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Autore: sayuri_88    17/05/2012    6 recensioni
Quando un compito ti può cambiare la vita.
Dal capitolo 1:
« Cullen, Swan! In coppia ».
Nello stesso momento due persone, un ragazzo e una ragazza, alzarono la testa di scatto e guardarono la professoressa con occhi sbarrati, come se davanti a loro avessero il demonio in persona.
La professoressa ignara della reazione provocata, camminò tranquillamente verso la ragazza mora poggiando un bambolotto sul suo tavolo. [...]
« Per le prossime due settimane sarete i genitori di questa tenera bambina » annunciò sorridente la donna continuando poi il suo giro.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Eccomi! Scusate il ritardo, ormai ci avrete fatto il callo con me^^ Questo è un capitolo di passaggio, non succede molto più che altro ho dato più spazio ad Alice e Jasper, alla fine sono i coprotagonisti : ) quindi per quelli che amano la coppia Alice/Jasper spero piaccia.

Se vi interessa, ho scritto una nuova storia 
"La musica nel cuore" è terminata 4 capitoli, e un extra in arrivo. Se vi interessa fateci un salto. Vi lascio un piccolo spoiler:

« Senta… » iniziai raccogliendo tutto il coraggio « io avrei un paio di gruppi che vorrei davvero lei sentisse » ma mi bloccai quando vidi il suo sguardo esasperato mentre poggiava la tazza di caffè sul tavolo di vetro. Il rintocco che ne seguì risuonò come una marcia funebre nella mia mente.
« Ho i postumi della sbornia, sette linee telefoniche che suonano e una ragazza che non capisce che è stata solo una questione di una notte… »
«Ho afferrato il concetto » lo interruppi incassando il colpo e dandogli le spalle feci per uscire dalla stanza.
« Swan, » mi richiamò e io mi voltai speranzosa. 
Il mio capo mi squadrò da capo a piedi prima di dire « sei carina » commentò facendomi arrossire, tanto da assomigliare a un peperone, a causa del complimento inatteso e soprattutto per l’inopportunità della cosa. « Slacciati un bottone e ti faccio partecipare alla scelta mattutina dei nomi ».
Lo guardai come se fosse pazzo e sperai con tutta me stessa di aver capito male.
« Un bottone e una canzone » ripeté confermando che avevo capito bene la sua richiesta.

Ho detto tutto. Buona lettura!

 

Capitolo 7 .

 


