Capitolo 21
Be mine
« Cosa
ci fai qui? » gli domandò tentando di ritrovare la calma. Klaus la guardò,
ancora, più divertito, e poi sorrise, sbuffando lievemente e scosse il capo, «
Perché sei qui? » insistette, testarda. Voleva saperlo. Doveva. Non l’avrebbe
mai lasciato andare senza conoscere la verità. Probabilmente non l’avrebbe
lasciato neanche dopo.
«
Perché voglio che tu sia mia.»
Klaus la osservava con tale sentimento da farla fremere
sotto il suo tocco gentile. Quelle mani la stava cullando con immensa dolcezza,
facendole perdere ogni cognizione della realtà. Nicole sbatté le palpebre,
ancora una volta, poi sgranò gli occhi azzurrini, sbalordita da quella
risposta. Era stato talmente diretto, proprio come lei aveva voluto, da
turbarla nel profondo. Non avrebbe mai pensato che le avrebbe detto una cosa
del genere, nemmeno nei suoi sogni più azzardati e incauti.
« Cosa… che cosa hai…?» sussurrò, la voce incerta che
tremava violentemente tanto da non averle neanche fatto finire la domanda.
Klaus si avvicinò lentamente al suo volto, sorridendo ancora, come se nutrisse
un dolce divertimento nel vederla cotanto confusa da quegli atteggiamenti che,
invece, le sarebbero dovuti apparire chiari e limpidi. I suoi occhi, splendidi
zaffiri brillanti come stelle nella notte buia, ridevano lievemente, inglobandola
in quella sfera celeste e pura. Timidamente, quasi con timore riverenziale, gli
sfiorò la guancia con la mano destra mentre l’altra rimaneva ancorata alle sua
spalla come se temesse che, se l’avesse lasciata anche solo per un attimo,
sarebbe caduta e non si sarebbe mai più rialzata. Klaus arrivò a un soffio
dalle sue labbra e quasi le rubò un bacio, ma attese, preferendo guardarle gli
occhi spalancati per la confusione, la passione. L’amore.
« Sii mia,» le sussurrò dolcemente, traendola maggiormente a
sé, facendo scontrare i loro corpi. Nicole notò che stava, impercettibilmente,
tremando e un moto di tenerezza la fece sorridere. Non v’era neanche necessità
di mormorarlo. Nicole era già sua. La giovane, senza alcuna remora, poggiò le
labbra sulle sue dolci e tentatrici, splendide e piene, in un bacio appena
accennato. Klaus la strinse con foga, quasi abbandonandosi a lei e Nicole fu
costretta ad appoggiarsi contro la portiera chiusa per impedirsi di cadere per
il tremore che l’aveva interamente occupata, squassandole il corpo. Klaus
approfondì quel dolce contatto, lambendole le labbra con la punta della lingua,
domandole il permesso di entrare. Nicole sorrise, tra sé e schiuse le proprie,
spostando la mano sui suoi capelli mossi e morbidi. Non le importava più di
nulla, né delle lacrime che aveva versato sino a pochi istanti prima per lui né
della remota possibilità che Tyler potesse vederla, scorgerla al fianco
dell’uomo che amava. Avrebbe voluto dirglielo, ma si beò del suo bacio,
rimandando a un momento più calmo ogni dichiarazione. Tatia. Anche lei era
scomparsa. Klaus voleva lei, e
nessun’altra, e Nicole non poteva esserne più felice. Le mani, grandi e sicure,
di Klaus le carezzavano i fianchi morbidi, giocando con il cotone del suo top
color glicine. Quel bacio le fece mancare il respiro e, quando Klaus si scostò
dolcemente per permetterle di riacquistarlo, Nicole si attaccò maggiormente a
lui, allacciandogli entrambe le mani dietro il collo. Mugugnò qualcosa di
incomprensibile, imbronciata come una bambina, e anche carezzevole e maliziosa.
