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Autore: IamShe    04/06/2012    14 recensioni
Sono passati cinque lunghissimi anni dalla lotta all'Organizzazione. Shinichi è un detective di successo ed ormai, uomo, all'età di 23 anni avrà il compito di affrontare altri problemi. Che siano di carattere sentimentale o no, è certo di una sola cosa: le emozioni che ha provato, al di là del tempo passato e delle sofferenze patite, rimarranno per sempre in lui. In lui, come in lei.
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"La fissava instancabilmente, tanto che la ragazza si perse nell’azzurro di quegl’occhi che tanto le ricordavano il mare e che tanto le piacevano. Non poté fare a meno di arrossire quando le labbra del ragazzo s’incurvarono in un bellissimo sorriso, che gli illuminava il volto, e che risplendeva in quella sala privando le lampade della loro luminosità." [Estratto del 7° capitolo]
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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Dopo tempi immemori torno ad aggiornare, ma non prendetevela con me, piuttosto con la scuola e con l’esame, visto che ci siete!!! Questa volta avevo intenzione di iniziare il capitolo in maniera completamente diversa. Spero di non rubarvi parecchi minuti, e se lo faccio, lasciate perdere e passate avanti. Il capitolo è qui sotto e dopotutto è l’ultimo, e pensare che io possa esserci arrivata mi riempie il cuore di gioia. Dovete sapere che ho pensato alla storia della fan fiction per parecchi mesi, stravolgendone e ridisegnandone la trama. Ricordo ancora che inizialmente Ran non doveva nemmeno essere fidanzata, e che gli anni passati in America non dovevano essere così tanti. Poi, pian piano, cominciai a pensare ad un possibile ragazzo, rivale di Shinichi, che avrebbe potuto dare filo da torcere al detective. Inizialmente, Richard doveva essere esclusivamente un fotografo o paparazzo accanito delle star più in voga del momento, poi, in un secondo momento, rimuginai sulla doppia identità. L’idea mi è venuta pochi capitoli prima dell’undicesimo, quello dove Cikage (a proposito, è pura coincidenza, non sapevo neppure che la moglie di Toichi Kuroba si chiamasse così) va da Shinichi per chiedergli una consulenza. Insomma, tutto è nato improvvisamente, e sinceramente, sono orgogliosa di come le cose si siano sviluppate! Però, non è stato tutto rose e fiori purtroppo! I primi intoppi si sono visti già dal primo capitolo. Non era com’è adesso, e questo solo a causa del mio maledetto computer, che, dopo aver scritto l’intero capitolo non mi permise più di aprirlo! Potete solo immaginare io come ci rimasi... Quasi mi dico “cavoli, è destino che non la devo scrivere”, ma poi, pervasa di una forza di volontà della quale ancora ignoro la provenienza, riscrivo il capitolo daccapo, e lo salvo sul pc, con la speranza che non faccia ulteriori scherzi! XD Scrivo anche il secondo, e successivamente pubblico la storia su di un forum. Ebbene, la storia non venne apprezzata da nessuno! XD O meglio, nessuno la commentò, nonostante fossero passati parecchi giorni. Rimango nuovamente come una stupida e mi convinco di lasciar perdere il tutto. Qualche giorno dopo, venuta a conoscenza di questo sito, decido di fare un ultimo tentativo. Pubblico la storia, ma ormai, delusa, sono convinta di non ricevere alcun commento. Era il 2 gennaio di quest’anno. Ebbene, con mia grande sorpresa, quattro giorni dopo la commentò una ragazza che io stimo e ammiro, dalla grandi potenzialità, e con un’immensa fantasia: Dony_chan. Ricevere un commento da lei mi portò al settimo cielo, così tentai di pubblicare il secondo capitolo, ottenendo man mano i primi recensori: Il Cavaliere Nero (a cui faccio i miei più sentiti complimenti per le sue storie), WinryRockbell, myellin, arianna20331 ed altri utenti. Probabilmente -pensai- non è poi così orrenda, e decisi di scrivere il terzo. Da quel momento ho conosciuto ragazze fantastiche, che, stranamente, cominciavano ad interessarsi alla mia fan fiction... ciccia98, totta1412, PaV, frangilois, Martins, M e l y C h a n, deamatta, Marty Kudo, zapotec, SimpSiro, izumi_, noisemaker89, mangakagirl, Noemina91, Delia23 e zamieluna! Infine, per ultima, ma non per importanza, vorrei fare un ringraziamento speciale a Yume98, alla sua infinita tenerezza e dolcezza, nonché bravura nel scrivere nonostante la giovane età!
Ci tenevo a citarvi tutte perché è solo grazie a voi che la storia è arrivata fin qui. Davvero.
 
Inoltre,
GRAZIE per aver inserito la storia tra le seguite:
Areis, BlackFeath, Cassandra Turner, ChibiRoby, ciachan, ciccia98, deamatta, danyelina, Dony_chan, emy89, Haley James Scott, ikutoneko, izumi_, konan95, Kuroshiro, La_SoSo, Lely96, ShellingFord, BlancheAnge, M e l y C h a n, MocciosaMalfoy, myellin, PaV, ranshin22, Scorpyon, Shike, VSRB e withoutrules!
GRAZIE per aver inserito la storia tra le ricordate:
MakaxSoul, PaV, shaula, Sonecka e witch4ever!
GRAZIE per aver inserito la storia tra le preferite:
amorina, arianna20331, ciccia98, cicciofino, Delia23, _Crizia_, __MyOwnForgettenWorld__,Il Cavaliere Nero, M e l y C h a n, mangaka17, giglio65, ShellingFord, Martins, Marty Kudo, noisemaker89, PaV, SimpSiro, totta1412, Yume98, Zamieluna, _Lola_Kudo_ e _Rob_!
 
