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Autore: Cassie chan    20/12/2006    4 recensioni
Una storia strana, una storia qualunque. Due persone diverse, ma complementari. Due sapori diversi, ma complementari. Un destino che li unisce. Due vite che li dividono… le loro… E la consapevolezza di quello che sarebbe stato e non fu più. Una storia d’amore sul senso dell’amore… esiste qualcosa di più importante? E se dalla risposta, poi, dipendesse anche tutto il resto?
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ayako, Hanamichi Sakuragi, Haruko Akagi, Kaede Rukawa, Ryota Miyagi
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 7 – Something painful (Kaede Rukawa)

Capitolo 7 – Something painful (Kaede Rukawa)

 

Quando si avvicinavano i play off, ogni scuola cadeva in una specie di stato vegetativo. Tutto rimaneva sospeso nell’aria, promesse vaghe ed incerte di nuovi orizzonti da varcare; c’erano scatti d’ira improvvisa, pianti ingiustificati, scene di stizza e ragazzi e ragazze scoglionati, che si aggiravano per le aule alla ricerca dei loro fidanzati, profondamente persi nei cazzi loro. Era questo l’effetto play off, si trattasse di una squadra di basket o di un altro sport. I professori si erano rotti di palle, e le visite all’ufficio del preside proseguivano senza sosta.

Non sono mai stato un tipo che segue la massa. Generalmente non ho la maggior parte dei problemi, che preoccupano gli altri, ma quei giorni erano penetrati anche nel mio sangue, e quindi, senza accorgermene, avevo finito per rispondere male ad un coglione che ci insegna informatica. Peccato che questa fosse anche la quarta volta in due giorni… e quindi la speciale benevolenza che i professori dovevano avere per me, come miglior cestista dello Shohoku, era andata a farsi fottere. Quello si era incazzato e mi aveva mandato dal preside, prima ed unica volta nella mia carriera scolastica. Non avevo proprio voglia di sentirmi un’altra menata inutile, o una slinguazzata persino peggiore, e quindi varcai la porta della mia aula e decisi di andarmene sulla terrazza.

Quasi di scatto, feci il corridoio più lungo, passando davanti alla prima sezione del terzo anno; la porta era aperta e la nuova professoressa, quella vecchiaccia di letteratura, spiegava davanti ad una classe in coma. Guardai ad uno ad uno tutti gli studenti sonnacchiosi, salutandone uno con il capo, e poi mi rincamminai verso la terrazza.

Salì le scale e spalancai la porta di metallo, richiudendola alle mie spalle, poi mi stesi per terra, gli occhi fissi al cielo di maggio, solcati dalle rondini. Che cazzo di bordello che fanno… vengono dai paesi caldi a rompere qui le palle… mi ero sempre chiesto da bambino perchè non rimanessero sempre dove il tempo era più bello, in una bell’isoletta tropicale, invece di fare tutti quei fottuti giri a vuoto. Ma si sa, dove si è felici, non si vuole stare… è una rottura essere felici, l’uomo, e pure gli animali, sono fatti per non esserlo mai più di venti minuti a vita… evidentemente Dio, se esiste, ci vuole sempre così, per invocarlo più spesso…

Che cazzo di pensieri, mi distesi meglio per terra, le braccia incrociate sotto la nuca, e chiusi gli occhi. Stavo per addormentarmi, quando sentii la porta che si apriva di nuovo… sto posto stava diventando decisamente troppo celebre da un po’ di tempo a questa parte…

Una voce acuta mi perforò le orecchie: “Alzati, muoviti! Non ho tutta la giornata!”

Capii subito chi era. E mi girarono. Anzi no. Prima ebbi un fastidioso e sgradevole groppo in gola. Normale. Troppo simili quelle due dannate voci.

Mi sollevai e dissi, guardando la persona davanti a me: “Che vuoi?”

“Allenamento speciale!” trillò lei, allegra. Che cazzo c’hai da ridere?, mi veniva da chiederle. Ma mi trattenni, anche perchè credo che, se avessi fatto una domanda del genere, mi avrebbero spaccato il naso.

“E le lezioni?” chiesi, senza reale interesse. L’unica cosa che volevo fare era proprio evitare di allenarmi.

“Non te ne frega niente delle lezioni …”; ancora normale, dopo quei quattro secondi di allegria manifestata in mia presenza, ritornò scorbutica come sempre. E stavolta la domanda: “Che cazzo ti ho fatto?” sarebbe stata proprio imbecille…

“Ho chiesto un permesso… al preside…” rispose velocemente “Domani avete la seconda finale… quindi è necessario che vi alleniate…”

Annuì svogliatamente e mi alzai dal pavimento, stropicciandomi gli occhi con la mano. Che sonno… erano notti che non dormivo… incredibile anche solo a pensarci. Sono sempre stato al limite della narcolessia… e adesso non chiudevo occhio da mesi…

Seguii la ragazza davanti a me fino giù alle scale, dove si incontrò con un’altra tipa… manco, mi ero accorto che era la Akagi… lei mi salutò e si mise a parlare con l’altra fitto fitto, ogni tanto scoppiavano a ridere e si davano di gomito. Certo che le ragazze sono proprio cretine, guarda queste due… magari parlano di quei due, che le fanno sbavare, e quei due non le cagano proprio. Le molleranno quanto prima possibile. Avuto ciò che vogliono, chiaramente. Ciò che tutti vogliono… è così che vanno queste cose…

Le continuai a seguire, sgradite fitte che mi colpivano lo stomaco.  Devo avere una specie di ulcera nervosa,  non c’è altra spiegazione.

Finalmente arrivammo in palestra.

C’erano già tutti, Sakuragi che rideva del suo genio come sempre, Miyagi che palleggiava contro un muro, Mitsui che parlava con Anzai, e poi Takeichi e Hishi, che si allenavano nei fondamentali. Cercai di sgattaiolare in spogliatoio, prima che quest’ultimo mi vedesse, ma fu perfettamente inutile; quel dannato ragazzino c’aveva dei radar al posto delle orecchie.

