Capitolo 20
Jealousy
Nicole si ravvivò i capelli, portandosi una ciocca dietro
l’orecchio e li ascoltò parlare senza dire nulla, senza mostrare quanto le
dolesse quella verità. Non si sarebbe mai dovuta illudere. Klaus poteva anche
provare un’attrazione forte nei suoi confronti, ma non l’amava. Quei sentimenti
dell’ibrido non corrispondevano ai propri e Nicole percepì un vuoto abissale
nella propria anima, che feriva più di una lama di coltello che fendeva il
cuore. Avrebbe preferito scappare, andare nuovamente via dalla città, ma doveva
rimanere. Per Elena. Per Jeremy. Per se stessa. Non poteva farsi annientare da
Klaus e non aveva neanche necessità di essere arrabbiata con lui. Klaus non era
cosciente dei sentimenti che albergavano nel suo cuore già da molto tempo e non
poteva fargliene una colpa, seppur le faceva così male sapere che lui non la
ricambiava. Sarebbe stato più semplice continuare a credere di essere
innamorata di Tyler, che Klaus fosse solamente un cotta passeggera, ma era una
menzogna e non le era mai piaciuto mentire. La porta si aprì e Rebekah e Mikael
entrarono nella stanza. Incrociò lo sguardo azzurrino della vampira che sollevò
un sopracciglio vedendola talmente accorata e assorta. Rebekah la raggiunse
mentre Mikael si rivolgeva ai due.
« Cosa sta succedendo? » domandò calmo, posato,
frapponendosi tra Klaus e Damon. Nicole arrischiò di guardare di nuovo
l’ibrido. Sembrava incerto, come se stesse ponderando le parole di Damon.
Nicole chinò subito il capo, avvicinandosi a Rebekah. Non ce la faceva nemmeno
più a guardarlo senza che le lacrime intrise di dolore e mestizia le velassero
lo sguardo stanco. La vampira le sfiorò gentilmente l’avambraccio per un solo
istante come per imprimerle forza, forse comprendendo la situazione, e Nicole
si sentì quasi meglio.
« Mio fratello ha intenzione di trasformare Elena in un
vampiro se Klaus non farà un passo indietro e non farà lasciare la città ai
suoi ibridi,» riepilogò il vampiro più giovane, stizzito, i bellissimi occhi
limpidi come specchi sgranati e il labbro superiore tremante, come se stesse
tentando di calmarsi e non dare di matto. Era preoccupato per Elena, il suo
amore era talmente evidente da scaldarle il cuore. Elena non era sola, v’era
qualcuno che l’amava molto più di se stesso, che avrebbe fatto di tutto per lei,
che era disposto a farsi odiare piuttosto che vederla soffrire ancora.
« Please, Nik, fa’ un passo indietro. Non voglio sopportarla
per il resto dell’eternità,» esclamò Rebekah, imbronciata e lamentosa come una
bambina, sebbene il suo sguardo fosse serio e ragionevole, impensierito per la
ragazza al suo fianco. Nicole puntò gli occhi in quelli di Damon, incrociando
le braccia al petto e sospirando leggermente.
« Dov’è?» gli domandò gentilmente, nonostante la voce fosse
incerta, trepidante e tremante, e anche in colpa. Non poteva pensare a Klaus
mentre sua sorella veniva quasi uccisa da quello che era stato il suo fidanzato
per più di un anno. Non era possibile che proprio lei, che mai si era
dimenticata della famiglia, in quel momento fosse più propensa a rimuginare su
quanto fosse sciocca per essersi innamorata ancora una volta di una persona che
l’aveva ferita nel profondo, annientandola, che alla sua piccola Lena. Damon sbatté
le palpebre e schiuse le labbra, non emettendo alcun suono. Sembrava quasi in
imbarazzo, come se fosse cosciente che quella verità le avrebbe fatto ancora
più male. E Nicole comprese, « Al Wickery Bridge? » sussurrò. Le labbra
tremarono, per un istante, mentre una lacrima le rigava il volto seguita subito
da un’altra, gemella. Non le asciugò, anzi le lasciò fluire senza sosta,
trattenendo però i singulti che rischiavano di squassarle il petto, «
Seriamente? » aggiunse quando non lo sentì rispondere, e non gli vide far alcun
cenno col capo. Sembrava anche lui sbalordito e meravigliato da quella verità,
« È impazzito o cosa? I miei genitori sono morti lì,» esclamò irata, serrando i
pugni e assottigliando lo sguardo. Aveva quasi smesso di piangere e tutto quel
dolore sembrava amplificato dalla collera, tanto da ferirle il cuore, « Elena
stessa era a un passo dalla morte, e lui…,» si trattenne, ordinandosi di
mantenere la calma. Se avesse perso totalmente il controllo, non sarebbe stata
di alcun aiuto per la sua sorellina. Volse lo sguardo a Klaus e lo vide
pensieroso. La stava osservando assorto e nei suoi occhi era ben presente il
turbamento per le lacrime che aveva versato, come se sapesse che, in parte,
dietro l’afflizione per la propria famiglia, v’era anche quella causata da lui
stesso. Avanzò verso di lui con passo sicuro, sebbene stesse tremando per la
collera e l’angoscia, e gli prese le mani, stringendogliele tra le proprie,
guardando direttamente in viso, implorante, « Per favore, Klaus. Ti prego,»
supplicò quando fu certa di aver accantonato tutta la propria dignità,
facendoglisi più vicina. Klaus sbatté le palpebre, non più imperturbabile e
baldanzoso, bensì triste e accorato, « Mandali via di qui, fai quello che ti
dice,» sussurrò come faceva sempre lui quando erano soli, totalmente dimentica
di ogni persona li circondasse in quel momento. V’erano solamente loro e quello
era un segreto che potevano condividere in due, come un bacio scambiato nella
notte, una mite carezza, un sorriso sfuggente, uno sguardo carico di passione.
Il cuore di Nicole batteva con così tanta forza da farle credere che le sarebbe
fuggito dal petto, però rimase lì, addolorato e innamorato, dinanzi a quello
per il quale nutriva il sentimento più bello e profondo del mondo. Klaus la
guardava, rapito da quelle parole, le palpebre e le labbra, splendide e tentatrici,
schiuse lievemente, come pronte a ricevere un bacio che non si sarebbe fatto
attendere a lungo se non vi fosse stato qualche osservatore. Lo sentiva tremare
sotto le sue dita e percepiva tutto il suo corpo teso verso di lei, emozionato
come il proprio.
