Ciao
a tutti!
Eccoci
giunti all’ultimo capitolo!! Prima dei ringraziamenti devo concedere una piccola
spiegazione a Rue
Meridian
perché ha ragione, dal mio scritto non si capiva bene. La risposta è nelle
parole di Greg, qualche capitolo fa. Le pillole hanno causato una sorta di
intossicazione (su questo mi sono documentata ma prendetelo per le pinze, di
medicina non ne so nulla.. per ora…) che –secondo le mie fonti.- è abbastanza
duratura e pericolosa pur interrompendone l’assunzione. Quindi Cameron pur
avendo smesso di prendere le pillole assegnatagli dal medico, ha continuato a
sentirne gli effetti ampliati dallo stress in cui si trovava. Spero di essere
stata esauriente, mi scuso perché effettivamente dai capitoli non era esplicito,
non l’ho specificato bene!
Per
Dana
: brava! La citazione era esattamente tratta da Shakespeare!!
Adesso
passo alla parte che mi sta più a cuore, ovvero ringraziare innanzitutto i miei
due maestri che- anche se non lo sanno.- mi stanno insegnando moltissimo grazie
alle loro bellissime storie, quindi un bacio particolare ad Apple
e
Nathaniel,
siete grandi! Naturalmente vorrei estendere i miei complimenti a tutti gli
ottimi scrittori di ff su dottor House perché sia Cottoncandy che non, sono
tutti dei bellissimi scritti!!!
Poi
ringrazio tutti coloro che hanno speso alcuni minuti del loro tempo per dirmi
che ne pensavano di questa storia e li ringrazio per le loro bellissime parole,
vi adoro! In particolare ringrazio :Venus,
Gulyuly,
Meggie,
irene!!,
Ale87,
Toru85,
Martina,
Apple,
Artemisia89,
Dana,
Preziosoele,
Eri-chan,
Giu_chan,
Hikary,
Briseis
e Rue
Meridian…
sono davvero commossa dalle vostre parole.. non so che dire se non un sincero
GRAZIE!
Un
ultimo, e poi la pianto, abbraccio a tutte le persone che sono rimaste deluse da
TSHA (è l’ acronimo del titolo..) perché magari fan delle Cam/Chase. premetto
che quando ho cominciato questa fic non sapevo che paring darle, poi però il mio
cuore cottoncandy ha prevalso..
Ok,
non preoccupatevi, questo sproloquio è finito, vi lascio alla conclusione della
storia.
Dimentico
qualcosa?
Ah,
si.. recensitee!
Un
bacio, alla prossima!
Diomache.
This
shouldn't happen again
“this
shouldn't happen again”
“Do you think I want it to?”
Chapter
fifteen: Like lovers
do.
La casa della donna era illuminata dalla prorompente luce del sole mattutino che inondava con i suoi raggi benefici l’ambiente circostante, donando un’atmosfera surreale e incredibilmente romantica.
Non era tardi, anzi, erano appena le sette eppure lei era già sveglia, abituata ad andare a correre tutte le mattine. I suoi occhi azzurri come il mare si era spalancati, aiutati anche dall’insistente luce solare che spingeva sulle sue palpebre. Lisa si alzò con i gomiti, facendo un impercettibile sospiro misto di piacere, contezza. Felicità?
I suoi occhi caddero sull’uomo, placidamente addormentato, accanto a lei.
Sorrise.
Lo aveva immaginato, sperato, sognato tante volte eppure non credeva davvero che sarebbe accaduto. Forse perché si era abituata ad inquadrare sempre tutto, a tenere ogni cosa sotto il suo rigido, ferreo controllo e nella sua visione della vita non erano certo ammessi imprevisti, contraddizioni. Sentimenti. Aveva bandito l’amore tempo fa e non pensava di poterlo riscoprire, con lui, James.
Timidamente, mosse la mano per accarezzargli i capelli, un po’ scomposti.
Un gesto piccolo, ma dolcissimo.
Con la mente ripercorse gli avvenimenti della serata precedente, incredula che un semplice imprevisto potesse cambiare letteralmente la sua vita.
Lui
era rimasto a lavorare fino a tardi, era stanco e più dolce del solito, lei
usciva dall’ufficio, arrabbiata per la fuga di Cameron, stanca, troppo stanca
anche lei. Il suo invito a mangiare qualcosa l’aveva stupita, ma non più di
tanto. Era stata a cena con parecchi dei suoi colleghi.
