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Autore: Pwhore    27/05/2012    1 recensioni
Lei si chiama Giulia. L'ho conosciuta il 20 gennaio, e da quel giorno non ha mai lasciato la mia mente.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo lei si comportò come se niente fosse.
Non accennò minimamente alla sera prima e io non le chiesi spiegazioni, rispettando la sua decisione di ignorare tutto e far finta che non fosse successo niente. Una parte di me si sentì sollevata e mi ringraziò di non essermi esposta troppo, ma un'altra aveva sete di verità; voleva sapere cosa provasse realmente Giuls nei miei confronti, se quello fosse stato un test o meno, oppure anche solo se ci fosse rimasta male per quello che avevo detto -o meglio, che non avevo detto-, ma principalmente voleva sapere se mi stesse semplicemente prendendo in giro o se le piacessi per davvero, almeno un pochino. Ammetto che avrei tanto voluto chiederglielo, ma non si può parlare di queste cose con una persona che magari scherzava e basta per vedere le tue reazioni, no? Se avesse risposto che sì, effettivamente voleva solo sapere come mi sentivo e vedere se sarei stata con lei, cos'avrei risposto? Come avrei potuto reagire o anche solo pensare a una replica? Sarei morta dentro all'istante e non avrei saputo dire altro che un inutile 'ah', per poi non espormi mai più e cercare di controllare sempre e comuque le mie affermazioni, i miei pensieri e comunque tutto quello che le dicevo per evitare dichiarazioni inconsapevoli o cose del genere, e tutto quello stupido controllo avrebbe solo distrutto la nostra amicizia, facendole pensare che non me ne importava niente di lei e che non significava niente per me.
Come va avanti un rapporto se non c'è fiducia?
Io di lei mi fidavo, e non volevo cambiare idea. Chi se ne frega dei miei sentimenti, meglio la sua felicità. Così finsi che non me n'importasse e che non fosse successo niente, per evitare situazioni imbarazzanti e di metterla a disagio. Mille volte meglio farla sentire bene per pochi secondi che raggiungere il mio nirvana per cento anni e passare l'eternità senza di lei. Comunque, curiosità a parte, quella non era una cosa troppo difficile e potevo benissimo parlarle come prima, mantenendo però un certo tatto e un po' di distacco, per evitare di esagerare. Anche se qualcosa dentro mi rodeva alla grande, ero felice di poter comunque rimanere al suo fianco e chiacchierare con lei del più e del meno, come se fossimo sorelle o amiche di lunga data, anche se io mi nascondevo dietro Johnny e pretendevo di esistere solo sotto quell'aspetto. Ma d'altronde, chi vorrebbe essere me?

Erano passate da poco le due, comunque, quando m'inviò il messaggio, allegandoci una foto.
"Guarda, questo è il tipo che m'interesserebbe"
Il tipo che m'interesserebbe.
Il tipo che m'interesserebbe.
Le piaceva qualcuno.
Un ragazzo. Un maschio. Un qualcuno che non sarei mai potuta essere.
Mi sentii una povera stupida e mi si riempirono gli occhi di lacrime in una manciata di secondi, mentre venivo scossa dai tremiti.
Come avevo anche solo potuto pensare che avessi potuto piacerle?
Come avevo anche solo potuto sperare di significare il minimo per lei e che almeno una parte di quello che mi aveva detto fosse stata vera?
Ero solo un'illusa e potevo solo maledirmi per non essermi data retta fino in fondo quando mi ero ripetuta che stava solo scherzando e che non poteva essere vero, perché in mezzo a tutte quelle meraviglie che la circondavano non aveva senso che s'innamorasse proprio di me, la piccola stupida ragazza tinta con mille problemi di salute e di comportamento, uguale a tutti gli altri e senza un minimo segno caratteristico che la differenziasse dalla massa. Cioè, dai, andiamo, avrei dovuto capirlo da subito che era una cosa impossibile e troppo surreale per essere presa sul serio almeno un po' e che era ovvio che non le sarei mai potuta interessare. Solo io avevo potuto crederci e sperarci, nonostante tutto, senza mai scoraggiarmi troppo. Mi sentii un'idiota patentata e scoppiai in un pianto silenzioso, mordendomi un dito per non emettere suoni e trattenere le mie reazioni.
