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Autore: Birbi_alex    26/05/2012    15 recensioni
Con lui doveva andare diversamente, lui era diverso. E in un certo senso ero diversa anche io.
Perché da quando l’avevo conosciuto mi sembrava di impazzire, non mi era mai capitato di avere la pelle d’oca solo perché qualcuno mi sfiorava ma con lui era così. Non ero mai stata quel genere di ragazza che si invaghiva di un ragazzo solo per la sua bellezza, e non lo ero tutt’ora perché in effetti Zayn non era solo quello, era anche simpatico e intelligente, dolce ma serio, misterioso quanto espansivo. Sapeva chiudere i discorsi con le sue frecciatine anche meglio di me, e parlare con lui era quello che aspettavo in tutta la giornata.
Anche dopo essermi svegliata presto, non aver bevuto il mio caffè, aver assistito a lezioni noiosissime, vedere il suo sorriso e i suoi occhi riusciva a cambiarmi la giornata e renderla migliore.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bonjour! Questa è la mia nuova storia, sono già avanti con i capitoli quindi gli aggiornamenti saranno abbastanza veloci, ma mi terrò ugualmente a una media di un capitolo ogni quattro o cinque giorni per ora.
In questo capitolo parlerò della protagonista, della sua vita, e so che magari potrebbe sembrarvi un po' noioso.. ma nei prossimi capitoli arriverà Zayn state tranquille! ahahah
Ovviamente ci sono tutti e cinque i membri dei One Direction, e ognuno avrà il loro ruolo nella storia.
Tipo che questo capitolo l'ho scritto mesi fa, è una vagonata di tempo che non lo leggevo, ahah
Va bene, ora vi lascio alla lettura *-* in ogni caso grazie di essere passata ;)



















Capitolo 1.




Il clima era freddo e pungente quella mattina a Londra mentre camminavo con lo zaino sulle spalle verso scuola.
Era metà novembre, il 17 credo, e stavo andando a scuola con la voglia di camminare sotto le scarpe.
Per fortuna la mia scuola, uno stupito istituto tecnico, era vicino a casa mia e non avevo bisogno di prendere il pullman.
Sarei morta al costo di alzarmi mezzora prima per prendere quel mezzo pubblico che tanto odiavo, pieno di facce sconosciute.
Immersi la testa dentro la sciarpa che tenevo sempre al collo che mi aveva regalato mio fratello Lucas qualche mese prima.
Era una semplice sciarpa beige con disegnati dei teschi bianchi, un po’ lugubre forse. Infatti anch’io la prima volta che l’avevo vista mi ero messa a ridere ripromettendomi che non l’avrei mai messa, ma evidentemente il suo fascino, molto nascosto, avevo fatto breccia nel mio cuore.
Da giorni non faceva così freddo, fui costretta a indossare un giaccone pesante blu scuro che forse amavo anche di più della sciarpa.
Dopo aver aspettato che il semaforo diventasse verde per i pedoni  mi incamminai sulle strisce pedonali con lo sguardo basso a terra, mentre nella tasca sentivo il cellulare squillare.
Lo presi tirando fuori dalla felpa la mano e lessi subito il nome della mia migliore amica sul display.
"Pronto Cam, che c’è?" chiesi veloce rispondendo al telefono mentre il vento mi spettinava i capelli lasciati sciolti quella mattina.
"Si può sapere dove sei? È suonata da cinque minuti, che faccio? Ti aspetto o entro?" chiese nervosa.
Ah, già! Mi ero dimenticata di dirvi che sono una ritardataria cronica!
Guardai l’ora sul cellulare, erano le otto e cinque minuti e alle otto e dieci le porte si sarebbero chiuse.
Ormai ero abituata, era già tanto se entravo alla prima ora tutti i giorni.
Il più delle volte arrivavo quando le porte erano già chiuse, allora aspettavo in guardiola la seconda ora.
Evidentemente però non ero l’unica, di solito c’erano anche altri ragazzi con me e a dirla tutta eravamo quasi sempre gli stessi.
"No, comincia a entrare, non credo di riuscire ad arrivare per la prima ora" spiegai alla mia amica anche se probabilmente già sapeva la mia risposta.
