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Autore: WBJK    20/05/2012    2 recensioni
Tutti i trekker del mondo hanno cercato di immaginare le conseguenze di una certa fusione mentale. Questa è la mia versione, spero che vi piaccia. Spoiler per "Requiem per Matusalemme", TOS.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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 “Diario di bordo, data stellare 5843.8. Abbiamo completato la nostra missione e abbiamo la ritalina pronta per combattere l'epidemia a bordo dell'Enterprise. Ma abbiamo anche scoperto il segreto del nostro benefattore. Egli ha creato la donna perfetta. L'unico difetto... non è umana.”

Kirk non ricordava alcuna donna perfetta. Molto, molto preoccupato attinse al diario visivo di bordo. La registrazione del suo alloggio gli diede finalmente la risposta che cercava.

C'è un uomo molto vecchio e solo e c'è un uomo giovane e solo. Abbiamo dato un ben misero spettacolo di noi, vero? Se solo potessi dimenticare...” Kirk aveva poggiato la testa sulle mani intrecciate addormentandosi di colpo. Dopo un breve scambio di battute con McCoy, che aveva espresso lo stesso desiderio prima di lasciare l'alloggio, Spock si era avvicinato al Capitano e aveva eseguito una fusione mentale.

Dimentica”.

“Oh, merda.” Kirk vacillò come se lo avessero colpito in pieno petto e cominciò a tremare. Non Spock, non era possibile. Spock era suo fratello più ancora di Sam, era metà delle sue certezze, era la mente, il braccio, una estensione di Kirk... Aveva in lui una fiducia totale, era pronto a rischiare tutto, lo aveva fatto, era sicuro di lui come di sé stesso, e ora si vedeva manovrato come un burattino dal telepate, l'unico nell'intero universo al quale si era aperto completamente, serenamente, certo che non avrebbe approfittato della sua posizione. Invece la sera prima Spock aveva usato il suo potere per passeggiare a piacimento nei suoi pensieri, cancellandone alcuni, preservandone altri, a suo unico e incontestabile giudizio, mentre non poteva opporsi! Che cos'altro aveva cancellato? In che modo invece l'aveva suggestionato? Per cosa, poi? Perchè non riteneva che avesse le palle sufficienti per superare anche quest'altro improbabile amore? Chi diavolo era per permettersi il paternalismo? Kirk si sentiva violato e impotente come quando Tristan Adams aveva usato su di lui il neutralizzatore neurale, profondamente offeso, sminuito.

Tradito, e non riusciva ad immaginare un tradimento peggiore.

Rimase in silenzio a lungo ad osservare il fermo immagine sullo schermo, ricorrendo a tutto il suo addestramento per impedire che la rabbia gli dettasse le mosse successive. Non era solo un tradimento personale, era un problema di comando: le capacità telepatiche di Spock, che fino ad allora erano state salvifiche, ora si rivelavano un pericolo. Kirk non poteva permettere che la confidenza tra lui e il Vulcan lo esponesse al rischio di essere manipolato.

La situazione doveva essere affrontata immediatamente, tanto peggio se avrebbe momentaneamente distratto i due ufficiali maggiori dal comando della routine.

“Kirk a ponte. Tenente Uhura, assuma il comando. Signor Spock, mi raggiunga subito nella sala riunioni.”

“Sì, signore”

Diciannove minuti, trentuno secondi. Spock non fu deluso dal suo Capitano. Il conto alla rovescia era finito, e con esso erano finiti i colori, il dono più prezioso che avesse ricevuto in vita sua. Ora tornavano gli assi cartesiani, le griglie, le tabelle in cui catalogare nozioni prive di meraviglia e bellezza, il bianco e nero.

Kirk lo aspettava al centro del tavolo in sala riunioni, le mani intrecciate, in piena modalità di comando. Spock si pose davanti a lui, le braccia dietro la schiena, nell'atteggiamento consueto. Il Capitano girò a favore di Spock il monitor sul quale ancora campeggiava il fermo immagine con un gesto che tradiva la tensione, lo indicò con un cenno del capo e parlò con una freddezza polare.

“Che cosa ha da dire?”

“Ho commesso un'azione imperdonabile.”

“Questo lo vedo da me. Quello che voglio sapere è perchè.”

“Jim...”

“Non mi chiami Jim! E' evidente che per lei sono meno di un diavolo di sabbia denebiano. Ha stuprato la mia mente, maledetto bastardo!”, gridò improvvisamente alzandosi, poi, con uno sforzo infinito, si ricompose. Spock era istintivamente arretrato, colpito dall'esplosione non meno che dall'insulto.