Forse un’autrice dovrebbe scrivere solo per se stessa, forse sì. Ma credetemi che avere qualcuno che ti rincuora e che ti sprona ad andare avanti è meraviglioso, e ti fa sentire orgogliosa.
 
Va bene, chi è arrivato a leggere fin qui è il mio idolo!
Visto che mi starete maledicendo vi lascio leggere il finale di “Vivere d’emozioni”, con la speranza che anche voi viviate sempre la vostra vita a pieno, con determinazione e gioia, affrontando dolori e problemi, con la consapevolezza di farcela.
 
Penso proprio di non tornare su EFP per qualche mese, a causa della maturità e impegni vari.
 
Ancora GRAZIE
e alla prossima,
la vostra Tonia.

 

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Shinichi e Ran
Trentesimo capitolo

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Si sentiva come un leone attanagliato in una gabbia strettissima, dove nessun movimento poteva. Si sentiva intrappolato negli errori della sua presunzione e convinzione, delle sue smanie di protagonismo e superiorità. Si sentiva stretto dall’interno, come se una catena gli si attorcigliasse attorno all’anima. E se il senso del tatto era fuori uso, quello della vista e dell’udito funzionavano perfettamente. Così poteva girarsi attorno; osservare i volti impauriti e spaesati dei suoi subordinati, quelli attenti e cauti degli agenti della CIA, quelli rasserenati e intrepidi di Ran ed Heiji, quello scioccato della moglie Cikage, e quello trionfante di Shinichi Kudo. Quel detective che lo teneva stretto a sé, che era riuscito a salvarsi, che ancora una volta aveva battuto e sgominato piani criminali di mondiale importanza. Che la fortuna lo assisteva era fin troppo ovvio, ma Toichi Kemerl dovette ammettere a se stesso che infondo quel ragazzino ne aveva di stoffa, per distruggere un’organizzazione come quella di suo padre, per distruggere completamente lui. E poi sentiva il richiamo dei suoi uomini, che ansimati gli lanciavano grida disperate. Queste gli arrivavano come echi lontani che si disperdono in una valle infinita di frustrazione e dolore. Crebbe in lui la consapevolezza di aver perso, e la rinuncia a qualsiasi tentativo di rimonta. Perché crebbe in lui la convinzione che qualsiasi cosa avesse costruito, Shinichi Kudo l’avrebbe distrutta. E così era con l’0rganizzazione, e così con il suo piano, e così con Ran. Era inutile provarci, lui ci sarebbe riuscito sempre, nei modi più insoliti e stravaganti forse, ma sempre.
Le braccia allentarono la forza, mentre il corpo mostrava non opporre più resistenza alla stretta del detective, che deciso gli impediva di muoversi. Abbassò il capo, segnando la sua sconfitta, ed aspettò che fosse proprio Shinichi a parlare, quasi come se volesse obbedire ai suoi ordini.
“Avete intenzione di sparare? Forza, sparate al vostro amato capo se ne avete il coraggio” li istigò sarcastico l’investigatore, posizionandosi dietro al corpo di Richard. Alle spalle si erano rifugiati Heiji e Ran, in modo da proteggersi dai colpi degli uomini che incessanti avrebbero loro diretti.
“Abbassate le pistole” continuò a conquistare terreno Eisuke, avvicinandosi sempre più alla consorte di Kemerl, imbambolatosi davanti al marito, incapace di muoversi. Gli uomini della CIA avanzarono verso la donna afferrandola per un braccio, portandola al sicuro dietro i mitra degli agenti segreti, che inginocchiati e all’in piedi puntavano fisso contro il nemico e contro i suoi subordinati.
“Ripeto, abbassate le pistole.”
La voce più sicura e profonda di Hondo arrivò alle loro orecchie, mentre con gli occhi ricercavano lo sguardo del loro capo. Aveva ancora la testa chinato, e il corpo imprigionato nell’abbraccio deciso e per niente affettuoso del detective. Adesso si trovavano di fronte ad un bivio, a due strade tortuose e di fine incerta. Potevano attaccare gli agenti o ammettere la resa. Si guardarono per un po’ tra loro, indecisi sul da farsi. Con gli occhi ne contarono il numero, e capirono che erano molti più di loro; ma infondo, volendo, avrebbero potuto farcela. Arrendersi significare perdere libertà, dignità e onore. Così, con un gesto repentino, decisero di schierarsi contro la CIA, dando fuoco alle loro pistole. Da un istante all’altro sarebbe potuto generarsi il caos totale, se non fossero intervenuti gli agenti della polizia nipponica.
“Fermi! Buttate via le pistole e mani in alto! Questo è un ordine!”
“Dannazione...”
“Mani in alto!”
Si guardarono tra di loro, e in un sospiro annunciarono la loro decisione. Si ritrovarono a deglutire e ad abbassare le armi. I poliziotti avanzarono cautamente, protetti da scudi e giubbotti antiproiettili. Gli uomini furono raggiunti così nel giro di pochi secondi, quando dovettero arrendersi definitivamente alle forze dell’ordine. Allo stesso tempo lo schieramento di agenti segreti contribuì all’arresto della decina di subordinati di Toichi Kemerl. Shinichi rilasciò il rivale per consegnarlo alla polizia, che cominciò a strattonarlo per le spalle, conducendolo verso l’uscita. L’assassino si fermò d’un tratto, puntando i piedi a terra. Si guardò indietro, rivolgendo il suo sguardo ad Heiji, ad Eisuke, a Ran ed infine, a Shinichi.
Punto gli occhi proprio sul detective suo rivale, e gli sorrise, quasi ironicamente.
“Kudo, non è finita qui. Ti giuro che non è finita qui.”
Probabilmente era sotto shock per il fallimento della sua vendetta, e la distruzione totale dell’organizzazione. Ma quelle parole erano sicure, erano dirette, erano penetranti. Ed assomigliavano ad un avviso, o forse una promessa. Gli aveva giurato che un giorno si sarebbero rivisti. E quasi ne sembrò colpito anche l’investigatore, che sapeva che sarebbe successo. Ma non era il momento di pensare al futuro, né al passato. Adesso aveva il presente dinanzi a sé, e doveva affrontarlo. E quel presente comprendeva la sua Ran, Heiji, i suoi amici ed una nuova vita. Per Kemerl non c’era spazio, non ce ne sarebbe mai stato. Non rispose da subito alla provocazione dell’avversario, ma si avvicinò a lui, portandosi all’uscita del magazzino. Oltrepassandolo, gli sussurrò velocemente poche parole, che zittirono per sempre il suono arrogante della voce dello pseudo americano.
“Sì, magari ti mando la partecipazione, dai” asserì, sarcastico. “Buona vita Richard. Buona cella Toichi Kemerl.”
 