Che suono fa un cuore che s'infrange? Che rumore fa un'autostima che crolla? Cosa si sente quando una persona muore dentro?
Niente? Oh. Bhe, meglio così, se le mie urla di dolore fossero arrivate fino a casa sua, quella povera ragazza si sarebbe spaventata a morte e sarebbe arrivata a pensare di essere un qualche tipo di mostro, mentre invece era l'unica cosa perfetta della mia vita.
Comunque ero crollata completamente, sotto ogni aspetto, e mi sentivo malissimo. Mi sembrava che qualcuno mi avesse smembrata dall'interno, lentamente, senza recidere niente di vitale e lasciandomi solo la forza per piangere e maledirmi in continuazione. Ero solo una scema, una dannata scema. Mi ero illusa troppo e la verità era finalmente venuta a galla, dopo tutto quel tempo, frantumando tutti i miei sogni e quelli che mi sembravano dei problemi seri, ma che invece erano solo delle altre stupidaggini.
Quindi era questo che provava realmente.
La notte prima mi stava solo prendendo in giro, cercando di capire cos'avrei risposto a un'ipotetica domanda di quel genere e domandandosi se sarei andata nel panico o se sarei rimasta cosciente e controllata per tutto il tempo necessario. Grandioso. Decisamente grandioso. Mi sentii invadere da un senso di nausea e amarezza e mi strinsi la vita tra le braccia, cercando un po' di conforto in un abbraccio alquanto patetico e da persona sola, e in un certo senso lo trovai. Mi asciugai gli occhi con le dita e cercai di calmare il mio respiro almeno un po', alla ricerca di un minimo di autocontrollo e di capacità di parlare.
Non potevo lasciarla lì così, ad aspettare una semplice risposta per tutto quel tempo, sarebbe parso troppo sospetto e comunque lei avrebbe capito che c'era qualcosa che non andava, oppure, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe frainteso e pensato che non me ne fregava niente, e allora si sarebbe sentita ferita e se la sarebbe presa, smettendo pian piano di parlarmi e facendomi soffrire ancora di più, senza neanche sapere cosa mi avessero provocato le sue otto parole, sparate lì alla leggera e senza troppe riflessioni.
"Dio, basta dolore," sussurrai, prendendomi il viso tra le mani e premendo i palmi contro le mie guance.
Risposi di sicuro con qualcosa di stupido e irrilevante, visto che l'ho rimosso praticamente subito. Sicuramente le avrò chiesto come si chiamasse il suo lui, come andassero le cose tra loro, se fossero amici o se lui fosse fidanzato con qualcuno, per poi dirle che non si doveva preoccupare, che le cose tra loro sarebbero andate alla grande e che non ci sarebbe stato nessun problema, perché lui si sarebbe innamorato subito di lei. E lo pensavo davvero; d'altronde quale ragazzo potrebbe mai rifiutare una creatura così bella e dolce, sapendo che lei non scherza nel chiedergli di stare insieme perché lo ama davvero tanto? Nessuno. Nessuno con un cervello o con un cazzo funzionante, che alla fine in molti casi è la stessa cosa. Però il pensiero che lui avrebbe potuto accettare di mettersi con lei solo per approfittare della sua bellezza e portarsela a letto era troppo brutto da sopportare, mi faceva star male e mi faceva rodere lo stomaco senza sosta. Non poteva succedere una cosa del genere, non a lei, non l'avrei mai sopportato. Però non potevo neanche parlare con lui o dirle di stare attenta visto che, onestamente, chi è che pensa che il proprio ragazzo finga di essere innamorato di lei solo per arrivare nelle sue mutande? Nessuna. Cioè, sì, forse dopo una relazione, ma nel momento in cui l'amore ti ha colpita proprio in mezzo agli occhi non arriveresti mai a realizzare una cosa del genere, mai. Cercheresti sempre un'altra soluzione, giustificando i suoi comportamenti schifi fino allo sfinimento, e la cosa è più che normale. Solo che, sapendo quello che sarei arrivata a fare per lei, l'idea che qualcuno avrebbe semplicemente potuto approfittarne mi faceva rosicare da morire e non volevo neanche considerarla possibile, perché lei si meritava solo qualcuno che riuscisse a farla sorridere sempre, non il primo idiota che passava. Certo, non conoscevo per niente lui e sapevo che lei non era quel tipo di ragazza, ma mi sentivo così stupidamente protettiva nei suoi confronti da scandagliare anche la più remota delle possibilità, pur di avere un piano completo della situazione sotto gli occhi.