“Ciao Kaede!” mi salutò con gli occhi luccicanti, tenendo ancora il pallone tra le mani “Il mister vuole che facciamo una partita d’allenamento! Vuoi stare in squadra con me?”

Maledetto leccaculo… non mi ricordo che io fossi così… ammiravo Akagi, ma che cazzo! Non ero così rompipalle…

“E’ il mister che decide le squadre, Eikichi…” risposi velocemente, voltandomi per andare in spogliatoio, mentre mi sentivo la nuca perforata da una coppia di sguardi assassini. Ero già pronto a mandarli entrambi a fanculo, Sakuragi e quell’altro ritardato del suo degno compare, Kikuchi Takeichi, ma mi trattenni. Sicuramente, m’avrebbero preso a calci, se li avessi provocati… quante cose cambiano…

Aprii l’armadietto dello spogliatoio e ne uscii la mia maglia numero dieci… che cazzo di nervoso, mi piaceva parecchio il mio numero undici, ma no! Hishi doveva rompere le palle, e prendersi pure quella… è sempre così, le cose ti mancano solamente quando le perdi, e ti rendi conto di quanto valgano. Lo capisci dalla loro assenza.

Distrattamente, mi voltai verso la parete sinistra, dove sopra all’appendiabiti, c’era una fotografia. L’unica fotografia della squadra dello Shohoku… della squadra dello Shohoku dell’anno prima… l’avevamo fatta alla fine dei nazionali… un’altra stagione che non era finita come volevamo… avevamo perso contro l’Aiwa Gakuin, e ci eravamo classificati quinti, stremati e forse un po’ troppo gasati dalla vittoria contro il leggendario Sannoh. Che strano, adesso a ripensarci, mi sembra quasi che fu anche una bella partita, che giocammo bene, che fummo uniti come non eravamo stati mai. Cazzate. Colossali. E lo so anche mentre lo penso. Soprattutto l’ultima… uniti… troppe cose ci avevano divisi, e io non me ne ero accorto, fino a quel momento, fino a quando non avevo guardato di nuovo quella fotografia. Certe cose a volte sono talmente evidenti che, per fartele passare sotto il naso, in maniera indolore, fingi che siano invisibili. Ma non si può ignorare un elefante in salotto, e alla fine lo vedi per forza.

Mi avvicinai meglio per guardare la foto. Il gorilla era in primo piano, immobile, erto, come era sempre stato, una roccia in mezzo alla tempesta… incapace di cedere per più di tre secondi netti… se avessi avuto uno che potevo chiamare amico o qualcosa del genere, forse sarebbe stato lui… mi parlò quel  giorno, me lo ricordo… fui quasi vicino ad ascoltarlo, era duro, freddo, distaccato. Teneva troppo alla squadra, per vederla capitolare. Ma alla fine lo mandai a fanculo, e me ne andai, esibendo la solita frase che erano solo e soltanto cazzi miei. Adesso fa un’università con una famosa squadra di basket, e studia legge. Accanto a lui, Kogure, sempre troppo gentile e moralista. Quello che tentava sempre di fare il paciere, che si metteva in mezzo, prendendole più di tutti quanti. Poteva astenersi dal parlarmi anche lui quel giorno? Assolutamente no. Ma non ascoltai nemmeno lui. Aveva lasciato il basket, e studiava per diventare medico. Ancora, vicino a lui, Mitsui. Il baciapiselli, mi veniva quasi da ridere a ricordarmelo… quello con un fucile di precisione al posto del braccio. Non poteva lasciare il basket, ma la scuola sì. Andava avanti con piccoli lavoretti e ci allenava, assieme ad Anzai; sembra che fosse già stato convocato in nazionale. Poi, Sakuragi… il nuovo numero quattro… si era messo a piangere come un moccioso, il giorno in cui avevamo perso quella fatidica partita, e quello in cui avevamo detto addio ad Akagi… era come un fratello per lui, forse l’unico che avesse sempre creduto in lui e nelle sue dubbie capacità… era sempre lo stesso, lui e la sua megalomania, e le sue menate nei miei confronti… mi rompeva sempre le palle, ma ormai lo lasciavo fare. Poi, c’ero io ed infine Miyagi… il nuovo capitano. Ovvio, ora era il più anziano tra noi. Giocava molto meglio adesso, era sempre incazzato… e mi ricordo bene che si prova quando si è incazzati con il mondo intero… io non lo sono più da tempo… non so manco io poi se sono incazzato con una persona specifica, o con tutte… mah, credo proprio di non esserlo proprio per niente. Accanto a loro, tutte le matricole del mio anno, Sasaoka, Kuwata, Ishii… loro si erano persi per strada, l’anno dopo non erano più venuti ad allenarsi… in fondo, tra me e la mezza sega, non avevano avuto storia nella squadra. E i senior, Yasuda, Shiozaki, Kakuta… venivano ad allenarsi, ma ormai pensavano ad altro, all’università, agli esami, e spesso quindi mancavano. Tra di loro, Haruko Akagi, sorridente, felice ed allegra. Stava già con Mito allora? Chi cazzo se lo ricorda più… comunque, adesso stava con lui e stava bene… meglio così, un pensiero in meno… non che si fosse mai elevata nella mia mente al grado di “pensiero”, al pari di molte altre cose…