Ma con
Wilson sarebbe stato diverso. Innanzitutto lui la faceva ridere. Si era divertita, aveva riso quando
avevano constatato che, giunti con l’auto di lei fin sotto casa sua, Wilson non
aveva trovato la macchina nuova parcheggiata dove l’aveva lasciata la sera
precedente. Naturalmente in tutto questo c’era lo zampino di House, lo sapevano
entrambi. La serata avrebbe potuto concludersi lì, James senza l’auto non poteva
portarla da nessuna parte.
Fu lì
che Lisa sentì di dover fare qualcosa lei, a quel punto.
Invitò
James a casa sua, invece che andare a ristorante come aveva proposto lui.
Era
stata la serata più bella da tantissimo tempo. Da troppo, decisamente, troppo
tempo.
Lo
squillo improvviso del telefono interruppe i suoi pensieri. Si mosse
immediatamente a rispondere nel vano tentativo di impedire che quest’ultimo
rovinasse il sonno del suo amante, accanto a lei.
-pronto?-
rispose, mentre sentiva, intanto, James svegliarsi lentamente.
-dottoressa
Cuddy, mi scusi se la disturbo.- era uno dei suoi collaboratori.- volevo
avvisarla, come mi aveva chiesto, che la dottoressa Cameron è
rientrata.-
Cuddy
annuì, attentamente. Per un attimo aveva anche dimenticato che Allison era
deliberatamente ‘scappata’ dall’ospedale dove avrebbe dovuto trattenersi almeno
un altro giorno intero. Quando l’aveva scoperto, dalla rabbia aveva chiesto a
chiunque di avvertirla, a qualsiasi ora del giorno e della notte, se la
fuggiasca fosse ritornata.
-ah,
va bene.- rispose, distrattamente.- grazie, ci vediamo dopo.- chiuse la
chiamata, voltandosi istintivamente verso Wilson che l’osservava, ritto su un
gomito.
-buongiorno.-
disse l’oncologo, sorridendo.- qualche emergenza?-
-Cameron.-
rispose Lisa, sorridendo.- è tornata.-
Jimmy
annuì, attirando a sé la donna di cui sempre era stato innamorato.- bene. Niente
emergenze, allora.-
Cuddy
sorrise, complice.- no, niente emergenze.-
Wilson
la baciò, appassionatamente. E Cuddy ricambiò, con la stessa intensità, seguendo
quel meraviglioso sentimento da lei bistrattato per tanto tempo e che
finalmente, aveva avuto il coraggio di emergere. Si buttò di nuovo con lui tra
le coperte.
Per
una volta il jogging e l’ospedale potevano aspettare.
Cameron
si era presa una bella strigliata. Ma non tanto terribile quando aveva
immaginato tutto il personale ospedaliero. La Cuddy aveva urlato, fatto la voce
grossa, sì, ma tutto era finito lì, conclusosi con l’assegnazione di due settimane di
ambulatorio extra sia per Cameron che per House. La ragazza aveva dovuto
confessare chi l’aveva aiutata a scappare dal PPTH.
Ma era
comunque poco. Tutti avevano assistito a scene ben più terribili e per
avvenimenti anche di minore importanza; la clemenza della Cuddy era sospetta ma
giustificata da quella stranissima luce, infondo ai suoi occhi blu. Molti si
chiedevano che cosa fosse.
Solo
un medico non aveva bisogno di domandarselo.
Anzi,
forse due.
Uno,
il diretto interessato, l’altro, il più intuitivo e ficcanaso del Princenton
Plaisboro Hospital.
Proprio
lui stava camminando, ora, lungo il corridoio che l’avrebbe portato presso il
suo ufficio, in compagnia della stessa Cameron che da oggi avrebbe ripreso a
lavorare normalmente.
-ah,
mi sento sollevato.- sospirò ad un certo punto.
-pensavo
che le ore extra di ambulatorio ti facessero un effetto di repulsione. Come mai
tutta questa contentezza?- domandò la giovane, al suo
fianco.
Greg
sorrise diabolicamente.- qui qualcuno si è dimenticato della sua promessa. Io
non ho nessuna settimana in più da fare, cara Allison.-
Cameron
si voltò verso di lui, quasi sorpresa. Era forse la prima volta che la chiama
per nome. Era una sensazione bellissima e le dava un senso di calore
unico.
Finalmente
il tempo di House e Cameron era finito. Era iniziato quello di Greg ed Allison.