************

 
“...E quindi era uno spietato assassino che mi si era avvicinato solo con il pretesto di ucciderti? Ed era pure sposato...che storia.”
“Ahi” mugugnò dolorante Shinichi, infastidito dal tocco del disinfettante sulla sua ferita al petto. Seduto accanto a lui vi era Ran, attorcigliata in una coperta ed intenta a bere una camomilla, offertole da un’ambulanza accorsa per la situazione. I due ragazzi si ritrovavano seduti dietro al veicolo, mentre il detective si faceva medicare le parti del corpo lesionate dallo scontro con Richard. Poco più distante, in piedi, c’era Heiji, completamente fasciato da bende bianche che gli coprivano buona parte del corpo. Eisuke, accanto a lui, discuteva degli ultimi dettagli del caso, affiancato da due agenti della CIA.
La karateka, visibilmente shockata ed incredula di tutta la faccenda, tentava di riscaldarsi con il bicchiere caldo della bevanda, mandando di tanto in tanto occhiate al giovane accanto a lei.
Chissà...
Cominciò a pensare, osservandolo profondamente. Shinichi era a petto nudo, fasciato in bende che gli percorrevano lo sterno e le spalle. Aveva lo sguardo dritto al suolo, e intratteneva le dita attorcigliandole tra loro.
Chissà se ha sentito del bambino...
“Shinichi?” lo chiamò Ran, attirando la sua attenzione. Il ragazzo si girò verso di lei, invitandola a proseguire.
“Come hai fatto a salvarti?” gli domandò direttamente.
Il detective le sorrise, riportando lo sguardo in basso.
“Il proiettile ha colpito il distintivo che mi aveva dato Shiho. Per questo la ferita è stata marginale, sennò adesso sarei all’altro mondo.”
“E-e... quindi hai fatto finta di cadere a terra?” chiese ancora la giovane, questa volta accentuando una vena di timore. Aveva immaginato di rivelarglielo in maniera diversa della gravidanza, del bambino, della sua scelta, e della sua volontà. Ma osservandolo meglio, Shinichi non sembrava sorpreso. Né tantomeno spaventato o agitato.
“No... veramente...”
“Insomma, ti sembra giusto?” interruppe Shinichi la voce dell’amico Heiji, avvicinatosi silenziosamente ai ragazzi in pochi secondi.
“Cosa?” chiese Kudo, osservando i due. Ran imitò l’amato, mentre si lasciò andare ad un sospiro.
“Tu sei quello che vogliono ammazzare, e a me riempiono di calci e pugni. Guarda, guarda che amico che hai. Mi sono fatto scannare al posto tuo.”
Il detective e la karateka nascosero un risolino che spontaneo nacque sui loro volti, e coprirono le labbra con una mano.
“Piuttosto,” continuò il ragazzo, puntando il dito in lontananza verso Hondo. “Ma cosa stava aspettando per intervenire?!”
“Mi ha detto di aver avuto dei seri problemi con la moglie di Kemerl. Non sono riusciti a fermarla, sembrava continuasse a ripetere ‘voglio vederlo con gli occhi, voglio vedere se lui è davvero mio marito’ e così è entrata, e loro l’hanno seguita” gli rivelò l’amico, lasciandosi andare un fievole sospiro.
“Ma qualcuno sa alla mostra cosa sta succedendo?” chiese Ran con evidente preoccupazione.
“Assieme ai fidati di Richard c’erano anche poliziotti in borghese... ho avvisato la polizia appena uscito” gli disse Shinichi, portando lo sguardo su Heiji. “Non preoccuparti, è tutto apposto. Shiho mi ha già mandato un messaggio per confermarlo.”
 “Sono stati arrestati tutti nel giro di pochi minuti, dopo aver evacuato l’edificio con la massima cautela. Ah, sono state ritrovate anche delle bombe al plastico, ma nessuna di queste è stata attivata. Dopotutto c’erano solo altri due complici insieme al suo sosia alla galleria, probabilmente avrà pensato di avere la vittoria in tasca” continuò il detective del Kansai, portandosi una mano sotto al mento.
“Non aveva contato il fatto che io ed Eisuke stavamo indagando su di lui.. ed io ho impiegato fin troppo tempo, dannazione” sbottò il detective, stringendo la mano destra in pugno, evidenziando le nocche biancastre.
“Io direi che hai impiegato fin troppo tempo sdraiato. Mentre mi distruggevano, tu te ne stavi bello al pavimento come se nulla fosse” lo punzecchiò  l’amico, guardandolo di sottecchi.
“Idiota io ero svenuto sul serio, non mi stavo riposando.”
“S-sei svenuto davvero?” urlarono all’unisono Ran ed Heiji. La giovane ripensò alle parole di Richard in quel magazzino, alle allusioni alla sua gravidanza, al pugno conficcato nel suo ventre. Era ormai convinta che Shinichi si fosse scoperto presto padre nel peggiore dei modi, dalla bocca di un lurido assassino privo di coscienza, dalle parole spietate di un uomo colmo di vendetta. E le era dispiaciuto, e tanto. Avrebbe voluto dirglielo in una situazione diversa, più calma, più serena, più dolce. Poco importava se lui fosse svenuto subito dopo. Sarebbe risultato comico, ma mai cruento. Così strabuzzò gli occhi, ed insieme ad Heiji, fissò l’investigatore, che li guardò increduli.
“Che avete da osservarmi così?! Il colpo è stato attutito dal distintivo ma ha comunque perforato la pelle! Mi avevano riempito di calci e pugni e cadendo a terra ho sbattuto la testa, perdendo i sensi. Ho ripreso coscienza ritrovandomi la moglie di Richard di fronte, la CIA in fondo, Heiji tutto insanguinato e Ran a terra esausta. Ho approfittato della situazione per alzarmi senza farmi notare, spostandomi a poco a poco, strisciando a terra.”
