Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: BlueCinnamon15    29/05/2012    9 recensioni
“Blaine-“
“Tu non sai più chi sei, Kurt, tu-“
“BLAINE! Credi che sia stato facile non correre indietro? Credi che non abbia pensato mai a come sarebbe stata la mia vita se non avessi fatto quello che ho fatto? Ma non posso, dannazione, non posso!”
“Il problema è che non mi hai mai detto perché! Una spiegazione, Kurt è tutto quello che ti ho sempre chiesto!”
“Era il mio sogno, Blaine, non potevo lasciarlo, tu mi hai sempre detto di inseguire i miei sogni-“
“Beh, sai che ti dico Kurt? Vaffanculo! Perché indovina un po’ qual’era il mio sogno Kurt? Tu.”
E detto questo si girò e corse via, infilandosi velocemente in macchina e lasciando un Kurt tanto distrutto quanto non si era mai sentito in tutta la sua vita.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cap 4

Dedico questo capitolo ai genitali di Ryan Murphy quando verrano da me stessa schiacciati 

e ridotti in politglia, perchè NO, non è possibile che Kurt non entri alla NYADA.

No.

Capitolo 4

Molte persone si chiesero perché all’inizio della competizione ci fossero tre giudici, ed alla fine solo due si fossero presentati per consegnare il premio sul palco.

Rachel Berry non se ne stupì.

Un po’ forse perché era ancora sotto shock per essersi fatta rubare il trofeo sotto gli occhi da quegli imbellettati degli Warblers, un po’ perché aveva già capito cosa sarebbe successo quando aveva sentito il nome di Kurt pronunciato dal presentatore, un po’ perché aveva passato tutta la serata a pensare a come avrebbero reagito se loro due si fossero visti ed un po’ perché aveva visto la paura, la consapevolezza, il dolore, e la rabbia negli occhi di Blaine quando lui aveva rivolto lo sguardo verso il tavolo dei giudici.

E, dopo che tutti erano scesi dal palco, dopo aver visto Blaine correre via da tutto e da tutti, evitare di guardare nella direzione di un uomo che sembrava essersi avvicinato per fargli dei complimenti con un ampio sorriso sul viso, aprire con forza la porta secondaria del teatro, e scaraventarsi fuori al freddo, senza neanche prendere un cappotto ed immergersi nell’ aria pungente della sera, Rachel lo prese lei, il cappotto, e congedandosi da Finn, che cercava preoccupato il fratellastro tra la folla, intimando a Santana di non fare niente di avventato come suo solito, e annuendo a Mercedes che si guardava in giro con espressione colpevole, si diresse fuori per cercare l’amico.

Tra lei e Blaine era nata una bellissima amicizia. Probabilmente nessuno lo avrebbe mai detto: il ragazzo iperattivo e la ragazza piena di sé, in competizione l’uno contro l’altro perché dirigevano due Glee clubs diversi.

Ed invece, contro le aspettative di tutti, si erano trovati ed andavano estremamente d’accordo.

Era lei che, quella lontana sera di due anni fa, quando l’aveva visto camminare da solo, sotto la pioggia, per quella strada che portava dall’ aeroporto verso il nulla, verso Lima, lo aveva fermato, lo aveva abbracciato e, senza avergli chiesto niente, lo aveva portato a casa sua, con una coperta ed il calore di una abbraccio a riscaldarlo.

 

Gli inservienti non potevano aver mentito.

Blaine sperava tanto di sì, lo sperava con tutto il cuore, perchè Kurt non se n’era semplicemente potuto andare, non poteva semplicemente averlo lasciato lì, da solo.

Non dopo aver coronato il sogno di una vita. Della loro vita. Insieme.

Si convinse che era solo tornato nel loro appartamento per preparargli una sorpresa, doveva essere così.

Si avviò il più velocemente possibile sul ciglio della strada e si mosse freneticamente le braccia, rischiando quasi di essere investito, per chiamare un taxi.

Non appena salito farfugliò il loro indirizzo e iniziò a tormentarsi le mani per in nervoso.

Il viaggio che seguì gli sembrò il più lungo di tutta la sua vita, ogni secondo che passava gli sembrava un’ eternità, tanto che quando scese dal taxi quasi si dimenticò di pagare.

Corse velocemente incespicando più volte nei piedi finché non raggiunse le porte del palazzo.