La squadra era completamente diversa adesso. Oltre alla folla di matricole che si erano iscritte, che facevano casino e che venivano tormentate dalla testa rossa, c’erano Takeichi e Hishi, il primo che era un formidabile tiratore e che aveva preso il posto di Mitsui, e il secondo abbastanza bravo come ala, assieme a me. Avevamo buone speranze quest’anno, anche se la squadra si era allenata ben poco in partita, eravamo la testa di serie del nostro girone. Avevamo battuto facilmente il Miuradai, che aveva vinto nel suo girone, e poi lo Shoyo, la prima finalista. Ma adesso veniva il bello… domani si giocava contro il Ryonan, e tra tre giorni… il Kainan… già, non vedevo l’ora di rivedere Sendo… Maki, purtroppo, era all’ultimo anno nello scorso campionato, e sembra che la squadra avesse subito una battuta d’arresto, da quando se ne era andato…

Tornai in palestra, in tempo per sorbirmi un nuovo rimprovero della nostra manager rompipalle. L’Akagi sorrideva accanto a lei, anche se non c’era proprio niente da ridere…mi veniva quasi da prenderla a pugni, poi capii perchè, accanto a lei, c’era il fidanzato, che indicava, ridendo, Sakuragi…

“Dobbiamo aspettare i tuoi comodi, Rukawa?!” urlò ancora la manager, mentre io mi riallacciavo le scarpe. Feci finta di niente, tanto per non darle soddisfazione… che rompicoglioni, e avevo sempre le mani legate con lei…

Ci mettemmo in formazione per ascoltare il nuovo discorso di Anzai e di Mitsui.

Il mister cominciò, la sua voce era leggermente più incerta… pure lui era diventato vecchio… dopo un po’, prese a tossire e quindi dovette continuare Mitsui al posto suo: “Ragazzi, domani abbiamo la partita contro il Ryonan… anche se abbiamo vinto contro lo Shoyo, non dobbiamo assolutamente prendercela comoda… avete capito? Sono forti quest’anno… molto più dell’anno scorso… a parte Sendo, Fukuda, Koshino e Uekusa, che tutti noi ben conosciamo, e Hikoichi Aida, che è migliorato parecchio e che adesso è un buon playmaker, c’è una matricola…”, Mitsui s’interruppe, grattandosi il capo, mentre Sakuragi gridava: “Che c’è, baciapiselli? Ti sei scordato come si chiama? Sei proprio un fallito come allenatore! Non vi preoccupate, tanto con il genio dl basket vinceremo sicuramente!”

“Stai zitto, Hanamichi!” rispose la manager con voce autoritaria, facendolo tacere all’istante, mentre Miyagi gli dava di gomito, dicendo con voce allusiva: “Che romantico! Tace di fronte alla fidanzatina!”

“Taci tappo! Io almeno ce l’ho una ragazza, e tu invece? Sei un fallito, come il baciapiselli! Andate sempre in bianco!”

Sia Mitsui che Miyagi si scagliarono su Sakuragi… erano quasi confortanti quelle scene… ma non fecero in tempo a picchiarsi a sangue, che Sakuragi si mise ad urlare rivolto alla manager, dicendo: “Kana, vedi che fanno al tuo adorato tesoro? E non intervieni?”

Kaname Koishikawa non si scompose minimamente, sollevando appena gli occhi azzurri dal suo blocco di appunti, e disse tranquillamente: “Continuate pure… gli serve un po’ di disciplina…”,  poi, di fronte ai loro continui schiamazzi, perse la pazienza e iniziò ad urlare contro il suo ragazzo: “Ma chi me l’ha fatto fare a venire qui?! Stavo tanto bene al Ryonan! Proprio te dovevo incontrare! Adesso potevo essere la fidanzata di Sendo o, che ne so, di un altro giocatore più normale ed intelligente di te…”

“La prima opzione è statisticamente impossibile… lo sai meglio di noi…” scoppiarono a ridere sia Sakuragi che Miyagi, subito seguiti da Kaname stessa. Non lo capii proprio il senso di questa battuta, comunque finalmente la ragazza riprese, dicendo: “Comunque la matricola si chiama Dan Scott… è americano e gioca nel Ryonan da qualche mese… è veramente bravissimo, ha un gioco imprevedibile e, assieme a Sendo, ha creato una coppia praticamente imprendibile… è così che hanno battuto il Kainan…”

“La scimmia sarà furiosa!” rise Sakuragi, riferendosi a Nobunaga Kiota.

Americano… mi sembrano passati millenni, da quando volevo andare in America… pensavo solamente a quello… mah, chissà perchè era da un po’ che me ne ero scordato… bene, sto tipo m’avrebbe rinvigorito un bel po’… e poi Sendo… avevo un conto in sospeso da troppo con lui… domani sarebbe stato un gran giorno…

“Domai sarà un gran giorno!” rise Sakuragi, imitato da Miyagi e Kaname.

Aveva pensato la stessa cosa che avevo pensato io…

Sospirai. Era ovvio che non poteva essere la stessa cosa. La sua faccia non aveva la mia stessa espressione…

Lui sembrava quasi… divertito, sadicamente divertito…

 

 

Se c’era una cosa che mi infastidiva, erano le attese pre-partita. Ero lì come un coglione a palleggiare, e palleggiare, e palleggiare, mentre attorno il pubblico faceva casino, e, come se non bastasse, dalla tifoseria di quei mentecatti dello Shoyo, era stata lanciata la moda di portare bottiglie di plastica da sbattere sugli spalti. Quindi, c’era un casino allucinante. Accanto a me, Miyagi e Sakuragi palleggiavano distrattamente, mentre guardavano continuamente la porta d’ingresso. Come era ovvio, Sendo non era ancora arrivato e mancavano ormai sette minuti all’inizio dell’incontro. Taoka andava avanti ed indietro come un pazzo, bestemmiando tra sé e sé, mentre Hikoichi cercava di calmarlo. Pure se adesso era titolare, non aveva perso le sue doti manageriali… guardai da sopra la spalla di Sakuragi, che continuava a borbottare, e vidi seduto in panchina un tipo, che non conoscevo.  Doveva essere l’americano… non era molto alto, era sopra il metro e settanta, e non era nemmeno imponente. Era normale…comunque, almeno per i criteri di quelle ochette dietro di lui, doveva essere appetibile… continuavano ad urlare, mentre lui seraficamente se ne stava seduto in panchina, gli occhi celeste chiaro socchiusi e coperti da ciocche di capelli biondo grano. Taoka lo richiamò bruscamente dal suo sonno, e gli urlò contro, chiedendogli evidentemente dove fosse Sendo. Quello bofonchiò qualcosa, e se ne tornò a dormire. Avrei voluto essere io al suo posto.