“Ah” recitarono gli amici, continuando a fissarlo con aria interdetta. Heiji cominciò a sghignazzare, Ran puntò gli occhi al pavimento, divenendo paonazza.
“Si può sapere che succede?” domandò, girando la testa verso gli amici. “Ma che avete?”
“Quindi tu... non hai sentito niente?” gli chiese ghignando l’amico, osservando di sottecchi la karateka, che evitò volontariamente di guardarlo negli occhi.
“Cosa avrei dovuto sentire?” rigirò la domanda Shinichi, sbattendo le palpebre, stranito da quell’atteggiamento.
“Ran! Volevo dirti che alla festa di Makoto mi sono comportato in quel modo perché il signorino qui presente..” cambiò frettolosamente discorso il detective, per poi indicare Shinichi. “Mi aveva mandato un messaggio dall’America dicendomi di stare attento a Richard, di non espormi troppo con te.”
“Ah, ecco svelato il mistero!” replicò sorridente la giovane, cacciando la lingua fuori.
“Quando ci vedemmo prima di partire, credevo che Richard non c’entrasse niente con questa storia.. perciò ti dissi di restare ancora con lui. Pensavo che se non ti avessero visto con me non avresti corso alcun pericolo, ma mi sbagliavo. In America scoprii la sua vera identità e mandai di fretta un messaggio ad Heiji, affinché lo tenesse d’occhio” le confidò Shinichi, assumendo un tono serio.
“Avresti potuto avvisare anche me però” gli ricordò la ragazza, rivolgendogli lo sguardo.
“Avevo paura che Richard ti spiasse... non potevo permettermi di metterti in ulteriori peric-”
“E bravo a Shinichi! Presto sarete in tre!”
 Fu nuovamente bloccato il detective, ma da una voce quasi infantile, gioiosa e divertita, che piombò alle spalle del giovane di Osaka, costringendolo a dimenarsi. Eisuke si poggiò sulle spalle dell’amico, per poi avvicinarsi a Shinichi e stringerlo in un abbraccio. Vide l’investigatore strabuzzare gli occhi, per poi sbattere continuamente le palpebre.
“Eisuke!” sbraitò la karateka, dallo sguardo infuocato.
“In tre?” domandò diretto Kudo, guardandolo interdetto. “Che vuoi dire?”
Eisuke indietreggiò, spalancando le palpebre. Vide Ran, alle spalle del ragazzo, svincolare le mani in tutte le direzioni, tentando di non farsi notare. Scuoteva il capo a destra e a sinistra, ma appena Shinichi le rivolgeva lo sguardo, si bloccava all’istante. Affianco a lui, Heiji tentava di mascherare una risata con una mano poggiata sugli occhi, che gli copriva buona parte del viso.
“N-no.. e-ecco e che.. i-intendevo..” balbettò, visibilmente impacciato. Poi scoppiò a ridere, rimuginando sulla situazione. Occorreva una scusa immediata, semplice ed efficace. Eppure era convinto che il ragazzo avesse ascoltato le parole di Kemerl. Lo avevano fatto loro, agenti della CIA, nascosti e distanti molti metri, come poteva non averlo fatto lui risultava strano. Molto strano.
“No dicevo... presto saremo in tre!” azzardò d’un tratto, strofinandosi il capo.
“Ma chi?” chiese Shinichi, stentando a seguirlo.
“Io, tu ed Heiji!”
“Io, tu ed Heiji?” domandò stranito il ragazzo, inarcando un sopracciglio.
“Sì! Formiamo una squadra formidabile, no!?” esclamò, sembrando di essere convincente, voltandosi verso il detective dell’ovest, che aveva ridotto i suoi occhi a piccole fessure.
“Sì, formidabile. Un detective, un poliziotto ed un agente segreto. Uno quasi morto, uno massacrato e l’altro in eterno ritardo. Formidabili, direi” lo schernì Kudo, assottigliando anch’egli le palpebre.
Eisuke gli si avvicinò sorridente, donandogli alcune pacche sulla spalla.
“Ma ce l’abbiamo fatta lo stesso! Adesso si deve festeggiare! Siete d’accordo?” chiese d’un tratto, cogliendo alla sprovvista gli interessati. Ran abbozzò un sorriso e si voltò a guardare Shinichi, che sembrò imitarla.
“Va bene,” gli riferì il ragazzo, sotto lo sguardo consenziente dell’amico Hattori. “In effetti si dovrebbe festeggiare...” continuò poi, con voce più dolce, osservando la giovane accanto a lui, che di colpo arrossì.
“Capito... chiamo Kazuha,” riferì loro Heiji, per poi incamminarsi verso il cancello d’entrata del magazzino. Eisuke decise di allontanarsi dai due, fingendosi impegnato con i suoi agenti per gli ultimi dettagli del caso.
“Shinichi...” lo chiamò con voce fievole Ran, assicurandosi di non essere ascoltata. Il giovane si voltò verso di lei, prendendole la mano, e cominciando a giocherellare con le sue dita.
“Devo parlarti...di una cosa importante.”
Il detective le sorrise, e si avvicinò a lei, donandole un bacio sulle labbra. Era come se fosse contento di ciò che stava per dirgli, nonostante ne ignorasse il contenuto. Continuò ad accarezzarle la bocca con la sua, mentre la ragazza si abbandonò al tocco morbido della sua pelle, e si strinse fra le sua braccia, socchiudendo gli occhi.
“Anche io.”
Le riferì con dolcezza, sorridendo. Si sentì morire in quell’abbraccio, si sentì rinascere, si sentì rivivere. Le sembrò che tutta la sua vita fosse nelle mani di Shinichi, che tutto ciò di cui avesse bisogno potesse trovarlo solo lì, fra quel calore e quel profumo. Un profumo che le possedeva il cervello, che si infilava in un pensiero, e non lo mollava mai.
 