Salì le scale e, nella foga di cercare le chiavi nel cappotto le fece cadere a terra un paio di volte.

Imprecando le infilò nella toppa con mani tremanti.

Dannazione, stava davvero esagerando, avrebbe varcato quella porta ed avrebbe trovato Kurt, sorridente, con un grembiule sporco di cioccolato, che stava preparando una torta per festeggiare il suo primo giorno a Broadway.

E allora lo avrebbe baciato, e gli avrebbe detto che lo amava, e che era fiero di lui, che lo sapeva che ce l’avrebbe fatta perché se lo meritava.

E riuscì veramente a convincersene, riuscì veramente a crederci in quel sogno così dolce, che sapeva di casa, di affetto e di amore.

Ci riuscì così tanto che quando entrò e si accorse che sbagliava niente impedì al suo cuore di fermarsi, e poi di frantumarsi in tanti piccoli pezzi che cadevano sul pavimento senza nessun rumore.

O forse era lui che non l’aveva sentito, quel rumore, troppo preso a guardare la sagoma del suo ragazzo che, in lacrime e scosso da violenti singhiozzi, stava raccogliendo tutto ciò che gli apparteneva e lo stava mettendo in dei borsoni scaraventati in giro per la casa.

 

 

Rachel intravide la sagoma dell’ amico nel buio, illuminata solo da un lampione solitario che emetteva una luce debole accompagnata da un basso ronzio fastidioso.

Mosse qualche passo verso di lui, ma si ritirò quasi scottata quando vide le sue spalle scosse da un forte tremito.

Dio, ci erano riusciti, a fare in modo che tutta la sofferenza si allontanasse dalla loro vita.

Ci avevano messo così tanto impegno.

Blaine, ci aveva messo così tanto impegno. E non si meritava che tutto il lavoro che aveva fatto andasse in frantumi.

Non dopo che si era rialzato ed era ritornato a sorridere.

Si avvicinò fino a che non fu dietro di lui, e, delicatamente, senza pronunciare una parola, poggiò il cappotto sulle spalle del ragazzo e gliele accarezzò dolcemente.

“Shht” sussurò “Calmati, ci sono io”

In tutta risposta l’altro emise un singhiozzo più forte e si girò verso l’amica accasciandosi tra le sue braccia, lasciandosi andare ad un pianto liberatorio.

 

 

Finn non trovava Kurt da nessuna parte.

Non sapeva neanche perché sentisse di doverlo cercare.

Sapeva solo che quel ragazzo ne aveva passate troppe, e che, nonostante le sue scelte non fossero sempre state le migliori, aveva bisogno di qualcuno vicino.

Corse fuori dall’ auditorium ed esplorò tutto il parcheggio ed il tratto di strada circostante.

Passò per i campi da football e per la palestra, e continuò a correre, fino a che, stremato, non si gettò su una panchina.

Dove sei Kurt? Dove sei scappato?

Fu proprio lì che gli venne l’illuminazione.

Sapeva dove trovare Kurt.

E si meravigliava di non esserci arrivato prima.

 

 

La sala del Glee club non era cambiata di molto.

Era rimasta quella più piccola di tutta la scuola, perché ancora non si erano trovati abbastanza studenti da convincere il preside Figgins a donare più soldi per ristrutturarla, c’erano alcuni strumenti, il pianoforte nel centro della sala, e quelle stupide e scomode sedie tutte ammassate sul fondo.

Finn corse verso di essa come un forsennato, e non si meravigliò di aver indovinato.

Kurt era lì, seduto al pianoforte, gli occhi chiusi, le mani che si muovevano sui tasti creando una melodia a lui sconosciuta.

Struggente. Era tutto quello che riusciva a pensare.

Mosse un passo all’ interno della stanza e Kurt, accorgendosi che qualcuno era entrato, si fermò di scatto.

“No ti prego” sussurrò Finn ”Continua”

Kurt non se lo fece ripetere due volte.

Non aveva bisogno di parlare, con Finn.

Bastava sentire la presenza di suo fratello lì accanto a lui, per calmarsi.

E per Kurt non esisteva niente di meglio che il canto, per esternare quello che provava.

Quindi iniziò a cantare.

