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Autore: almeisan_    09/06/2012    1 recensioni
E se Elena Gilbert, l’ultima doppelgänger Petrova, stretta in un triangolo fatale, avesse una sorella gemella, totalmente dissimile da lei? E se questa sorella, Nicole, fuggita da Mystic Falls anni prima e di cui non si hanno più notizie, fosse una strega discendente da una delle più importanti dinastie di Salem? E se Klaus, l’ibrido invincibile, proprio per questo cercasse il suo appoggio?
Questa storia si ambienta nella terza stagione, per cui ci sono spoiler per chi dovesse ancora vederle, dall’episodio 3x03 e ha come protagonisti prevalentemente la famiglia Gilbert e quella degli Originari, come sfondo la cittadina di Mystic Falls attraversata dalle morti e dagli scontri soprannaturali e i suoi abitanti.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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21 cap

Capitolo 21

Be mine

 

« Cosa ci fai qui? » gli domandò tentando di ritrovare la calma. Klaus la guardò, ancora, più divertito, e poi sorrise, sbuffando lievemente e scosse il capo, « Perché sei qui? » insistette, testarda. Voleva saperlo. Doveva. Non l’avrebbe mai lasciato andare senza conoscere la verità. Probabilmente non l’avrebbe lasciato neanche dopo.

« Perché voglio che tu sia mia.»

 

Klaus la osservava con tale sentimento da farla fremere sotto il suo tocco gentile. Quelle mani la stava cullando con immensa dolcezza, facendole perdere ogni cognizione della realtà. Nicole sbatté le palpebre, ancora una volta, poi sgranò gli occhi azzurrini, sbalordita da quella risposta. Era stato talmente diretto, proprio come lei aveva voluto, da turbarla nel profondo. Non avrebbe mai pensato che le avrebbe detto una cosa del genere, nemmeno nei suoi sogni più azzardati e incauti.
« Cosa… che cosa hai…?» sussurrò, la voce incerta che tremava violentemente tanto da non averle neanche fatto finire la domanda. Klaus si avvicinò lentamente al suo volto, sorridendo ancora, come se nutrisse un dolce divertimento nel vederla cotanto confusa da quegli atteggiamenti che, invece, le sarebbero dovuti apparire chiari e limpidi. I suoi occhi, splendidi zaffiri brillanti come stelle nella notte buia, ridevano lievemente, inglobandola in quella sfera celeste e pura. Timidamente, quasi con timore riverenziale, gli sfiorò la guancia con la mano destra mentre l’altra rimaneva ancorata alle sua spalla come se temesse che, se l’avesse lasciata anche solo per un attimo, sarebbe caduta e non si sarebbe mai più rialzata. Klaus arrivò a un soffio dalle sue labbra e quasi le rubò un bacio, ma attese, preferendo guardarle gli occhi spalancati per la confusione, la passione. L’amore.
« Sii mia,» le sussurrò dolcemente, traendola maggiormente a sé, facendo scontrare i loro corpi. Nicole notò che stava, impercettibilmente, tremando e un moto di tenerezza la fece sorridere. Non v’era neanche necessità di mormorarlo. Nicole era già sua. La giovane, senza alcuna remora, poggiò le labbra sulle sue dolci e tentatrici, splendide e piene, in un bacio appena accennato. Klaus la strinse con foga, quasi abbandonandosi a lei e Nicole fu costretta ad appoggiarsi contro la portiera chiusa per impedirsi di cadere per il tremore che l’aveva interamente occupata, squassandole il corpo. Klaus approfondì quel dolce contatto, lambendole le labbra con la punta della lingua, domandole il permesso di entrare. Nicole sorrise, tra sé e schiuse le proprie, spostando la mano sui suoi capelli mossi e morbidi. Non le importava più di nulla, né delle lacrime che aveva versato sino a pochi istanti prima per lui né della remota possibilità che Tyler potesse vederla, scorgerla al fianco dell’uomo che amava. Avrebbe voluto dirglielo, ma si beò del suo bacio, rimandando a un momento più calmo ogni dichiarazione. Tatia. Anche lei era scomparsa. Klaus voleva lei, e nessun’altra, e Nicole non poteva esserne più felice. Le mani, grandi e sicure, di Klaus le carezzavano i fianchi morbidi, giocando con il cotone del suo top color glicine. Quel bacio le fece mancare il respiro e, quando Klaus si scostò dolcemente per permetterle di riacquistarlo, Nicole si attaccò maggiormente a lui, allacciandogli entrambe le mani dietro il collo. Mugugnò qualcosa di incomprensibile, imbronciata come una bambina, e anche carezzevole e maliziosa. Klaus le posò un lieve bacio sulla fronte e rise leggermente, scansandosi di altri pochi centimetri per lasciare che il suo corpo non premesse più su quello della giovane donna dinanzi a lui. Le vide sbattere le palpebre, afflitta, come se stesse temendo di essere stata rifiutata, in qualche modo, « Non mi hai risposto, Nicole,» le sussurrò, divertito da quell’espressione. Sembrava quasi Rebekah nei suoi momenti peggiori, quando diveniva più capricciosa e bizzosa di una ragazzina. Nicole spalancò gli occhi, splendide gemme blu come lapislazzuli, e distese le labbra, lievemente gonfie per l’intensità del bacio che aveva fatto fremere persino lui, in un bel sorriso dolce e gli carezzò la guancia con un gesto gentile e accorto.