Un paio di minuti, urla e fottuti palleggi dopo, finalmente la porta di ferro si aprì. Finalmente arrivava Sendo… il mio sollievo durò venti secondi, non era il giocatore più forte del Ryonan, ma una ragazza, vestita con l’uniforme del liceo, che stavamo per affrontare. Doveva essere una tipa famosa, perchè, non appena entrò, la curva di tifosi blu si infiammò. Che era un altro giocatore? Le frasi che le venivano rivolte, però, non erano gentili… andavano dal “Bastarda”, al “Stronza” e a ben altro. Lei si limitò a scrollare il capo e fece un gesto ironico di saluto alla curva, sorridendo. Le urla si intensificarono e allora distinsi chiaramente che si trattava di grida femminili… un’ulteriore prova di ragazze rincoglionite, che sbraitano contro una poveretta… anche se lei… mi era sembrata… divertita… ed anche stranamente abituata…

Abbastanza subito, capii perchè erano così incazzate quelle furie scatenate. La ragazza era entrata, tenendo per il polso Akira Sendo, che le stava dicendo qualcosa, alla quale lei rispose alzando la voce, ma le loro parole ovviamente si persero in quel frastuono. Certo… doveva essere una specie di fidanzata o roba del genere, un’amica stretta, che ne so… e quelle si erano incazzate… che strano, un dejà vu… e fastidioso. Scrollai il capo, non me ne fregava un cazzo delle avventure sentimentali di Akira Sendo, ma, chissà perchè, continuai a guardarli, mentre si avvicinavano alla panchina. Taoka si mise ad urlare contro tutti e due, mentre Sendo sorrideva impacciato e la ragazza annuiva vigorosamente. Lui le disse di nuovo qualcosa, e lei spalancò la bocca con espressione di finta sorpresa, lui le toccò la punta del naso e lei sorrise. Accidenti a queste quattro coglione… non riuscivo a sentire niente… Taoka riprese ad urlare, e finalmente Sendo, che indossava ancora la divisa scolastica, sparì negli spogliatoi, salutando la ragazza. Lei sorrise ancora, poi disse qualcosa al mister. Lui annuì con il capo, e lei si voltò, venendo verso di noi.

Sentii dietro di me Sakuragi e Miyagi darsi di gomito… evidentemente la conoscevano…

“Ciao Ayakuccia!” urlò Miyagi, sbracciandosi

Mi voltai di nuovo e mi chiesi che cazzo avessi al posto degli occhi… come cavolo avevo fatto a non riconoscerla? Era lei, era Ayako, era lei la ragazza che era entrata cinque secondi prima con Akira Sendo…

Ci sono momenti, che sembrano durare una vita intera. Ne avevo sentito parlare spesso, robaccia patetica da telenovele o da romanzetto rosa, che leggono le arrapate e le frustrate sessuali. Come si sente parlare che quando stai per morire, ti passa davanti tutta la tua vita. Quello che hai fatto, visto, sentito, provato.

E io stavo per morire.

Lo sentivo, perchè non aveva altra spiegazione quel ronzio nelle orecchie e la gola che si chiudeva, impedendomi di respirare. Niente che una partita potesse dare, nemmeno temere di perdere a tre secondi dalla fine.

Nella mia mente, passò tutto. Tutto, e non era una patetica fantasia.

Il mio passato, la mia infanzia… un passato incastrato in ingranaggi arrugginiti, che adesso riprendevano faticosamente a girare… mio padre che se ne andava, mia madre a letto con quello di turno, i miei allenamenti da solo, le mie partite, tutto quel vuoto, che il basket soltanto riempiva. Il mio presente, quello stato di coma, che non aveva senso, che non aveva alcuna spiegazione, la mancanza di stimoli, di qualsiasi cosa, che potesse minimamente avere un benché minimo senso, il basket ormai un sedativo in cui affondare la testa. E sono abbastanza certo di aver visto anche il futuro… non che sia un veggente, ma era facile capire tutto quel giorno, e in quel particolare momento, che sembrava durare come una vita intera.

Quel fastidioso mal di stomaco, che mi perseguitava da un anno, da quel giorno di giugno, quando un’infermiera bionda mi disse, schioccando la lingua, che Ayako Kuno era stata dimessa dall’ospedale, divenne all’improvviso più forte ed intenso, e quasi mi impedì di respirare. Ero come in apnea, aspettando la mia condanna a morte.

La mia mente però era dannatamente lucida…

Si può essere più coglione?

Arrivai persino a dirmi… allora, era per te…

Ammissione di colpa tardiva? Può essere. Possibile che lo avessi capito solo allora? Certe cose a volte sono talmente evidenti che, per fartele passare sotto il naso, in maniera indolore, fingi che siano invisibili. Ma non si può ignorare un elefante in salotto, e alla fine lo vedi per forza. Tutto questo, in pochi secondi, mentre la guardavo avanzare sorridente verso di noi. O meglio verso di loro, perchè lei evitava accuratamente di guardare me.

Già, me ne ero dimenticato… ammettere soltanto ora con me stesso che l’amavo, da impazzire, non significava che le cose cambiavano. Ayako… non la vedevo da un anno… e lei era al Ryonan… adesso era lì… aveva un’altra vita sua, dove io non c’ero, dove nessuna delle persone attorno a me, c’era…

Fermati.

Non ti muovere.

Rimani lì.

