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Autore: Trick    04/06/2012    2 recensioni
"«Sei il Prefetto di Hogwarts, Remus» le spiegò Lily con un sorriso, camminando verso di lui e stringendogli con salda gentilezza la mano. «Di nuovo».
«No, Lily» ribadì con decisione lui. «Io non posso morire».
«Lo so. Lo abbiamo creduto tutti».
"
(Remus Lupin/Lily Evans).
Un'antologia di fan fiction che copre ogni ship fanon o canon della Vecchia Generazione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Remus Lupin
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Racconti di sabbia
Fan fiction perdute nel tempo
*

Senza rispondere
Peter Minus/ Bertha Jorkins


Per Bertha Jorkins non era stato facile convincere i mille abitanti del piccolo villaggio di Liqenas di non essere altro che una reporter per una modesta testata giornalistica britannica.
Mi occupo di viaggi” aveva spiegato al titolare dell'unica locanda della zona. “La rivista per cui lavoro è molto interessata al Lago di Prespa”. Non era certa che avesse capito: gli abitanti di Liquenas in grado di masticare qualche parola d'inglese erano davvero pochi e lui aveva continuato a fissarla con espressione vuota per diversi istanti, prima di annuire sbrigativo e lanciarle la chiave della stanza numero tredici. Che avesse compreso o meno, tuttavia, non era certo un problema di Bertha; era alla ricerca di Alkan Masereka, ex-Battitore della nazionale albanese di Quidditch che aveva misteriosamente rifiutato l'ingaggio offertogli dalle Vespe di Wimbourne per poi svanire nel nulla. L'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici era intenzionato a scoprire cosa gli fosse accaduto ed eccola lì, Bertha Jorkins sperduta nei Balcani e senza la più pallida idea di dove poter cercare Masereka. Credeva che la madre fosse originaria di Liquenas, ma era probabile avesse confuso il nome del villaggio, perché a Liquenas nessuno sembrava aver mai udito il nome di Masereka. Sembravano non essere mai nemmeno esistiti, dei Masereka.
E lei, allora, dove diavolo era finita?

*

Peter era rimasto immobile davanti a lei e l'unica cosa alla quale era stato in grado di pensare era che la sua fronte arrivava a malapena al suo seno. Si era sentito umiliato, spaventato e profondamente arrabbiato tanto con Sirius quanto con James, fermi a sghignazzare del suo imbarazzo; si era sentito adirato pure un poco con Remus, che avrebbe avuto la forza di impedirglielo e per l'ennesima volta non aveva mosso un dito.
Bertha aveva due anni in più di lui, era alta almeno il doppio e parlava quattro volte tanto, ma quando Sirius aveva avuto la pessima idea di spingerlo addosso a lei per chiederle se avesse desiderato portarselo ad Hogsmeade quel fine settimana, lei aveva accettato con aria divertita.
Peter aveva sgranato gli occhi. Nessuna ragazza aveva mai voluto andare a Hogsmeade con lui: lui non era affascinante quanto Sirius, né simpatico quanto James o gentile e intelligente quanto Remus. Non era niente di tutto ciò, sapeva che non lo sarebbe mai stato – lo sapevano tutti – ma Bertha aveva ugualmente accettato.
Aveva i capelli biondi e scarmigliati, il volto lungo e la bocca molto larga, ma a modo suo era comunque abbastanza carina. Peter non riusciva a decidere se invitarla a Hogsmeade fosse stata un'idea molto buona o un'idea molto cattiva.