Come c'era da aspettarsi quel pomeriggio gli spartani della Fork High School sconfissero i loro avversari grazie ai tre punti fatti dal loro capitano, Edward Cullen, fatto ai tiri liberi dopo che uno degli Atheniangli era andato addosso volontariamente.
Edward era soddisfatto ed esultava mentre i suoi compagni lo issavano sulle spalle portandolo in giro per la palestra. Il ragazzo scrutò gli spalti alla ricerca di una ragazza minuta e dai capelli castani. Allargò il sorriso quando cedette di averla vista, per poi diminuire quando comprese che non era lei. Poi perché la cercava, si chiese.
Isabella era scomodamente seduta su una panca di ferro con l'impermeabile e un ombrello giallo canarino a fianco di Alice a guardare Jasper Whitlock giocare a calcio.
« Quanto manca? » chiese all'amica che con gli occhi che brillavano, seguiva ogni gesto del suo begnamino. Alice sbuffò e trucidò l'amica.
« Lo stesso di quando me lo hai chiesto due secondi fa ».
Isabella si accigliò e tornò a guardare il campo dove i giocatori ignari della pioggia continuavano a rincorrere quella stupida palla che a ogni colpo alzava una miriade di schizzi.
Isabella sospirò stanca, era lì da più di un'ora e da mezz'ora diluviava. Voleva tornare a casa ma lì c'erano Sue e Charlie che si godevano la loro giornata romantica.
La sua mente tornò a vagare in ogni direzione nella speranza di far passare più velocemente il tempo. All’inizio leggeva ma quando la pioggia aveva iniziato a cadere, le aveva tolto quel piacevole passatempo. Ricordò quella mattina quando aveva aspettato Cullen fuori dall’aula in attesa che uscisse. Il cuore gli si gonfiò nel petto per quello che era riuscita a fare. Lei sarebbe andata a Washington senza dover badare a scocciature superflue e Cullen avrebbe giocato la sua partita.
L’occhio le cadde sul biondino che cercava di superare un avversario e si ritrovò a chiedersi perche Jasper non facesse basket con l’amico, almeno lei sarebbe potuta stare all’asciutto e al riparo dalle intemperie. Cullen stava giocando in quel momento e chissà come stava andando...  pensò prima di essere strappata con brutalità dalle sue supposizioni.
« O mamma, hai visto? Jasper ha fatto goal! » il grido acuto dell’amica la colse alla sprovvista e per poco non fece cadere l’ombrello per lo spavento.
Alice saltellava sul posto, facendo vibrare tutta la panca, ma non solo lei tutti urlavano e si dimenavano. Perché non si davano una calmata? Avevano solo buttato la palla in una rete non avevano risolto il problema della fame nel mondo!
Isabella si ritrovò a pensare perché nelle sue garedi decathlon di matematica e scienze non c’era tutto quell’entusiasmo.
Con rammarico dovette ammettere che la popolazione americana stava regredendo allo stato di australopiteco.
Quaranta minuti dopo finalmente Isabella poteva alzarsi da quella scomoda panca e correre a ripararsi sotto la grondaia del bar del centro sportivo.
Si accomodarono a uno dei tavolini e ordinarono qualcosa di caldo da bere e qualcosa da mettere sotto i denti.
Solitamente, finita la partita, se ne andavano ma quel giorno la pioggia era così insistente che le ragazze preferirono aspettare che si calmasse, il Chevy di Isabella non ispirava molta fiducia ad Alice. Solitamente usavano la macchina di Alice ma quel giorno era stata requisita dai genitori che erano parti per il weekend costringendole quindi a usare il buon vecchio pick up.
All’interno del locale c’era un gran chiasso e gente che entra e usciva, quelli  che sul campo erano stati rivali in quel momento parlavano tranquillamente della partita e si complimentavano a vicenda. Anche Alice non faceva che parlare della partita, solo che parlava di un solo giocatore e quello che diceva non aveva nulla a che fare con lo sport, anche lei odiava il calcio, il basket e tutto il resto ma la presenza di Jasper era un buon motivo per convincerla a sorbirsi un’ora e mezza e poco più di ragazzi sudaticci e muscolosi che rincorrevano e calciavano una palla dentro a un grande cesto conficcato nella terra.
« Dobbiamo andare se non vuoi incontrare Jasper… oh troppo tardi » mormorò vedendo il ragazzo entrare nel bar assieme ad altri due ragazzi con i loro borsoni appresso.