Con quei tuoi capelli ricci e i tuoi occhi dispettosi di cioccolato.

Con le tue labbra rosse, che adesso non credo di aver baciato mai.

Con quel tuo corpo morbido, che adesso mi sembra incredibile d’aver avuto tante e tante volte.

Con tutte quelle cose, che solo adesso ammetto di conoscere a memoria di te… quella leggera fossetta sulla nuca, su cui io respiravo quando ti addormentavi stanca tra le mie braccia, quella pelle morbida che hai dietro le orecchie, quelle tue dita affusolate, su cui non porti mai un anello.

Fermati.

Che il mondo possa finire.

Ora. Adesso. In questo istante, in questo qualcosa di doloroso, che mi spezza dentro.

In questo ricordo di latte e menta, di me e te insieme.

Ma invece no. Lei continuò a camminare e, con lei, camminavano i miei ricordi.

Le avevo promesso che sarebbe andato tutto bene… e non fu così…

Parlò con Miyagi, me lo disse e ci stava male.

Avrei potuto fare qualcosa allora?

Certo… stringerla, sostenerla, darle il mio… mi fa strano anche dirlo… darle il mio cuore, o come cavolo lo chiamano i ragazzini alla prima menata adolescenziale…

Svenne in partita, stava male, e la portarono in infermeria.

Non andai da lei, perchè lei era forte, perchè era solo un capogiro, perchè avevamo perso la partita con la più forte squadra del paese… volevo stare da solo… e condannai lei ad esserlo di nuovo…

Avrei potuto fare qualcosa allora?

Ancora domanda inutile… risposta come sopra…

Era incinta, era incinta di mio figlio… mi chiese che cosa avrebbe dovuto fare…

La mandai a fanculo, era affar suo, non mio. Era grande, matura, per fare le sue scelte. Non aveva bisogno della manina per andare dal medico ed abortire.

Stavolta non mi chiesi nemmeno se avessi potuto fare qualcosa… ero solo un bastardo… lei se ne era andata, lei e il mio bambino, che portava dentro…

Perse il bambino, lo perse, quando voleva tenerlo, per colpa di quelle puttanelle, che mi vengono dietro.

Corsi sotto una dannata pioggia fredda, arrivai in ospedale, e i suoi zii e la cugina mi mandarono via.

Anche adesso è chiaro… certo che avrei potuto fare qualcosa allora… sfondare una porta, menarli, andare da lei, lei che si mordeva a sangue le labbra per non piangere, come fa sempre. Perché odia piangere. E io l’ho fatta piangere tante di quelle volte, che nemmeno lo voglio sapere con esattezza. Costringendola ad odiarsi. Aiutandola ad odiarmi.

L’estate era venuta ed era passata. Il campionato nazionale era venuto ed era passato, e lei non c’era. Non c’era più. E adesso era così tardi per ripensarci.

Si può essere sul tetto del mondo.

Guardare tutto dall’alto in basso.

Giocare e vincere.

Ancora, ed ancora, ed ancora.

Ma, un giorno, devi scendere.

È matematico che debba andare così.

E, quando cadi… quando scendi… quando i tuoi muscoli non rispondono più ai tuoi comandi…

Quando perdi…

Deve esserci qualcuno… uno, che ti stia accanto, anche senza parlare… che ti faccia sentire vivo…

Non con il gioco, ma con la vita.

Perché, prima o poi, si smette di giocare. Si deve vivere.

Ed anche se sei così maledettamente fortunato, da rimanere per sempre sul tetto del mondo…

Se sei solo…

Non ha senso…

La tua vittoria… la vedi solo tu…

Gli altri sono… com’era, Ayako?

Già… saranno tutti lontani con le loro vite. E sarai solo…

La vittoria, la tua vittoria non la vedi riflessa negli occhi di nessuno… nessuno che la veda anche più grande e bella di come la vedi tu…

Ci saranno persone che ti invidieranno, odieranno, ammireranno, sogneranno, criticheranno…

Ma mai nessuno che… in tutto l’Universo… sarà diverso da loro …

Mi fa quasi male aver finalmente dato forma a questo pensiero, che dormiva placido in me da quando lei se ne era andata. Non che se ne fosse stato zitto e buono questo pensiero, mi aveva graffiato dentro già prima. Peccato che avessi sempre fatto finta di non accorgermene.

Tutta l’estate, sempre per caso, mentre dormivo sulla mia bici, mi ero sempre svegliato di soprassalto di fronte alla sua casa vuota e chiusa, scrutandola attentamente, e ritrovandola sempre vuota e chiusa.

Sempre per puro caso, avevo chiesto alla sua vicina di casa se sapeva dove la signorina Kuno si trovasse, e quella, con fare complice e cospiratorio, mi aveva risposto che mancava da diversi mesi, ma si diceva che fosse all’estero.

Sempre per semplice casualità, ero sobbalzato dal mio sonno, sentendo Sakuragi spiegare a Mitsui che la nuova manager sarebbe stata Kaname Koishikawa, la cugina di Ayako.

Casualmente, per un mese intero, mi ero attardato alla fine degli allenamenti, cercando di parlare con la manager, salvo poi essere mandato a fanculo da lei stessa… mi disse, guardandomi con astio e disprezzo: “Scordatelo… so già che vuoi sapere dove è Ayako. Dimenticatela, tanto non ci hai messo molto… scegliti una delle tue ochette, e sbattitela. Ma mia cugina… dimenticatela…”.

Dimenticatela… dimenticatela… e io c’avrei anche giurato che non avrei potuto dimenticarla… semplicemente, perchè a lei non ci pensavo proprio… era stato solo sesso… io dovevo andare in America, entrare nell’ NBA, ecc, ecc…  Invece lei era diventata una specie di piaga addosso, una ferita che faceva un male cane, ma che ormai non sentivo più. Un fastidioso dolore di sottofondo, che ormai avevo imparato ad ignorare.