************
 

“Vedi, Shinichi, io aspetto un bambino” dichiarò ad alta voce la Mouri, socchiudendo gli occhi e tirando su il diaframma. Si lasciò così andare ad un sospiro, per poi riaprire le palpebre. Le si parò davanti Kazuha che, con il dito indice in mostra, le fece segno di disapprovazione.
“No Ran è troppo diretto. Poverino, gli prenderà un colpo!” le suggerì l’amica, che storse il labbro, impuntando i pugni sui fianchi. “Cerca di essere almeno meno... impulsiva.”
“E come? C’è qualcuno dentro di me?” continuò Ran, simulando una smorfia di angoscia, di stress e d’ansia.
La karateka sbuffò e rivolse nuovamente il suo sguardo verso lo specchio della sua camera da letto, popolata da qualche ora dalla giovane del Kansai, e dall’ereditiera, che si affrettò a tornare nella stanza dopo aver fatto un piccolo spuntino in cucina.
“Posso riprendere la scena?” domandò ridacchiando, sorreggendosi allo stipite della porta.
“Sonoko? E’ una faccenda seria!” le ricordò la ragazza, lanciandole occhiate cupe e grottesche.
“Cosa c’è di più serio che riprendere Kudo che sviene?” continuò ancora la Suzuki, che si lasciò andare ad una risata fragorosa. “Già me lo immagino.”
Il suo riso contagiò Kazuha, che tentò di stringere le labbra per trattenersi dal solo pensiero della scena.
“Effettivamente sarebbe comico” ammise poi, rivolgendosi a Sonoko, che avanzò verso le amiche con un tramezzino tra le mani.
“Posso preparare la telecamera?” ribadì il concetto la ragazza, sghignazzando e avvicinandosi a Ran, che abbassò lo sguardo, incupendosi d’un tratto. Le due giovani lo notarono, e mentre si lanciavano occhiate titubanti, decisero di prenderle una mano, e sollevarle il volto.
“Ran scherzavo, lo sai vero?” cercò di rassicurarla l’amica, accarezzandole la spalla.
“Stiamo cercando di sdrammatizzare, ti vediamo troppo tesa” continuò poi Kazuha, raggiungendo la compagna, rivolgendosi agli occhi lucidi della karateka. “Non preoccuparti, vedrai che le parole ti verranno spontanee in quel momento.”
“Io... io ho paura... che lui non lo accetti” rivelò alle amiche, staccandosi dalla loro presa, e incamminandosi verso il letto, per poi sedersi su di esso. “Ho paura che dica che non è pronto, che non è il momento, che non riesce a sentirsi padre. Dopotutto è una cosa che ti sconvolge la vita, probabilmente lo capirei ma... ma io non so se sono capace di crescere un bambino da sola, e poi senza di lui che rappresenta l’aria che respiro? Ho paura di dirglielo perché ho paura di distruggere questa felicità che mi anima, il sogno di poter essere di nuovo la sua fidanzata, dopo tutto quel tempo passato lontani, dopo tutte quelle sofferenze.”
Sonoko e Kazuha la raggiunsero, adagiandosi anche loro sul materasso.
“Secondo me sono paure inutili Ran” le confidò l’ereditiera, rassicurante.
“E mi sorprende che tu abbia questi timori, non dovresti.”
“Perché lo pensi?” chiese l’amica, alzando lo sguardo verso quello della Suzuki, che abbozzò un sorriso.
“Perché...” cominciò la ragazza, per poi venire interrotta dall’amica di Osaka, che completò la sua frase, attirando l’interesse di Ran.
“Perché i suoi occhi diventano molto più profondi, quando ti guarda. Lo fa come se tu fossi l’unica donna al mondo, come se non desiderasse altro che tenerti vicino a lui. Lui non lo sa, ma il suo sguardo riesce a trasmettere tutte le sue emozioni, i suoi pensieri ed i suoi sentimenti. L’ho osservato parecchio, ed ho notato che gli succede solo nel fissare te. E credimi che lo ha fatto spessissimo.”
