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Autore: Diomache    10/12/2006    18 recensioni
Come la volta notturna io t’adoro
o vaso di tristezza, grande taciturna,
e tanto più t’amo perché mi sfuggi e sembri,
tu, bella che adorni le mie notti,
più ironicamente accumulare leghe
che separano le mie braccia dalle azzurre immensità (Baudelaire)

[HOUSE/CAMERON/CHASE]

Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House, Robert Chase
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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This shouldn't happen again

Ciao a tutti!

Eccoci giunti all’ultimo capitolo!! Prima dei ringraziamenti devo concedere una piccola spiegazione a Rue Meridian perché ha ragione, dal mio scritto non si capiva bene. La risposta è nelle parole di Greg, qualche capitolo fa. Le pillole hanno causato una sorta di intossicazione (su questo mi sono documentata ma prendetelo per le pinze, di medicina non ne so nulla.. per ora…) che –secondo le mie fonti.- è abbastanza duratura e pericolosa pur interrompendone l’assunzione. Quindi Cameron pur avendo smesso di prendere le pillole assegnatagli dal medico, ha continuato a sentirne gli effetti ampliati dallo stress in cui si trovava. Spero di essere stata esauriente, mi scuso perché effettivamente dai capitoli non era esplicito, non l’ho specificato bene!

Per Dana : brava! La citazione era esattamente tratta da Shakespeare!!

Adesso passo alla parte che mi sta più a cuore, ovvero ringraziare innanzitutto i miei due maestri che- anche se non lo sanno.- mi stanno insegnando moltissimo grazie alle loro bellissime storie, quindi un bacio particolare ad Apple e Nathaniel, siete grandi! Naturalmente vorrei estendere i miei complimenti a tutti gli ottimi scrittori di ff su dottor House perché sia Cottoncandy che non, sono tutti dei bellissimi scritti!!!

Poi ringrazio tutti coloro che hanno speso alcuni minuti del loro tempo per dirmi che ne pensavano di questa storia e li ringrazio per le loro bellissime parole, vi adoro! In particolare ringrazio :Venus, Gulyuly, Meggie, irene!!, Ale87, Toru85, Martina, Apple, Artemisia89, Dana, Preziosoele, Eri-chan, Giu_chan, Hikary, Briseis e Rue Meridian… sono davvero commossa dalle vostre parole.. non so che dire se non un sincero GRAZIE!

Un ultimo, e poi la pianto, abbraccio a tutte le persone che sono rimaste deluse da TSHA (è l’ acronimo del titolo..) perché magari fan delle Cam/Chase. premetto che quando ho cominciato questa fic non sapevo che paring darle, poi però il mio cuore cottoncandy ha prevalso..

Ok, non preoccupatevi, questo sproloquio è finito, vi lascio alla conclusione della storia.

Dimentico qualcosa?

Ah, si.. recensitee!

Un bacio, alla prossima!

Diomache.

 

 

This shouldn't happen again

 

 

“this shouldn't happen again”

 “Do you think I want it to?”  

 

 

 

Chapter fifteen: Like lovers do.

 

 

 

La casa della donna era illuminata dalla prorompente luce del sole mattutino che inondava con i suoi raggi benefici l’ambiente circostante, donando un’atmosfera surreale e incredibilmente romantica.

Non era tardi, anzi, erano appena le sette eppure lei era già sveglia, abituata ad andare a correre tutte le mattine. I suoi occhi azzurri come il mare si era spalancati, aiutati anche dall’insistente luce solare che spingeva sulle sue palpebre. Lisa si alzò con i gomiti, facendo un impercettibile sospiro misto di piacere, contezza. Felicità?

I suoi occhi caddero sull’uomo, placidamente addormentato, accanto a lei.

Sorrise.

Lo aveva immaginato, sperato, sognato tante volte eppure non credeva davvero che sarebbe accaduto. Forse perché si era abituata ad inquadrare sempre tutto, a tenere ogni cosa sotto il suo rigido, ferreo controllo e nella sua visione della vita non erano certo ammessi imprevisti, contraddizioni. Sentimenti. Aveva bandito l’amore tempo fa e non pensava di poterlo riscoprire, con lui, James.

Timidamente, mosse la mano per accarezzargli i capelli, un po’ scomposti.

Un gesto piccolo, ma dolcissimo.

Con la mente ripercorse gli avvenimenti della serata precedente, incredula che un semplice imprevisto potesse cambiare letteralmente la sua vita.