« Io… Io sono già tua,» gli rivelò sottovoce, avvampando per l’imbarazzo. Klaus la guardò, meravigliato, per non più di un istante prima di sorridere, soddisfatto, scostare la sua mano dalla guancia e posarvici un tenero bacio sul dorso. Nicole lo osservò dispiaciuta, quasi costernata, mentre nuove lacrime cariche di afflizione le velano lo sguardo mesto. Klaus aggrottò le sopracciglia, incredulo e sbalordito da quel repentino cambio di espressione e attese che lei gli spiegasse quale fosse il suo dubbio. Il cuore gli tremò, come in un timido battito, per la paura che quelle parole non fossero veritiere. Mai s’era sentito talmente preso, catturato, come in una gabbia dorata e amorevole, come da quella fanciulla, e non voleva perderla. Per nulla al mondo, « Ma tu non sei mio,» sussurrò addolorata, scostandosi da lui, volgendo il capo di lato, poi chinandolo verso il sentiero ciottolato che conduceva all’entrata della villa. Klaus la osservò per pochi istanti, i lineamenti induriti dai sentimenti confusi che si susseguivano nel suo animo antico. Comprendeva il pensiero che risiedeva nella mente della giovane e avrebbe tanto voluto sfatarlo. Schiuse le labbra e le scostò un boccolo dalla guancia. La coda, oramai, si era quasi sciolta e l’elastico bianco era quasi scomparso nei suoi bei ricci ben delineati. Fece per parlare, ma un suono destò la sua attenzione. Era quello del motore di una macchina che stava percorrendo il vialetto. Assottigliò gli occhi per ripararsi dalla luce dei fari che illuminavano il portico e riconobbe, all’interno della vettura, la figura snella di Carol Lockwood. Nicole sobbalzò, sotto le sue dita, e guardò dietro di sé sino a incontrare lo sguardo azzurro della donna. Carol chiuse lo sportello e li osservò confusa di trovarli a casa sua. Aveva corrugato la fronte e schiuso le labbra.
« Scusa, Carol,» sussurrò gentilmente, guardandolo per un attimo, poi avanzando verso la donna, « Ho accompagnato Tyler a casa,» le spiegò. Carol annuì e le sorrise, grata di quella cortesia. Nicole incrociò le braccia al petto, forse per ripararsi dal freddo di quella sera. L’inverno era quasi alle porte, « Penso dovreste parlare,» le consigliò caldamente, camminando al suo fianco verso la villa. Klaus rimase lì, dove lei l’aveva lasciato, inerme e incredulo che riuscisse a essere così indifferente, come se non si fossero scambiati nulla in quei minuti, in quelle settimane. Sentì nascere una rabbia crescente dentro di sé, ma ricacciò la bestia all’interno del proprio essere poiché non voleva assolutamente risvegliarla, « Non credo stia molto bene,» aggiunse ancora più sottovoce, preoccupata per quel ragazzo. Sarebbe voluto andar via di lì, per non udire più la bella voce di quella che doveva essere la sua donna parlare cotanto impensierita di un altro, per non vederla tanto accorata e riguardevole nei confronti di altri che non fosse lui stesso. Ma rimase lì, attendendo che qualcosa mutasse, che lei si volgesse verso di lui. E, come se avesse ascoltato i suoi pensieri, lo guardò per un solo instante, come per accettarsi che fosse ancora là, come se avesse voluto che non scomparisse dalla sua vita.