"Stronza! Mi lasci sempre da sola!" esclamò al telefono facendomi ridere.
"Ma che dici? Guarda che per l’ora di letteratura ci sono, eh!" le risposi divertita.
"Lo so ma intanto mi lasci in pasto alle bestie dei nostri compagni" protestò Camille ridendo.
"Tieni duro che arrivo" dissi infine chiudendo la chiamata, sicura però che non sarei riuscita ad arrivare in tempo prima delle otto e dieci.
E come sempre a subire tutto questo era Camille, la mia migliore amica, costretta a non vedermi praticamente mai la prima ora di scuola.
La conoscevo da una vita praticamente, quello sarebbe stato l’undicesimo anno, ci eravamo conosciute alle elementari e da allora non ci eravamo più lasciate.
Esatto, facevo terza superiore a ragioneria.. anche se avrei voluto fare niente tutto il giorno.
Era la mia migliore amica da sempre, e ogni volta che mi sorrideva riusciva a farmi passare tutti i brutti pensieri, di cui ormai ero soffocata, in un attimo.
Non fraintendete, non ero una di quelle ragazze depresse perché il proprio ragazzo l’aveva lasciata la settimana prima dopo averle promesso sogni irrealizzabili, ma era più forte di me.. ero continuamente nervosa, infastidita.
Tendevo a crearmi uno scudo con tutti, o perlomeno con le persone che non mi interessavano, perché avevo paura di affezionarmi in realtà.
Avevo sofferto in silenzio per anni vedendo le persone più care voltarmi le spalle una ad una, solo Camille e mio fratello Lucas mi erano rimaste accanto oltre ai miei genitori.
A cominciare dal mio ex migliore amico Kevin che avevo conosciuto alle medie, gli volevo bene quasi più di me stessa fino a che non ha cominciato a provarci con me. Io gli avevo detto chiaramente che per me era solo un amico ma lui mi aveva detto che non era giusto perché io andavo con tutti i ragazzi tranne che con lui, finendo per chiamarmi “puttana”.
Gli avevo tirato uno schiaffone e mai in vita mia mi ero sentita così ferita, lui mi era stato accanto per tutto quel tempo.. mi ero fidata di lui, mi ero aperta, e lui nonostante tutto si era permesso di darmi della donna da facili costumi.
Mi si era spezzato letteralmente il cuore, perché poco mi interessava dei ragazzi infondo.. avevo avuto solo storielle da poco perché nessuno era riuscito a tener testa al mio carattere sbarazzino e dopo poco mi avevano lasciata, ma lui era stato l’eccezione. Sapeva farmi sorridere come solo Camille riusciva, eppure se n’era andato come tutti gli altri.
Per non parlare poi delle tante amiche che mi avevano dato della vipera.
Ma era più forte di me, ero così. Se mi volevi dovevi prenderti il pacchetto completo insieme al mio carattere, o mi amavi o mi odiavi.
Da quando ero arrivata alle superiori tutto si era amplificato, sia in positivo che in negativo.
Le oche sapevano solo criticare, come sempre. Ma i ragazzi più grandi, e le ragazze, erano affascinati dal mio carattere sbarazzino che sapeva far tacere chiunque.
E stranamente ero riuscita a trovare dei nuovi amici, certo.. niente a confronto con Camille ma volevo bene anche a loro.
Avevo amici anche in altre classi ma niente oltre chiacchierate nei bagni o dopo le lezioni.
Per il resto tendevo a chiudermi in me stessa se non vedevo che dall’altra parte non c’era interesse.
Era un mio difetto.. anzi, in verità avevo più difetti che pregi ma non ci potevo fare niente.
Non mi preoccupava il fatto di arrivare in ritardo, di nuovo, tanto la prima ora ci sarebbe stato diritto e dire che odiavo quella professoressa sarebbe stato fin troppo educato.
Camminavo tranquillamente per la strada fino ad arrivare alla scuola.
Guardai l’ora nel cellulare, le otto e dodici.
Come immaginavo ero in ritardo, allora spinsi la porta davanti a me e senza farmi troppi problemi andai in guardiola.
"Signorina Jonson, ancora in ritardo?" si lagnò la bidella vedendomi passare davanti al gabbiotto dove si trovava in quel momento, andando verso la panca già occupata dai primi ritardatari.