Klaus sciolse la presa, velocemente, interrompendo quel
gioco di sguardi che gli stava facendo perdere ogni concentrazione,
ricordandosi che non erano soli. Avrebbe voluto prenderla per i fianchi e
baciarla sino a farle mancare il respiro, sentirla contro di sé e poter bearsi
del suo splendido sorriso, ma non era possibile, non se dinanzi a sé aveva il
proprio patrigno, nonché sua sorella e Damon. Quella ragazza, così giovane,
dolce, inesperta, lo stava facendo impazzire. Non poteva permetterle di comandare
le sue decisioni, eppure era stata ragionevole. Quella scelta era la più
giusta, sebbene odiasse pensarlo. Sarebbe stata per lui una sconfitta cedere a
Stefan, ai suoi ricatti, ma avrebbe perso la doppleganger e non avrebbe più
potuto creare il proprio esercito senza il suo sangue. Non si fidava di Mikael.
La parola di un cacciatore di vampiri, lui stesso un vampiro, non poteva essere
totalmente fedele, soprattutto se aveva l’aspetto dell’uomo che l’avrebbe
volentieri ucciso prima ancora che fosse nato. Mikael l’odiava, da sempre.
Anche quando non era lui il colpevole per qualche sciocchezza compiuta da
ragazzo, era sempre Niklaus a essere punito, a essere picchiato, come un
animale, una bestia feroce o anche peggio. No, Mikael non era in buona fede e
Nicole era una sciocca se si fidava di lui. Era troppo fiduciosa e buona e
sarebbe stato il suo cuore a ucciderla, proprio com’era successo con Elijah.
Aveva un piano in mente, Mikael, e non gli avrebbe mai permesso di portarlo a
termine. Le parole della sera prima non contavano assolutamente nulla per
Klaus. Non poteva fidarsi di lui, non dopo che gli aveva dato la caccia per
mille anni. Doveva mostrarsi confidente e accondiscende per colpire al momento
giusto e distruggere quell’uomo che gli aveva portato via tutto, persino sua
madre. Esther l’aveva abbandonato a se stesso, per colpa di Mikael, come i suoi
fratelli. Era stato lui a distruggerli, annientarli, facendoli divenire dei
mostri senz’anima. Non aveva più nessuno, non sua madre, non Elijah, né Finn e
Kol, forse neanche Rebekah. Con la coda dell’occhio volse lo sguardo alla bella
fanciulla dinanzi a lui. Era stata l’unica a non mandarlo via. Il cellulare
squillò e gli offrì un’ottima scusa per non incrociare gli splendidi occhi
della giovane dinanzi a lui velati da una patina di tristezza e amarezza, mista
a delusione. L’aveva ferita, ne era sicuro, sebbene non compresse cosa avesse
detto, o fatto, di sbagliato che l’aveva portata a soffrire, però ne era
dispiaciuto. Non le piaceva vedere il suo bel volto ferito, soprattutto se era
a lui che sarebbe dovuta essere attribuita la causa del suo malessere. Scosse
lievemente il capo ed estrasse il telefono, lo sguardo di tutti su di sé, ma
non gli importava di nessuno, tranne che di uno limpido e meravigliosamente
profondo, terso come un cielo primaverile.
Nicole lo sentì discorrere con Stefan, irritato dal
comportamento del suo Squartatore che stava disubbidendo e mettendo in dubbio
la sua potenza, ma la sua mente era totalmente rivolta ad altro. Aveva notato
il guizzo di passionalità negli occhi di Klaus e ne era rimasta intimamente
scossa. Nessuno mai l’aveva guardata in quel modo, come se avesse voluto farla
propria, amarla con un sentimento tale da annichilire entrambi. Era insieme
meraviglioso e terrorizzante, l’aveva fatta per un attimo fremere, però aveva
subito dovuto ritrovare il controllo di se stessa per non cedere a lui, ancora
una volta. Avrebbe promesso a se stessa che non si sarebbe più fatta incantare
da Klaus, che non gli avrebbe più permesso di sfiorarla e incendiarla con il
calore della sua anima, però sarebbe sembrato talmente falso e sciocco da farla
risultare patetica ai suo stessi occhi. Klaus le era entrato nell’anima,
oramai, e non ne sarebbe uscito tanto facilmente. Scosse lievemente il capo,
percependo lo sguardo azzurrino, sempiternamente gelido e imperturbabile, di
Mikael fisso su di sé. Klaus aveva accettato, aveva fatto un passo indietro.
Avrebbe mandato via gli ibridi da Mystic Falls. Elena era salva. Sospirò e
chiuse gli occhi, ringraziando Iddio di aver dato a sua sorella un altro giorno
da vivere. Si passò le mani tra i capelli, attenta a non sciogliere la coda, e
tremò appena.
« Nicole,» la chiamò Damon, la voce lievemente arrochita
dall’ansia che l’aveva colto negli minuti precedenti, anche lui insicuro che
Klaus l’avrebbe salvata davvero. La ragazza si asciugò velocemente una lacrima
che le aveva rigato la guancia pallida e si voltò verso di lui, schiudendo gli
occhi chiari e invitandolo a continuare, « Vieni con me? Sto andando a prendere
Elena. Credo abbia bisogno di te,» aggiunse quando le vide scuotere il capo,
con un impercettibile cenno.
« Scusami, non posso proprio,» sussurrò, negando con più
foga, quasi timorosa e impaurita da quella prospettiva. Damon l’osservò, lo
sguardo assottigliato, incredulo e sbalordito da quel diniego. Aveva
sicuramente pensato che non avrebbe esitato nemmeno un istante prima di andare
da sua sorella, « Io… credo non riuscirei a controllarmi ed Elena ha bisogno di
avere attorno a sé delle persone calme,» esclamò più pacata, tentando di
mitigare il tremolio che la stava squassando dall’interno. Damon annuì, serio,
e sorrise lievemente come per farle intendere che non v’era alcun problema,
mentre i suoi occhi rimasero freddi e impassibili. Si voltò e avanzò verso la
porta, fermandosi sulla soglia, volgendosi verso di lei, per ascoltare le altre
sue parole, « Quello che ha fatto tuo fratello, stasera, è orribile e, credimi,
una fortissima parte di me gli vorrebbe piantare un paletto nel cuore. Però non
sarebbe giusto,» aggiunse con più gentilezza. Damon sbuffò, divertito e
sarcastico, e le rivolse il consueto sorriso storto, più rivolto verso la sommità
sinistra, « So che Elena ha bisogno di me, che devo starle vicino e che devo
prendermi cura di lei, ma non questa notte. Non le sarei di nessun aiuto,»
rivelò accorata, incrociando le braccia al petto, come per proteggersi e non
lasciare che le lacrime fluissero sulle guance lievemente arrossate
dall’imbarazzo. Damon annuì e scomparve dalla loro vista, alzando una folata di
vento gelido. Nicole chinò il capo, socchiudendo gli occhi, e si permise di
piangere un’unica lacrima, senza un singulto. Sapeva che quello non era il vero
Stefan. Doveva essere veramente disperato per minacciare Elena, la ragazza che
aveva amato maggiormente al mondo, anche di più di Katherine e le avevano
insegnato che un uomo disperato era capace di qualunque cosa per raggiungere i
propri scopi. Percepì le mani, piccole e gentili, di Rebekah sulle sue spalle,
come per confortarla, e rialzò lo sguardo, immergendosi in quello azzurro e
limpido dell’eterna ventenne. Le stava sorridendo, con dolcezza, e Nicole
ricambiò, sebbene non fosse proprio il suo miglior sorriso, anzi sembrasse più
una smorfia di dolore e afflizione.