« Oddio, nascondiamoci » bisbigliò Alice chinandosi sotto il tavolo e lasciando spaesata Isabella che non sapeva che fare. Alla fine prese il menù e lo mise davanti al viso.
« Alice… si può sapere che vuoi fare? » bisbigliò irritata, tanto si sentiva ridicola in quel momento. Abbassò il menù lentamente e sbirciò il punto in cui aveva visto il ragazzo. Non c’era più e così la ragazza abbassò completamente il quadernetto. Purtroppo in quel modo vide diversi sguardi puntati su di loro e piegando solo il capo cercò di guardare l’amica sotto il tavolo. « Alice torna su mi stai facendo fare un figuraccia » in cambio Alice le pizzicò un polpaccio facendola sussultare e facendole pestare il ginocchio contro il tavolo. Alice sbucò da sotto il tavolo e fulminò l’amica. Isabella alzò ancora il menù, impettita mentre con una mano si massaggiava la parte lesa.
Alice gliela avrebbe fatta pagare in qualche modo.
« Shhh… dimmi quando se ne va ed esco » bisbigliò in risposta l’altra, « se mi vede chissà che penserà, mi denuncerà per stalking! » la sentì lamentarsi. Isabella non poteva dargli tutti i torti.
Alice intanto cercava di farsi ancora più piccola di quello che era. Doveva nascondersi proprio sotto il tavolo? Certo, c’era una tovaglia di carta ma non era abbastanza lunga da nascondere la ragazza.
« Il tuo geniale piano rischia di attirare l’attenzione su di noi che evitarla lo sai, vero? » obbiettò ancora senza staccare gli occhi dalla lista dei panini.
E a sostegno della sua tesi arrivò una voce ben conosciuta.
« Isabella? Ciao, anche tu qui? »
Jasper non l'aveva vista e se Isabella non avesse fatto tutto quel rumore sarebbe andato dritto per la sua strada.
« Ciao, Whitlock, » esordì Isabella con un sorriso a trentadue denti. Alice s’irrigidì e trattenne anche il respiro con la speranza che lui non si accorgesse di lei. Speranza vana.
« Alice? Sei tu? » per lo spavento, la ragazza pestò la testa sul tavolo ed emise un verso di lamento. Si massaggiò la testa dolorante e nel farlo sfilò una forcina che le fece venire un'idea.
« Trovata! » esultò con falso entusiasmo. Isabella abbassò lo sguardo a cercare quello dell'amica per capire cosa avesse in mente.
« Ho trovato la forcina » disse Alice appena uscì dal nascondiglio. Si raddrizzò e cercò di ripulirsi dalla polvere e briciole che sporcavano il pavimento. Avrebbe dovuto chiamare il servizio sanitario.
« Jasper, ciao » disse rivolgendosi finalmente al ragazzo che non la smetteva di squadrarla da capo a piedi. « Ehm… bella partita oggi. Ve la siete guadagnata la vittoria ».
« Oh grazie. Non sapevo che t’interessasse il calcio » disse sinceramente stupito. Ricordava di come la ragazza si rifiutava di fare qualsiasi tipo di sport durante l’ora di educazione fisica. In definitiva non gli sembrava un’appassionata di sport.
« Infatti, cioè non sono una esperta ma mi piace, forse perché lo segue papà e mi ha appassionato ».
Isabella pensò che l'amica si era salvata per il rotto della cuffia.
« Anche a te piace il calcio? » chiese Jasper a Isabella.
« No, accompagno solo Alice. Lo ritengo uno sport inutile e stupido come il basket del resto » affermò schietta, senza peli sulla lingua, la ragazza. Jasper sghignazzò divertito dalla sua schiettezza. Poteva capire il suo amico che ogni volta che parlava di lei dava di matto. Edward non amava essere contraddetto da nessuno, specialmente da una ragazza, e lei sembrava essere nata apposta per irritarlo. Chissà che combineranno durante la gita?, si domandò mentre chiedeva se fossero pronte per la partenza. Il discorso si chiuse presto, Jasper doveva tornare dai suoi amici e gli argomenti di cui parlare erano pochi, visto il loro stato di semplici compagni, quasi estranei l’uno all’altro.
« Bene, allora ci vediamo domani mattina. Isabella, Alice ».
« Certo, buona continuazione » lo salutò Alice sorridendo a trenta due denti. Isabella non sapeva se vomitare o essere felice per lei.
« A domani » fu la risposta frettolosa della mora quando ormai il ragazzo si era girato per tornare dai suoi compagni che nel frattempo avevano preso posto a un tavolo.
 