« Perché? Cosa gli è successo? » domandò ansiosa Carol, stringendole le mani tra le proprie, dopo essersi avvicinata alla porta d’ingresso.
« Si tratta di Caroline. L’ha morsa e… poi mi ha raccontato di quella notte,» sussurrò chinando il capo, cotanto addolorata da farlo avanzare di un passo, timoroso di sentirla patire un dolore che lui non gli avrebbe mai arrecato, « Non dovrebbe soffrire così. Non per me,» aggiunse, quasi schernendosi e facendolo sorridere. Era proprio per lei che doveva soffrire. Perché l’aveva tradita.  
« Lo so, cara,» sussurrò dolcemente la donna carezzandole la guancia e sorridendo lievemente, più sollevata che almeno a suo figlio non fosse accaduto nulla, dolce e materna, «Ti ringrazio per quello che hai fatto per lui in tutti questi anni. Sei stata una fidanzata straordinaria,» le mormorò soavemente, emozionata, quasi abbracciandola. Nicole scosse con foga il capo, come per sminuirsi.
« Lo è anche Caroline,» esclamò contrariata, come se pensasse che la madre di Tyler stesse mancando di rispetto a quella ragazza che aveva appena salvato da morte certa. Le aveva donato il proprio sangue, raccontandole quanto v’era di più meraviglioso al mondo, sebbene fosse un altro il viso che avesse dinanzi a sé. Apparteneva a lei. Tutte quelle parole riguardavano il loro patto. Le avrebbe mostrato tutto, l’avrebbe resa una strega potentissima, più forte anche di sua madre, o di Ayanna, o di sua zia Rowena, « Carol,» la riprese blanda quando le vide sollevare il labbro superiore in un’espressione di sufficienza.
« Lei non sarà mai te,» le rivelò prima di posare le labbra sulla sua fronte, fargli un cenno col capo ed entrare in casa sua. Nicole rimase lì, per alcuni istanti, come incerta di quelle parole, poi si avvicinò a lui, senza guardarlo in volto, come se temesse il suo sguardo. Klaus, appena si fu avvicinata abbastanza, la trasse a sé, passandole un braccio intorno alla vita sottile, e le sollevò il mento, dolcemente, per farle incontrare i loro occhi. Nicole fuggì ancora, serrando i propri, le palpebre tremanti, come il resto del corpo. Klaus sospirò nel notare quanto non fosse incline ad aprirsi con lui, ma non gliene fece una colpa, soprattutto non sapendo cosa Mikael le avesse raccontato. Aveva dato per sottinteso che le avesse comunicato soltanto il vero, però Nicole sembrava talmente scossa da fargli intendere che, forse, aveva aggiunto altri particolari che non v’erano.
« Non so cosa ti abbia raccontato Mikael di Tatia, ma deve averti turbato parecchio,» mormorò dispiaciuto, carezzandole il mento e le labbra, lievemente schiuse, con i polpastrelli. Nicole deglutì, come spaventata da quell’affermazione, dal suo tono, da lui, ma riaprì il pacifico mare dei suoi occhi per poi puntarli nei suoi. Sembrava più decisa e nel suo sguardo brillava una luce consapevole e risoluta.
« Mi ha detto che l’hai amata talmente tanto da incrinare il rapporto con tuo fratello. Perché l’amavate entrambi, ma mi ha detto che tu l’amavi di più,» aggiunse più incerta, abbandonandosi a lui e appoggiandosi alla sua spalla, come se quella consapevolezza la facesse star male talmente tanto da indurla a cadere. Klaus la guardò, intenerito, e sorrise, scostando le dita dal suo mento per andare tra le sue profumate onde color del miele. Mikael aveva affermato il vero, ma per schernirla, intravedendo cosa lui provasse per lei, per quella piccola umana che l’osservava bramosa di una conferma, ma anche turbata da essa.