« Per quanto la possa detestare per avermi letteralmente
pugnalata alle spalle, posso capirti, però non dovresti stare così male. In
fondo sta bene, no? » tentò di risollevarla. Nicole scosse il capo, lievemente,
e spostò il peso sul piede destro, sospirando.
« Io… lascia perdere,» si interruppe velocemente, gli occhi
socchiusi e il corpo tremante, « Sul serio, Rebekah. Non è proprio serata,»
aggiunse guardandole far cenno di continuare, che non v’era alcun pericolo e
non doveva lasciare che tutto quel dolore la soffocasse. E Nicole non ce la
fece più, « È abbastanza difficile anche solo pensare di stare nella stessa
stanza di un vampiro che ha trasformato mia madre,» le rivelò sottovoce,
indignata, il tono soffocato dalle lacrime trattenute, « Puoi immaginare come
mi senta sapendo che il fratello minaccia mia sorella di fare altrettanto? »
soggiunse guardandola in viso mentre Rebekah si intristiva di poco. Si accorse
che anche gli altri due la stavano guardando e sbuffò, scuotendo il capo e
chiudendo gli occhi per un solo istante, « Lo so, lo so. Mia mamma l’ha voluto,
ma Elena no e già mi fa male pensare di aver perso i miei genitori adottivi su
quel ponte senza dover perdere anche mia sorella,» sussurrò accorata mentre una
lacrima le rigava il viso. Aveva notato un movimento dietro di lei e subito
dopo aveva scorto Klaus al fianco di sua sorella, come per farle intendere che non
era sola ad affrontare quel monologo intriso di malinconia e nostalgica
amarezza, « L’hai sentito mio fratello? » domandò battendo un piede contro il
pavimento, per ritrovare la calma che aveva perso non appena si era immersa
negli occhi azzurrini di Klaus, « Non l’ha superato. Non riuscirà mai ad andare
avanti,» aggiunse stupita lei stessa di essere riuscita a dirlo ad alta voce, «
Sono come bloccati, entrambi, e non va bene perché io so che loro, mamma e
papà, non vorrebbero questo per noi. Vorrebbero che fossimo felici e non
costretti a vivere nel passato,» comunico sbalordita, schiudendo poi le labbra
e sgranando gli occhi, tremante. Era quello che stava facendo anche lei, con
suo padre, soprattutto. Andare avanti. Essere felice. Avere una famiglia, dei
figli, una casa grande con un bellissimo giardino, un lavoro appagante, un
marito amorevole, attento a ogni bisogno, che sapesse ascoltare. Erano state le
ultime parole di suo padre e non le avrebbe mai potute dimenticare. Era
emozionato quando le aveva pronunciate e Nicole aveva pianto tanto,
ripensandoci con il senno di poi. Erano state sicuramente le ultime che aveva
proferito prima di morire ed erano rivolte a lei.
« E tu? » le domandò Klaus, atono quasi, la voce lievemente
arrochita come se non l’avesse utilizzata da innumerevoli secoli, l’accento
britannico più marcato e sensuale, riportandola alla realtà, « Sei andata
avanti?» aggiunge vedendola come smarrita.
« No,» sussurrò con naturalezza tale da sorprendere persino
se stessa. Klaus sobbalzò di poco, tentando anche di non darglielo a vedere,
però Nicole lo notò comunque perché non riusciva ad allontanarsi da lui, dalla
sua anima antica, dal suo cuore nobile, dai suoi modi così dannatamente
aristocratici ed eleganti da farle mancare il respiro ogni volta che erano
rivolti a lei, « Ma non importa,» aggiunse, mentendo, « Non è me che ho bisogno
di salvare.» Un’altra menzogna, priva di qualsivoglia significato. Nicole
voleva essere salvata. Avrebbe tanto desiderato non essere più sola, avere
qualcuno al suo fianco che l’amasse per quello che era, proprio perché era lei,
e non un’altra ragazza. Qualcuno. Ennesima bugia. Nicole bramava lui, Klaus,
l’ibrido che aveva assoggettato il mondo per più di nove secoli. Non le
importava nulla di chi era stato in passato, di chi avesse amato, nemmeno se
l’amasse ancora. Nicole era perfettamente certa che l’avrebbe amato anche se le
avesse portato via l’anima, la vita stessa, « Forse dopo, quando tutta questa
tempesta sarà finita, potrò pensare a me stessa,» sussurrò vedendogli arcuare
le sopracciglia. Non le aveva creduto, o, se l’aveva fatto, non totalmente, e
lo ringraziò per essere andato oltre le sue parole, per aver scavato nella sua
anima alla ricerca del tesoro, costituito da delusioni e ricordi, che dentro di
essa aveva trovato la propria dimora. Klaus la guardò, similmente a pochi
minuti prima, che sembravano un’eternità precedente, e Nicole percepì l’aumento
di battiti nel proprio cuore. Sembrava, anch’esso, volerle dire quanto
desiderasse averlo per sé, che ci fosse solo per lei, e per nessun altro.
Avrebbe preferito essere sola con lui, per poterlo baciare, stringere a sé,
sentire il suo calore irradiarla con la stessa potenza di mille splendidi Soli.
Qualcuno bussò alla porta,destandola da quei pensieri talmente sconvenienti da
farla avvampare inconsapevolmente. Klaus sembrava non essersi accorto di quel
suono e continuava ad osservarla, rapito come se stesse guardando una
meraviglia. E Nicole, per un istante, si sentì splendida.
« Ty… Tyler,» sussurrò confusa guardando il ragazzo che era
appena entrato nella sala illuminata da una luce soffusa e riscaldata dal fuoco
del camino. Sembrava sconvolto e tremava visibilmente. Stava piangendo. Nicole
sobbalzò quando lo comprese. Non aveva mai visto il suo fidanzato piangere, se
non una volta, dopo l’ennesima lite tra lui e suo padre. Richard gli aveva
detto, per la prima volta, che Tyler era una delusione per lui, che non si
sarebbe mai aspettato un figlio talmente superficiale e irrispettoso, che, se
non avesse messo la testa apposto, l’avrebbe spedito lontano da casa per fargli
imparare come doveva comportarsi il figlio del sindaco di Mystic Falls, un
Lockwood. Nicole, come quella volta, gli si avvicinò, raggiungendolo, e gli
sfiorò gentilmente il braccio con un mite sorriso impresso sulle esangui
labbra. Tyler la guardò, per un solo istante, e la ringraziò, asciugandosi le
lacrime con la manica della giacca di pelle. Sembrava un bambino, terrorizzato
e spaurito, e Nicole non sapeva come fare per aiutarlo. Non v’era nessuno di
cui aver paura. Avrebbe voluto dirlo ad alta voce, ma si trattenne, sentendo la
sua bella voce.