-mi
dispiace.- replicò con un sorriso divertito, lei.- ma…-
-ah
ah, non ci provare. -l’ammonì lui, allegro.- sei una donna d’onore, tu, che fai
non mantieni le promesse? Mi avevi assicurato che se la Cuddy mi avesse dato una
settimana di..-
-appunto.-
questa volta fu Cameron ad interromperlo, con un sorriso malizioso.- sbaglio o
sei stato proprio tu a parlare di una settimana? Io ho accettato di
sostituirti per una settimana, non per due. Caro Greg.- concluse, ridendo quasi.
House
si fermò, in mezzo al corridoio e Cameron con lui, qualche passo più in là.-
ehi, questo è scorretto!-
-lo
so.- rispose lei, divertita - ho
avuto un buon maestro. Se vuoi ti do il suo numero, è un certo House, un pazzo
maniacale che gira in quest’ospedale.-
-ricordami
di bastonarlo se lo vedo. Ti preferivo prima, docile e remissiva.- sbottò,
alzando gli occhi al cielo.- e adesso via, fila a fare l’anamnesi del nuovo
caso. E non metterci un’eternità, ti voglio nel mio ufficio tra dieci minuti!-
tuonò, fingendosi arrabbiato.
Cameron
annuì delicatamente e s’avviò verso la camera del paziente con il camice addosso
e la cartellina in mano, sorridente ed allegra come forse non lo era mai
stata.
House
proseguì per il corridoio quando vide, improvvisamente, James Wilson sulla
destra, parlare con un’infermiere in maniera molto concisa. Sorrise,
diabolicamente, e si avvicinò all’uomo che, di spalle, non poteva vederlo.
Passò, camminando distrattamente, al suo fianco e con un gesto furtivo e
prettamente da House, lasciò cadere le chiavi dell’auto di Jimmy proprio nella
tasca del camice di quest’ultimo.
Proseguì,
quindi, con un sorriso di soddisfazione e vittoria insieme.
-ehm
House..- Wilson lo chiamò un po’ distrattamente, vedendolo passare davanti a
lui. Congedò l’infermiere e lo raggiunse con passo svelto.- non credi di dovermi
delle spiegazioni?-
Continuarono
a camminare, e Greg assunse un’aria da bambino innocente.- chi? Io? E per
cosa?-
-non
fare il finto tonto!- lo rimproverò l’amico.- ieri sera la mia auto non era nel
suo parcheggio, come me lo spieghi?-
-e tu,
ieri sera, non eri a casa tua. Come me lo spieghi?- rilanciò
l’altro.
-e non
evadere!- sbottò l’oncologo.- dove hai portato la mia
auto?-
-io
non centro nulla con tua automobile nuova!- mentì spudoratamente il
diagnosta.
-avanti
House tanto lo so che è opera tua! Non trovo nemmeno le chiavi,è inutile che
continui a mentire, voglio sapere dove hai messo la mia auto!-
-ooh,
ma sei noioso!- sbottò di nuovo.- ti sei fissato con questa storia! Scommetto
che se vai a casa tua trovi la macchina parcheggiata davanti al portone e le tue
chiavi sono nella tasca del camice!-
Wilson
infilò istintivamente la mano nella tasca destra del camice e trovò con immensa
sorpresa la chiave dell’auto. Rimase interdetto qualche secondo e House ne
approfittò.- visto? Bene, archiviamo questa stupida faccenda e passiamo a
qualcosa di più interessante. Allora, dimmi, come mai non eri a casa tua, ieri
sera?-
Jimmy
esitò un istante.- io..-
-avanti,
so che è una donna. E dato il tuo stato di euforia e quell’espressione ebete che
hai stampata in faccia, deve essere anche una cosa importante.- continuò a
ragionare.- ergo, non è un’infermiera. E non è una dottoressa, o almeno non una
qualunque.-
-House,
piantala, ti stanno ascoltando tutti!-
-visto?-
esclamò Greg, divertito.- questa ne è la prova. Non vuoi che ne parli in giro
perché tutti la conoscono se ne dico il nome.-
-vuoi
parlare più piano si o no?- esclamò, l’altro, imbarazzato, mentre ormai erano
prossimi all’ascensore.
-ok.
Visto che oggi sei particolarmente timido ti rendo il compito più facile.
Scommetto che inizia per ‘C’.- Greg chiamò l’ascensore.- e non dirmi che è
Cameron perché non è vero.-
Wilson
sbuffò, spazientito, annoiato ed estremamente impacciato.