Ma che quando riprendeva a sanguinare, ero costretto a sentire. Per forza.

E adesso… per forza… stavo morendo, dissanguato…

Perché lei era davanti a me.

“Ciao ragazzi… come state?” disse lei allegra, rivolta con un caldo sorriso ai miei compagni di squadra

“Benissimo, Ayakuccia!” sorrise Miyagi… l’avrei voluto prendere a pugni… l’amava ancora… e io l’amavo come lui… più di lui… piccola differenza, Ayako parlava con lui… e sorrideva a lui…

“Sei sempre uguale, eh Ryota?” disse lei, ridendo, rivolgendosi a lui

“Che ci vuoi fare? È la forza dell’abitudine!” rise Miyagi, guardandola ancora, poi, ricordandosi di Hishi e Takeichi, disse: “A proposito, Ayako… mi sono dimenticato di presentarti i due nuovi componenti della squadra… lui è Eikichi Hishi… e lui… Kikuchi Takeichi…”

Le due imbarazzate matricole porsero la mano ad Ayako, mentre Miyagi spiegava: “Lei era nella nostra squadra, poi ha lasciato lo Shohoku…”. Silenzio di Miyagi sulla motivazione.

Ayako si sporse oltre di loro, riuscendo finalmente a vedere il resto della squadra: “Ciao Hisashi, non ti avevo visto!” disse, rivolgendosi a Mitsui, che si avvicinò a lei.

“Ciao Ayako!” rispose lui, abbracciandola… stalle addosso un altro mezzo secondo, e ti ammazzo, Mitsui…

“Sapevo che eri al Ryonan, ma non sapevo che facessi la manager… me l’ha appena detto Hanamichi…” riprese lui. Quel maledetto mentecatto, sapeva tutto di lei, ma non mi aveva detto niente. Bastardo… ovviamente, quella rompipalle psicotica della fidanzata gli doveva aver detto tutto… quindi, era la manager del Ryonan… mi sembrano passati tre millenni, da quando era la nostra manager… la mia manager…

“Sì” rispose sorridendo lei “E’ una storia un po’ lunga… non avevo alcuna intenzione di fare di nuovo la manager ad un gruppo di ragazzi rompiscatole… il Ryonan vi può fare tranquillamente concorrenza! E voi mi avete fatto esaurire! Il mister me lo aveva chiesto, perchè aveva visto che ci sapevo fare, ma non avevo alcuna intenzione di accettare, non volevo proprio più saperne! Poi anche qualcun altro non era d’accordo…”

“Questa storia la so!” l’interruppe bruscamente Sakuragi, ridendo a crepapelle, mentre Kaname gli mollava una gomitata nel fianco: “Ma ti stai zitto una buona volta, accidenti a te!”

“Qualcun altro? E chi?” chiese Mitsui curioso

Lei sorrise ancora… sorrideva troppo adesso… era troppo bella, quando sorrideva… e mi faceva troppo male…

“Akira…” rispose lei semplicemente… chi cavolo era Akira? Poi come un lampo, mi venne l’intuizione… Sendo… perchè non voleva?

“Poi sono riuscita a convincerlo… e il mister mi ha fatto continuare…” tagliò corto lei, guardando altrove, poi riprese: “Ma anche a voi è andata bene, no? Adesso avete un nuovo preparatore sportivo, e persino due manager!”

“Il baciapiselli è sempre una mezza sega, anche come allenatore!” rise Sakuragi, mentre Mitsui gli mollava un pugno sulla testa: “Ma come manager ci è andata stupendamente! A parte Kana, abbiamo anche Haruko!”

“Lo so” sorrise lei, salutando la cugina, l’Akagi e Mito “Ne avrete davvero molto bisogno… quest’anno il Ryonan è molto forte!”

“Che c’è? Fai il tifo per loro? Dì la verità che tifi ancora Shohoku!” disse Sakuragi, continuando a ridacchiare

Ayako fece un’espressione fintamente seria e rispose: “Assolutamente no… adesso sono una vera e propria tifosa del Ryonan!”, poi rise ancora e disse: “Anche se tutti voi avete sempre un posto nel mio cuore… ma adesso sto bene… Tomoyuki, Hiroaki, Kitcho… Hikoichi, Danny… e ovviamente Akira… sono un’ottima squadra, e mi hanno fatto sentire a mio agio sin dall’inizio… avrei voluto rimanere con voi, ma se questo non era possibile, alla fine sono contenta di come sia andata…”

Il mio petto si riempì di spilli… non era possibile per lei rimanere con noi… e adesso stava bene al Ryonan… avrei quasi preferito che vi si trovasse da schifo, invece…

“Buongiorno signor Anzai!” salutò lei il mister, che si era lentamente avvicinato a noi. Ayako si avvicinò a lui, chiedendogli affettuosamente come stesse.

“Non c’è male, Ayako…” rispose lui, sorridendo come sempre “Mi sembra che anche tu stia bene… sono contento, non sei cambiata molto, sei sempre la solita Ayako, ne sono felice…”

Non che questo fosse del tutto vero… l’aria di Ayako era sì la stessa, sbarazzina e vivace, come sempre, ma c’era qualcosa di nuovo, di diverso. Era più serena, più tranquilla, più matura. I suoi capelli erano rimasti ricci, ma erano leggermente più chiari, e adesso li portava legati in una coda alla sommità della testa. Indossava la divisa del liceo Ryonan, una camicia bianca, una cravatta celeste, una gonna a pieghe corta sempre celeste, una sorta di lunghi calzettoni scuri, che le arrivavano oltre le ginocchia. Ma io… io vedevo in lei di più di prima… ogni cosa diversa… si era fatta i buchi alle orecchie e portava un paio di lucenti cerchi d’argento. Oppure, era comparsa una piccola cicatrice sul suo sopracciglio sinistro. Ero sicuro, certo che non l’avesse mai avuta. Vita che era trascorsa, passata, scorsa, senza di me. Qualcosa che la segnava dove io non c’ero. Anche i suoi occhi erano più sicuri, più determinati, come erano quando l’avevo conosciuta. Niente dell’insicurezza che io le avevo dato, mio malgrado, era rimasta, evaporata alla luce di un nuovo sole, accecante e incandescente. Adesso stava ridendo e stava dicendo al mister: “Taoka non ha niente a che vedere con lei, urla e strepita dalla mattina alla sera, specie con Akira, che è sempre in ritardo! E alla fine si sfoga ed urla anche con me!”