« Perché? Perché diavolo non sono riuscito a fermarmi?
Perché mi hai chiesto di fare una cosa del genere? » domandò collerico,
serrando i pugni, rivolto a Klaus che si era volto a guardare la scena,
sollevando le sopracciglia e osservandolo quasi con sufficienza, oramai
dimentico della profondità che l’aveva afferrato pochi istanti prima. Nicole
guardò dall’uno all’altro, sentendosi quasi fuori posto, quasi a metà tra due
estremi irraggiungibili. Il suo passato, costituito da pozzi d’ossidiana. Il
suo futuro, sfuggente e avente le sembianze di un angelo sceso sulla Terra che
osservava il mondo dall’alto del proprio rango nobile. Mikael li scrutava
criptico, un lieve sorriso a increspargli le labbra sottili e Rebekah sembrava
non essere interessata a nulla.
« La tua ragazza era solo un mezzo per mostrare ai Salvatore
che non sto scherzando,» esclamò Klaus leggero, appoggiandosi sul tavolino
dietro di lui, le mani giunte dinanzi alle labbra piene, « Voglio la mia
famiglia e loro me la ridaranno,» aggiunge con uno strano baluginio negli occhi
azzurrini. Non le piaceva. Sembrava la stessa luce folle che aveva prima di
morderla a Chicago, o quando erano appena tornati a Mystic Falls e poteva
leggerle la mente, « Non importa quante persone dovrò ammazzare,» soggiunse
mefistofelico. Nicole schiuse le labbra, confusa, ancora attaccata al braccio
di Tyler, per rincuorarlo e stargli vicino, facendogli comprendere che non era
solo, che non l’avrebbe abbandonato.
« Cos’è successo, Tyler? » gli domandò cortese e dolce,
riportando l’attenzione del ragazzo dagli occhi scuri su di sé. Una lacrima
rigò la guancia pallida del suo ex fidanzato e Nicole gleil’asciugò prontamente,
dispiaciuta di vederlo in quello stato talmente inusuale e incomprensibile.
« L’ho morsa, Nicole,» le sussurrò affranto. Nicole sobbalzò
visibilmente e sgranò gli occhi chiarissimi, schiudendo le labbra. No, non era
possibile, non poteva essere vero, « Oh Dio, non posso averlo fatto sul serio,»
esclamò con la voce rotta dalle lacrime aggrappandosi a lei.
« Il morso di un ibrido uccide un vampiro,» ricordò Nicole
ad alta voce, rimuginando tra sé sulle conseguenze di quel folle gesto.
Sicuramente non era stato dettato dalla sua volontà, ma da quella dell’ibrido
che li stava osservando con un cipiglio collerico. Ingelosito. Klaus li guardava con fredda ira che sembrava occupare
ogni cellula del suo essere, facendolo quasi tremare. Nicole si rese conto che
la sua aura stava divenendo nera come la pece, un baratro che sembrava
dilatarsi sempre di più, celando l’umanità che aveva mostrato solo pochi minuti
prima.
« Mi dispiace. Mi dispiace così tanto,» continuò Tyler,
facendola ritornare con la mente a Caroline. Non poteva permettersi di perdere
anche la sua migliore amica. Sarebbe stato troppo doloroso da sopportare e non
poteva soffrire ancora. Non sarebbe sopravvissuta. Non poteva perdere la
possibilità di rivedere i suoi occhi azzurri e pieni di vita. Non poteva non
sentire più la sua risata colma di divertimento e gioia. Non poteva perdere
lei. Così guardò Klaus, tremante come mai lo era stata.
« Ti prego, Klaus. Salvala,» lo supplicò a voce bassa. Klaus
assottigliò gli occhi chiari e i lineamenti si indurirono mentre le labbra si
contraevano in una smorfia irata. In quel momento ne ebbe inconsapevolmente
terrore e si allontanò impercettibilmente da Tyler. Mikael si avvicinò a sua
figlia, passando dietro Klaus e Rebekah osservò suo fratello mentre si
avvicinava a velocità vampirica alla ragazza. Si fermò dinanzi a lei, a pochi
centimetri dal suo volto e Nicole tentò di non arretrare per la furia presente
in quello sguardo che tanto amava.
« Ti ho già fatto un favore questa sera, Nicole Gilbert, e
non era nemmeno per te,» aggiunse più malevolo, facendola fremere mentre gli
occhi si velavano di lacrime trattenute. In un attimo di calma si domandò
perché la stesse trattando in quel modo così freddo e distaccato, crudele e
capace di ferirla come se il suo cuore fosse attraversato da mille lame di una
spada, « Credi davvero di poter sperare di avere qualche possibilità di, che
so, farmi prendere delle scelte che non mi appartengono? » sibilò irato,
guardando la confusione presente nei suoi occhi azzurri. Nicole chinò il capo,
le labbra tremanti, e scosse il capo. Klaus le sollevò il mento con forza,
facendole quasi battere i denti e mordere la lingua, come per farle intendere
che doveva guardarlo, che doveva combatterlo, che non doveva abbandonarsi a se
stessa.
« No,» esclamò scandendo con foga quelle due lettere. Era
arrabbiata, anche lei, perché non si meritava di essere trattata così,
soprattutto non dopo che gli aveva aperto il suo cuore sulla sua famiglia.
« Bene. Perché non è affatto così,» ringhiò quasi, traendola
maggiormente a sé, a pochi centimetri dalle sue labbra. In un’altra situazione,
sarebbe arrossita e avrebbe azzerato quell’inconsistente distanza, ma era
talmente irritata da quel comportamento privo di significato. Non poteva essere
geloso, non di Tyler. Nicole non aveva fatto assolutamente niente. Stava solo consolando il suo ex fidanzato
che aveva amato tanto che sarebbe potuta morire per lui. Schiuse impercettibilmente le labbra mentre
comprendeva quello che stava passando nella mente dell’ibrido. Tradimento. Per Klaus la fiducia era
tutto e lei la stava tradendo proprio in quel momento, sebbene non se fosse
nemmeno accorta, tanto presa a pensare ai suoi amici di sempre, in pericolo.