Non doveva soffrire. Mai e poi mai.
Sospirai a fondo e mi appoggiai con le spalle al muro, lasciando correre nuovamente le lacrime lungo le mie guance arrossate. Mi congedai con la prima scusa che mi venne in mente, consapevole che me ne sarei pentita, e scoppiai in un pianto silenzioso e senza speranze, senza neanche provare a smettere. Dicono che l'amore uccida, e io mi sentivo decisamente più morta che viva, anche se buttarmi giù era la peggiore cosa da fare in un momento come quello. Però non riuscivo a liberarmi da quei pensieri oscuri, più pesanti di ogni materia che avessi mai conosciuto e più tristi di quanto uno s'immaginasse che fossero. Non l'avrei mai conquistata. Non avrei mai potuto dichiararmi e sperare in un "ti amo anch'io, sai?" Non avrei mai potuto parlarle e dirle che era la cosa più importante per me. Non avrei mai potuto fare niente per farle capire quanto l'amavo senza suscitare la sua pietà o portare del senso di colpa nel suo cuore. Avrei dovuto tenermi tutto dentro, ancora, e non lasciarlo uscire mai, neanche nel peggiore dei casi. Avrei dovuto tenermi dentro quel segreto per tanto, troppo tempo, prima di poter cominciare a sperare in un cambiamento dentro di lei e nella loro eventuale rottura. Avrei dovuto aspettare settimane, forse mesi, prima che la figura di lui le abbandonasse la mente, e dopodiché altre settimane per far passare lo sconforto e il senso d'inadeguatezza da lui causati, poi, forse, avrei potuto fare un passo avanti. Ma sarebbe stato comunque inutile, perché una persona come me attira solo persone in cerca di aiuto, aspiranti suicidi, approfittatori o ingrati; e lei non apparteneva a nessuna di quelle categorie. Direi per fortuna, ma per me non era una fortuna, anzi. Ormai ero completamente sicura che non avrei mai avuto una buona possibilità ora che era entrato in campo lui, e niente mi aveva fatto pensare che forse avrei potuto farcela comunque, in qualche modo, e che la partita non era ancora finita. Improvvisamente il mondo mi parve più grigio e triste di quanto non fosse stato negli ultimi tempi e mi sentii sola come non mai, mentre piangevo tutte le mie lacrime, nascosta da tutto e tutti, e mi sentivo scivolar via tutta la speranza assieme al dolore.
Non avrei mai fatto breccia nel suo cuore. Mai.
Ed ero finalmente stata costretta ad accettarlo, volente o nolente che fossi.
Mi abbandonai allo sconforto e passai il pomeriggio chiusa in camera a fissare il vuoto, ignorando tutto quanto. Non m'importava più niente di nessuno, ora che l'unica che desideravo voleva un altro, e sentii l'apatia chiamarmi sempre più forte, con voce dolce e suadente, e mi chiesi se non fosse la cosa migliore da fare, per me e per tutti. Accarezzai l'idea per un po', poi mi tirai in piedi, girai la chiave nella toppa e andai in bagno a lavarmi la faccia. Al diavolo l'apatia, le sarei stata vicino fino alla fine e chissene frega dei miei sentimenti. Non sarebbe cambiato niente. L'amavo troppo per ignorare e buttare all'aria tutto, e sarei rimasta cosciente tutto il tempo necessario, per quanto avesse potuto far male e per quanto avessi potuto soffrire. Giulia veniva prima, sempre e comunque.
   
 
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