Lui era rimasto a lavorare fino a tardi, era stanco e più dolce del solito, lei usciva dall’ufficio, arrabbiata per la fuga di Cameron, stanca, troppo stanca anche lei. Il suo invito a mangiare qualcosa l’aveva stupita, ma non più di tanto. Era stata a cena con parecchi dei suoi colleghi.

Ma con Wilson sarebbe stato diverso. Innanzitutto lui la faceva ridere.  Si era divertita, aveva riso quando avevano constatato che, giunti con l’auto di lei fin sotto casa sua, Wilson non aveva trovato la macchina nuova parcheggiata dove l’aveva lasciata la sera precedente. Naturalmente in tutto questo c’era lo zampino di House, lo sapevano entrambi. La serata avrebbe potuto concludersi lì, James senza l’auto non poteva portarla da nessuna parte.

Fu lì che Lisa sentì di dover fare qualcosa lei, a quel punto.

Invitò James a casa sua, invece che andare a ristorante come aveva proposto lui.

Era stata la serata più bella da tantissimo tempo. Da troppo, decisamente, troppo tempo.

Lo squillo improvviso del telefono interruppe i suoi pensieri. Si mosse immediatamente a rispondere nel vano tentativo di impedire che quest’ultimo rovinasse il sonno del suo amante, accanto a lei.

-pronto?- rispose, mentre sentiva, intanto, James svegliarsi lentamente.

-dottoressa Cuddy, mi scusi se la disturbo.- era uno dei suoi collaboratori.- volevo avvisarla, come mi aveva chiesto, che la dottoressa Cameron è rientrata.-

Cuddy annuì, attentamente. Per un attimo aveva anche dimenticato che Allison era deliberatamente ‘scappata’ dall’ospedale dove avrebbe dovuto trattenersi almeno un altro giorno intero. Quando l’aveva scoperto, dalla rabbia aveva chiesto a chiunque di avvertirla, a qualsiasi ora del giorno e della notte, se la fuggiasca fosse ritornata.

-ah, va bene.- rispose, distrattamente.- grazie, ci vediamo dopo.- chiuse la chiamata, voltandosi istintivamente verso Wilson che l’osservava, ritto su un gomito.

-buongiorno.- disse l’oncologo, sorridendo.- qualche emergenza?-

-Cameron.- rispose Lisa, sorridendo.- è tornata.-

Jimmy annuì, attirando a sé la donna di cui sempre era stato innamorato.- bene. Niente emergenze, allora.-

Cuddy sorrise, complice.- no, niente emergenze.-

Wilson la baciò, appassionatamente. E Cuddy ricambiò, con la stessa intensità, seguendo quel meraviglioso sentimento da lei bistrattato per tanto tempo e che finalmente, aveva avuto il coraggio di emergere. Si buttò di nuovo con lui tra le coperte.

Per una volta il jogging e l’ospedale potevano aspettare.

 

 

 

 

Cameron si era presa una bella strigliata. Ma non tanto terribile quando aveva immaginato tutto il personale ospedaliero. La Cuddy aveva urlato, fatto la voce grossa, sì, ma tutto era finito lì, conclusosi  con l’assegnazione di due settimane di ambulatorio extra sia per Cameron che per House. La ragazza aveva dovuto confessare chi l’aveva aiutata a scappare dal PPTH.

Ma era comunque poco. Tutti avevano assistito a scene ben più terribili e per avvenimenti anche di minore importanza; la clemenza della Cuddy era sospetta ma giustificata da quella stranissima luce, infondo ai suoi occhi blu. Molti si chiedevano che cosa fosse.

Solo un medico non aveva bisogno di domandarselo. 

Anzi, forse due.

Uno, il diretto interessato, l’altro, il più intuitivo e ficcanaso del Princenton Plaisboro Hospital.

Proprio lui stava camminando, ora, lungo il corridoio che l’avrebbe portato presso il suo ufficio, in compagnia della stessa Cameron che da oggi avrebbe ripreso a lavorare normalmente.

-ah, mi sento sollevato.- sospirò ad un certo punto.

-pensavo che le ore extra di ambulatorio ti facessero un effetto di repulsione. Come mai tutta questa contentezza?- domandò la giovane, al suo fianco.

Greg sorrise diabolicamente.- qui qualcuno si è dimenticato della sua promessa. Io non ho nessuna settimana in più da fare, cara Allison.-

Cameron si voltò verso di lui, quasi sorpresa. Era forse la prima volta che la chiama per nome. Era una sensazione bellissima e le dava un senso di calore unico.