« Caroline non c’entra nulla con i tuoi piani, Klaus,»
sussurrò quasi dolcemente. Non v’era più traccia della rabbia che l’aveva
colta, v’era solamente tanto dispiacere e tanta preoccupazione.
« Già, ma non vedo perché dovrei salvarla,» inferì Klaus,
facendola quasi cadere, « Lei non significa assolutamente nulla per me, ma per
i Salvatore sì. E io ho bisogno di una vendetta contro Stefan,» le comunicò
malevolo, un tono talmente folle da scuoterla nel profondo. Agiva in preda alla
rabbia in quel momento e Nicole doveva farlo calmare in qualche modo. A
rimetterci per gli errori dei Salvatore non doveva essere un’innocente come la
sua migliore amica, « Non hanno vinto la guerra, e nemmeno la battaglia, e
questo sarà il mio colpo di grazia,» le rivelò, facendole intendere quanto
fosse dolce la vendetta. Nicole percepiva il suo respiro caldo infiammarle il
volto e assottigliò lo sguardo, mordendosi lievemente il labbro inferiore.
Nella sua mente era come se loro due fossero soli, completamente, e ringraziò
quella falsa speranza.
« Come puoi essere così dannatamente cinico? » esclamò
irata, tentando di allontanarsi da lui, ma Klaus non glielo permise,
continuando a tenerle alto il mento come se pensasse che potesse chinarlo da un
momento all’altro, non sapendo la forza che stava occupando il suo animo, «
Caroline è una persona, non una pedina,» gli comunicò scandendo con foga ogni
parola, cercando di farlo ragionare. Klaus sbuffò e sollevò l’angolo delle
labbra in un sorriso sornione ed estremamente impudente.
« Potrà essere quello che vuoi, Nicole. Io non la salverò,»
le comunicò calmo, posato, totalmente imperturbabile. Non era così. Quello non
era il Klaus che aveva conosciuto fino a quel momento. Klaus era passionale,
era irrazionale, impulsivo, non un freddo calcolatore distaccato. Sembrava più
Mikael e non se stesso. La lasciò andare e Nicole si massaggiò il mento. Le
doleva, non molto però. Non aveva voluto ferirla più del dovuto. Era necessario
che fosse un avvertimento, non una minaccia. Poi lo sguardo si posò sulla
figura dell’ibrido accanto a lei. Gli sorrise, accattivante, e giunse la mani
dietro la schiena, sollevando le sopracciglia e creando delle rughe marcate
sulla fronte, « Vedi, Tyler, l’amore è la più grande debolezza per un vampiro. Se
ci pensi bene, ti sto facendo un favore,» gli comunicò ironicamente divertito
dalla reazione dell’ibrido.
Sembrava trattenersi dal saltargli addosso e azzannarlo,
bloccato solamente dalle esili braccia di Nicole ancora al proprio. Klaus le
osservava a intervalli regolari, come se sperasse che la giovane strega si allontanasse,
ma non lo fece e quella verità lo ferì più d’ogni altra. Tatia non v’era più.
Quella frase, che prima aveva pronunciato, era vera solamente in parte.
Quell’amore, che aveva custodito nel suo cuore come una dolce reliquia del suo
angelo personale, l’aveva accompagnato per mille anni. Aveva rivisto la sua
Tatia, la loro Tatia, negli occhi di
ogni vittima che dissanguava per il puro piacere di arrecare del male al
prossimo proprio com’era stato indotto a lui. Però quella ragazza aveva
cambiato ogni prospettiva. Tatia era scomparsa, la polvere del loro sciocco,
insensato rapporto, profondo come una pozzanghera, portava via dal vento di un
amore più vero, sincero, reale, un amore che aveva tentato di vivere ogni
giorno, in ogni bacio, in ogni carezza, in ogni parola scambiata con tenerezza.
Nicole Gilbert non era Tatiana Petrova e Niklaus ringraziava gli dei che non lo
fosse. Però in quel momento si stava comportando come lei e Klaus si stava
trattenendo a stento dall’attirarla a sé e farle dimenticare ogni cosa che non
fosse lui. Egoista. Se v’era un
atteggiamento che non era mutato nel corso dei secoli, che l’aveva accompagnato
dalla fanciullezza, era quello egoistico. Klaus odiava condividere qualcosa di
proprio. In quei secoli v’era riuscito solo con Rebekah, e anche con Kol in
alcune occasioni. Un giocattolo, un monile ritrovato nelle grotte in cui si
nascondevano dai licantropi, un’iscrizione nella dura pietra. Le prede, un
ritratto disegnato da lui stesso, un bacio. Una donna. Soprattutto quando era
importante, quando la sua unica presenza era in grado di rischiarare ogni
mattino uggioso e spento.
« Come puoi anche solo pensare una cosa del genere? »
esclamò Nicole riportandolo alla realtà, staccandolo a quel cotanto dolce
flusso di pensieri che miravano al passato e poi a lei. La guardò. Sembrava
stesse trattenendo le lacrime, ma una le aveva già rigato la guancia, « Solo
perché tu ti sei costruito un castello di bugie e ti sei circondato di
inutilità non vuol dire che aldilà di quelle mura di cartapesta non ci sia
posto per nient’altro,» sussurrò, scuotendo il capo, gli occhi socchiusi, il
suo corpo teso verso il proprio. Nello sguardo di Klaus vi fu un guizzo di
rabbia che fu in grado di trattenere solo sentendola parlare nuovamente,
sebbene le sue parole smuovessero la parte più recondita della sua anima,
facendolo internamente fremere e agognare la luce, « L’amore non è una
debolezza, per nessuno,» gli rivelò dolcemente, facendolo quasi sentire
vulnerabile. Voleva crederle, voleva non essere costretto a pensare che sarebbe
stato solo per il resto della sua eternità. Voleva che lei lo amasse, che si
svegliasse al suo fianco e che gli promettesse di non lasciarlo mai. Era un
pensiero sciocco, che non gli apparteneva, ma per quel folle istante Klaus non
era più l’ibrido che aveva minacciato la natura stessa con la propria potenza,
bensì Niklaus, il ragazzo umano che soleva guardare l’oggetto del suo amore da
lontano, ritraendo i suoi tratti gentili nella profondità della propria anima,
« E se non riesci a capire questo, mi dispiace tanto per te,» aggiunse
compassionevole. Quelle parole lo ferirono, lo fecero sobbalzare visibilmente.