 

 

Mercedes, Brittany, Santana, insieme a Mike Puck e Tina che li avevano raggiunti dopo, sedevano ad un tavolo del Bel Grissino chiacchierando allegramente.

La cena per quella sera era già programmata da parecchio tempo, e per niente al mondo si sarebbero sognati di disdirla.

Anche se dovevano ammettere la situazione non era delle migliori.

In effetti non chiacchieravano proprio allegramente.

Era più una chiacchierata forzata, il ricercare un ottimismo che sembrava essere andato perso.

Santana si stava trattenendo dal correre fuori, cercare Kurt e scuotergli violentemente le spalle chiedendogli perché diavolo si fosse comportato così.

Invece se ne stava seduta lì, con un mano stretta in quella di Brittany, cercando di non pensare a quello che era successo, e quando Blaine entrò, accompagnato da Rachel, l’espressione sul suo viso non era certamente quella che ci si sarebbe aspettati.

I lineamenti erano rilassati, la bocca stirata in un leggero sorriso, e gli occhi concentrati, in un’ espressione fiera e sicura, quasi fosse l’unica cosa a cui aggrapparsi, quella sua maschera.

La verità era che Blaine aveva deciso. Aveva deciso che si sarebbe rialzato, anzi, che semplicemente non sarebbe caduto, quella volta.

Perché era già stato buttato a terra come un giocattolo mal funzionante una volta, senza una sola spiegazione, e non avrebbe permesso che succedesse di nuovo.

Tutto ciò non impedì però, al momento del suo arrivo, che il tavolo cadesse in un profondo silenzio.

Rachel si destreggiò sicura tra i tavoli del ristorante fino ad arrivare a quello dei suoi amici, immediatamente seguita da Blaine.

Entrambi occuparono i posti liberi.

Nessuno parlò, finchè Brittany non fece un enorme sorriso.

“Lord Tubbington ne sarà felice” asserì sicura “scusa Rachel ma tifava per Blaine”

Si sentì un sospiro generale.

Rachel si scurì subito in volto farfugliando che avevano solo avuto fortuna, Blaine, dal canto suo, si illuminò un poco iniziando a tessere le lodi degli Warblers.

Gli Warblers

Gli Warblers santo cielo! Li aveva lasciati da soli, ed erano lì con il pullman della scuola che guidava Blaine!
Fu colto da un enorme attacco di panico.

Era sua responsabilità, e lui era stato così sciocco che se n’era completamente scordato.

Si alzò velocemente dalla sedia e, dopo aver spiegato agli amici la situazione, si diresse correndo verso la scuola.

Neanche pensò, passando per il parcheggio, di guardare se ci fosse ancora l’autobus, semplicemente era troppo occupato a darsi mentalmente dell’ idiota per curarsene.

Entrò subito nell’ auditorium tagliando per la porta secondaria, e quando sentì solo il rumore dei suoi passi rimbombare per l’edificio vuoto crollò su una poltroncina.

Maledizione! Stava già iniziando a pensare al peggio, quando si accorse di qualcosa che vibrava nella tasca interna del suo cappotto.

Il cellulare.

Fachesianolorofachesianoloro

Aggrappandosi a quell’ultima speranza estrasse il telefono che continuava a vibrare.

Numero sconosciuto.

Non perdendosi d’animo cliccò sul tasto verde e mentalmente pregò per sentire buone notizie.

“Pronto?”

“Ehm… Blaine?” una voce esitante che non riconobbe subito rispose al cellulare. “Sono Steve”

Dio, Steve non era esattamente la persona con cui voleva parlare in quel momento.

“Oh, ciao Steve- Senti- Vorrei tanto parlare con te ma sono un idiota e non sono stato tanto bene ed i ragazzi ora-“

“Blaine Blaine respira! I ragazzi sono qui con me!”

“Com-chi-? Oh! Grazie a Dio!”

Blaine si accasciò sulla sedia lasciandosi andare ad un sospiro rilassato. Steve doveva aver portato a casa i ragazzi: non si era mai sentito meglio in vita sua.

Si scusò con l’amico per come fosse scappato senza parlargli, a fine serata, e lo ringraziò infinitamente per il favore che gli aveva fatto.

Promise che avrebbe rimediato con un caffè, comunque, e l’altro accettò allegramente.

Quando chiuse la conversazione era  notevolmente più rilassato.