*

Nonostante fossero trascorsi più di quindici anni da quell'ultima occasione in cui avevano parlato, a Peter erano bastati pochi istanti per riconoscerla. I capelli biondicci erano acconciati in modo goffo e aveva scelto un improbabile completo da Babbana color aragosta per mimetizzarsi fra gli abitanti di Liquenas. Peter la osservò cinguettare con un macellaio che probabilmente non stava capendo che un quarto delle sue parole e pensò scioccamente che dovesse essere piuttosto fiera della vita che stava conducendo. Non aveva la più pallida idea del motivo che avesse portato Bertha in quel villaggio sperduto dell'Albania orientale, né come una tale coincidenza fosse possibile, ma si sentì improvvisamente teso e spaventato.
Cosa gli sarebbe potuto accadere se avesse dovuto scoprirlo? Sarebbe stata in grado di riconoscerlo? Dopotutto, tredici anni trascorsi dietro le fattezze di un roditore avevano lasciato un segno indelebile sul suo viso. Era scialbo, era svuotato, era vecchio; e pure lei, sotto il vestito elegante e il trucco impiastricciato, era cambiata.
Rifletté a lungo sulle possibilità che gli rimanevano, mordicchiandosi nervoso le unghie sporche. Poi chiuse gli occhi, si concentrò e si trasformò in un piccolo topo dall'aspetto malaticcio.
C'era solo una cosa che poteva fare.

*

«Al Ministero dicono che Ludo Bagman sia un Mangiamorte» cinguettò con aria allegra Bertha, controllando per l'ennesima volta l'infusione del tè verde di Peter. «Non ti sembra assurdo? Per me lo è. Voglio dire, conosco Ludo Bagman da secoli e proprio non ce lo vedo ad andare in giro ad ammazzare i poveri Babbani. Ludo Bagman, hai presente? Il Battitore».
Peter la guardava con le labbra appena dischiuse e l'espressione vacua e distante; eppure era attento ad ogni sua parola, assaporava il trillo acuto della sua voce, godeva di ogni suo gesto nervoso. Talvolta, i suoi modi lo stordivano al punto tale da farlo fuggire – o da fargli picchiare più e più volte la testa contro lo spigolo del tavolo – ma qualcosa in lui finiva sempre col suggerirgli di restare con lei e annuire semplicemente ai suoi esasperanti monologhi.
«Peter, mi stai ascoltando?».
«Certo... il Battitore, Ludo Bagman».
Bertha storse le labbra, si sedette di fronte a lui e incrociò le dita delle mani con aria profondamente concentrata. Sotto il suo sguardo indagatore, Peter si sentì improvvisamente molto più svestito di quanto già non fosse.
«Questa storia dell'Ordine della Fenice ti sta facendo impazzire, sai?» decretò con sicurezza lei dopo qualche istante di riflessione. «Dico davvero, Peter, ti sta proprio facendo impazzire. Guardati: tremi, ti agiti, stai sempre zitto... a volte ho l'impressione che tu non mi stia nemmeno a sentire».
Peter deglutì stentatamente.
«Io... io sono sempre stato piuttosto zitto» buttò lì con una mezza risatina impacciata.
Lei lo liquidò con un cenno sbrigativo della mano.
«Oh, andiamo, Peter, sai perfettamente di cosa sto parlando. Sai cosa si vocifera sul conto di Silente? Dicono non sia normale che si ostini ad opporsi al Ministero, che stia macchiando qualcosa di grosso al sicuro fra le mura di Hogwarts...».
«Sono sciocchezze» borbottò Peter. «Silente non... non approva i nuovi sistemi del Ministero della Magia. Dice che non possiamo combattere Tu-Sai-Chi e i suoi Mangiamorte con le loro stesse Maledizioni. Dice che dobbiamo essere migliori».
Bertha lo scrutò per qualche istante ancora, poi si alzò con un verso sarcastico e tornò a controllare la teiera fumante.
«Pensa ciò che vuoi, ma di certo non riuscirai a cambiare la mia opinione».
Confuso, Peter scosse il capo.
«Non era mia intenzione... tu puoi pensare a ciò che vuoi».
«È quello che faccio».
«Certo, io intendevo solo dire che..» azzardò Peter. Si interruppe di colpo, si massaggiò appena le tempie e infine alzò entrambe le mani in segno di resa. «Per amor di Morgana, possiamo parlare d'altro?».
Bertha si voltò e gli rivolse un lieve sorriso. Dopo avergli appoggiato il vassoio per il tè davanti al naso, si slacciò il grembiule, girò attorno al tavolo e si fermò a pochi centimetri da lui, sorreggendosi al bordo del tavolo. Gli passò affettuosamente una mano fra i capelli per poi accarezzargli appena la guancia rotonda rasata di fresco.
«Mi piace tanto quando mi dai ragione... anche se lo fai senza rispondermi».