Gli avevano creato uno squarcio nel petto che non sarebbe più potuto essere
sano se non grazie a lei, alla splendida ragazza che lo guardava trepidante di
una risponda, di qualche cenno, di qualsiasi parola o gesto. Doleva. Il suo cuore morto da secoli
doleva, ricordandogli quanto fosse sciocco, alla stregua di un umano. Klaus non
poteva permettersi di provare amore per qualcuno. No, ma l’aveva fatto. Aveva
disubbidito a quella folle, insensata, regola che si era imposto egli stesso non
appena aveva sentito l’abbandono cingerlo con le sue malevole braccia. Nicole
Gilbert. Era come se l’avesse ucciso di nuovo per farlo rivivere, rinascere
dalle sue stesse ceneri. Solo che Klaus non voleva ascoltar nulla che non fosse
quella voce maligna che gli sussurrava parole d’odio e di rancore. Ringhiò,
come la bestia che gli avevano cucito addosso durante mille anni di solitudine,
e Tyler, previdente, allontanò la ragazza da lui, la celò al suo sguardo in un
gesto protettivo. Il braccio del nuovo ibrido era corso sul fianco destro della
giovane e l’aveva portata dietro la sua schiena, come per farle da scudo contro
la collera di Klaus. Tyler lo guardava come se fosse stato il mostro che
effettivamente era. Gli occhi neri erano assottigliati, le labbra contratte in
una smorfia di dolore. Era quello l’asservimento. Pura afflizione se non si
obbediva agli ordini del proprio Sire. Ma Tyler si stava impegnando per
combatterlo. Per lei. Klaus rise
lievemente e scosse il capo. Doveva sembrare un folle in quel momento, ma non
gli importava. Percepiva lo sguardo tagliente di Mikael fisso sulle sue spalle
e quello più dolce e armonioso della sua sorellina. Era talmente irato con quel
nuovo ibrido che pensava anche solo di poterla proteggere da lui. La verità era
che Nicole Gilbert non aveva necessità di alcuna protezione. V’era già lui a
guardarle le spalle. Però, forse, Nicole non voleva lui, ma Tyler. Quel
pensiero lo colpì come una frusta sulla schiena e gli fece serrare i pugni con
veemenza, quasi ferendosi i palmi, facendo sbiancare le nocche.
« Mi domando chi, però, tu ami di più, Tyler? » si chiese
mellifluo, sorridendo lievemente. Tyler lo guardò, confuso, mentre Nicole era
semplicemente meravigliata da quel tono, da quella richiesta. E fu lei che
Klaus guardò maggiormente prima di spostarsi di nuovo verso Tyler, « Dev’essere
aberrante amare due persone contemporaneamente. Non ho proprio idea di come ci
si possa sentire,» esclamò amichevole, fintamente dimentico della rabbia che
l’aveva accompagnato sino a pochi istanti prima.
« È il suo
compleanno, Klaus, » sussurrò accorata, dolcemente, gli occhi velati di lacrime
che stavano già fluendo sulle sue belle gote sempre sin troppo pallide. Klaus
la guardò. Sembrava una bambina, in quel momento, così implorante ed emozionata.
Klaus ne ebbe quasi tenerezza, ma non cedette alle sue lusinghe. Era talmente
arrabbiato nel vedere ancora la mano di Tyler poggiata sul suo fianco da fargli
ancora tenere serrati i pugni, « Non può morire il giorno del suo compleanno,»
continuò, scostando la mano di Tyler, con gentilezza, sorpassandolo e
avvicinandosi a lui. Tentò di stringergli le mani tra le proprie, ma Klaus non
glielo permise, però la guardò, incerto, come se quel gesto l’avesse scosso nel
profondo, « È così triste e insensato. Non cambierà nulla, non sarà affatto una
vittoria per te. Damon l’ha sempre usata come se fosse una bambola e Stefan,
questo nuovo Stefan, non riesce a volere bene nemmeno ad Elena,» gli comunicò
sottovoce, avvicinandosi maggiormente. Klaus percepiva la morbidezza della sua
pelle perlacea e vellutata sulle sue dita e schiuse le mani, lasciando liberi i
palmi, « Ti prego, ti scongiuro,» esclamò addolorata, gli occhi mesti. Klaus
sentì un tuffo al cuore, abissale, e fu tentato di accettare quella richiesta
così dolce e struggente, « Farò qualsiasi cosa, ma salvala,» concluse
dolcemente. Qualsiasi cosa. Non
avrebbe dovuto dirgli quello. Klaus aveva quasi ceduto, ma quello era stato il
colpo di grazia. L’avrebbe salvata, sì. Per lei. Solo per Nicole. In quel
momento la vendetta passò in secondo piano, come il resto del mondo. V’erano
solamente gli occhi azzurrini di Nicole, limpidi come cieli tersi che Klaus non
si sarebbe mai stancato di guardare. Mai. L’avrebbe voluta sempre al fianco,
per sempre e oltre, come il motto della sua famiglia. Di lui, Rebekah ed
Elijah. Si ricordò di quando erano appena arrivati a Mystic Falls, una vita
antecedente. Si ricordò di quella prospettiva che le aveva mostrato e che lei
aveva rifiutato per paura di abbandonare la sua famiglia. Sarebbe stato un
profondo egoista se le avesse chiesto quello, ma non l’avrebbe lasciata andare.
E poi era stata lei ad offrirsi. Su un piatto d’argento. Con i suoi splendidi
occhi dolci, con le labbra leggermente schiuse, come delle rose rosa da baciare
sino a farle divenire gonfie, con il suo corpo, il suo piccolo corpo, come
quello di un pettirosso, o meglio di un colibrì a sentire i battiti del suo
cuore, tremante e fremente. Le avrebbe promesso il mondo stesso se solo avesse
accettato di essere sempre al suo fianco. E quello fece.
« Accetterai il patto? » sussurrò blando, dolce, mite,
totalmente dimentico della rabbia per Tyler. Le avrebbe fatto dimenticare
quello sciocco ragazzo mostrandole le meraviglie della Terra. Doveva solo
accettare di venire con lui. Nicole sobbalzò e sgranò gli occhi chiarissimi,
ricordando tutte le parole che aveva pronunciato quel giorno, e annuì.
« Sì,» gli confermò con un filo di voce e Klaus si sentì
felice. Per la prima volta in mille anni poteva affermare di provare una gioia
incontenibile, « Ma non adesso,» lo pregò accorata. Klaus annuì, soddisfatto
già solo da quell’assenso. Sapeva bene che Nicole avrebbe atteso che i suoi
fratelli fossero pronti a lasciarla andare. E lui con lei. Avrebbero girato il
mondo, le avrebbe mostrato le meraviglie che aveva da offrirle. Tutto ciò di
più bello e proibito.
« Avete vinto,» esclamò amichevole, sciogliendo la presa e
giungendo le mani dietro la schiena, spostando il peso sul piede sinistro.