-no,
aspetta- disse House fingendo di essere giunto alla soluzione solo ora. Entrambi
entrarono nell’ascensore che si richiuse subito dopo il loro ingresso.- inizia
con la ‘C’ e finisce per uddy?-
Wilson
roteò gli occhi, distogliendo lo sguardo e deglutendo, lentamente.
“maledizione!”, pensò, grattandosi il mento.
-ah,
quanto mi piace quand’ ho ragione!- esclamò House, divertito, e segretamente
contento per l’amico. Sapeva da tempo che l’amava e le occhiate adoranti che Lisa lanciava all’oncologo non glie
erano certo sfuggite. L’ascensore si aprì con il consueto ‘dring’ e House uscì,
dirigendosi verso il proprio ufficio.
–ehi, aspetta- la voce estremamente
maliziosa di Jimmy lo fece arrestare pochi passi dopo.
Greg
si voltò appena.- beh? Non vorrai mica negare l’evidenza?-
-come
mai hai scartato subito Cameron quando hai pensato a qualcuno con la “C”?-
chiese l’oncologo, braccia conserte, con un sorriso allegro stampato in viso.
House
sembrò in difficoltà, ma fu per appena un paio di secondi.- non hai una gamba
disagiata, non hai un tumore alla tiroide e non sei qualcuno che ha bisogno
delle sue coccole. Non sei il tipo di Cameron.- disse infine, arrancando in
maniera evidente però.
-può
darsi.- ammise l’altro.- o può darsi che, dopo averla aiutata a fuggire da PPTH
tu l’abbia portata da qualche parte con te. Con la mia macchina, per esempio.-
non attese la risposta dell’amico per continuare.- poi, una parola tira l’altra
e tu le hai confessato che l’ami, dì che non è vero.-
House
si sporse con un braccio nell’ascensore, facendolo partire.- che cosa terribile
la deficienza mentale, povero Jimmy, com’è stato ingiusto il mondo con te.-
L’oncologo
scoppiò a ridere e gli gridò dietro, prima che le porte dell’ascensore si
richiudessero.- ah, quanto mi piace quand’ho ragione!-
E
questa volta fu a House a pensare “Maledizione!”
-come
va?- chiese Foreman, entrando nello studio di House, studio, nel quale c’era
solamente Chase. l’australiano fece una smorfia d’indifferenza.- risponde alla
cura. Il misantropo aveva ragione.-
Foreman
roteò gli occhi.- tanto per cambiare. Oggi è euforico, non ti pare?- domandò il
nero, prendendo un sorso dalla sua tazza di caffè.
Chase
sbuffò, dirigendosi verso la finestra.- e Cameron è più euforica di lui.-
decretò, con un tono un po’ apatico.
Eric
sorrise, quasi intenerito.- dai, non vorrai credere alle chiacchiere che girano.
House.. e Cameron? Questo vorrebbe dire che House è innamorato. Ma ti pare? House e amore non vanno
nella stessa frase. Non, senza una negazione, almeno.-
Chase
fece un sorriso che risultò un po’ amaro.- hai mai visto House perdere un
battibecco con Wilson?-
-ehm
no.- rispose l’altro.
-fischiettare
nei corridoi?-
-stai
solo dimostrando che oggi è più fuori del solito, non che sia
innamorato.-
Passarono
in quel momento, davanti al loro ufficio, proprio House e Cameron, che stavano
discutendo animatamente. Gli occhi dei due dottori si concentrarono subito su di
loro, in un misto di curiosità e trepidazione.
-avevo
ragione io.- diceva House in quell’istante, con uno sguardo vittorioso e
superbo. Videro Cameron sospirare e mettere le mani appoggiate ai fianchi.- non
mi hai fatto vedere le ultime analisi, per forza hai vinto. Hai
barato!-
-ah
ah, come costa perdere, eh?- ribatté Greg con un sorriso soddisfatto.- è meglio
che vai a prendere i posti in mensa, non vorrei mangiare in piedi. Ordina tutto
quello che vuoi ma non il pollo fritto, quello fa schifo. Eh, Cameron!- la
richiamò non appena lei si fu mossa di qualche passo.- non dimenticare, i soldi,
eh!-
Allison
lo fulminò con lo sguardo.- non dimentico nulla. Tu muoviti, altrimenti mangio
con qualcun’ altro!- rispose l’immunologa, avviandosi.
-ehi,
non oserai!- le urlò dietro Greg, fingendosi offeso. Cameron si voltò, con un
fare un po’ malizioso, lanciandogli un’occhiata sensuale e di sfida insieme, per poi
avviarsi velocemente verso la mensa.