*

Se si possiede la capacità di trasformarsi in un topo, introdursi di soppiatto all'interno della stanza di una locanda di second'ordine è un gioco da ragazzi. Seduto su una sedia sbilenca, Peter continuava a rigirarsi la bacchetta fra le mani senza osare distogliere lo sguardo dalla porta. Lei sarebbe arrivata a momenti e lui avrebbe dovuto agire con estrema rapidità.
Socchiuse gli occhi ed ispirò profondamente, mentre il suo udito avvertiva l'eco delle scale di legno che scricchiolavano al di là della parete.
Era arrivata.
Si alzò di scatto al rumore della chiave infilata nella toppa.
Doveva essere rapido.
La porta si aprì e Bertha entrò nella stanza, rivolgendogli inconsapevolmente le spalle.
Era stato fortunato.
«Incarceramus!».
Dalla punta della sua bacchetta scaturirono grosse funi che si avvilupparono attorno ai polsi e alla caviglie di Bertha; la strega cacciò uno strillo acuto e franò sul pavimento, sollevando una leggera nuvola di polvere. Peter s'affrettò a chiudere la porta e per un attimo rimase ad osservare inorridito il risultato dell'incantesimo che aveva evocato.
«Chi c'è!?» gridò Bertha, mentre si dimenava su se stessa. «Chi c'è!?».
«Non muoverti» disse Peter, stupendosi di quanto suonasse roca e distante la propria voce. «Se ti muovi, le corde si stringeranno di più».
«Chi c'è?» piagnucolò ancora. «Chi c'è lì?».
Mi piace tanto quando mi dai ragione.
«Lumos» mormorò Peter.
Bertha era riversa a terra, le braccia serrate attorno al torso e le gambe strette l'una contro l'altra. Un ciuffo di capelli chiari le era scivolato davanti al volto esangue. Parve paralizzarsi quando fu in grado di alzare lo sguardo verso il proprio aggressore. Lo studiò attentamente con occhi stravolti, e Peter quasi credette di poter seguire il filo logico che l'avrebbe portata a riconoscerlo. Lo stava scrutando con troppa attenzione – era questione di minuti, secondi.
«Peter?».
Peter non trovò il coraggio di risponderle.

*

«Mio Signore...» balbettò cauto Peter, spingendo Bertha all'interno della fatiscente cascina e piantando con forza la bacchetta nella sua schiena. «Mio Signore, ho trovato... ho trovato Bertha Jorkins. Lavora al Ministero della Magia».
«Bertha Jorkins?» si levò un sibilo sinistro nella penombra. «Oh, quale immenso piacere. Non abbiamo mai molti ospiti, qui».
L'istinto la spinse a cercare di dimenarsi dalla stretta di Peter, ma lui fu più svelto e la spinse di nuovo sul pavimento. Atterrò con un grido e rimase con la guancia schiacciata a terra e il fiato corto; sentiva le viscere stringersi, sentiva di non aver mai provato un terrore tanto feroce. Aveva la sensazione che sarebbe morta da lì a poco, e la consapevolezza non faceva che alimentare il pensiero di non voler morire – non in quel momento, non così.
«Peter...» supplicò ancora. «Peter, sei tu?».
Peter non trovò il coraggio di risponderle nemmeno quando dovette disfarsi del suo cadavere.
Mi piace tanto quando mi dai ragione, anche se lo fai senza rispondermi.

   
 
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