“Primo Ufficiale”, l'uso del titolo ferì intimamente Spock, ma riuscì a mantenere il volto inespressivo. “Questa registrazione è sufficiente a convocare una Corte Marziale dalla quale di certo non uscirà indenne come dalla messa in scena dei suoi amici Talosiani. Mi dica per quale motivo non dovrei farlo.”

“Non ho nessuna scusante per quello che ho fatto. Accetterò incondizionatamente ogni punizione vorrà comminarmi.”

Kirk sentiva la rabbia montare di nuovo davanti all'apparente indifferenza del Vulcan. Si costrinse a mantenere il controllo stringendo i denti fino a farsi male. Ne ricavò solo l'inizio della madre di tutte le emicranie e decise di cambiare tattica.

“Spock”, tornò al nome proprio per raggiungerlo oltre l'impenetrabilità vulcaniana. Parlò lentamente, a voce bassa “potrei convocare la Corte Marziale in questo momento. Glielo sto chiedendo, almeno questo glielo devo. Come lei lo deve a me.”

“Mi assicura che rimarrà strettamente confidenziale?”

“Non è nella posizione di porre delle condizioni. Mi dica semplicemente, per favore, perchè.”

“L'educazione vulcaniana è rigida, Capitano...”

“Non le ho chiesto la storia del suo pianeta.”

“Mi ha chiesto un movente, Capitano”. Spock piegò leggermente la testa di lato come faceva di solito quando puntualizzava. “La comunicazione verbale non è particolarmente efficace laddove non si occupi di questioni tecniche, e lei ha diritto alla più esaustiva delle testimonianze.” Spock manteneva pervicacemente l'atteggiamento più vulcaniano che avesse, ma nel guardarlo Kirk notò un leggero tremito delle labbra e, per tutto quello che sapeva del suo amico, non riusciva ancora a definirlo in altro modo, ora era certo che la sua imperturbabilità era una menzogna.

“Vada avanti”, gli disse stancamente, e affondò la testa nelle mani. Voleva solo che la cosa finisse.

A sua volta, Spock cedette all'angoscia. Inconsciamente si afflosciò come se si sgonfiasse nella sedia di fronte a Kirk senza attenderne il permesso, e intrecciò le mani lasciando gli indici estesi, nel suo atteggiamento di massima concentrazione. Perso nella sua rabbia, nella sua stanchezza, il Capitano se ne accorse appena, ma suo malgrado ne provò compassione.

“L'educazione vulcaniana è rigida, Capitano. Logica e spietata. Voi la trovereste probabilmente crudele, ma non c'è compiacimento in essa. Non c'è niente. E' il difficile addestramento che ci permette, infine, di guardare alle cose senza essere contaminati dalla passione. E' necessario, è la nostra via. La nostra alternativa è ripiombare nei secoli di dissennata autodistruzione, di cui il Plak-Tow non è che una pallida rimembranza.” Lentamente, ipnoticamente, la voce profonda e tranquilla di Spock riempì la sala. Al suo suono caldo, Kirk percepì distintamente la luce rossa del pianeta, battuto dal vento, il peso della maggiore gravità, la sete.

“I Vulcan tendono a trascendere le percezioni sensoriali per cercare di comprendere su un piano più profondo l'armonia delle cose, e sono sempre in cerca, soddisfatti della ricerca in sé. Noi incaselliamo, analizziamo, scorporiamo, ci concentriamo sulla struttura delle cose per impedire che le sensazioni ci controllino. Ma, come lei ha specificato, io sono un bastardo.”

“Spock, io...” iniziò Kirk, vergognandosi di sé stesso per aver utilizzato, tra tutti i possibili, proprio quell'insulto.

“La prego, Capitano.” Spock, a parte l'inusitata insubordinazione di mettersi a sedere cedendo soprappensiero al peso che portava, parlava con il suo superiore come migliaia di altre volte, esponendo dei fatti. Era la sua via, non poteva fare altrimenti.

“Bastardo è un sostantivo del tutto aderente a quello che sono. In me scorre sangue umano non meno che Vulcan. Io ho scelto di essere Vulcan ma non sono mai riuscito ad impedire del tutto che il mio lato umano provasse emozioni. Forse”, aggiunse sottovoce “è un'impresa al di là delle mie forze sopprimerlo, ed è in sostanza ironico con quanta umana testardaggine mi ci provi.”