“Sembra estraniarsi dal mondo, sembra imbambolarsi come un bambino, sembra addirittura arrossire. Sotto sotto, Kudo è più tenero di quanto voglia far credere” continuò l’ereditiera sorridendo, riprendendo le redini del discorso.
“Credevo di averlo notato soltanto io, ma a quanto pare è più evidente di quanto pensassi.”
“Davvero dite?” chiese quasi stupita l’amica karateka, che guardava loro con occhi increduli.
Le due amiche annuirono, lasciandosi stringere in una stretta talmente bella e sincera, che bisbigliò loro tutto il bene che nutrivano l’una per l’altra. Il mondo sembrava meraviglioso.
 

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Le goccioline d’acqua gli bagnavano la pelle ancora umida e fresca, il volto appariva rigenerato sebbene presentasse ancora qualche piccola contusione, gli occhi sembravano stanchi, ma pronti ad affrontare una serata di festa. Aveva il petto fasciato, e il viso coperto da qualche benda, così come i polsi e le dita. Sorreggeva un piccolo cofanetto cremisi, ed aveva lo sguardo perso nel piccolo e prezioso oggetto contenuto in esso, simbolo d’amore e d’eternità. Respirò profondamente, socchiudendo gli occhi.
“Hai intenzione di rimanere lì per tutta la serata?”
Lo ricondusse al concreto la voce sarcastica di Shiho, che continuava a fissarlo da un’infinità di minuti. Shinichi si girò di scatto, sorpreso e preso alla sprovvista, nascoste il pacchetto nella tasca dei jeans, mascherandosi con un risolino fin troppo finto.
“Pensavo” le rispose lui, cercando di rimanere vago e impassibile, nonostante fosse evidente il rossore sul suo viso.
“A come chiederglielo?” domandò diretta lei, riprendendo a fissarlo negli occhi.
Il detective abbassò il capo e sorrise imbarazzato, per poi rialzarlo e ricambiare il suo sguardo.
“Ma da quanto tempo mi stavi osservando?” le chiese, con una lieve sfumatura rossastra sul viso.
“Abbastanza da capire,” continuò lei, staccandosi dall’entrata e avvicinandosi a lui. “Ti sei deciso.”
L’investigatore si limitò ad annuire, evitando di guardarla. Quell’atmosfera intrisa di strane sensazioni, quanto spontanei sentimenti, cominciava a pesare più di un macigno, mentre il silenzio calava profondo nell’ambiente. Shinichi tornò ad osservarla, in piedi, nella sua camera, e finì col perdersi in quell’attimo. Fece per prendere fiato, ma la ragazza lo anticipò, bloccandolo in principio.
“Sono... felice... Sono felice per te” gli bisbigliò, con voce roca ma diretta, con cuore infranto ma funzionante.
“G...Grazie.”
“Oh ragazzi, ma che avete?” chiese d’un tratto la voce squillante di Heiji, rompendo l’aria malinconica che si era venuta a creare. “Guardate che stasera c’è una festa non un funerale!”
Shiho lo guardò maligna, guadagnandosi poi la stessa occhiata da parte dell’amico detective, che si avvicinò all’armadio della stanza per prendere una maglia da indossare.
“Ehi che ho detto?”
“Niente,”
“Ho interrotto qualcosa?” domandò sarcastico, guardando i due con aria furbetta.
“No, ma vedi di non interromperla stasera” gli rispose Shiho, osservando di striscio Shinichi, che gli ricambiò l’occhiolino. Heiji si fermò ad osservarli, riducendo poi gli occhi a fessure.
“Mmmm” mugugnò, riprendendo il tono scherzoso di prima. “Cosa sono questi sguardi complici? Eh?”
“Stiamo progettando un assassinio alle tue spalle” cercò di spegnergli l’entusiasmo Kudo, buttandosi sul ridere.
“Non è che ci hai ripensato?” domandò, rivolgendosi a Shinichi.  
“Sai com’è, non è mai troppo tardi nella vita” continuò a schernirli il ragazzo, guadagnandosi lo sguardo assassino della scienziata e seccato del migliore amico che, si fermarono ad osservarlo per qualche secondo, per poi fissarlo indemoniati.
“Hattori?”
“Sì?”
“Piantala.”
 