Finalmente il tempo di House e Cameron era finito. Era iniziato quello di Greg ed Allison.

-mi dispiace.- replicò con un sorriso divertito, lei.- ma…-

-ah ah, non ci provare. -l’ammonì lui, allegro.- sei una donna d’onore, tu, che fai non mantieni le promesse? Mi avevi assicurato che se la Cuddy mi avesse dato una settimana di..-

-appunto.- questa volta fu Cameron ad interromperlo, con un sorriso malizioso.- sbaglio o sei stato proprio tu a parlare di una settimana? Io ho accettato di sostituirti per una settimana, non per due. Caro Greg.- concluse, ridendo quasi.

House si fermò, in mezzo al corridoio e Cameron con lui, qualche passo più in là.- ehi, questo è scorretto!-

-lo so.- rispose lei, divertita -  ho avuto un buon maestro. Se vuoi ti do il suo numero, è un certo House, un pazzo maniacale che gira in quest’ospedale.-

-ricordami di bastonarlo se lo vedo. Ti preferivo prima, docile e remissiva.- sbottò, alzando gli occhi al cielo.- e adesso via, fila a fare l’anamnesi del nuovo caso. E non metterci un’eternità, ti voglio nel mio ufficio tra dieci minuti!- tuonò, fingendosi arrabbiato.

Cameron annuì delicatamente e s’avviò verso la camera del paziente con il camice addosso e la cartellina in mano, sorridente ed allegra come forse non lo era mai stata.

House proseguì per il corridoio quando vide, improvvisamente, James Wilson sulla destra, parlare con un’infermiere in maniera molto concisa. Sorrise, diabolicamente, e si avvicinò all’uomo che, di spalle, non poteva vederlo. Passò, camminando distrattamente, al suo fianco e con un gesto furtivo e prettamente da House, lasciò cadere le chiavi dell’auto di Jimmy proprio nella tasca del camice di quest’ultimo.

Proseguì, quindi, con un sorriso di soddisfazione e vittoria insieme.

-ehm House..- Wilson lo chiamò un po’ distrattamente, vedendolo passare davanti a lui. Congedò l’infermiere e lo raggiunse con passo svelto.- non credi di dovermi delle spiegazioni?-

Continuarono a camminare, e Greg assunse un’aria da bambino innocente.- chi? Io? E per cosa?-

-non fare il finto tonto!- lo rimproverò l’amico.- ieri sera la mia auto non era nel suo parcheggio, come me lo spieghi?-

-e tu, ieri sera, non eri a casa tua. Come me lo spieghi?- rilanciò l’altro.

-e non evadere!- sbottò l’oncologo.- dove hai portato la mia auto?-

-io non centro nulla con tua automobile nuova!- mentì spudoratamente il diagnosta.

-avanti House tanto lo so che è opera tua! Non trovo nemmeno le chiavi,è inutile che continui a mentire, voglio sapere dove hai messo la mia auto!-

-ooh, ma sei noioso!- sbottò di nuovo.- ti sei fissato con questa storia! Scommetto che se vai a casa tua trovi la macchina parcheggiata davanti al portone e le tue chiavi sono nella tasca del camice!-

Wilson infilò istintivamente la mano nella tasca destra del camice e trovò con immensa sorpresa la chiave dell’auto. Rimase interdetto qualche secondo e House ne approfittò.- visto? Bene, archiviamo questa stupida faccenda e passiamo a qualcosa di più interessante. Allora, dimmi, come mai non eri a casa tua, ieri sera?-

Jimmy esitò un istante.- io..-

-avanti, so che è una donna. E dato il tuo stato di euforia e quell’espressione ebete che hai stampata in faccia, deve essere anche una cosa importante.- continuò a ragionare.- ergo, non è un’infermiera. E non è una dottoressa, o almeno non una qualunque.-

-House, piantala, ti stanno ascoltando tutti!-

-visto?- esclamò Greg, divertito.- questa ne è la prova. Non vuoi che ne parli in giro perché tutti la conoscono se ne dico il nome.-

-vuoi parlare più piano si o no?- esclamò, l’altro, imbarazzato, mentre ormai erano prossimi all’ascensore.

-ok. Visto che oggi sei particolarmente timido ti rendo il compito più facile. Scommetto che inizia per ‘C’.- Greg chiamò l’ascensore.- e non dirmi che è Cameron perché non è vero.-

Wilson sbuffò, spazientito, annoiato ed estremamente impacciato.