Mi incamminai a passo sicuro verso l'angolo destro del legno per sedermi e vidi chiaramente spiccare inciso il mio nome: Scarlett Jonson.
Un sorriso sbarazzino si dipinse all'istante sul mio volto ripensando a come effettivamente la cosa fosse fuori luogo, un po' come me a pensarci bene.
"Così sembra" risposi sovrappensiero mentre salutavo Charlie, il mio ritardatario preferito se potevo chiamarlo così.
Era un ragazzo di quarta, capelli scuri e ricciolini e due occhioni neri che probabilmente aveva rubato a un cerbiatto, alto quasi un metro e ottanta ed era esile.
Non mi piaceva ma era simpaticissimo e ogni volta che arrivavo tardi c’era sempre stato anche lui, mi era quasi venuto il dubbio che arrivasse a quell’ora tutte le mattine.
"Giorno Charlie, felice di vederti" era seduto e mi parai davanti a lui per colpirgli la mano che aveva alzato e poi dargli un pugnetto sulle dita, il nostro saluto storico.
"Buongiorno anche a te Jonson" rispose facendomi posto vicino a lui.
C’erano anche altri ragazzi seduti ma non conoscendoli preferii non salutarli.
"Allora, a quanto pare passeremo un’altra ora insieme" constatò lui mentre io mettevo lo zaino sotto la panca per poi accavallare le gambe posando il piede destro sul ginocchio sinistro.
"Già.. ma meglio così, almeno mi salto l’ora di diritto" dissi accennando un sorrisetto sollevato.
Indossavo i miei amati jeans blu - e quando dico blu intendo blu elettrico, anche piuttosto acceso tra l’altro - e le mie superga tutte nere, che avevo anche bianche, rovinate dal tempo. Ma non mi avevano mai tradite, solo la pioggia mi dava qualche problema ma per il resto andavano bene per ogni evenienza.
"Io invece l’ora di letteratura inglese. Non sopporto quella materia" disse sbuffando e passandosi una mano sul viso.
"Perché?" chiesi curiosa, stranamente inglese era una delle poche materie in cui andavo bene.
"Mi annoiano tutte quelle cose, Shakespeare non è il mio forte!" si lagnò facendomi ridacchiare.
"Dai, c’è di peggio" commentai girandomi dall’altra parte fissando quel corridoio dove infondo si trovava la mia classe.
"Non dirmi che sei brava in letteratura?" esclamò spalancando gli occhi stupito.
"Beh, avere un fratello in quinta aiuta.." – mi vantai appena ammiccando.
"Ti prego, non puoi aiutarmi?" mi chiese disperato incrociando le mani davanti davanti al viso come a pregarmi.
Se c’era una cosa che mi dava fastidio erano le mani davanti alla faccia.
Senza pensarci due volte gli diedi una pizza sulle mani facendogliele ritirare.
"Ehi, lo sai che non mi piacciono le mani davanti agli occhi, cretino!" sbottai subito facendomi richiamare dalla bidella dopo neanche cinque secondi.
"Non urlare Scarlett!" mi rimbeccò anche lui dopo uno sguardo agghiacciante da parte della donna nel gabbiotto.
"Ma tu non mettermi le mani davanti gli occhi!" esclamai ancora infastidita.
Tutto era nato quando ero piccola, all'età di circa sei anni per sbaglio una mia amichetta per sbaglio mi aveva messo pesantemente un dito nell’occhio, ero rimasta tre giorni all’ospedale e avevo rischiato di perdere la vista da un occhio, non ci volevo neanche pensare!
"Sì scusami, comunque mi aiuterai?" chiese ancora.
"Io sto al terzo anno! Come faccio a sapere il vostro programma?!" esclamai scocciata dalla sua richiesta azzardata.
Ecco, quella era la Scarlett secca e attacca brighe. Quando venivo esasperata o quando mi venivano toccati i miei amici rispondevo subito senza troppi ripensamenti. Mi scaldavo in fretta, molto in fretta. La mia pazienza era una riga così sottile che credevo quasi di non averla.
"Hai ragione.. come sempre" finì cercando di farmi calmare con quel complimento, facendomi invece innervosire ancora di più.