Si stava quindi concedendo un momento di solitudine in cui allontanare tutti i pensieri della giornata quando la sentì.

 

 

Finn era uscito dalla stanza.

Kurt, ad occhi chiusi, lo aveva sentito, e lo aveva mentalmente ringraziato perché l’unica cosa che desiderava in quel momento era di essere lasciato solo.

Mentre le dita scorrevano sul piano la sua voce si spezzò per un secondo al ricordo di cosa lo aveva ridotto così.

 

 

Kurt non aveva aspettato che Blaine lo venisse a prendere quella sera a teatro.

Si sentiva vuoto.

E sapeva che quel vuoto che provava non si sarebbe riempito velocemente. Forse mai più.

Prese il primo taxi che si fermò, entrò nel loro appartamento il più in fretta possibile ed iniziò a fare le valigie.

Non avrebbe pianto.

Non voleva piangere.

Pianse.

 

 

Non c’era stato giorno, non un minuto, non un secondo della sua vita a partire da quel giorno in cui non si fosse sentito sbagliato.

E sotto quella sua maschera sicura, spigliata ed un po’ arrogante, il ragazzino spaurito che tremava ogni volta che riceveva una granita in faccia, soffriva come non aveva mai fatto.

Perché Kurt Hummel, in quel momento, mentre suonava il piano e cantava con voce spezzata, non era il Kurt Hummel che tutti erano abituati a vedere sul palco, non era chi si era tanto impegnato a fare credere che fosse, era solo un uomo ferito, ferito da sé stesso.

Perso nei suo pensieri non si accorse che qualcuno era entrato nella stanza fino a che non sentì il rumore dei passi che si avvicinavano lentamente,

Non c’era bisogno di voltarsi per capire chi fosse: Kurt avrebbe potuto riconoscere quella camminata leggermente saltellante e, a tratti, un po’ goffa, tra mille.

E provò una fitta di dolore quando si accorse che ancora ci riusciva.

 

 

“Devi scegliere ragazzo.”

Devi scegliere.

Scegliere.

Scegliere.

“O lui o Broadway.”

O lui o Broadway.

Lui.

Mille volte lui.

“Broadway”

 

 

Doveva vomitare.

Lo stomaco gli si contorse.

Non ce la poteva fare.

Si alzò dallo sgabello e corse più in fretta che poteva verso il bagno, le braccia strette in un abbraccio che voleva essere di protezione.

Di protezione da cosa?

Kurt si accasciò abbracciando la tavolozza del gabinetto.

Vomitò l’anima, e sperò ardentemente anche i ricordi.

Era scosso da violenti tremiti, e ringraziò il cielo che fosse seduto, perché sicuramente le sue gambe non lo avrebbero retto.

Sentì la porta aprirsi, si piegò su sé stesso contorcendosi per il dolore, lacrime calde che gli rigavano la pelle di porcellana.

Un corpo caldo si accostò a lui, ed una mano bagnata si posizionò sul suo collo, provocandogli una piacevole sensazione di sollievo.

Casa.

Dopo due lunghi anni si sentiva finalmente a casa.

Fu tutto quello che riuscì a pensare.

 

 

 

Quando Kurt riaprì gli occhi notò per prima cosa il freddo delle mattonelle del bagno attraversagli la stoffa dei vestiti ed insediarglisi dentro le ossa.

La seconda cosa che notò, invece, fu un corpo caldo seduto vicino a lui.

“Non eri costretto a farlo” disse con voce neutra, piantando lo sguardo a terra concentrandosi sugli intarsi delle mattonelle.

“Volevo” fu quello che rispose l’altro.

“Non dovresti, volerlo.”

“Lo so.”

Blaine si alzò , e Kurt soffrì istantaneamente dell’ improvvisa mancanza di contatto.

“Dovremmo andare, gli altri mi aspettano” disse quindi il ricciolo “chiamo Finn e gli dico che sei qui. Ti porterà a casa.” Aggiunse secco.

“No” si lamentò Kurt accartocciandosi su è stesso. “Voglio vederli, voglio vedere i miei ami-“ esitò, non sapendo se gli era più concesso usare quel termine “Il glee club”

Blaine annuì solo, lo aiutò ad alzarsi e gli poggiò il suo cappotto sulle spalle, guidandolo fuori dalla scuola, al freddo.