-no, aspetta- disse House fingendo di essere giunto alla soluzione solo ora. Entrambi entrarono nell’ascensore che si richiuse subito dopo il loro ingresso.- inizia con la ‘C’ e finisce per uddy?-

Wilson roteò gli occhi, distogliendo lo sguardo e deglutendo, lentamente. “maledizione!”, pensò, grattandosi il mento.

-ah, quanto mi piace quand’ ho ragione!- esclamò House, divertito, e segretamente contento per l’amico. Sapeva da tempo che l’amava e le occhiate adoranti  che Lisa lanciava all’oncologo non glie erano certo sfuggite. L’ascensore si aprì con il consueto ‘dring’ e House uscì, dirigendosi verso il proprio ufficio.

 –ehi, aspetta- la voce estremamente maliziosa di Jimmy lo fece arrestare pochi passi dopo.

Greg si voltò appena.- beh? Non vorrai mica negare l’evidenza?-

-come mai hai scartato subito Cameron quando hai pensato a qualcuno con la “C”?- chiese l’oncologo, braccia conserte, con un sorriso allegro stampato in viso.

House sembrò in difficoltà, ma fu per appena un paio di secondi.- non hai una gamba disagiata, non hai un tumore alla tiroide e non sei qualcuno che ha bisogno delle sue coccole. Non sei il tipo di Cameron.- disse infine, arrancando in maniera evidente però.

-può darsi.- ammise l’altro.- o può darsi che, dopo averla aiutata a fuggire da PPTH tu l’abbia portata da qualche parte con te. Con la mia macchina, per esempio.- non attese la risposta dell’amico per continuare.- poi, una parola tira l’altra e tu le hai confessato che l’ami, dì che non è vero.-

House si sporse con un braccio nell’ascensore, facendolo partire.- che cosa terribile la deficienza mentale, povero Jimmy, com’è stato ingiusto il mondo con te.- 

L’oncologo scoppiò a ridere e gli gridò dietro, prima che le porte dell’ascensore si richiudessero.- ah, quanto mi piace quand’ho ragione!-

E questa volta fu a House a pensare “Maledizione!”

 

 

 

 

-come va?- chiese Foreman, entrando nello studio di House, studio, nel quale c’era solamente Chase. l’australiano fece una smorfia d’indifferenza.- risponde alla cura. Il misantropo aveva ragione.-

Foreman roteò gli occhi.- tanto per cambiare. Oggi è euforico, non ti pare?- domandò il nero, prendendo un sorso dalla sua tazza di caffè.

Chase sbuffò, dirigendosi verso la finestra.- e Cameron è più euforica di lui.- decretò, con un tono un po’ apatico.

Eric sorrise, quasi intenerito.- dai, non vorrai credere alle chiacchiere che girano. House.. e Cameron? Questo vorrebbe dire che House è innamorato.  Ma ti pare? House e amore non vanno nella stessa frase. Non, senza una negazione, almeno.-

Chase fece un sorriso che risultò un po’ amaro.- hai mai visto House perdere un battibecco con Wilson?-

-ehm no.- rispose l’altro.

-fischiettare nei corridoi?-

-stai solo dimostrando che oggi è più fuori del solito, non che sia innamorato.-

Passarono in quel momento, davanti al loro ufficio, proprio House e Cameron, che stavano discutendo animatamente. Gli occhi dei due dottori si concentrarono subito su di loro, in un misto di curiosità e trepidazione.

-avevo ragione io.- diceva House in quell’istante, con uno sguardo vittorioso e superbo. Videro Cameron sospirare e mettere le mani appoggiate ai fianchi.- non mi hai fatto vedere le ultime analisi, per forza hai vinto. Hai barato!-

-ah ah, come costa perdere, eh?- ribatté Greg con un sorriso soddisfatto.- è meglio che vai a prendere i posti in mensa, non vorrei mangiare in piedi. Ordina tutto quello che vuoi ma non il pollo fritto, quello fa schifo. Eh, Cameron!- la richiamò non appena lei si fu mossa di qualche passo.- non dimenticare, i soldi, eh!-

Allison lo fulminò con lo sguardo.- non dimentico nulla. Tu muoviti, altrimenti mangio con qualcun’ altro!- rispose l’immunologa, avviandosi.

-ehi, non oserai!- le urlò dietro Greg, fingendosi offeso. Cameron si voltò, con un fare un po’ malizioso, lanciandogli un’occhiata  sensuale e di sfida insieme, per poi avviarsi velocemente verso la mensa.