Odiavo quel tipo di complimenti fatti solo per convenienza, come quando un ragazzo lo diceva solo per portarsi a letto la bella di turno. Ma con me non funzionava!
Ero carina comunque, ma capivo quando qualcuno lo diceva sinceramente o se fingeva.
"Smettila! Io e la ragione il più delle volte ci prendiamo a legnate, quindi non attacca!" esclamai guardandolo e alzando un sopracciglio mentre incrociai le braccia.
Lui mi fisso serio per poi scoppiare in una risata sentita che fece poi scappare un sorrisetto anche a me.
"Non vale così, però!" mormorai infastidita fissando il vuoto davanti a me cercando contegno.
Lui continuò nella sua risata contagiando anche me dopo poco.
"Possibile che quando faccio l’incazzata tu riesci a smontarmi subito?" gli chiesi cercando di riguadagnare quel poco di acidità che mi distingueva.
"Con me non attacca, Jonson!" rispose prontamente usando le mie stesse parole di poco prima.
Rise ancora mostrando una fila di denti perfetti.
"Cretino" sbuffai, odiavo quando qualcuno mi smascherava.
"Ti ho chiuso Jonson" constatò tra le risate, e sbuffai ancora.
Lui amava chiamarmi per cognome, e a me non dispiaceva, mi piaceva quasi più del mio nome.
"Ma proprio per niente Follow!" risposi chiamandolo anche io per cognome.
"Oh, che tenera si ricorda anche come mi chiamo!" abbozzò ridendo aprendo le braccia e avvicinandosi a me.
Alzai gli occhi al cielo, ma quando lo vidi con la coda dell’occhio mi girai verso di lui allarmata.
"Che stai facendo?" domandai confusa non capendo.
"Non posso abbracciarti?" chiese lui con fare retorico.
"Ma proprio no, io ho una dignità da portare avanti!" esclamai di getto ma fu ormai troppo tardi, mi aveva già stritolato tra le sue braccia spettinandomi anche i capelli.
"I capelli accidenti!" urlacchiai subito sciogliendo l’abbraccio.
"Non dirmi che sei femmina anche tu, potrei rimanere traumatizzato!" scherzò sulla mia femminilità, mi venne quasi la voglia di ridere ma mi trattenni. La dignità Scarlett, la dignità.
"Ehi, io sono più femmina di quanto possa lontanamente pensare!" dissi facendolo ridere mentre sorrisi ovvia.
"Non sembra proprio" commentò lui beccandosi un mio scappellotto.
"Che intendi dire, prototipo di maschio?" sbottai infastidita puntandogli il dito contro mentre continuò a ridere indisturbato.
"E' che sei così rude, non ti importa di niente e giuro di non averti mai visto con i tacchi!" spiegò in parte con ragione.
"Ti piacerebbe vedermi con i tacchi, eh!" lo sfottei lasciando la presa da dietro il suo collo.
"Ma che dici? Ormai mi sono abituato alle tue scarpe da ginnastica e la tua tuta!" disse subito facendomi arrossire.
Allarme rosso! Complimento in arrivo!
"E fai bene a esserne abituato perché non mi vedrai mai vestita come una principessa!" gli assicurai convinta delle mie parole.
"Ma lo spero proprio.." commentò lui mentre io mi alzai a prendermi un caffè alla macchinetta, senza caffeina in corpo ero in uno stato pietoso.
"Jonson, dove stai andando?" chiese a quel punto la bidella scocciata.
"Alle macchinette, stia tranquilla" risposi con noncuranza alzando gli occhi al cielo, dove credeva che stessi andando? In guerra?
Infilai un euro nella macchinetta e presi un caffè macchiato, che dopo un minuto era già tra le mie mani.
Lo bevvi quasi tutto in un sorso tornando poi a sedermi "Me ne dai un po’?" mi pregò il mio amico ancora seduto.
"Perché dovrei?" borbottai alzando un sopracciglio in disappunto.
"Perché potrei cominciare a farti i complimenti. Per esempio come  i capelli mossi ti danno un’aria sbarazzina, come le tue labbra piene farebbero innamorare chiunque.." cominciò e non potei che dargli il bicchiere che avevo in mano "Bevine poco però!" mi raccomandai ma come se non avessi detto nulla lui lo finì quasi tutto.