Il giorno dopo, alle sette di mattina, l'aeroporto era semideserto, le grida che si sentivano erano quelle dei suoi compagni esaltati per la partenza. Anche Isabella lo era, avrebbe avuto l'opportunità di visitare il cuore pulsante della nazione. Alice invece era ancora mezza addormentata. Seduta su una delle sedie di attesa con la testa poggiata sulle mani e si guadava attorno con fare assonnato.
« Isa, possiamo parlarne dopo che sarò riuscita a dormire almeno per otto ore filate? » borbottò supplichevole dopo che l'amica si era messa a raccontare la storia di un altro dei luoghi che avrebbero visitato. Come faceva la sua amica a essere così pimpante di prima mattina proprio non riusciva a capirlo.
« Alice, ma come fai ad essere così passiva? Stiamo andando a Washington! Ho sempre sognato andarci... ».
Ma l'amica già non la ascoltava più, aveva chiuso gli occhi e se non fosse stato per il richiamo del professor McCarty si sarebbe addormentata.
« Bene, il preside Morrison vi ridarà la vostra carta d'identità e poi venite da me che vi consegnerò le carte d'imbarco ».
La voce del professore aveva richiamato anche Isabella che smise di preoccuparsi del viaggio per ascoltare con un sorriso ebete l'uomo che con la sua intelligenza e atteggiamento aveva rubato il suo cuore di adolescente.Solo in quel momento si accorse di una donna, bionda, occhi azzurri e veramente bella che parlava con il suo professore. Era Rosalie Hale, l'assistente sociale che era a capo del progetto in cui era rimasta incastrata con Cullen. Non l'aveva vista molto spesso, sapeva solo che la si poteva trovare durante l'ora di pranzo e dopo la fine delle lezioni nell'aula professori. Li aveva caldamente invitati ad andare da lei se mai avessero avuto bisogno di qualcosa. La mora per principio non ne aveva mai usufruito ma sapeva che qualcuno era andato da lei.
Isabella si guardava attorno fino a che non vide Cullen circondato dai suo amici che lo ascoltavano come se fosse un profeta mentre esaltato, raccontava della vittoria di sabato. Le sue parole erano accompagnate da esclamazioni di stupore e di esultanza.Isabella si preoccupò quando non vide Renesmeé ed era già pronta ad urlagli contro quando il vagito sempre più insistente del bambolotto bloccò ogni sua azione. Vide Edward sbuffare spazientito e avvicinarsi alla panca dove la bambola era sdraiata. Jasper poco distante si mise le cuffie lanciando uno sguardo spazientito all'amico.
« Scusa, amico » disse prendendo posto a fianco del ragazzo. Scocciato, si mise a cullare il bambolotto cercando di calmarlo.
« Sembra un allarme antincendio più che un pianto » disse Jasper. La sua voce risuonò più acida di quello che voleva ma a causa di quel coso non aveva dormito tutta notte. Appena era suonata la sveglia, anche se era inutile visto che entrambi i ragazzi erano già svegli, aveva rimpianto di aver accettato di fermarsi da Edward per la notte.
« Che ci posso fare devo badare a questa lagna per tutta la gita » borbottò sollevato quando la bambola smise di singhiozzare poco alla volta.
« Ti avviso, se questa notte non riesco a dormire preparati a passarla nel corridoio ».
« E dai, amico, un po' di compassione » disse l’altro, anche lui stanco per la notte in bianco passata a cercare di calmare la bambola. Solo per miracolo aveva scoperto che se messa sotto il sistema di areazione del piano cottura si calmava. Peccato che lo aveva scoperto mezz’ora prima della sveglia.
« Ieri ho avuto la partita… »
« Guarda che anche io ho giocato ieri » ribatté l’altro accigliato. Già, Edward era rimasto male quando il ragazzo gli aveva detto di aver incontrato Alice e la Swan. Perché era andata a vedere Jasper e non lui? Loro nemmeno si parlavano!
Il suo sguardo corse alla ragazza, seduta vicino alla sua amica, passavano così tanto tempo assieme solo loro due che più di una volta aveva pensato che fossero lesbiche. Poi aveva scoperto che Isabella aveva una cotta per il professore bellimbusto e aveva dovuto accantonare quell’idea.
« Edward, il professore ti ha chiamato » la voce dell’amico lo riportò alla realtà e con Renesmee nella fascia porta bebè prese il suo biglietto e sistemò la sua valigia sul nastro.
« Signore, quello… » iniziò esitante la hostess mentre guardava con occhi sbarrati il bambolotto. « Non sapevamo che ci fosse un bambino… »
« Questo è il mio bagaglio a mano ».
« Ma è un bambino! È suo figlio » obbiettò sorpresa la donna. Anche i suoi colleghi smisero di fare il loro lavoro per osservare la scena.
« Non vede che è un bambolotto, un giocattolo? »
« Oh… ecco mi spiace solo che insomma lei è un ragazzo… »
« Senta è uno stupido progetto scolastico e per un’altra settimana devo fargli da padre. Posso andare ora? ».
« C… certo, mi scusi, solo che è così realistico » balbettò imbarazzata « Buon viaggio Signore » lo salutò dedicandosi al ragazzo successivo. Dietro di se trovò Jasper, Isabella e la sua amica che lo guardavano divertiti.
« Oh… piantatela » borbottò sistemando la bambina e incamminandosi verso l’imbarco.
 