“SHINICHI? HEIJI?” li chiamò urlando una voce lontana, che si diffuse nelle stanze della villa dei Kudo, fino ad arrivare ai loro orecchi. Shinichi indossò velocemente una maglietta mentre Shiho ed Heiji si apprestarono ad accogliere i nuovi arrivati che sostavano nel salone di casa, in trepidante attesa della loro venuta.
“Stavamo un attimo sopra, potevate anche salire” li richiamò Hattori, per poi avvicinarsi alla sua Kazuha e stamparle un bacio sulle labbra che scatenò il sorriso dei presenti. Shiho finse un piccolo malore allo stomaco e si scusò con gli amici se fosse mancata alla serata, salutò i ragazzi e avanzò verso Ran, tesandole la mano. Le sue dita toccarono il ventre ancora piatto della ragazza che, al tocco delicato del palmo della mano, sussultò, e si ritrovò a scontrarsi con gli occhi azzurro ghiaccio della scienziata, che continuavano a fissare la sua pancia.
“Auguri per il piccolo” le disse dolcemente, sorridendo tristemente. “Congratulazioni.”
“G..grazie” rispose insicura, con voce titubante. “Ma tu come fai a saperlo?”
“Lo sanno tutti Ran...” continuò ancora, sorprendendola. “Tranne il padre. E Kogoro, immagino.”
“Eh,” riuscì a risponderle la karateka, leggermente in imbarazzo.
“Qua c’è chi si è portato la telecamera per riprendere la scena, chi la vuole mettere su internet. Io credo che ci serva un’ambulanza piuttosto,” continuò a rivelarle Ran, mettendosi a ridere. “Soprattutto per mio padre.”
“Nah,” si oppose Shiho, facendole l’occhiolino, e bisbigliandole: “la prenderà bene.”
Si soffermò un attimo, e la guardò ridendo. “Shinichi intendo. Tuo padre credo un po’ meno.”
Così si dileguò dall’ambiente, lasciando la ragazza sorridente e felice, e il resto della compagnia in festa. La karateka fece per salire le scale e raggiungere il detective, ma Heiji la bloccò, afferrandole un braccio.
“Ran come va? Tutto bene?” le chiese apprensivo e leggermente preoccupato.
“Sì, abbastanza. Perché me lo chiedi?”
“Il pugno di Richard... mica avrà fatto del male al bambino?” si sincerò ancora, causando l’interessamento della giovane.
“No, non penso, cioè... sono al primo mese, non dovrebbe aver fatto nessun danno in effetti. Almeno spero.”
Heiji la guardò per un po’, per poi lasciarla andare. Sorrise distrattamente, dandosi dello sciocco.
“E’ vero, hai ragione... e poi è un Kudo, è forte” le disse sereno, dandole uno spintone verso l’alto.
“Su su, vai dal tuo amore. Ti sta aspettando!” la schernì poi, mettendosi a ridere.
 