Tutti ridevano, sembrava quasi che lei non se ne fosse mai andata… se quel maledetto giorno, non avessi… lei sarebbe ancora così, con la squadra… lei sarebbe ancora qui con… me… sembrava così irraggiungibile…

Ad un tratto, qualcuno la chiamò alle sue spalle, l’americano che le faceva segno di venire lì.

“Scusatemi, ma adesso devo andare… sicuramente Akira sarà ancora in ritardo…” disse lei, guardando alle sue spalle “Danny entra in panico, quando Taoka inizia a gridare… mi ha fatto davvero piacere rivedervi… dovremo organizzare una rimpatriata una sera di queste…”
”E’ una buona idea!” esclamò allegra Haruko, guardando Mito “Potrebbero venire anche i ragazzi del Ryonan! Magari riesco a sistemare qualcuno di loro con le mie amiche!”

“Anche se in lista d’attesa, ci sono Takamiya e gli altri?” ribatté Mito, poi lui e Sakuragi si guardarono e sospirarono contemporaneamente: “E chi se la prende quella vecchia scrofa?!”

Ayako rise e si voltò per andarsene. Che ne so, fu solamente allora che sentì di nuovo i nervi dare impulsi alle mie gambe, che si mossero verso di lei. La presi per il polso e la fermai: “Aspetta”

Lei si voltò e mi guardò. Ferocemente. I suoi occhi erano cambiati, erano freddi di fiamme nere, mi guardava con odio. Era stata così calma fino ad ora, e ora era così? Semplice. Non mi aveva guardato fino a quel momento…

“Lasciami… immediatamente…” sibilò freddamente, guardandomi dritto negli occhi “Ti ho detto di lasciarmi… Rukawa…”

Mi spezzò il cuore sentirla chiamarmi così, ma mi feci forza e le dissi duramente: “Ho bisogno di parlarti”

Lei si divincolò dalla mia presa e rispose ancora: “Io non ho niente da dirti e, per il resto, mi sembra di averti già detto tutto… che cosa vuoi adesso? È passato un anno… Rukawa…”

“Smettila di chiamarmi così, maledizione!” le urlai contro. Mi faceva male ogni fottuta volta che pronunciava il mio cognome in quella maniera. Non avrei dovuto urlare. Lei si ritrasse leggermente, e la gente intorno a noi iniziò a seguire più attentamente il discorso.

“C’è qualcosa che non va, Ayako?” sentii una voce vicino a noi. Alle sue spalle, si era materializzato Akira Sendo.

Lo guardai con astio… che cazzo voleva lui adesso?

Lei si voltò a guardarlo e sorrise dolcemente: “Non è successo nulla, Akira… sto arrivando…”

Finalmente lui si volse verso di me e mi disse: “Ciao Rukawa, finalmente ci si rivede…”; il suo tono era allegro come sempre, ma qualcosa nella sua voce stonava. Chiaro, Ayako doveva aver raccontato tutto anche a lui.

Non gli risposi e invece dissi ad Ayako: “Appena finisce la partita…”

Lei non disse né di sì, e nemmeno di no, prese per il polso Sendo, voltandosi e andandosene. 

Tornai sui miei passi e presi con rabbia il pallone in mano, iniziando di nuovo a palleggiare con foga. Avevo quasi la sensazione che ora invece di farmi innervosire, mi facesse calmare. Appena fosse finita questa maledetta partita, avrei rimesso tutte le cose a posto… Ayako avrebbe lasciato il Ryonan, sarebbe tornata in squadra e tutto sarebbe andato bene. Io sarei stato bene.

Quasi inaspettatamente, l’arbitrio fischiò la fine del tempo di riscaldamento e l’inizio della partita. Ci schierammo sulla linea, io che non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla panchina del Ryonan, dove sedeva Ayako. Si era cambiata, adesso indossava una tuta da ginnastica azzurra e aderente, e stava seduta accanto a Taoka, reggendo tra le mani un blocco per appunti. La nostra formazione iniziale era ovviamente composta da me, Sakuragi, Miyagi, Hishi e Takeichi, che borbottava all’indirizzo del capitano: “Speriamo che la vostra amica non abbia rivelato tutti i nostri segreti al Ryonan!”. Non mi detti nemmeno pena a rispondere a quell’imbecille. Il Ryonan invece iniziava con Sendo, Fukuda, Aida, Scott e Koshino. Ero proprio curioso di vedere come giocava sto cavolo di americano, Anzai ci aveva detto di stare attento a lui, ma a me continuava a non sembrare tutto sto granché.