Foreman
e Chase, che avevano assistito alla scena, si scambiarono uno sguardo
perplesso.
-visto?-
esclamò l’intensivista, allargando le braccia. –dimmi quando mai quei due sono
andati a pranzo insieme!-
Greg
si affacciò in quell’istante dal suo ufficio.- beh? Piaciuto lo spettacolo??- i
due ammutolirono e il diagnosta continuò.- oh, non fate quelle facce offese,
oggi il papà porta a pranzo Cameron ma ha tante belle sorprese anche per voi!
Foreman.- gli tirò il cartellino che il nero afferrò quasi per caso.- per te ho
due belle orette d’ambulatorio.-
Il
nero stava per replicare quando Greg si rivolse a Chase.- e per il nostro
piccolo Chase ci sono tante cartelle cliniche da sistemare.
Contenti?-
Foreman
sbuffò, constatando mentalmente che, se anche c’era la possibilità che
quell’uomo fosse innamorato, di certo nemmeno l’amore l’avrebbe cambiato,
nemmeno di una virgola.
Uscì
velocemente dall’ufficio, sorpassandolo e, negando con il capo, andò ad eseguire
gli ordini del capo più bastardo per il quale avesse mai lavorato.
Rimasero
nell’ufficio solo Greg e Chase. House fece per uscire quando il suo
collaboratore lo richiamò, con un tono un po’ teso.-
House.-
Greg
rientrò, immaginando, da quel tono, che Robert non volesse chiedergli semplicemente l’ora.
Si parò davanti a lui, squadrandolo dai suoi 1.90 cm d’altezza.
Chase
lo fissò intensamente negli occhi. Aveva perso. Aveva perso Cameron per causa
sua. Avrebbe voluto ingiuriargli contro tutta la sua rabbia, tutto la sua
delusione. Ma non fece niente. Aveva visto gli occhi di Allison, per tutta la
giornata, lucenti come non lo erano mai stati. Sarebbe stata così felice con
lui?
Sospirò
e distolse leggermente lo sguardo. –vorrei solo che non la ferissi, vorrei.. che
fosse felice con te- i loro occhi si incontrarono di nuovo.
House
non rispose niente, si limitò ad annuire.
Ma
Robert vide, nelle sue iridi chiare, splendere un lampo di sincerità.
Forse
Gregory House, per quanto assurdo sembrasse tutto ciò, era davvero
innamorato.
-no,
non ci siamo capiti!- la voce dura di Lisa risuonò per i corridoi, contro
Melissa, la nuova cardiologa. La Cuddy andò avanti con i rimproveri per almeno
altri dieci minuti, finché la giovane donna, mortificata, non abbassò gli occhi
e chiese scusa per le sue mancanze lavorative.
Lisa
inarcò un sopracciglio, soddisfatta. Aspettava che Melissa facesse un passo
falso sul lavoro da mesi, per potersela sbranare, supportata da un valido
motivo.
Non
poteva certo azzannarla per essere stata l’ultima donna ad uscire con James
Wilson.
Era…
ehm.. disdicevole.
-bene.
Confido che non si ripeta più.- concluse con un tono velato di un po’ più di
magnanimità.
-certo..
certo dottoressa Cuddy.- rispose quella, sempre con lo sguardo basso.
La
Cuddy la congedò e si diresse con passo svelto verso il proprio ufficio.
Quelle
erano soddisfazioni…
Aprì
la porta, accompagnando il gesto con sospiro, sospiro che le si mozzò quasi in
gola non appena vide che la stanza non era vuota come immaginava. Un certo
oncologo l’aspettava con un sorriso disteso e trasognante, appoggiato alla
scrivania della donna in questione.
Lisa
si chiuse la porta dietro le spalle, sorridendo al suo amante.
Non
fece in tempo a dire niente, nemmeno che era sorpresa a vederlo lì.
Perché
lui l’attirò a se e coprì quelle labbra solo apparentemente così severe con il
più dolce dei baci.
Il
bussare leggero contro la porta a
vetro dell’ufficio, riscosse solo in parte Robert Chase dal suo lavoro. Infatti
il ragazzo non alzò quasi lo sguardo quando una voce, che non conosceva, chiese,
un po’ esitante.- ehm mi scusi, la dottoressa Allison
Cameron?-
Fu
allora che, con un sospiro, l’intensivista distolse l’attenzione da quelle
pratiche. Si trovò davanti una giovane donna, probabilmente coetanea di Allison,
dall’aspetto simpatico e sorridente.