 

 

Kurt non sapeva cosa stava facendo.

Davvero non lo sapeva.

Sentiva come se fosse tutto sbagliato, come se mancasse qualcosa di importante.

Aspettava solo il momento in cui Blaine gli avrebbe urlato, lo avrebbe insultato e lo avrebbe distrutto, perché, in fondo, sapeva di meritarselo, e tanto valeva che succedesse subito, no?

Via il dente via il dolore.

Ma  Blaine era stranamente calmo, e per tutto il viaggio fino al Bel Grissino non disse niente, gli unici rumori erano le rare macchine che passavano per strada, ed i loro piedi che sfregavano sull’ acciottolato.

Quando entrarono, nel ristorante calò il silenzio.

Blaine si avviò diretto verso il tavolo, prendendo una sedia e sedendosi con gli amici.

Kurt rimase fermo.

E si maledì perché quel giorno aveva pianto più di quanto avesse fatto in tutta la su vita, ma vedere i suoi amici, coloro con cui era cresciuto, che lo avevano aiutato nel trovare sé stesso e nell’ accettarsi, era semplicemente qualcosa che non riuscì a sopportare.

Non ci riuscì perché l’unica cosa a cui che gli veniva in mente era come avesse mandato a monte tutto, come fosse stato orribile a lasciarli come aveva fatto due anni prima.

Le lacrime gli colmarono gli occhi, impedendogli di vedere, e quando sentì le mani, le braccia, i corpi confortevoli dei cuoi amici abbracciarlo e dirgli che andava tutto bene, quasi lo urlò, quel “mi dispiace” che si era tenuto dentro per tutto quel tempo.

 

 

Si risedettero tutti insieme al tavolo, Kurt ancora un po’ frastornato da quello che era appena successo.

“Ehi amico!” gli disse Puck dandogli una forte pacca sulla spalla “devi raccontarci un po’ com’è essere la star di Broadway!”

Kurt sorrise insicuro. “Non così emozionante come sembra”

“Oh ma dai!” esclamò Rachel “Non fare il finto modesto, è quello che hai sempre voluto fare, per forza deve essere fantastico!”

“Si beh” iniziò esitando il soprano, muovendosi a disagio sulla sedia “E’ diverso da come me lo ero immaginato” ed i suoi occhi guizzarono involontariamente sulla figura di Blaine, che teneva lo sguardo fisso su un punto sopra la testa di Kurt.

Mercedes capì subito lo sconforto dell’amico, e s’intromise subito facendo qualche domanda innocente su come fosse il suo appartamento (nonostante lei lo sapesse già) ed altri dettagli insignificanti.

L’atmosfera la tavolo si rilassò notevolmente quando Kurt iniziò a raccontare aneddoti sulla sua vita in teatro, riuscendo a far ridere la tavolata, ed addirittura sé stesso.

Era bello, pensò, poter essere liberi di parlare così. Certo, era anche strano, ma Kurt non si era certo aspettato che tutto fosse rose e fiori, erano passati due anni d’altronde.

E tutto stava andando meglio di quanto si era aspettato.

Fu proprio quando stava raccontando di quella volta in cui un piccione aveva rovinato uno dei costumi di scena due minuti prima dello spettacolo e la compagnia aveva dovuto aggiungere delle righe al copione per giustificare l’enorme macchia sul vestito, che Blaine si alzò di scatto dalla sedia e si affrettò fuori dal ristorante.

Tutti si guardarono stupiti, poi i loro sguardi si posarono tutti su di Kurt.

Fu con studiata lentezza quindi che quello si alzò, prese il cappotto, e uscì dal ristorante.

Dentro di sé sperava che Blaine se ne fosse già andato, non aveva le forze di affrontare quello che era sicuro sarebbe successo.

Sapeva che sarebbe dovuto accadere, ma il solo pensiero gli faceva stringere nuovamente lo stomaco.

Il ricciolo era in piedi sull’ orlo della strada, le mani in tasca e la testa bassa, gli occhi piantati sull’asfalto.

Kurt gi si avvicinò, piano, posandogli una mano tremante sulla spalla.

Quando Blaine si voltò di scatto  guardarlo, il soprano non si era  di certo aspettato le lacrime che trovò negli occhi dell’ altro.

“Blaine-“ iniziò esitante.