"Sei un maiale, ridammi il mio caffè!" esclamai quindi strappandogli il bicchiere dalle labbra con tenacia.
Una normale ragazza si sarebbe schifata all’idea di bere dallo stesso bicchiere con un maschio, ma a me poco importava fare la schizzinosa quando in gioco c’era un caffè.
Bevvi quel poco che era rimasto e poi lo buttai nel cestino.
"Me la pagherai!" promisi severa puntando il dito verso Charlie.
"Mandami il conto" mi sfidò facendomi irritare ben presto.
"Non sfidarmi Follow, potresti farti male" lo avvisai fin troppo sicura di me.
"No.. non credo. Comunque voglio proprio vedere cosa ti inventerai!" esclamò beffardo e non potei non sorridere a quelle sue parole.
"Sai, sei uno dei pochi che mi sfida, è per questo ti rispetto" gli concessi rimanendo in piedi di fronte a lui.
"Grazie" mormorò sorridente e soddisfatto.
"Ma non essere così sicuro di vincere, meglio non illudersi" gli risposi tranquillamente con sicurezza.
"Touchè" ribattè continuando a sorridere e proprio in quel momento suonò la campanella.
"Diamine.. è già suonata?!" esclamai ad alta voce beccandomi perciò un altro richiamo dalla bidella.
"Eh già.." mormorò il mio amico alzandosi e infilandosi lo zaino distrattamente.
Io mi piegai a prendere il mio e lo misi solo in un braccio, infondo era solo un corridoio.
Ci avviammo insieme verso la scala dove lui poi sarebbe salito e lo salutai con la nostra stretta con le mani.
"Ciao scricciolo" mi disse lui prima di scomparire dalla mia vista.
Mi ritrovai a sorridere per lui, era un pazzo a sfidarmi.
Non mi piaceva, questo era certo, ma era il mio compagno di giochi quando ero in ritardo, rispondeva alle mie frecciatine e mi faceva ridere, nulla di più.
Svogliata andai verso la mia classe, la 3D, infondo al corridoio e senza neanche bussare entrai e mi misi quindi al mio posto, vicino a Camille.
"Alla buon ora" commentò puntualmente un mio compagno ridendo.
"Non scocciate anche voi" risposi stravaccandomi sulla sedia mentre la professoressa stava uscendo dalla classe dopo aver detto un sonoro arrivederci a cui io neanche avevo risposto.
"A me almeno mi saluti?" chiese speranzosa la mia amica sorridendo e non potei tenere il mio solito muso anche a lei, allora mi sporsi per baciarle la guancia.
"Le ragazze.. chi le capisce!" mormorò il ragazzo dietro di me vedendo la scena.
"Che vuoi, Rick?" chiesi non capendo e girandomi verso di lui.
"Non capisco davvero perché dovete baciarvi ogni volta che vi vedete, manca poco che quando una torna dal bagno vi baciate!" borbottò sotto lo sguardo divertito del suo compagno di banco.
"Perché noi abbiamo un cuore!" prese subito parola la mia amica stupendomi in verità.
"Vale anche per lei?" chiese prontamente Richard indicandomi per poi beccarsi una pizza in piena nuca.
"Se non sono dolce è perché sono circondata da gente come voi!" dissi alludendo a loro due tra le righe.
"Sai come si dice? Porgi l’altra guancia" disse uno dei ragazzi appoggiandosi a una mano svogliatamente.
"C’ho già provato e ho ricevuto un sacco di schiaffi. Così si sta meglio!" risposi infine sorridendo in modo sinistro.
Avevo davvero ricevuto troppe sberle, troppe delusioni, ed ero stufa di piangere.
Ecco perché non mi piaceva affezionarmi, per non rischiare di restarci male ancora per qualcuno.







Si lo so, è cortissimo e fa schifo ahha ma state tranquille, questa è solo l'introduzione alla storia.
I prossimi capitoli saranno un po' più lunghi e interessanti, e arriverà il nostro Malik! *squillo di trombe* PARA PARA PARAA
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, anche se forse è un po' presto per un giudizio visto che è il primo capitolo.. va beh, se vuoi lascia un recensione :3
ciao e grazie di essere passata OREVOIR!
   
 
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