Percepì un lieve sospiro da parte di Tyler, « La salverò,» comunicò blando, guardando con la
coda dell’occhio Mikael e Rebekah avvicinarsi a loro, « Se è questo che vuoi,
Nicole,» aggiunse più gentile e dolce. La ragazza arrossì, visibilmente, e
Klaus quasi si ordinò di trattenersi dal baciarla con ardore. Nicole annuì,
ferma e risoluta, e Klaus la guardò per un ultimo istante prima di scomparire
dalla loro vista.
La giovane, sollevata, sospirò e strinse la mano di quello
che era stato per anni il suo grande amore. Gli carezzò lievemente il dorso con
il pollice e lo vide sorridere, ricambiando la stretta. Rebekah la stava
guardando con un lieve sorriso confortato sulle belle labbra. Aveva quasi avuto
paura per lei, che suo fratello non fosse in grado di fermarsi e avesse fatto
qualche follia, ma si era controllato. Per
lei. Mikael sembrava più che altro divertito dalla situazione mentre
poggiava gentilmente la mano su quella della figlia.
« Andiamo, Rebekah. Qui non abbiamo più nulla da fare e si è
fatto tardi. Son certo che domani ci attende una giornata faticosa,» sussurrò
blando e dolce. Rebekah annuì, la salutò con la mano e scomparvero insieme
dietro la porta da cui prima era uscito anche Klaus. Tyler la guardò e le baciò
soavemente la fronte, come per ringraziarla. Poi, non riuscendo a trattenersi,
l’abbracciò di slancio, cingendola con le sue braccia forti e, allo stesso
tempo, dolci. Era sempre stato protettivo con lei e Nicole aveva sempre
ringraziato quel conforto che sapeva offrigli senza voler nulla in cambio.
Ricambiò l’abbraccio e chiuse un attimo gli occhi, beandosi del suo buon
profumo. Aveva accettato il patto di Klaus. L’aveva quasi dimenticato in quei
giorni e, cambiate le prospettive, mutati i suoi sentimenti, aveva accolto
quella proposta quasi senza pensarci due volte. Avrebbe fatto di tutto per
essere al suo fianco, sebbene fosse certa di tradire tutto quello che aveva di
più caro al mondo.
« Andiamo, Tyler. Ti accompagno a casa,» gli sussurrò,
scostandosi lievemente da lui e carezzandogli la guancia glabra. Tyler annuì,
socchiudendosi gli occhi, beandosi di quella lieve carezza per solo un istante
prima che la giovane si scostasse e cominciasse ad avanzare verso l’uscita.
Uscirono nell’aria gelida della notte e Tyler le cinse le spalle per non farle
sentire freddo. V’erano solamente poche persone, ma le più erano già tornate
nelle loro case, al sicuro da ogni pericolo. Nicole si diresse verso la sua
jeep, facendogli cenno di accomodarsi sul sedile del passeggero. Tyler annuì e
Nicole cominciò a guidare nel buio verso villa Lockwood. Conosceva le strade
della sua città a memoria e continuò a rimuginare su ciò che aveva fatto, sulle
conseguenze del suo gesto. Era stata avventata, proprio come se solo l’amore
per Klaus le avesse attraversato la mente in quel momento. Chissà cosa le
avrebbe detto suo padre se l’avesse ascoltata, se fosse stato in grado di
leggere i suoi pensieri che miravano a una delle creature che lui odiava di più
al mondo. Sarebbe stato deluso da lei, ma, stranamente, pensò che non era
importante, al momento.
« La mamma voleva parlarti prima,» le mormorò Tyler,
interrompendo quel silenzio carico di ansie e parole non dette. Nicole ricordava
alla perfezione le parole di Klaus. Lui pensava che Tyler l’amasse ancora. Era
un pensiero sciocco e insensato. Tyler era innamorato di Caroline, non di lei.
« Lo so. Abbiamo già chiarito. Spero non ti dispiaccia che
pranzi con voi domenica,» aggiunse divertita, per smorzare la tensione presente
nell’abitacolo. Tyler rise, leggermente, facendola quasi fremere, poi scosse il
capo. Era da tanto che non sentiva più la bella risata del ragazzo al suo
fianco.
« No, figurati. Riprendi le vecchie abitudini,» le consigliò
dolcemente, poggiando la mano sulla sua abbandonata sul cambio marcia, « A mia
madre farà piacere averti intorno. Sai quanto ti adora,» sussurrò fraterno,
scostandole, con l’altra mano, una ciocca bionda che le era ricaduta dinanzi
agli occhi, « Come se fossi sua figlia,» aggiunse non appena la vide parcheggiare
nel vialetto, dinanzi all’entrata principale. Nicole spense i fari e le
macchina e gli sorrise, rassicurante, prima di fargli cenno di scendere insieme
a lei. Si avvicinò alla porta d’ingresso, illuminata lievemente da una
lanterna, e distese maggiormente le labbra. Gli sfiorò gentilmente la guancia e
gli si fece più vicina, come per riscaldarlo e rincuorarlo.
« Caroline starà bene e voi tornerete a essere la splendida
coppia che siete stati. Ne sono sicura,» aggiunse risoluta quando gli vide
scuotere il capo. Tyler chinò lo sguardo e l’attirò a sé in un abbraccio
bisognoso d’affetto.
« Non mi perdonerà mai per quello che le ho fatto e la
capisco,» sussurrò comprensivo prima di scostarsi gentilmente da lei e
prenderle le mani tra le proprie, « Capisco anche te,» le mormorò dolcemente, «
Ti ho tradita, nel modo più stupido e insensato che esista. E, cosa ancora più
idiota, non ti ho mai chiesto perdono perché so di non meritarlo,» soggiunse
irato con se stesso, « Ti ho amata talmente tanto, Nicole,» le rivelò accorato.
Nicole schiuse le labbra e scosse il capo, come per implorarlo di non
continuare quella tortura. Lo sapeva già, ma faceva troppo male sentirglielo
dire. Perché lui l’aveva tradita, l’aveva umiliata, ma l’aveva amata. Sempre, «
Eri tutto per me. E ho buttato tutto all’aria come il grande stupido che sono
sempre stato. La verità, per quanto banale e insulsa, è che non ti ho mai
meritato,» mormorò addolorato, le lacrime a velargli gli occhi scuri e
profondi. Nicole scosse il capo, trattenne un singhiozzo, e chiuse gli occhi,
come per darsi forza. Poi li riaprì, puntandoli nei suoi.
« Ti sbagli, Ty. Tu mi meritavi, proprio come ora meriti
Caroline. Io… ti ho amato anche io. Non puoi nemmeno immaginare quanto, ma è
stato più giusto così,» sussurrò mite, tentando di calmare i battiti del suo
cuore impazzito. Non era una bugia, bensì la verità. Tyler la guardò, per un
unico, interminabile istante, poi le prese il volto tra le mani e l’avvicinò a
sé, quasi azzerando del tutto la distanza tra di loro. Nicole non si sottrasse
a quella dolce stretta e schiuse le labbra, guardandolo con interesse per
comprendere le sue intenzioni, non sapendo che un’altra persona, appena
arrivata, li stava scrutando in silenzio.