Ma il ragazzo si scostò bruscamente dal soprano, la cui mano gli ricadde in mobile sul fianco.

“Potevi dirmelo sai” urlò Blaine.

Eccolo, quello che si era tenuto dentro per tutta la serata.

“Potevi avvisarmi, ti sarebbe costato un fottuto singolo minuto della tua perfetta e felice vita!” sputò le parole con disgusto. “E invece no! Non un messaggio, non una chiamata, niente! Ti sei presentato come se non fosse successo un dannatissimo niente!”

“Blaine non lo sapevo!” si riprese Kurt, lo sguardo supplicante un perdono che sapeva non sarebbe mai arrivato “Se solo avessi saputo che tu insegnavi alla Dalton io-“

“Io cosa, Kurt, io cosa!?” lo interruppe l’altro, le lacrime che ormai gli inondavano il viso “Sai quante cose non sapevo io? Sai cosa mi sarebbe piaciuto sapere? Per esempio il perché quello che si supponeva fosse il giorno più bello della nostra vita io sono tornato a casa e ho trovato il mio ragazzo che senza un spiegazione mi sbatte la porta in faccia, o per esempio perché in due anni non si è mai degnato di farmi sapere perché! Sai quanto ha fatto male, Kurt? Sai cosa vuol dire svegliarsi ogni fottutissimo giorno e trovare il letto vuoto?”

“Dannazione certo che lo so, Blaine! Cosa credi che abbia provato io, eh? Cosa-“

“Di sicuro non stavi poi così male se sei uscito con tutte quelle troiette in minigonna, Kurt. Cos’è? Una nuova moda di Broadway? Giochiamo a chi si nasconde meglio?  A chi finge meglio di essere qualcuno che non è?”

“Io- loro erano” Kurt era stato preso in contropiede, sapeva che i giornali lo avrebbero fotografato con le ragazze con cui era uscito, in verità quello era il suo scopo, ma non aveva mai pensato a come avrebbe reagito Blaine se avesse visto le foto.

“Cosa, Kurt, cosa?! Dov’è finito il Kurt che conoscevo? Dov’è finito il ragazzo orgoglioso che non aveva paura di essere sé stesso?”

“Blaine-“
“Tu non sai più chi sei, Kurt, tu-“

“BLAINE! Credi che sia stato facile non correre indietro? Credi che non abbia pensato mai a come sarebbe stata la mia vita se non avessi fatto quello che ho fatto? Ma non posso, dannazione, non posso!”

“Il problema è che non mi hai mai detto perché! Una spiegazione, Kurt è tutto quello che ti ho sempre chiesto!”
“Era il mio sogno, Blaine, non potevo lasciarlo, tu mi hai sempre detto di inseguire i miei sogni-“

“Beh, sai che ti dico Kurt? Vaffanculo! Perché indovina un po’ qual’era il mio sogno Kurt? Tu.”

E detto questo si girò e corse via, infilandosi velocemente in macchina e lasciando un Kurt tanto distrutto quanto non si era mai sentito in tutta la sua vita.

 

 

  

 
 

.BluCannella

Vorrei iniziare scusandomi con tutti, davvero, per il ritardo.
Lo so che sembrerò una bambinetta capricciosa, ma ci sto davvero mettendo l'anima per questa storia, e quando ho all' inizio pubblicato i nuovi capitolo ero un po' giù di morale per il poco successo, le poche recensioni.. e non riuscio a trovare un motivo per andare avanti.
Scusate davvero, e ringrazio le fantastiche persone che per MP mi hanno fatto capire che ci tengono a questa storia, mi avete commosso,!
Ecco qui un altro capitolo, ora la smetto di scrivere Angst (Lo sto scrivendo? Davvero non ho ancora capito bene che cosa sia :P), dal prossimo capitolo le cose diventeranno più tranquille, ma non posso risolvere ciò che è successo ai nostri due poveri eroi in così poco tempo, ergo: l'Angst mi si scrive da solo!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, vi ringrazio infinitamente per le recensioni ricevute, davvero, mi illuminate la giornata!
Spero di non avervi deluso (ammetto di odiarlo, questo capitolo)
Fatemi sapere che ne pensate, basta poco e mi rendereste davvero felice :)
Alla prossima
BluCannella

P.s. IO. UCCIDO. RYAN. MURPHY.

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: BlueCinnamon15