Klaus le posò un lieve bacio sulla fronte e rise leggermente, scansandosi di
altri pochi centimetri per lasciare che il suo corpo non premesse più su quello
della giovane donna dinanzi a lui. Le vide sbattere le palpebre, afflitta, come
se stesse temendo di essere stata rifiutata, in qualche modo, « Non mi hai
risposto, Nicole,» le sussurrò, divertito da quell’espressione. Sembrava quasi
Rebekah nei suoi momenti peggiori, quando diveniva più capricciosa e bizzosa di
una ragazzina. Nicole spalancò gli occhi, splendide gemme blu come
lapislazzuli, e distese le labbra, lievemente gonfie per l’intensità del bacio
che aveva fatto fremere persino lui, in un bel sorriso dolce e gli carezzò la
guancia con un gesto gentile e accorto.
« Io… Io sono già tua,» gli rivelò sottovoce, avvampando per
l’imbarazzo. Klaus la guardò, meravigliato, per non più di un istante prima di
sorridere, soddisfatto, scostare la sua mano dalla guancia e posarvici un
tenero bacio sul dorso. Nicole lo osservò dispiaciuta, quasi costernata, mentre
nuove lacrime cariche di afflizione le velano lo sguardo mesto. Klaus aggrottò
le sopracciglia, incredulo e sbalordito da quel repentino cambio di espressione
e attese che lei gli spiegasse quale fosse il suo dubbio. Il cuore gli tremò,
come in un timido battito, per la paura che quelle parole non fossero
veritiere. Mai s’era sentito talmente preso, catturato, come in una gabbia
dorata e amorevole, come da quella fanciulla, e non voleva perderla. Per nulla
al mondo, « Ma tu non sei mio,» sussurrò addolorata, scostandosi da lui,
volgendo il capo di lato, poi chinandolo verso il sentiero ciottolato che
conduceva all’entrata della villa. Klaus la osservò per pochi istanti, i
lineamenti induriti dai sentimenti confusi che si susseguivano nel suo animo
antico. Comprendeva il pensiero che risiedeva nella mente della giovane e
avrebbe tanto voluto sfatarlo. Schiuse le labbra e le scostò un boccolo dalla
guancia. La coda, oramai, si era quasi sciolta e l’elastico bianco era quasi
scomparso nei suoi bei ricci ben delineati. Fece per parlare, ma un suono destò
la sua attenzione. Era quello del motore di una macchina che stava percorrendo
il vialetto. Assottigliò gli occhi per ripararsi dalla luce dei fari che
illuminavano il portico e riconobbe, all’interno della vettura, la figura
snella di Carol Lockwood. Nicole sobbalzò, sotto le sue dita, e guardò dietro
di sé sino a incontrare lo sguardo azzurro della donna. Carol chiuse lo sportello
e li osservò confusa di trovarli a casa sua. Aveva corrugato la fronte e
schiuso le labbra.
« Scusa, Carol,» sussurrò gentilmente, guardandolo per un
attimo, poi avanzando verso la donna, « Ho accompagnato Tyler a casa,» le
spiegò. Carol annuì e le sorrise, grata di quella cortesia. Nicole incrociò le
braccia al petto, forse per ripararsi dal freddo di quella sera. L’inverno era
quasi alle porte, « Penso dovreste parlare,» le consigliò caldamente,
camminando al suo fianco verso la villa. Klaus rimase lì, dove lei l’aveva
lasciato, inerme e incredulo che riuscisse a essere così indifferente, come se
non si fossero scambiati nulla in quei minuti, in quelle settimane. Sentì
nascere una rabbia crescente dentro di sé, ma ricacciò la bestia all’interno
del proprio essere poiché non voleva assolutamente risvegliarla, « Non credo
stia molto bene,» aggiunse ancora più sottovoce, preoccupata per quel ragazzo.
Sarebbe voluto andar via di lì, per non udire più la bella voce di quella che
doveva essere la sua donna parlare cotanto impensierita di un altro, per non
vederla tanto accorata e riguardevole nei confronti di altri che non fosse lui
stesso. Ma rimase lì, attendendo che qualcosa mutasse, che lei si volgesse
verso di lui. E, come se avesse ascoltato i suoi pensieri, lo guardò per un
solo instante, come per accettarsi che fosse ancora là, come se avesse voluto
che non scomparisse dalla sua vita.
« Perché? Cosa gli è successo? » domandò ansiosa Carol,
stringendole le mani tra le proprie, dopo essersi avvicinata alla porta
d’ingresso.
