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Autore: FederchiccaS    17/05/2012    3 recensioni
Questa è la storia di mio zio Giovanni, morto all'età di 15 anni. Volevo ricordarlo con questa storia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO

Era il 10 giugno 1960, mi svegliai di malumore forse per aver dormito poco la notte passata. Mia madre mi venne a portare la colazione. Era il mio compleanno. Mamma mi disse che saremmo andati a mangiare a casa di una sua amica, che naturalmente io non conoscevo, questo mi fece arrabbiare e le urlai contro:” Com’è possibile che io a quattordici anni devo ancora andare dalle tue amiche? Ho quattordici anni mamma! Sono una donna ormai!” Mia madre mi guardò con il suo sguardo e io capì che dovevo tacere e obbedire. A mezzogiorno ero pronta, pronta per il “divertimento”. Salì in macchina e mi fece le solite raccomandazioni non fare la stupida, non fare troppe domande e tutte le solite raccomandazioni che fa una madre. Appena arrivammo mi trovai davanti a un rudere coperto di edera, esitai a scendere dall’auto ma dovetti farlo per forza. Entrai in casa e trovai una festa con tanto di cartellone “AUGURI FEDERICA”, odiavo quel nome, preferivo cento volte il soprannome che tutti mi davano, Chicca. Tutti mi fecero gli auguri, non guardai in faccia nessuno, quando si avvicinavano e mi dicevano “Auguri!” io guardavo per terra o fissavo il soffitto. La padrona di casa, Gina, ci fece sedere e mi obbligò a sedermi  capo tavola, cosa che odiavo. Seduta in quel posto riuscivo a vedere tutti gli invitati: mamma, papà, mio fratello Lorenzo, Gina, la padrona di casa, suo marito Secondo e tutti gli altri amici di mamma e di Gina. I due coniugi avevano anche un figlio, che non avevo neanche visto, doveva chiamarsi Giovanni se non ricordo male, ma non l’avevo ancora visto, oppure mi aveva fatto gli auguri ma non ci avevo fatto caso. Mangiammo tantissimo e quando arrivammo alla torta non riuscivo neanche ad alzarmi dalla sedia talmente ero piena, in quel momento avrei voluto solo andare sul divano e farmi una serena dormita. Forse invece di soffiare le candeline avrei preferito vomitarci sopra, almeno mi sarei tolta il peso di tutto quello che avevo mangiato. La torta era veramente bella, l’aveva fatta mia mamma: era fatta a strati di cioccolato e fragole ricoperta di panna, mi ci sarei tuffata dentro. Si spensero le luci e si accesero le candeline e iniziò la canzoncina:” Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri Federica, tanti auguri a te!” Risi e nonostante tutto ero contenta di quella festa. Quando soffiai le candeline mia madre mi diede il regalo: era un po’ pesante e lei sorrise, forse sapendo che ne sarei rimasta entusiasta, lo aprì... era una RICOH AUTO-35 una delle macchine fotografiche più belle in circolazione. Saltai in braccio a mia mamma urlando come una pazza, andai anche da papà, sapevo che me l’aveva comprata lui dopo il suo viaggio che aveva fatto negli Stati Uniti, continuavo ad urlare, quello era uno dei più bei regali che abbia ricevuto in tutta la mia vita. Iniziai a fotografare tutti e tutto, i miei sapevano che per me fare fotografie era più che una piccola passione, era un po’ come esprimere me stessa. Tornata a casa la sera e volevo subito sviluppare le foto, quindi papà mi promise che il giorno dopo sarebbe andato dal fotografo.
Il giorno dopo mi svegliai tardi e trovai sul comodino del mio letto una busta con dentro tutte le foto sviluppate e pensai “grazie papà”. Scesi, ormai per pranzare, e mio padre mi chiese se avevo già visto tutte le foto, ma siccome non ne avevo ancora avuto tempo mi affrettai e andai su a prendere per vedere che foto avevo fatto. Ce n’erano tantissime: la torta mezza mangiata, Gina e suo marito, mamma e Lorenzo, papà e a Gina e altre... Mi colpì una foto con un ragazzo in particolare: Giovanni, il figlio di Gina. Non mi ricordai di aver fatto quella foto, ma il soggetto era talmente splendido che rimasi due minuti a fissarle la fotografia. Andai giù, di nuovo, e chiesi a mia madre se quello era Giovanni, e lei mi rispose:” Certo Chicca! Non ti sei accorta che è stato con noi ieri sera? E’ il figlio di Gina!” io capì di non averci fatto caso a lui e annuì semplicemente alle parole di mamma. Quel ragazzo era bellissimo: occhi marroni, capelli dello stesso colore che arrivavano a metà collo, aveva delle sopracciglia perfette. Insomma era perfetto lui così com’era. Iniziavo a chiedermi perché la sera non l’avessi notato. Giovanni… pensai di poter usare la scusa di invitare qui Gina per ricambiare il favore, infatti ero intenta a farlo.
Il giorno seguente andai con aria insolita da mamma e iniziai a parlare di Gina inventando frasi come: “Mamma sai, Gina è stata molto carina a invitarci, quindi… Non è che la possiamo invitare anche noi? Cè lei e tutta la sua famiglia, Giovanni e Secondo intendo” lei mi guardò e disse:” Hai ragione Chicca, potremmo invitarli. Prendi la rubrica dove ho segnato tutti i numeri.” Io in quel momento ero esaltatissima e feci come mi aveva chiesto e corsi a prendere la rubrica e lei andò verso il telefono,  gli passai il quadernetto e digitò il numero, in quei due o tre minuti mi batteva il cuore a mille e a un certo punto mia madre disse:” Pronto? Ciao Gina sono Marina, ascolta ho avuto un’idea: non è che magari domani o un giorno di questi potreste venire tu, Secondo e Giovanni a casa nostra a mangiare?” lasciò il tempo a Gina di rispondere e subito dopo disse:” Ah, va bene, allora ci vediamo Lunedì prossimo?” “Va bene allora è deciso! A Lunedi  cara!” Impaziente chiesi a mia mamma:” Allora? Allora? Allora?” e lei:” Vengono Lunedì prossimo amore, suppongo che dovremmo aspettare ancora un po’! Dai oggi è Domenica, Lunedi 20 vengono qui, non manca molto!” io un pochino sclerata le dissi:” Ma perché non possono venire domani?” e lei” Perché Secondo e Giovanni vanno una settimana a Londra perché Secondo ha degli impegni di lavoro e Giovanni lo vuole accompagnare.” Io allora le dissi:” Va bene, adesso vado in giardino a provare la macchina fotografica, mi sembra che il sole oggi abbia una bellissima voglia di spendere.” Iniziai a fare foto a ogni cosa per svagarmi, anche se un po’ mi dispiaceva che Giovanni dovesse partire. Intanto restai, tutta la settimana seguente, davanti alla sua foto, con ammirazione.

  
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