« Che posto hai? »le chiese Alice una volta che anche lei ricevette il suo biglietto. Sulle labbra una risata per la scena di Edward Cullen.
« Trenta B, dovrei essere in uno dei posti centrali, tu? ».
« Trenta D, possiamo chiedere a quello che ha il posto C di fare cambio » propose Alice mentre si incamminavano verso il Gate.
Per raggiungere il loro aereo dovevano prendere un bus e fare i pochi metri che separavano dall'aereo sotto una pioggia grondante.
Isabella e Alice nonostante l'ombrello si ritrovarono bagnate come due pulcini a causa dell'acqua che gocciolava dall'ombrello dei ragazzi davanti a loro. Era una catena, quello davanti bagnava quello dietro e così via. Probabilmente tutti stavamo maledicendo la compagnia aerea per aver messo la tettoia solo davanti alla porta.
« Odio la pioggia, guarda i miei capelli! Sono una massa informe e orribile » si lamentò Alice cercando di appiattirli.
« Alice, sono a posto, fatti una coda se proprio ». L'amica sbuffò sconsolata ma seguì il consiglio dell'amica.
Salutarono l’hostess che cordialmente dava loro il benvenuto e si misero in coda cercando il loro posto.
« Ventotto, ventinove, ahi...» il lamento dell’amica le fece alzare il visodal suo biglietto e così si ritrovò davanti Cullen che guardava infastidito Alice che intanto si massaggiava il naso.
« Guarda dove vai, Brandon » la richiamò iniziando a cullare il bambolotto legato al petto che aveva iniziato a singhiozzare.
« Ed, mica lo ha fatto apposta »lo contestò Jasper spuntando alle spalle del ragazzo.
« Ha fatto piangere Renesmee » ringhiò infastidito.
« Scusa, non ti avevo visto » mormorò Alice imbarazzata. Il ragazzo non la ascoltava, sistemò lo zaino nel portabagagli e rivolse alle sue compagne uno sguardo scocciato.
« Certo, ora scusa dovrei sedermi » disse lasciando spiazzate le due ragazze. Alice fece un passo indietro e il ragazzo ignorandole prese posto vicino al finestrino.
Qualcuno lassù le voleva male perché non era possibile!
Perché tra tutti i compagni Cullen doveva essere il suo vicino?
Riluttante prese posto accanto al ragazzo che le guardò con un sopracciglio alzato.
« Che c'è hai cambiato idea e ti occuperai del bambolotto? »
« No, questo è il mio posto, purtroppo. E no ti arrangi con Renesmee. Sono gli accordi » lo bloccò prima che il ragazzo potesse dire solo " a ". Recuperò una delle riviste davanti a lei e iniziò a leggere.
« Che posto hai Alice? » chiese garbato Jasper ad Alice.
« Trenta D ».
« Perfetto io sono il C, vuoi metterti vicino a Isabella? »
« Emh... Sì, grazie » disse accennando un timido sorriso. Era felice e preoccupata di averlo vicino. Se avesse detto qualche sciocchezza? O se si fosse addormentata e avesse iniziato a russare o peggio se gli fosse venuta la bavetta alla bocca? Non voleva nemmeno pensarci.
Prese il suo bagaglio a mano per sistemarlo sopra il sedile ma Jasper la precedette. Le rubò la valigetta dalle mani e la sistemò a fianco della sua.
Alice lo ringraziò e si accomodò al fianco dell'amica che la guardava con un sorriso sornione che sparì dopo una gomitata dell'altra. Jasper imitò la ragazza poco prima che una delle hostess passasse per consegnare cuffie e tappi per le orecchie.
Dietro di lei, c'era Rosalie Hale che stava passando da tutti i ragazzi del progetto domestico per disattivare il bambolotto in modo che non interferisca con i dispositivi di volo.
« Allora, Isabella, Edward come procede il progetto? Non vi ho mai visto dopo il primo giorno » chiese dopo aver riconsegnato il bambolotto al ragazzo, visibilmente sollevato di non dover fare pessime figure in aereo.
« Benissimo, grazie. Non c'era ragione di venirla a disturbare inutilmente il progetto procede alla grande » disse esibendosi in un largo sorriso.
La donna le riservò uno sguardo dubbioso ma che venne prontamente sostituito da un sorriso accennato.