« Si tratta di Caroline. L’ha morsa e… poi mi ha raccontato
di quella notte,» sussurrò chinando il capo, cotanto addolorata da farlo
avanzare di un passo, timoroso di sentirla patire un dolore che lui non gli
avrebbe mai arrecato, « Non dovrebbe soffrire così. Non per me,» aggiunse,
quasi schernendosi e facendolo sorridere. Era proprio per lei che doveva
soffrire. Perché l’aveva tradita.
« Lo so, cara,» sussurrò dolcemente la donna carezzandole la
guancia e sorridendo lievemente, più sollevata che almeno a suo figlio non
fosse accaduto nulla, dolce e materna, «Ti ringrazio per quello che hai fatto
per lui in tutti questi anni. Sei stata una fidanzata straordinaria,» le
mormorò soavemente, emozionata, quasi abbracciandola. Nicole scosse con foga il
capo, come per sminuirsi.
« Lo è anche Caroline,» esclamò contrariata, come se
pensasse che la madre di Tyler stesse mancando di rispetto a quella ragazza che
aveva appena salvato da morte certa. Le aveva donato il proprio sangue,
raccontandole quanto v’era di più meraviglioso al mondo, sebbene fosse un altro
il viso che avesse dinanzi a sé. Apparteneva a lei. Tutte quelle parole riguardavano il loro patto. Le avrebbe
mostrato tutto, l’avrebbe resa una strega potentissima, più forte anche di sua
madre, o di Ayanna, o di sua zia Rowena, « Carol,» la riprese blanda quando le
vide sollevare il labbro superiore in un’espressione di sufficienza.
« Lei non sarà mai te,» le rivelò prima di posare le labbra
sulla sua fronte, fargli un cenno col capo ed entrare in casa sua. Nicole
rimase lì, per alcuni istanti, come incerta di quelle parole, poi si avvicinò a
lui, senza guardarlo in volto, come se temesse il suo sguardo. Klaus, appena si
fu avvicinata abbastanza, la trasse a sé, passandole un braccio intorno alla
vita sottile, e le sollevò il mento, dolcemente, per farle incontrare i loro
occhi. Nicole fuggì ancora, serrando i propri, le palpebre tremanti, come il
resto del corpo. Klaus sospirò nel notare quanto non fosse incline ad aprirsi
con lui, ma non gliene fece una colpa, soprattutto non sapendo cosa Mikael le
avesse raccontato. Aveva dato per sottinteso che le avesse comunicato soltanto
il vero, però Nicole sembrava talmente scossa da fargli intendere che, forse,
aveva aggiunto altri particolari che non v’erano.
« Non so cosa ti abbia raccontato Mikael di Tatia, ma deve
averti turbato parecchio,» mormorò dispiaciuto, carezzandole il mento e le
labbra, lievemente schiuse, con i polpastrelli. Nicole deglutì, come spaventata
da quell’affermazione, dal suo tono, da lui, ma riaprì il pacifico mare dei
suoi occhi per poi puntarli nei suoi.
Sembrava più decisa e nel suo sguardo brillava una luce consapevole e risoluta.
« Mi ha detto che l’hai amata talmente tanto da incrinare il
rapporto con tuo fratello. Perché l’amavate entrambi, ma mi ha detto che tu
l’amavi di più,» aggiunse più incerta, abbandonandosi a lui e appoggiandosi
alla sua spalla, come se quella consapevolezza la facesse star male talmente
tanto da indurla a cadere. Klaus la guardò, intenerito, e sorrise, scostando le
dita dal suo mento per andare tra le sue profumate onde color del miele. Mikael
aveva affermato il vero, ma per schernirla, intravedendo cosa lui provasse per
lei, per quella piccola umana che l’osservava bramosa di una conferma, ma anche
turbata da essa.
« E tu credi che l’ami ancora? » le domandò dolcemente,
cingendole la vita con più forza, facendo aderire completamente i loro corpi.