Foreman e Chase, che avevano assistito alla scena, si scambiarono uno sguardo perplesso.

-visto?- esclamò l’intensivista, allargando le braccia. –dimmi quando mai quei due sono andati a pranzo insieme!-

Greg si affacciò in quell’istante dal suo ufficio.- beh? Piaciuto lo spettacolo??- i due ammutolirono e il diagnosta continuò.- oh, non fate quelle facce offese, oggi il papà porta a pranzo Cameron ma ha tante belle sorprese anche per voi! Foreman.- gli tirò il cartellino che il nero afferrò quasi per caso.- per te ho due belle orette d’ambulatorio.-

Il nero stava per replicare quando Greg si rivolse a Chase.- e per il nostro piccolo Chase ci sono tante cartelle cliniche da sistemare. Contenti?-

Foreman sbuffò, constatando mentalmente che, se anche c’era la possibilità che quell’uomo fosse innamorato, di certo nemmeno l’amore l’avrebbe cambiato, nemmeno di una virgola.

Uscì velocemente dall’ufficio, sorpassandolo e, negando con il capo, andò ad eseguire gli ordini del capo più bastardo per il quale avesse mai lavorato.

Rimasero nell’ufficio solo Greg e Chase. House fece per uscire quando il suo collaboratore lo richiamò, con un tono un po’ teso.- House.-

Greg rientrò, immaginando, da quel tono, che Robert non  volesse chiedergli semplicemente l’ora. Si parò davanti a lui, squadrandolo dai suoi 1.90 cm d’altezza.

Chase lo fissò intensamente negli occhi. Aveva perso. Aveva perso Cameron per causa sua. Avrebbe voluto ingiuriargli contro tutta la sua rabbia, tutto la sua delusione. Ma non fece niente. Aveva visto gli occhi di Allison, per tutta la giornata, lucenti come non lo erano mai stati. Sarebbe stata così felice con lui?

Sospirò e distolse leggermente lo sguardo. –vorrei solo che non la ferissi, vorrei.. che fosse felice con te- i loro occhi si incontrarono di nuovo.

House non rispose niente, si limitò ad annuire.

Ma Robert vide, nelle sue iridi chiare, splendere un lampo di sincerità.

Forse Gregory House, per quanto assurdo sembrasse tutto ciò, era davvero innamorato.

 

 

 

 

 

-no, non ci siamo capiti!- la voce dura di Lisa risuonò per i corridoi, contro Melissa, la nuova cardiologa. La Cuddy andò avanti con i rimproveri per almeno altri dieci minuti, finché la giovane donna, mortificata, non abbassò gli occhi e chiese scusa per le sue mancanze lavorative.

Lisa inarcò un sopracciglio, soddisfatta. Aspettava che Melissa facesse un passo falso sul lavoro da mesi, per potersela sbranare, supportata da un valido motivo.

Non poteva certo azzannarla per essere stata l’ultima donna ad uscire con James Wilson.

Era… ehm.. disdicevole.

-bene. Confido che non si ripeta più.- concluse con un tono velato di un po’ più di magnanimità.

-certo.. certo dottoressa Cuddy.- rispose quella, sempre con lo sguardo basso.

La Cuddy la congedò e si diresse con passo svelto verso il proprio ufficio.

Quelle erano soddisfazioni…

Aprì la porta, accompagnando il gesto con sospiro, sospiro che le si mozzò quasi in gola non appena vide che la stanza non era vuota come immaginava. Un certo oncologo l’aspettava con un sorriso disteso e trasognante, appoggiato alla scrivania della donna in questione.

Lisa si chiuse la porta dietro le spalle, sorridendo al suo amante.

Non fece in tempo a dire niente, nemmeno che era sorpresa a vederlo lì.

Perché lui l’attirò a se e coprì quelle labbra solo apparentemente così severe con il più dolce dei baci.

 

 

 

 

Il bussare leggero contro  la porta a vetro dell’ufficio, riscosse solo in parte Robert Chase dal suo lavoro. Infatti il ragazzo non alzò quasi lo sguardo quando una voce, che non conosceva, chiese, un po’ esitante.- ehm mi scusi, la dottoressa Allison Cameron?-

Fu allora che, con un sospiro, l’intensivista distolse l’attenzione da quelle pratiche. Si trovò davanti una giovane donna, probabilmente coetanea di Allison, dall’aspetto simpatico e sorridente.