« Il professore McCarthy mi ha detto che avete avuto una diatriba per questa gita » Isabella forzò ancora di più il sorriso. La troppa familiarità che dava al suo professore era uno dei motivi, o meglio era l’unico motivo, per cui lei si rifiutava di andare dalla bionda. Aveva delle mire sull’uomo ed era da considerare una rivale.
« Sì, ma abbiamo risolto in fondo è parte di questo progetto discutere e trovare una soluzione, come una vera famiglia ».
Edward, come gli altri due ragazzi, ascoltava il loro dialogo curioso. Alice conscia del vero motivo per cui la ragazza non andava dalla donna, Jasper perché era inevitabile non sentirle ed Edward guardava la compagna cercando di capire perché la presenza della bionda la infastidisse. La trattava come trattava lui, solo che con l'assistente nascondeva il tutto dietro atteggiamenti falsamente gentili e rispettosi. Il sorriso appena accennato, le punte delle orecchie rosse e il piede che non ne voleva sapere di stare fermo, glielo suggeriva.
« Verissimo, Isabella. Allora sarò molto curiosa di leggere la vostra relazione finale » e dopo aver augurato buon viaggio continuò il giro.
« Allora... Perché ce l'hai tanto con lei? » le chiese Edward, scivolando sul suo sedile, girando la testa verso la ragazza. Dietro Isabella poteva vedere il suo amico parlare con la tappetta ma non gli diede peso e si concentrò sulla ragazza.
« Come? »
« Con l'assistente sociale » precisò sogghignando per la finta indifferenza di lei.
« Mi hai trattato così per tutta settimana e io non ti sono particolarmente simpatico quindi nemmeno lei ».
Isabella si limitò ad alzare le spalle e a tornare a leggere la rivista troppo presa in contropiede per ribattere con qualche sua battuta pungente.
L’aereo accese i motori e iniziò a rollare agitando Alice che strinse con forza le mani di Isabella e Jasper.
« Oddio… » soffiò chiudendo gli occhi. Era sempre così, aveva paura delle partenze e degli atterraggi.
« Alice, tutto bene? » le chiese il biondo. La ragazza aveva gli occhi chiusi ed eseguiva respiri profondi per controllare l’ansia.
« Soffre le partenze e gli atterraggi » spiegò Isabella per poi cercare di calmare l’amica con parole che volevano rassicurarla.
« Sai da piccolo amavo Superman ed ero convinto di poter volare come lui e una estate ero dai miei nonni in Texas e sono salito sul tetto del granaio deciso a volare » iniziò a raccontare quel piccolo episodio della sua vita, un po' imbarazzante ma che come aveva sperato riuscì a catturare l’attenzione di Alice.
« … Fortunatamente c’era una grande palla di fieno che attutì la caduta ma non bastò dal non rompermi un braccio. Ho dovuto tenere il gesso per due mesi, una tragedia per me ».
« O ma dai è assurdo » disse lei ridendo.
« Avevo otto anni » obbiettò anche lui divertito. « Tu non volevi essere una di quelle principesse della Disney o una delle ballerine volanti? »
« Sì, ma non sono mai salita sul un tetto e mi sono lanciata di sotto con il costume addosso » obbiettò tra le risata la ragazza. Anche Isabella ridacchiò ringraziando mentalmente il ragazzo che era riuscito a distrarre Alice.
Alice, dal canto suo cercò di darsi un contegno, anche se le immagini di un piccolo Jasper vestito da superman che si lanciava dal tetto cadendo fortunatamente su una grande palla di fieno. Sapeva di non dover ridere delle sventure altrui ma proprio non ce la faceva a smettere almeno fino a che non lanciò uno sguardo fuori dal finestrino.
« Siamo in volo » mormorò stupita mentre dal osservava il cielo blu scuro e un manto di nuvole che si estendeva come un mare nel cielo.
« Grazie, Jasper » lo ringraziò con un gran sorriso una volta che si girò. Il ragazzo fece spallucce ma le fece promettere di non dirlo ad anima viva.
« Oh non ci sperare, amico » intervenne allora Edward sporgendosi oltre Isabella. « sarà oggetto di molte prese per il culo ».