Nicole, timidamente, annuì, gli occhi spalancati come quelli di una bambina
insicura e imbarazzata, « Sebbene siano trascorsi dieci secoli?» chiese, poi,
quasi divertito da quella gelosia. L’avrebbe volentieri baciata. Quelle labbra,
sottili e a cuore, rosee e ancora lievemente gonfie, era delle tentatrici irresistibili,
ma avrebbe dovuto trattenere in sé quel desiderio. Poiché Nicole aveva
necessità di risposte, di rassicurazioni. D’amore. Quello stesso che si era annidato
nel suo animo prima ancora che lui potesse scacciarlo. Era trascorso troppo
tempo e non aveva saputo riconoscerlo subito, ma oramai ne era certo. Era
amore, « Quanta dolcezza si annida nel tuo animo colmo d’amore, Nicole Gilbert,»
le sussurrò soavemente, accorto, tentando di moderare la voce sin troppo
emozionata e tremante. Avrebbe voluto far di lei la propria regina, la sua compagna.
Per l’eternità. Ma avrebbe odiato non percepire più il suo cuore battere con la
stessa foga di quello di un colibrì, come in quel momento. non avrebbe più
rivisto le sue gote arrossate, gli zigomi imporporati, il respiro fremente. E
solo quel pensiero fu in grado di fargli mantenere la calma, « È difficile guarire di colpo da un amore
durato a lungo,» recitò, rimembrando a menadito l’antica poesia di
quell’autore latino, Gaio Valerio Catullo, che tanto l’aveva fatto rimuginare sul comportamento umano.
Quanto amore era possibile nutrire nei confronti di una donna? Infinito quanto
i confini dell’universo stesso. Nicole lo guardò interrogativa. Lei sicuramente
non conosceva nulla di quei poeti, tanto lontani dalla sua America, ma
l’avrebbe portata a visitare quei luoghi antichi, pregni di arte e cultura,
conoscenza e bellezza, « Hai ragione, mia piccola umana, ma i tuoi occhi hanno
sostituito quelli della tua antenata lontana già da molto tempo nel mio cuore
morto e spento che tu, e tu sola, fai battere nuovamente,» le rivelò facendola visibilmente
sobbalzare tra le sue braccia. Il suo stupore lo intenerì, ma la voce rimase
ferma e calma poiché non aveva ancora terminato il proprio compito, « Tatiana
Petrova non era che una pallida Luna in confronto allo splendido Sole che mi mostri
tu, ogni giorno, » continuò più soave. Le si avvicinò, quasi lambendole le
labbra con le proprie, lo sguardo furbo, come se stesse per rivelarle un
segreto dalla portata inestimabile, « Dimmi, Nicole, come potrei preferirei
lei, la sua perfidia infinita, quell’illusione che, sciocco, mi creai, a te,
mio splendido angelo?» le domandò divertito prima di rubarle un bacio a fior di
labbra che durò un solo istante. Nicole rimase inerme, per alcuni secondi, le
palpebre che si serravano e spalancavano a intervalli di pochi momenti, le
labbra schiuse in una silenziosa domanda stupita.
« Io…,» sussurrò emozionata prima di avvampare e chinare il
capo. Non si allontanò da lui, posò solo il capo sul suo petto, all’altezza del
cuore, e gli cinse la schiena, bisognosa di quel contatto. Klaus poggiò il
mento tra i suoi capelli, percependo il dolce profumo di fiori, rose in
particolare.
« Tu? » la incalzò dolcemente, carezzandole, con la punta
dei polpastrelli, il fianco coperto solamente dal fine cotone del top che apparteneva
a sua sorella. Nicole non continuò, ma sospirò leggermente, e si strinse
maggiormente a lui.
« Io non…,» si interruppe ancora. Klaus si irrigidì, ma
tentò di mantenere calmo il proprio respiro per non farle intendere quel
cambiamento. Se gli avesse detto che non poteva
stare con lui, non avrebbe risposto delle sue azioni. L’avrebbe anche rapita e
portata via da quella cittadina sperduta che non gli aveva procurato che
inconvenienti e problemi. Se lei l’amava, se quella mancanza era causata
solamente dall’affetto per i suoi fratelli, se credeva davvero che potesse
essere lui la sua felicità, il suo amore,
« Io non avrei mai pensato di poter provare un sentimento così forte
come quello che nutro verso di te, Klaus,» le rivelò sottovoce, rendendo vano
ogni suo dubbio. Sorrise, felice di notare quanta emozione vi fosse nella voce
di Nicole, e si scansò per permetterle di guardarlo in viso, di scorgere il
lieve sorriso che increspava le sue labbra piene. Nicole era inquieta, come se
volesse dir altro, ma ne avesse il terrore, e Klaus le carezzò la guancia per
indurla a continuare, « Mi fa paura. Ho tanta paura,» sussurrò, assottigliando
lo sguardo e facendosi ancora più piccola di quello che già era. Sembrava una
bambina spaurita, bisognosa di conforto, e Klaus le si fece maggiormente
vicino, distendendo maggiormente le labbra, rassicurante.