Davanti
al suo sguardo un po’ spaesato, Justine, la donna in questione, riprese.- mi
scusi, sono la migliore amica di Allison. Sapevo che oggi l’avrebbero dimessa e
conoscendola, immagino che abbia ripreso a lavorare…-
Robert
annuì, sorridendo leggermente.- sì, in effetti sì. Ma non è qui ora, sta
mangiando alla mensa, con House.-
Justine
sgranò gli occhi. –con.. ah, ok.- fece una piccola pausa, poi entrò
nell’ufficio, con le gote leggermente arrossate dall’imbarazzo.- senta, le
dispiace se l’aspetto qui?-
Chase
alzò lo sguardo per l’ennesima volta, incontrando gli occhi neri della ragazza e
la sua espressione pulita e delicata incorniciata da setosi capelli di un biondo
evidentemente artificiale ma che non stonava con il complesso della sua persona.
Le
sorrise. – sì.- disse, quindi.- può aspettarla qui. Io sono
Robert.-
-piacere,
Justine.-
Erano
circa le otto e mezzo e dalla sagoma illuminata del Princenton stavano uscendo
due dottori. Lui, un uomo, sui quaranta, alto, affascinante. Lei, sui trenta,
slanciata e bellissima.
In
silenzio, si dirigevano verso una moto arancione che li aspettava, placida e
silenziosa come le stelle che ricoprivano il manto notturno della notte. L’aria
era fresca e delicata e agitava leggermente i capelli ramati di lei che le
scendevano liberi lungo le spalle.
-casa
tua?- propose Greg con un sorriso sornione.
-non
avrei dovuto invitarti io, scusa?- ribatté lei – da quanto ci si auto
invita?-
-naa,
tanto lo so che morivi dalla voglia di chiedermelo.- rilanciò House, con uno
sguardo allegro. Le cinse la vita con le sue braccia forti, attraendola a se
finché i loro corpi non furono completamente congiunti.
Cameron
si perse negli occhi di lui, profondi e abissali come non ne aveva mai visti.
House
appoggiò la sua fronte su quella della ragazza ed entrambi chiusero gli occhi,
estasiati da quel contatto. Quando li riaprirono fu di nuovo House a parlare.-
sbaglio?-
Cameron
sorrise, sospirando quasi.- no.-
Greg
sorrise, compiaciuto, e completò la distanza tra di loro, baciando la bocca
della dottoressa.
Si
separarono subito dopo e House fu quasi stupito di vederle gli occhi lucidi di
felicità.
Forse
si rese conto solo adesso di quanto lei avesse sofferto in passato, di quante
lacrime aveva dovuto ingoiare, di quante battute, occhiate, quanto aveva dovuto
accettare. Compromessi, accordi, punizioni, litigi.
Si
accorse di quanto lei fosse fragile ma, in contemporanea, di quanto fosse forte.
Lei,
che si ritrovava a piangere sulle centrifughe, aveva tenuto duro tutto questo
tempo.
Lui si
era sempre definito un testardo.
Si
rese conto che Allison era molto più testarda di lui.
La sua
testardaggine si nascondeva dietro quegli occhi verdi, dietro le espressioni
gentili, dietro la dolcezza. Ma c’era. C’era e le aveva permesso di accumulare
punti su punti nella sua fantomatica lavagnetta arrivando, senza quasi che lui
se ne accorgesse, a sconvolgergli l’intera esistenza.
Fino a
vincere la partita.
Sorrise.
-vogliamo
andare?- disse quest’ultima, con già il casco addosso.
House
annuì e salì a bordo, dopo aver sistemato il bastone.
-guai
a te se vai veloce come questa mattina!- lo ammonì la donna, mentre lui metteva
in moto. –ho avuto la nausea per un’ora di fila!House, mi
senti?-
-sì,
mamma. Promesso!- e tanto per
suggellare la fantomatica promessa, partì dando di gas, così forte che Allison
dovette stringersi a lui con tutte le forze per non cadere
all’indietro.
Greg
sentì la ragazza dargli un pizzicotto, in risposta.
Scoppiò
silenziosamente a ridere, constatando per l’ennesima volta, che lui, il genio
bastardo e misantropo della diagnostica del New Jersey, era completamente,
totalmente, irrimediabilmente sconfitto. Fatalmente innamorato.
Dannazione,
lui di solito odiava perdere.
Ma per
Allison Cameron, ne era valsa la pena.
<<
My life were better ended by their hate, than death prorogued, waiting of thy
love>>
W. Shakespeare. “Romeo and Juliet”
The
end
Diomache