Davanti al suo sguardo un po’ spaesato, Justine, la donna in questione, riprese.- mi scusi, sono la migliore amica di Allison. Sapevo che oggi l’avrebbero dimessa e conoscendola, immagino che abbia ripreso a lavorare…-

Robert annuì, sorridendo leggermente.- sì, in effetti sì. Ma non è qui ora, sta mangiando alla mensa, con House.-

Justine sgranò gli occhi. –con.. ah, ok.- fece una piccola pausa, poi entrò nell’ufficio, con le gote leggermente arrossate dall’imbarazzo.- senta, le dispiace se l’aspetto qui?-

Chase alzò lo sguardo per l’ennesima volta, incontrando gli occhi neri della ragazza e la sua espressione pulita e delicata incorniciata da setosi capelli di un biondo evidentemente artificiale ma che non stonava con il complesso della sua persona.

Le sorrise. – sì.- disse, quindi.- può aspettarla qui. Io sono Robert.-

-piacere, Justine.-

 

 

 

 

Erano circa le otto e mezzo e dalla sagoma illuminata del Princenton stavano uscendo due dottori. Lui, un uomo, sui quaranta, alto, affascinante. Lei, sui trenta, slanciata e bellissima.

In silenzio, si dirigevano verso una moto arancione che li aspettava, placida e silenziosa come le stelle che ricoprivano il manto notturno della notte. L’aria era fresca e delicata e agitava leggermente i capelli ramati di lei che le scendevano liberi lungo le spalle.

-casa tua?- propose Greg con un sorriso sornione.

-non avrei dovuto invitarti io, scusa?- ribatté lei – da quanto ci si auto invita?-

-naa, tanto lo so che morivi dalla voglia di chiedermelo.- rilanciò House, con uno sguardo allegro. Le cinse la vita con le sue braccia forti, attraendola a se finché i loro corpi non furono completamente congiunti.

Cameron si perse negli occhi di lui, profondi e abissali come non ne aveva mai visti.

House appoggiò la sua fronte su quella della ragazza ed entrambi chiusero gli occhi, estasiati da quel contatto. Quando li riaprirono fu di nuovo House a parlare.- sbaglio?-

Cameron sorrise, sospirando quasi.- no.-

Greg sorrise, compiaciuto, e completò la distanza tra di loro, baciando la bocca della dottoressa.

Si separarono subito dopo e House fu quasi stupito di vederle gli occhi lucidi di felicità.

Forse si rese conto solo adesso di quanto lei avesse sofferto in passato, di quante lacrime aveva dovuto ingoiare, di quante battute, occhiate, quanto aveva dovuto accettare. Compromessi, accordi, punizioni, litigi.

Si accorse di quanto lei fosse fragile ma, in contemporanea, di quanto fosse forte.

Lei, che si ritrovava a piangere sulle centrifughe, aveva tenuto duro tutto questo tempo.

Lui si era sempre definito un testardo.

Si rese conto che Allison era molto più testarda di lui.

La sua testardaggine si nascondeva dietro quegli occhi verdi, dietro le espressioni gentili, dietro la dolcezza. Ma c’era. C’era e le aveva permesso di accumulare punti su punti nella sua fantomatica lavagnetta arrivando, senza quasi che lui se ne accorgesse, a sconvolgergli l’intera esistenza.

Fino a vincere la partita.

Sorrise.

-vogliamo andare?- disse quest’ultima, con già il casco addosso.

House annuì e salì a bordo, dopo aver sistemato il bastone.

-guai a te se vai veloce come questa mattina!- lo ammonì la donna, mentre lui metteva in moto. –ho avuto la nausea per un’ora di fila!House, mi senti?-

-sì, mamma. Promesso!-  e tanto per suggellare la fantomatica promessa, partì dando di gas, così forte che Allison dovette stringersi a lui con tutte le forze per non cadere all’indietro.

Greg sentì la ragazza dargli un pizzicotto, in risposta.

Scoppiò silenziosamente a ridere, constatando per l’ennesima volta, che lui, il genio bastardo e misantropo della diagnostica del New Jersey, era completamente, totalmente, irrimediabilmente sconfitto. Fatalmente innamorato.

Dannazione, lui di solito odiava perdere.

Ma per Allison Cameron, ne era valsa la pena. 

 

<< My life were better ended by their hate, than death prorogued, waiting of thy love>>
W. Shakespeare. “Romeo and Juliet”

 

 

The end

 

 

 

 

Diomache

 

 

 

 

 

 

 

  
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