« E tu credi che l’ami ancora? » le domandò dolcemente, cingendole la vita con più forza, facendo aderire completamente i loro corpi. Nicole, timidamente, annuì, gli occhi spalancati come quelli di una bambina insicura e imbarazzata, « Sebbene siano trascorsi dieci secoli?» chiese, poi, quasi divertito da quella gelosia. L’avrebbe volentieri baciata. Quelle labbra, sottili e a cuore, rosee e ancora lievemente gonfie, era delle tentatrici irresistibili, ma avrebbe dovuto trattenere in sé quel desiderio. Poiché Nicole aveva necessità di risposte, di rassicurazioni. D’amore. Quello stesso che si era annidato nel suo animo prima ancora che lui potesse scacciarlo. Era trascorso troppo tempo e non aveva saputo riconoscerlo subito, ma oramai ne era certo. Era amore, « Quanta dolcezza si annida nel tuo animo colmo d’amore, Nicole Gilbert,» le sussurrò soavemente, accorto, tentando di moderare la voce sin troppo emozionata e tremante. Avrebbe voluto far di lei la propria regina, la sua compagna. Per l’eternità. Ma avrebbe odiato non percepire più il suo cuore battere con la stessa foga di quello di un colibrì, come in quel momento. non avrebbe più rivisto le sue gote arrossate, gli zigomi imporporati, il respiro fremente. E solo quel pensiero fu in grado di fargli mantenere la calma, « È difficile guarire di colpo da un amore durato a lungo,» recitò, rimembrando a menadito l’antica poesia di quell’autore latino, Gaio Valerio Catullo, che tanto l’aveva fatto rimuginare sul comportamento umano. Quanto amore era possibile nutrire nei confronti di una donna? Infinito quanto i confini dell’universo stesso. Nicole lo guardò interrogativa. Lei sicuramente non conosceva nulla di quei poeti, tanto lontani dalla sua America, ma l’avrebbe portata a visitare quei luoghi antichi, pregni di arte e cultura, conoscenza e bellezza, « Hai ragione, mia piccola umana, ma i tuoi occhi hanno sostituito quelli della tua antenata lontana già da molto tempo nel mio cuore morto e spento che tu, e tu sola, fai battere nuovamente,» le rivelò facendola visibilmente sobbalzare tra le sue braccia. Il suo stupore lo intenerì, ma la voce rimase ferma e calma poiché non aveva ancora terminato il proprio compito, « Tatiana Petrova non era che una pallida Luna in confronto allo splendido Sole che mi mostri tu, ogni giorno, » continuò più soave. Le si avvicinò, quasi lambendole le labbra con le proprie, lo sguardo furbo, come se stesse per rivelarle un segreto dalla portata inestimabile, « Dimmi, Nicole, come potrei preferirei lei, la sua perfidia infinita, quell’illusione che, sciocco, mi creai, a te, mio splendido angelo?» le domandò divertito prima di rubarle un bacio a fior di labbra che durò un solo istante. Nicole rimase inerme, per alcuni secondi, le palpebre che si serravano e spalancavano a intervalli di pochi momenti, le labbra schiuse in una silenziosa domanda stupita.
« Io…,» sussurrò emozionata prima di avvampare e chinare il capo. Non si allontanò da lui, posò solo il capo sul suo petto, all’altezza del cuore, e gli cinse la schiena, bisognosa di quel contatto. Klaus poggiò il mento tra i suoi capelli, percependo il dolce profumo di fiori, rose in particolare.
« Tu? » la incalzò dolcemente, carezzandole, con la punta dei polpastrelli, il fianco coperto solamente dal fine cotone del top che apparteneva a sua sorella. Nicole non continuò, ma sospirò leggermente, e si strinse maggiormente a lui.
« Io non…,» si interruppe ancora. Klaus si irrigidì, ma tentò di mantenere calmo il proprio respiro per non farle intendere quel cambiamento. Se gli avesse detto che non poteva stare con lui, non avrebbe risposto delle sue azioni. L’avrebbe anche rapita e portata via da quella cittadina sperduta che non gli aveva procurato che inconvenienti e problemi. Se lei l’amava, se quella mancanza era causata solamente dall’affetto per i suoi fratelli, se credeva davvero che potesse essere lui la sua felicità, il suo amore,  « Io non avrei mai pensato di poter provare un sentimento così forte come quello che nutro verso di te, Klaus,» le rivelò sottovoce, rendendo vano ogni suo dubbio. Sorrise, felice di notare quanta emozione vi fosse nella voce di Nicole, e si scansò per permetterle di guardarlo in viso, di scorgere il lieve sorriso che increspava le sue labbra piene. Nicole era inquieta, come se volesse dir altro, ma ne avesse il terrore, e Klaus le carezzò la guancia per indurla a continuare, « Mi fa paura. Ho tanta paura,» sussurrò, assottigliando lo sguardo e facendosi ancora più piccola di quello che già era. Sembrava una bambina spaurita, bisognosa di conforto, e Klaus le si fece maggiormente vicino, distendendo maggiormente le labbra, rassicurante.