Saltarono assieme Sakuragi e Fukuda per la rimessa a due, ma la palla fu conquistata da noi. Sakuragi passò subito a Miyagi, che avanzò velocemente, come sempre era una vera scheggia, riuscendo a passare a Hishi a pochi passi dall’area. Koshino lo marcava stretto però, e quindi quel coglione ripassò di nuovo a Miyagi, che lanciò a palla verso di me. Mi ritrovai di nuovo di fronte Sendo, mi sentivo pieno di adrenalina, questa volta non gliela avrei fatta passare liscia. Quella che era la nostra antica rivalità adesso era diventata persino maggiore. Il tempo aveva fatto molto, e Ayako aveva fatto tutto, sentivo il suo sguardo su di me e su di lui. Non gli avrei lasciato quella palla per niente al mondo. Continuavamo a studiarci, io che cercavo di fregarlo, ma quello, niente, mi continuava a stare addosso. Mancavano dieci secondi, dannazione… cercai di scartarlo, ma quello riuscì a fregarmi e mi rubò la palla, correndo verso il nostro canestro. Imprecai tra me e me, e lo seguii, lui passò ad Aida, marcato da Miyagi. Aveva fatto molti progressi quel piccoletto, era diventato veloce e aveva sopperito l’assenza di un playmaker nel Ryonan; con una serie di finte, si liberò di Miyagi e passò a Scott, che era marcato da Takeichi. Nonostante fossero entrambe due matricole, non c’era praticamente storia. Dan Scott era veloce, preciso e dotato di un gioco particolarissimo, sembrava che stesse facendo una cosa, ma in realtà era in procinto di fare tutto il contrario. Takeichi rimase come un coglione, fermo, e quello riuscì a segnare. Vaffanculo… Ryonan 2 - Shohoku 0. Allora era così che giocavano gli americani… sentii di nuovo nelle mie vene quell’antico mio pensiero, che sembrava essersi perso. Volevo aver anch’io quella marcia in più, quel gioco che sembrava stare solo nel tuo sangue, e farti giocare come se stessi facendo la cosa più normale del mondo. A questo pensavo, quando sentii la voce di Ayako incitare l’americano… me ne ero dimenticato… fregai Fukuda, e mi diressi, verso il canestro, riuscendo a segnare. Quella fottuta partita doveva finire quanto prima… dovevo parlare con Ayako… dovevo parlare con Ayako…

Solo a quello pensavo in quel momento.

Dovevo parlare con Ayako.

Stavo rientrando in area, quando mi sentii urtare da qualcuno. Era quel rincoglionito di Fukuda.

Borbottai qualcosa e quello rispose: “Come sei delicato!”, non lo degnai di considerazione e continuai a camminare.

“Adesso capisco perchè Ayako ti ha lasciato…” iniziò a sghignazzare tra sé e sé.

Strinsi i pugni, cercando di ignorarlo… questo figlio di puttana… se l’arbitrio mi vedeva massacrarlo, mi avrebbe espulso…

“Lo sai che adesso sta con Sendo?”

Si può morire due volte nella stessa giornata?

A quanto pare, sì.

 

Errori io ne ho già fatti abbastanza,

se almeno poi però questa mia esperienza

mi aiutasse a chiedermi, riflettici, aspetta un secondo,

e invece no, e invece so che

io non imparerò a crescere

non perdere le cose che

almeno una volta fan crescere

non perdere le cose che almeno una volta

potevo fare giuste

e che non è difficile per uno meno instabile

solo gestirsele

e invece poi

e invece mai che riesca a tenermele strette

che riesca a conservarmele

sarà paura o sarà che…

Dentro i viali e nei vicoli

Che giro in macchina a vuoto

Vedo coppie abbracciarsi e stringersi che non avrei mai notato

Se non sapessi che

Non sapessi te

Lontana, lontano, lontanissimo

Ricorderò maledirò

Il giorno che ho detto no a crescere

non perdere le cose che

almeno una volta fan crescere

non perdere le cose che almeno una volta

potevo fare giuste

e che non è difficile per uno meno instabile

solo gestirsele

e invece poi

invece mai che riesca a tenermele strette

che riesca a conservarmele

sarà paura o sarà che è proprio il cambiamento in sé

che fa venire strane idee,

pensare di non essere adulto e non volubile.

Per crescere, non perdere le cose che almeno una volta…

Riuscire a conservarmele…

Sarà paura o sarà che…

 

(Almeno una volta_ Max Pezzali)

 

Ecco a voi, finalmente il settimo capitolo! Come vedete ci è stato un  enorme colpo di scena… eheheheh! Sono veramente perfida! Se provate a leggere le parole della canzone di questo capitolo, vedrete che sono quasi cucite addosso a Rukawa, no? Manca poco alla fine, credo uno o due capitoli massimo, devo ancora definire alcune cose… come sempre, un enorme ringraziamento a coloro che stanno avendo la pazienza di leggere e commentare questa storia, che mi è costata, non mi stancherò mai di ripeterlo, una fatica immane! Quindi un enorme bacio ad Akane (grazie enormemente, pensare che lascio senza parole è un bellissimo complimento, considerando che notoriamente non mi piace quello che scrivo!), Sasa (grazie tantissimo, avevo il dubbio perenne di aver stravolto i personaggi, ma invece sono contenta che tu li percepisca come erano nella “realtà”, era quello che volevo arrivasse!), Hinao (la tua recensione mi ha fatto davvero tanto piacere, soprattutto considerando i tuoi gusti nelle fic di Slam Dunk, quindi già per averla letta ti ringrazio! Ma grazie soprattutto per la tua recensione completa e precisa, specie su Haruko! L’ho detto, è stato difficile scrivere dal suo punto di vista, quindi insomma sono contenta, anche per la tua lacrimuccia! Evviva, me felice!), Hotaru Tomoe (la tua recensione è stata assolutamente la mia preferita, l’analisi che hai fatto di Haruko mi ha fatto pensare, ma ci ho messo davvero tutte queste cose io in lei? Credo che sia stato difficile perché ho dovuto parlare di una cosa che mi è successa di recente, vedere uno che mi piaceva mettersi con un’altra e quindi insomma… forse alla fine ci sono riuscita proprio per questa ragione! Per quanto riguarda il POV di Yohei, che anche io adoro, è su quello il mio dubbio… credo che all’ultimo capitolo, per concludere la storia, dovrò mettere un POV diverso e sono indecisa tra quello di Yohei, di Haruko o di Kaname!).

Un mega bacione anche a coloro che leggono e non recensiscono!

A presto, Cassie!

   
 
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