.
Fortuna che i due si portavano sempre dietro alcuni oggetti per indagare, mai essere impreparati. Lo avevano imparato nelle loro scorse cacce.
Dopo una camminata di una ventina di minuti, arrivarono alla meta.
“E’ pieno di poliziotti, come facciamo?”.
Dean sfoggiò il suo sorrisetto beffardo, quello di quando aveva un’idea, creduta da lui geniale.
“Lascia fare a me …”. Con quella frase, si allontanò dal fratello, per raggiungere due agenti appoggiati all’auto di servizio.
I due uomini si voltarono verso il cacciatore, interrompendo le loro chiacchiere.
“Si?”. Uno dei due domandò il perché della presenza di un civile in quel luogo.
“Ho visto qualcuno entrare nella casa, potrebbe depistare le prove.”. Il finto sgomento di Dean fece preoccupare i due, che si scambiarono un’occhiata stranita.
“Andiamo a vedere.”. Incitò il compagno a controllare se ciò che il ragazzo aveva detto fosse vero, quindi si divisero.
Uno controllava la parte destra della villetta, e di conseguenza l’altro controllava quella sinistra.
L’agente, quello bassetto, camminava cautamente, guardandosi intorno con fare indagatore, quando …
SBANG!
Cadde a terra con un tonfo.
Sam sorrise sornione vedendo l’espressione ebete con la quale l’agente era svenuto, e sghignazzò.
Rientrò in casa e posò la padella nella cucina, dove l’aveva presa.
Ne rimaneva uno.
Quest’ultimo stava ancora perlustrando la fiancata della casa.
Inarcò un sopracciglio sentendo un tonfo provenire dall’altra parte.
Si domandò cosa potesse essere stato, ma non ci diede tanto caso.
Continuava a camminare.
Poi si sentì cadere.
Sbatté contro qualcosa.
“Ma che diavolo …?!”. Non ebbe neanche il tempo di imprecare che la luce del Sole svanì, lentamente.
Iniziò a tastare con le mani il vuoto, per capire dove fosse.
Toccò qualcosa di pietra, dura.
Era finito in una cantina.
Sospirò e cercò in tutti i modi di uscire, pensando che se avesse beccato che gli fece quello, non l’avrebbe passata liscia.
 
Dean ridacchiò tutto contento ed entrò in casa, nella quale lo aspettava il fratello.
“Allora, non ho avuto una grande idea?”. Sorrideva spavaldo, con le braccia incrociate sul petto.
“Si …” sibilò con malavoglia Sam, per poi sospirare.
“Iniziamo ad indagare, forza.”.
Dean annuì e prese, come il fratello, a cercare degli indizi che potessero collegare quell’omicidio al loro caso.
Dovevano fare in fretta, se li avessero visti lì si sarebbero cacciati in guai seri.
Sam era preso a mettere sotto sopra le varie stanze, mentre Dean stava osservando il luogo dove avevano trovato il corpo di Damien.
Il muro era macchiato di sangue. Ai piedi della parete c’era un’enorme chiazza di sangue. Le tende erano strappate, impregnate dello stesso liquido rosso.
Si inginocchiò e studiò con attenzione gli oggetti che aveva davanti.
Sospirò trovando niente che gli potesse servire.
Si alzò, e scostò lentamente una tenda.
Una luce metallica balenò quando i raggi solari penetrarono dalla finestra.
Dean si voltò subito, e si chinò verso la chiazza di sangue.
In mezzo ad essa, c’era una collana
La prese in mano, e la osservò attentamente.
Era fatta d’argento, con un rubino incastonato al centro del ciondolo.
Una scintilla.
Quel oggetto risvegliò in lui un ricordo.
Fredda sera d’inverno.
“Papà …”.
Guardava il padre davanti a lui, dargli le spalle.
“Papà …”. Un altro richiamo.
L’uomo si voltò e guardò il figlio negli occhi.
“Non ora Dean … sono su un caso importante …”.
Lo guardò trafficare sulla scrivania. Non sapeva cosa stesse cercando.
Poi sentì il campanello suonare.
Corse subito alla porta, e, con un espressione curiosa in volto, la aprì.
Davanti agli occhi si ritrovò una donna, alta, magra, dai capelli mossi, castani, e due occhi gonfi di lacrime.
Accanto ad ella c’era una bambina.
Ricordò i suoi lunghi capelli corvini, raccolti in una treccia, posata su una spalla e scendente sul suo petto. I suoi occhi erano di un verde smeraldo intenso, e la sua pelle chiara.
Il viso era triste. Il suo sguardo era … morto, spento, senza vita.
Ricordò che rimase a osservarla, come se non riuscisse a dire alcuna parola.
Poi arrivò il padre, che fece accomodare le due in salotto.
Offrì loro un caffè caldo e un lieve conforto alla donna, che non riusciva a trattenere le lacrime.
La bambina, invece, se ne restava in silenzio, in disparte.
La ricordava, era seduta sulla poltroncina, con le mani congiunte sopra la gonnellina nera, e lo sguardo fisso verso le sue scarpe, anch’esse nere, lucide.
Quando alzò gli occhi, essi si posarono sul suo viso, e ricordò che rabbrividì.
Ricordò che in mezzo al petto della bambina poggiava un ciondolo.
Un ciondolo …
Quel ciondolo …
“Dean ….”.
Aveva lo sguardo assorto e fisso sull’oggetto che aveva tra le mani, che neanche si accorse che il fratello lo aveva raggiunto e che ora gli scrollava la spalla per risvegliarlo dai suoi pensieri.
“Sì?”. Prima che Sam potesse vederlo, mise il ciondolo in tasca, velocemente, e sfoggiò un sorriso.
“Trovato nulla?”.
“Ehm … no, niente, ho cercato ma nulla, solo sangue e tappezzeria macchiata.”. Si grattò la nuca, e posò lo sguardo alla pozza di sangue secco ai suoi piedi.
Sam sospirò abbattuto. “Torniamo al motel, io non ho trovato nulla che possa collegare la morte di Damien con la scomparsa di Lys.”.
Dean annuì, e così uscirono dalla casa, dalla porta posteriore.
 