Ran sentì l’ansia salirle, il tremolio prenderle le gambe, il sudore farsi partecipe della pelle delle sue mani. Cominciava a risentire la paura attanagliarle il corpo, impedendole di muoversi e di parlare, così come se non potesse più farlo. Respirò profondamente, cercando di incoraggiarsi e di rasserenarsi, per quanto la cosa potesse risultare difficile e complicata. Avanzò ancora qualche passò e si ritrovò di fronte Shinichi, che si stava apprestando a raggiungere gli amici. Nonostante le fasce e le contusioni le appariva come il ragazzo più bello che potesse esserci sulla Terra, l’unico dal quale il suo cuore sembrava importarsene, il solo con cui desiderava nella sua vita. Si avvicinò a lui, e si perse nel suo splendente sorriso che si accese appena la vide arrivare dal fondo delle scale, dal rumore dei suoi amici. In quel momento sembrava tutto più silenzioso, tutto più intimo.
“Ciao piccola.”
“Ciao amore.”
I loro corpi si toccarono, le loro mani si intrecciarono, così come le loro bocche che finirono col scontrarsi e con l’adularsi, e le loro lingue che mostrarono d’avere fame dei loro respiri. Shinichi la staccò leggermente, per permettersi di guardarla appieno e godere della sua bellezza.
“Sai che ti vedo ogni giorno sempre più bella?”
La ragazza arrossì, ma tentò di mascherarlo, affondando il suo viso nell’incavo della sua spiaggia.
“Questo vuol dire che quando mi hai conosciuta ero un mostro?”
“No,... un mostriciattolo. Un bellissimo mostriciattolo.”
“A proposito di mostriciattoli,” tentò di inquadrare il discorso la ragazza, impacciata e tremante.
“Dovrei dirti una cosa.”
Il detective si distanziò, sorridendole e intimandole di zittirsi, facendo sbattere più volte il suo dito indice contro le labbra.
“Dopo di me, la mia è più importante.”
Le prese la mano e la trascinò verso il balcone della casa, che apriva la visione ad una bellissima Tokyo illuminata dalle luci delle strade, dei negozi, dei grattacieli. Ran rimase estasiata da quell’immagine così ammaliante, ma allo stesso tempo quotidiana. Quella era la sua Tokyo, la sua città, e lì aveva il suo fidanzato, nella sua casa. E il mondo non sembrava più meraviglioso, ma lo era davvero.
Sentì Shinichi fermarsi improvvisamente, e abbassare il capo, quasi per insicurezza. Sembrava strano, agitato, quasi tremante. Cominciò a preoccuparsi di aver potuto fare qualcosa che avesse potuto disturbarlo, ma fu bloccata dalla voce timida del giovane, che le suggerì di stare ad ascoltare.
“Senti Ran, io... io non sono bravo in questo genere di cose” cominciò lui, tentando di invano di evitare il contatto con i suoi occhi e di nascondere il rossore che invadente scoppiava sul suo viso. La giovane deglutì sorpresa, e un lampo di gioia le attraversò la mente. Per un po’ tornò razionale, dandosi dell’idiota e della sognatrice. No, non era possibile.
“Non sono per niente bravo, in realtà. Non saprei da dove cominciare né come continuare, sento le parole morirmi in bocca appena provo a dirle. So solo di aver pensato ad un probabile discorso da una quindicina di giorni ad oggi, e non ho trovato niente che potesse soddisfarmi” continuò ancora, mantenendole la mano, e accarezzandole la pelle.
 “Così mi sono detto che avrei trovato le parole in quel momento, che mi sarebbe venuto come la cosa più spontanea a questo mondo. Beh... non è propriamente così, ma intendo solo farti capire che non voglio vivere più neppure un solo giorno della mia vita lontano da te, e voglio svegliarmi con te accanto tutte le mattine che verranno, e addormentarmi col tuo respiro sulla spalla tutte le notti di questo mondo. Sai, tutti hanno una debolezza, ma io ne ho due: tutto quello che dici e tutto quello che fai... ma solo con te posso completare me stesso. Vuoi...”
“Shi...Shinichi...”
L’investigatore si abbassò, mettendosi in ginocchio. Portò le mani nel taschino, estraendone da esso un piccolo contenitore rosso, che aprì in un istante. Gli occhi di Ran si fermarono e luccicarono nel vedere il contenuto di questo, che brillava più di una stella in quella sera di fine estate. Shinichi aveva la mano tremolante, ma cercò di mantenere saldo l’anello, e tentò di racimolare tutta la voce che aveva per parlarle, e raccontarle in poche semplici parole tutto l’amore che provava.
“Vuoi sposarmi?”
La karateka sentì il cuore battergli all’impazzata, e il respiro divenire affannoso per l’emozione. Non riuscì a proferir parola per qualche secondo, causando la preoccupazione dell’investigatore, che si alzò all’in piedi, sbiancando quasi.
“Ran?” la chiamò, sentendo l’ansia crescere. “Dovresti rispondere.”
La karateka alzò il suo sguardo verso il suo, sentendo una lacrima splendente scendere lungo il suo viso e sbattere sulle sue labbra, che si incurvarono in un sorriso singhiozzante che presto si tramortì in un pianto di gioia.
“Sì! Sì... sì...” cominciò a ripetere in sequenza, emozionata. “Sì da tutti e due!”
Il giovane la strinse in un abbraccio e la baciò ripetutamente, senza fermarsi. Asciugò il viso bagnato con le sue labbra calde, finché arrestò la sua carica, distanziandosi di qualche centimetro, permettendosi di guardarla.
“...Da tutti e due?” chiese stupito, inarcando un sopracciglio.
“Sì!” rispose convinta la giovane, con un sorriso gioioso e sereno stampato sul viso.
“Tu..e...” non completò la frase, ma abbassò lo sguardo verso il ventre della ragazza, che gli prese una mano e la poggiò sopra, con sicurezza.
“...E lui” continuò la giovane, muovendo la sua mano sulla sua pancia.
Shinichi la guardò con occhi spalancati, per poi sorridere, e sentirsi l’uomo più felice sulla Terra, l’essere più fortunato dell’universo.
“Ti amo, ti amo, ti amo” le ripeté lui, abbracciandola e baciandole il capo.
“Ti amo, ti amo, ti amo” bisbigliò lei, lasciandosi stringere e accarezzandogli il viso.
Si resero conto che non importa quanto tempo sia passato, quanto siano cresciuti.
Quanto il mondo sia cambiato intorno a loro. Non importa se avevano passato troppi giorni della loro vita a farsi del male, troppi secondi dei loro giorni distanzi e divisi.
Capirono che ci sono persone, che quando le rivedi, tutto riprende dal momento esatto in cui si erano interrotte. E Shinichi e Ran erano quelle persone. E non si sarebbero mai più persi, mai più.

 
 
 

The End

 

Per il sequel, qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1140446&i=1

   
 
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