« Sarà oggetto... Da quando sei così acculturato, Ed? »
« Colpa sua » e con il pollice indicò la mora. Incredibile, si disse il rosso, sapeva anche cosa volesse dire acculturato…
« Dovresti ringraziarmi. Ti ho messo un po’ di sale in zucca » rispose la ragazza sentitasi messa in causa.
« Comunque starei attento a quello che dici, se non vuoi che qualcuno venga a sapere della vacanza in seconda media ».
Al che Edward sbiancò accendendo la curiosità di Isabella e Alice.
« Edward Cullen che ha qualcosa di cui vergognarsi... Che hai combinato? » chiese Isabella alternando lo sguardo tra i due amici che erano nel pieno di una battaglia di sguardi
« Prego, slacciate  pure le cinture » la voce della hostess arrivò a interrompere la lotta e presto tutti e quattro si dedicarono alle proprie faccende.
Il viaggio durò sei ore e nemmeno due ore dopo Isabella e Alice erano diventate come due cuscini per i loro compagni che in quel momento stavano placidamente appollaiati sulle loro spalle felici di recuperare il sonno perduto.
Isabella sogghignò nel costatare quanto fosse leggera. Girò lo sguardo verso Alice che rigida come un palo di legno la ragazza guardava la testa del ragazzo come se fosse un alieno. Senza svegliarlo spinse la testa di Edward dalla parte opposta, verso la parete dell’aereo. Il ragazzo socchiuse la bocca da cui usciva il suo respiro pesante.
Isabella sogghignando riportò l’attenzione sulla biografia di Lincon quando sentì un peso sulla sua spalla. Ancora.
L’istinto di svegliarlo era tanto ma nel sonno i suoi lineamenti erano così distesi e rilassati che sembravano quelli di un angelo e così bloccò a metà strada la mano che stava per scrollarlo in malo modo e riprese a leggere la biografia.
Un’ora dopo toccò anche alle ragazze addormentarsi con la testa poggiata su quella dei ragazzi e non seppero mai, almeno fino alla fine del viaggio che il professor McCarty passando di lì aveva fatto loro una foto che sarebbe poi stata inserita nel PowerPoint che avrebbe raccontato la loro gita una volta tornati a Forks.
Alle cinque il comandante accese il microfono e informò i passeggeri che stavano per atterrare all’aeroporto ma fu l’urlo di gioia dei loro compagni di scuola a svegliare i quattro ragazzi ancora beatamente ospiti del mondo dei sogni. Una volta svegli si scambiarono sguardi spaesati ma una volta realizzato la posizione in cui si trovavano le ragazze si scambiarono una occhiata imbarazzata, Edward diede loro le spalle fissando imperterrito il finestrino e Jasper guardava con un tenero sorriso la ragazza al suo fianco che nervosa si allacciava la cintura di sicurezza.
Edward non poteva credere di essersi spalmato addosso alla Swan,ma soprattutto che questa non gli avesse sbattuto la testa contro il finestrino.
Quando arrivarono all’albero, tutti si fiondarono al ristorante, troppo affamanti per iniziare a sistemare le proprie cose. Quella sera furono pochi i ragazzi che decisero di uscire assieme ai responsabile. Solo uno non si unì, anche se controvoglia. Edward non poteva farsi vedere in gir per le strade con appresso quel bambolotto e per un momento si pentì di aver accettato l’accordo con la Swan. Come avrebbe fatto ad abbordare le ragazze? Isabella se ne sarebbe stata in albergo, perché non poteva prendersi cura lei del bambolotto per un paio d’ore?
Gli accordi sono accordi, gli aveva detto quando l’aveva avvicinata dopo il dolce.
Con un cipiglio arrabbiato guardò l’amico uscire dalla stanza per andare a divertirsi. Si sarebbe divertito anche per lui, gli aveva detto prima di chiudere la porta alle sue spalle.
Traditore...
 





Allora? Che mi dite? Spero di leggere un vostro commento e ringrazio le magnifiche ragazze che hanno recensito o scorso capito e chi ha inserito la storia nelle seguite, preferite e ricordate e chi legge in silenzio.

 

   
 
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