“Lyyys …”.
Non doveva ascoltarla.
Continuò a passare la spazzola sulla canotta, non prestando attenzione alla voce che parlava nella sua testa.
“LYS!”.
Sobbalzò alzando lo sguardo dal lavandino, e vedendo dietro sé la bambina.
“Vai via …”. Era totalmente shockata.
L’ultima cosa che si ricordava era che stava tremando nell’angolino di quella tomba al cimitero.
Ora invece si trovava in una casa, abbandonata, che per fortuna aveva l’acqua corrente e la luce.
Aveva un vuoto totale, se cercava di ricordare qualcosa glielo impediva.
Era come … se l’azioni che aveva compiuto non fosse stata lei a farle.
Non ricordava per niente di essersi presentata alla porta di quel uomo.
Non ricordava che lui l’aveva fatta entrare e che quel gesto fu solo uno sbaglio per l’uomo.
Non ricordava che prima, di andare lì, aveva preso dei chiodi da un ferramenta.
Non ricordava che … con uno scatto aveva brutalmente crocifisso l’uomo sulla parete del soggiorno, conficcandogli i chiodi nelle mani e nei piedi lentamente.
Non ricordava che gli aveva tagliato la lingua per non farlo urlare e attirare l’attenzione dei vicini.
Non ricordava affatto che aveva provato gusto a far ciò.
Tremava come una foglia, e il suo respiro era irregolare.
“Non posso andare via, Lys. Io sono in te, non può scacciarmi.”.
Si voltò di colpo, mollando la spazzola nel lavabo.
La guardò con odio.
“Non ricordi niente vero? è ciò che la tua testolina sta pensando vero?”. Ridacchiò, divertita dallo stato psicologico della ragazza.
“Cosa mi hai fatto stronza?!”. Ringhiò a denti stretti quelle parole, stringendo un pugno.
“Io? Nulla mia cara, hai fatto tutto tu … io … ho solo dato l’input di uccidere quel uomo … poi il resto … è tutta opera tua …”. Sul suo viso, apparse un sorriso maligno.
Lys si mise le mani nei capelli.
“Mi cercheranno … la polizia ora mi cercherà … Sono fottuta.”.
Iniziò a camminare per la stanza, entrando in panico.
“Lys … non fare così … questo è solo il primo omicidio che compirai ”. Con quella che sembrava una inquietante promessa, sparì dalla sua vista.
La ragazza sbarrò gli occhi.
Si guardò allo specchio.
Nei suoi occhi, l’immagine indelebile del uomo che aveva torturato.
A fatica, si trascinò in una stanza, una stanza da letto.
Arrivata vicino al materasso, si lasciò andare su di esso a peso morto.
Avrebbe voluto che tutto quello fosse un incubo.
Avrebbe voluto che tutto quello non fosse reale.
Si addormentò, mentre tutto fuori taceva.
  
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