« Non ti farei mai del male, Nicole. Mai,» le promise accorato, pendendole il volto tra le mani, lasciando, a malincuore, che la mano posata sul fianco si poggiasse sulla sua bella guancia bollente. Nicole lo guardò, ma non fu un grado di comprendere cosa risiedesse nella sua mente, se non la fiducia in lui, in quella che era una promessa che non avrebbe mai voluto infrangere. No. Non poteva farla divenire un vampiro. Avrebbe perso la sua intera purezza, il suo contatto con la terra, le sue antenate, e avrebbe sofferto. Tanto. Troppo. Come un uccellino in gabbia che, per quanto potesse essere vezzeggiato, non avrebbe mai più avuto indietro la propria libertà. E Klaus voleva solamente vederla felice, sebbene odiasse quel doloroso pensiero, quella malevola voce che gli stava pronunciato parole che non avrebbe mai voluto udire. Un giorno avrebbe dovuto lasciarle vivere la propria vita senza di lui. Sposarsi, avere dei figli, delle responsabilità. Morire. Lei. Lei che si meritava l’immortalità molto più di chiunque altro al mondo. Lei che sarebbe potuta essere una regina, la sua regina. Lei che avrebbe potuto avere tutto ciò che avesse desiderato. Nicole gli sorrise, facendolo ritornare alla realtà, ma v’era un’ombra nel suo sguardo limpido e Klaus comprese, « E non devi temere nulla dal mondo esterno. Nessuno può farti del male. Non fin quando ci sarò io con te,» continuò dolcemente. Nicole annuì e gli carezzò gentilmente la guancia prima di posare le labbra sulle sue in un mite bacio, soave suggello di quell’amore che li legava indissolubilmente. Klaus la strinse a sé per un ultimo istante, prima di scostarsi. Tremava ancora, Nicole, ma s’era oramai quasi calmata del tutto, sostituendo nel suo animo la tenerezza alla passione, « Adesso, però, è ora di andare,» le mormorò lievemente, premuroso, « Si è fatto tardi. Sei stanca, hai bisogno di riposo. Vuoi tornare a casa? » domandò quando vide un’ombra di tristezza nel suo sguardo, prima di posare un leggero bacio sul dorso della sua mano e avvicinarsi allo sportello del conducente.

Nicole sorrise e scosse il capo, con foga, prima di accomodarsi. A stento era in grado di trattenere la gioia e la felicità divampanti nel suo animo. Klaus era suo, non di Tatia, né di nessun’altra, solo suo. Ed era una certezza. Le sue parole, pregne di sentimento e fine cultura, l’avevano talmente colpita che avrebbe volentieri voluto pregarlo di continuare a pronunciarle all’infinito.
« No. Voglio stare con te,» gli sussurrò, poggiando il capo sulla sua spalla. Aveva ragione. Era stanca e avrebbe solamente voluto dormire al suo fianco, come la notte prima. Chiuse gli occhi e si beò della lieve fragranza che proveniva dalla sua pelle candida, sistemandosi meglio contro il sedile. Klaus le cinse le spalle con un braccio e mise in moto l’auto, cominciando a percorrere le strade buie della sua città.
« Non sono una brava persona, Nicole,» la ammonì, quasi spossato, come se quella giornata avesse avuto il potere di fiaccare anche lui, l’indistruttibile immortale, « Tuo fratello ha ragione. Riuscirei soltanto a far del male alla tua purezza,» mormorò come indignato con se stesso, come se non potesse credere di aver davvero affermato di essere d’accordo con quel ragazzino. Nicole chiuse per un istante gli occhi, sospirò e si scostò di poco dalla sua spalla per poterlo guardare negli occhi. Con i suoi sensi sviluppati sino all’inverosimile, Klaus poteva anche permettersi di non osservare la strada che doveva conoscere a menadito e Nicole gli prese il volto tra le dita, facendolo volgere verso di lei. L’ibrido continuò a guidare, abbassando di poco la velocità per prepararsi a un eventuale incidente.