« Quella notte non ero in me,» le rivelò affannato,
cominciando quel racconto che Nicole non avrebbe mai voluto udire. Perché,
anche se erano passati due anni, quel tradimento bruciava come il fuoco di
mille candele sulla pelle, « Quella notte ero talmente fatto da non ricordarmi
più nemmeno chi diavolo fossi perché avevo così paura,» continuò mentre la
vedeva scuotere il capo, incapace di fermarsi, « Ti eri allontanata da me, a
poco a poco, ogni giorno sempre di più,» ricordò con la voce spezzata da mille
lacrime che avrebbe tanto voluto rigargli la guancia, ma che lui, con forza,
quella che non aveva avuto quella notte, stava ricacciando indietro, « Avrei
voluto domandarti perché, ma avevo il terrore che ci fosse un altro nel tuo cuore,
e così ho taciuto. E Vicki era lì. Riesci, per il tuo buon cuore, a
comprendermi, mia piccola gattina? » quasi non si accorse di averla chiamata
con quell’appellativo che tanto le piaceva. Gattina. Nicole era sempre stata la
sua gattina bianca, dolce e pura, che sapeva sguainare gli artigli quando
serviva per proteggere le persone che amava. Nicole mugugnò qualche suono di
diniego, troppo basso per interrompere il corso delle parole dell’altro, « Ero
disperato. Io… tu… quella notte feci l’errore più colossale della mia fottuta
vita. Sai cosa feci dopo che lei si addormentò? » le domandò, quasi pregandola
di rispondergli. Nicole scosse ancora il capo, trattenendo le lacrime nel
sentire le sue mani tremanti sulle gote arrossate, « No? Già, è vero, amore,»
sussurrò dolcemente, facendola sobbalzare per il sorriso che subito dopo le
rivolse. Si morse lievemente il labbro inferiore e sgranò gli occhi
chiarissimi. Non poteva chiamarla in quel modo, non più. Non ne aveva il
diritto, « Come potresti saperlo? Come? » si domandò caustico, ridendo quasi
sfiorando l’isteria, « Mi misi a piangere, come un bambino fino a quando non
vidi il Sole sorgere e tornai a casa mia. E il giorno dopo tentai con tutte le
mie forze di non incontrare il tuo splendido sguardo perché avevo il terrore
che tu riuscissi a leggermi l’anima, come sempre,» mormorò socchiudendo gli
occhi e poggiando quasi le labbra sulle sue. Nicole sciolse la presa delle sue
mani e fece un passo indietro. Non poteva baciarla. Non era giusto. Era
totalmente insensato. Tyler amava Caroline e lei… beh, lei amava Klaus.
« Ty… va tutto bene,» sussurrò dolcemente, tentando di farlo
calmare. Tremava così tanto, come un bambino, da indurle tenerezza infinita, «
Davvero. Io sto bene, ormai. Non serve a nulla tormentarti in questo modo,» gli
mormorò gentile e cortese, mite e soave, cercando di fargli comprendere quanto
fosse inutile quel suo atteggiamento. Non aveva bisogno di farlo soffrire. Non
provava alcuna gioia nel vederlo piegarsi dinanzi a lei, nel vederlo fremere
per la confusione, « Mi fa male vederti soffrire così. Lo sai. Ami Caroline, e
io sono così contenta per voi perché vi meritate. Siete splendidi insieme,
davvero. Andrò tutto bene. Lei ti perdonerà e sarete di nuovo felici,» gli comunicò
incoraggiante, carezzandogli lievemente il volto pallido. Tyler annuì, ancora e
ancora, come per imprimersi quel messaggio nella mente e le sorrise, una lieve
increspatura delle belle labbra rosee e piene.
« E tu? Stai con lui? » le domandò gentilmente quando fu
certo di essersi calmato del tutto, grazie alle sue carezze. Nicole non gli
fece alcun cenno e Tyler continuò, prendendo per assenso quella mancanza di
movimenti e risposte, « Sei felice? Ti rende contenta? Ti fa sentire bene? »
continuò, non sapendo quanto quelle domande le stessero facendo male. Avrebbe
tanto voluto asserire, perché era la verità, ma una parte di lei pensava che
fosse soltanto una dolce illusione priva di qualsivoglia significato. Era lei a
pensare così. Klaus non l’amava e mai l’avrebbe fatto. Non v’era che Tatia nel
suo cuore.
« Io… devo andare, Ty. Perdonami. Buona notte, » esclamò
prima che lui potesse dirle qualsiasi cosa. Si voltò e si diresse velocemente
verso la jeep, trattenendo i singulti, ma non le lacrime. Percepì un lieve tonfo
e comprese che Tyler era entrato in casa, lasciandola sola. Com’era giusto che
fosse. Un singhiozzo le squassò il petto e quasi le fece flettere le gambe. Si
portò una mano sulle labbra, per non far sfuggire alcun suono e continuò a
piangere, mantenendosi alla maniglia dello sportello del passeggero. Percepì le
mani, grandi e forti, di qualcuno sulle spalle e lo riconobbe. Klaus. Il suo
profumo era talmente inebriante che l’avrebbe riconosciuto tra mille identici.
Si bloccò. Smise di piangere, anche di respirare, mentre i battiti del suo
cuore, prima veloci, si arrestavano quasi del tutto. Klaus la fece volgere
dolcemente verso di sé e Nicole incontrò i suoi splendidi occhi azzurrini. Si
domandò da quanto tempo fosse lì, ma al momento non era importante. Il suo
sguardo era talmente carico di emozioni da inondarle il cuore. Schiuse le
labbra e sbatté le palpebre, meravigliata di vederlo lì, con lei. Per lei. Le
mani di Klaus corsero lungo tutto il suo corpo, facendola fremere, sino a
fermarsi sui suoi fianchi, poi l’attirò a sé. Nicole poggiò le piccole mani
candide sulle spalle forti e vigorose dell’uomo e lo guardò ancora, tentando di
comprendere cosa gli stesse attraversando la mente. Sembrava attraversato da un
mare di sensazioni bellissimi. Sembrava così… innamorato. Quel pensiero la fece
arrossire.
« Cosa ci fai qui? » gli domandò tentando di ritrovare la
calma. Klaus la guardò, ancora, più divertito, e poi sorrise, sbuffando
lievemente e scosse il capo, « Perché sei qui? » insistette, testarda. Voleva
saperlo. Doveva. Non l’avrebbe mai lasciato andare senza conoscere la verità.
Probabilmente non l’avrebbe lasciato neanche dopo.
« Perché voglio che tu sia mia.»