Spock abbassò lo sguardo, ora veniva la parte difficile. Tra i due si instaurò un silenzio gravido di attesa interrotto solo dai crepitii del computer sempre in attività.

“Quando ho incontrato lei, ero sicuro che sarei stato costretto a chiedere il trasferimento. Lei era troppo giovane, troppo irruente, addirittura avventato. Troppo umano. Avevo calcolato in 98 giorni il tempo necessario perchè la nostra collaborazione si deteriorasse oltre ogni possibilità di riconciliazione. Non ho mai sbagliato tanto clamorosamente. Proprio la sua umanità ha introdotto nelle mie griglie matematiche l'imprevisto, l'azzardo, la variazione sul tema. I colori”, sospirò. “La sua amicizia, la sua completa accettazione, hanno illuminato quei colori, e per la prima volta in vita mia mi sono sentito intero.”

Kirk lo ascoltava irretito, incapace di reagire alla sorpresa. Per lui Spock stava di proposito chirurgicamente sezionando la maschera vulcaniana, e con l'aria di osservare un curioso campione organico non solo stava accogliendo la sua metà umana, ma lo stava ringraziando per questo. Se gli avesse piantato un coltello nel petto, Kirk si sarebbe sentito meno a disagio. Quanto poteva sentirsi solo, il Vulcan, se aveva dato tanto valore a quello che semplicemente si deve a chiunque?

“C'è una sola condizione, su Vulcano, che legittimamente oltrepassa la logica. E' un legame che può instaurarsi tra due persone, retaggio antichissimo di quando da guerrieri, contro appunto ogni logica, si doveva aver fede nei compagni. Io ne ho sentito parlare solo in interminabili, sterili disquisizioni di semantica e filosofia. Il termine che la definisce è T'Hy'La. La traduzione probabilmente più accurata è “comunione”, indica un legame indissolubile, addirittura metafisico. E' qualcosa di preziosissimo e infinitamente raro, e io, il bastardo, ho il privilegio di sapere esattamente cosa significa, come nessun Vulcan potrà ormai più saperlo, grazie a lei. Per questo...”

“Ha fatto ciò che logicamente riteneva di dover fare”. Kirk lo interruppe rapido, con urgenza. Aveva capito, l'offesa era svanita man mano che ne comprendeva i motivi, e l'intenzione, e più di ogni altra cosa i sottintesi. Si rifiutava di permettere che quell'unico, irripetibile risultato della parte migliore di due mondi continuasse a umiliarsi confessando infine di aver agito spinto da un impulso emotivo, meno che mai perchè lui lo aveva costretto. Non lo voleva e non lo avrebbe permesso: vedersi attraverso gli occhi di Spock era stata l'esperienza più commovente della sua vita. Doveva esserne degno.

Gli si avvicinò lentamente e gli poggiò una mano sulla spalla. Poi, guardando lontano, riprese.

“E ha sbagliato. Ha commesso un errore. Nessuno è infallibile, Spock, nemmeno lei. Tutto quello che possiamo fare è sperare di imparare dai nostri errori.”

Interruppe il contatto, si aggiustò la casacca, produsse il suo tono più perentorio di comando.

“Computer, classificare ogni registrazione e ogni riferimento relativo alla presente conversazione come riservato al comandante.”

“Eseguito”

E a Spock: “Può ripristinare il ricordo che ha cancellato?”

“Se lo desidera, sì”

Kirk considerò la cosa per un tempo che gli parve infinito, incapace di prendere una decisione. Aveva ricevuto un regalo, maldestro, magari, chi non è maldestro con le proprie emozioni? da un vulcan che pretendeva di non averne, per il quale significava aver rinnegato sé stesso e tutto quello in cui credeva: il valore del dono era incalcolabile. Non aveva scelta, neanche la voleva.

“Non sarà necessario. Mi preceda sul ponte, la raggiungerò tra un attimo”.

Spock annuì leggermente, salutò: “Capitano”, e si diresse verso la porta, a capo chino, un po' più faticosamente del consueto.

“Spock...”

Il vulcan si voltò e una nuova luce, più splendente, calda, primaverile si espanse a colorare il bianco e nero in cui era tornato. Increspò le labbra nella sua peculiare imitazione di sorriso: Kirk lo guardava, lo sguardo fiero, diritto, limpido, un antico sorriso che esprimeva complicità e gratitudine. T'Hy'La. Quest'uomo non meritava di meno.

“Mi chiami Jim”.

  
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