« Mio fratello…,» sussurrò ironica, ma anche costernata, come se soffrisse al solo pensiero di pronunciare delle parole contro di lui, « cosa ne possono sapere loro di quello che io provo per te? Nulla. Loro vedono solo il mostro,» continuò più sottovoce, come se stesse intonando una nenia gentile e Klaus scosse il capo, carezzandole i capelli. I suoi occhi azzurrini erano freddi, distanti, gelidi, ma progressivamente quel ghiaccio si stava sciogliendo per divenire un mare di afflizione antica, di senso di inadeguatezza troppo marcato, che le fece nascere un moto di tenerezza al centro del petto.
« Ed è quello che dovresti vedere anche tu, dolcezza,» esclamò criptico, imperturbabile, atono, come se non gli importasse cosa lei pensasse poiché la realtà non sarebbe mutata. Nicole scosse il capo e si abbandonò contro di lui, quasi accoccolandosi sulle sue gambe mentre Klaus svoltava verso la sua villa enorme.
« Perché?» domandò quasi innocentemente, sbattendo le palpebre nel vedere una lieve patina di rossore colorare le gote di Klaus nel percepirla tanto vicino a lui, in una posizione così intima. Nicole provava lo stesso imbarazzo, ma era mitigato dalla sua decisione di volergli essere di supporto. Jeremy non sapeva quanto amore risiedesse nel suo cuore e non conosceva affatto il vero Niklaus, quel ragazzo che si nascondeva sotto mille strati di freddo cinismo e glaciale malvagità, gloriandosi di essi come se componessero la più aristocratica tra le armature, « Ho avuto un dono, Klaus, e quel dono mi porta a scorgere cosa c’è veramente nel cuore di una persona. E nel tuo non ho visto che bellezza, luce, soffocata dall’oscurità, ma che lotta per emergere. Io ho visto un mondo dentro di te, ho visto tanta malvagità, solitudine, abbandono, desiderio di vendetta. Tutto. Ho visto tutto di te. Anche l’amore, la passione, la gioia di non essere completamente solo, la volontà di rialzarti sempre. Dopo qualsiasi caduta. Ho visto l’intero universo in te e io voglio farne parte. Voglio essere parte di te,» esclamò con convinzione, infiammandosi per quella passione che la coglieva sempre quando era al fianco di Klaus. Sobbalzò, visibilmente, poi la prese per i fianchi e la spostò sul sedile, come per voler dilatare la distanza tra di loro, come se avesse timore che stesse affermando una falsità. Oppure era solamente stupito e incredulo da quella frase. Nessuno mai doveva avergli detto una cosa del genere, ma era quello che Nicole pensava e avrebbe pronunciato quelle parole altre mille volte, se fosse stato necessario.
« Attenta,» esclamò con fare quasi ammonitore, « Potrei anche non lasciarti andare. Potrei tenerti con me per l’eternità,» aggiunse malevolo facendola sobbalzare. L’eternità. Era vero. Klaus avrebbe potuto trasformarla in un vampiro senza che lei nemmeno se ne rendesse conto, « Sono un egoista, Nicole Gilbert, e ti voglio talmente tanto che potrei impazzire per te,» le rivelò accorato, sporgendosi verso di lei e sfiorandole il viso, osservandola direttamente negli occhi, « Guardami, Nicole, sono il tuo peggior nemico. Sono il tuo Inferno in terra,» continuò più costernato, come se non sopportasse di poterle fare del male. Nicole sorrise e scosse il capo, avvicinandosi maggiormente al suo volto, quasi sfiorandogli le labbra con le proprie.
« Ti sbagli,» sussurrò dolcemente, lambendole in una dolce carezza.
« Mi domando se saresti mia per sempre, » rimuginò tra sé soprapensiero, facendola tremare per la passione. Avrebbe voluto dirgli di sì, senza alcuna remora o imbarazzo, ma rimase in un silenzio imperituro. Arrossì lievemente, ben cosciente che non avrebbe mai potuto lasciarlo. Era sua, completamente. E non sapeva se quello fosse per lei un bene o un male, però forse non voleva neanche scoprirlo. « Ma mi accontenterò di averti questa notte.»

  
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