« Non ti farei mai del male, Nicole. Mai,» le promise
accorato, pendendole il volto tra le mani, lasciando, a malincuore, che la mano
posata sul fianco si poggiasse sulla sua bella guancia bollente. Nicole lo
guardò, ma non fu un grado di comprendere cosa risiedesse nella sua mente, se
non la fiducia in lui, in quella che era una promessa che non avrebbe mai
voluto infrangere. No. Non poteva farla divenire un vampiro. Avrebbe perso la
sua intera purezza, il suo contatto con la terra, le sue antenate, e avrebbe
sofferto. Tanto. Troppo. Come un uccellino in gabbia che, per quanto potesse
essere vezzeggiato, non avrebbe mai più avuto indietro la propria libertà. E
Klaus voleva solamente vederla felice, sebbene odiasse quel doloroso pensiero,
quella malevola voce che gli stava pronunciato parole che non avrebbe mai
voluto udire. Un giorno avrebbe dovuto lasciarle vivere la propria vita senza
di lui. Sposarsi, avere dei figli, delle responsabilità. Morire. Lei. Lei che
si meritava l’immortalità molto più di chiunque altro al mondo. Lei che sarebbe
potuta essere una regina, la sua regina. Lei che avrebbe potuto avere tutto ciò
che avesse desiderato. Nicole gli sorrise, facendolo ritornare alla realtà, ma
v’era un’ombra nel suo sguardo limpido e Klaus comprese, « E non devi temere
nulla dal mondo esterno. Nessuno può farti del male. Non fin quando ci sarò io
con te,» continuò dolcemente. Nicole annuì e gli carezzò gentilmente la guancia
prima di posare le labbra sulle sue in un mite bacio, soave suggello di
quell’amore che li legava indissolubilmente. Klaus la strinse a sé per un
ultimo istante, prima di scostarsi. Tremava ancora, Nicole, ma s’era oramai
quasi calmata del tutto, sostituendo nel suo animo la tenerezza alla passione,
« Adesso, però, è ora di andare,» le mormorò lievemente, premuroso, « Si è
fatto tardi. Sei stanca, hai bisogno di riposo. Vuoi tornare a casa? » domandò
quando vide un’ombra di tristezza nel suo sguardo, prima di posare un leggero
bacio sul dorso della sua mano e avvicinarsi allo sportello del conducente.
Nicole sorrise e scosse il capo, con foga, prima di
accomodarsi. A stento era in grado di trattenere la gioia e la felicità
divampanti nel suo animo. Klaus era suo, non di Tatia, né di nessun’altra, solo
suo. Ed era una certezza. Le sue parole, pregne di sentimento e fine cultura,
l’avevano talmente colpita che avrebbe volentieri voluto pregarlo di continuare
a pronunciarle all’infinito.
« No. Voglio stare con te,» gli sussurrò, poggiando il capo
sulla sua spalla. Aveva ragione. Era stanca e avrebbe solamente voluto dormire
al suo fianco, come la notte prima. Chiuse gli occhi e si beò della lieve
fragranza che proveniva dalla sua pelle candida, sistemandosi meglio contro il
sedile. Klaus le cinse le spalle con un braccio e mise in moto l’auto,
cominciando a percorrere le strade buie della sua città.
« Non sono una brava persona, Nicole,» la ammonì, quasi
spossato, come se quella giornata avesse avuto il potere di fiaccare anche lui,
l’indistruttibile immortale, « Tuo fratello ha ragione. Riuscirei soltanto a
far del male alla tua purezza,» mormorò come indignato con se stesso, come se
non potesse credere di aver davvero affermato di essere d’accordo con quel
ragazzino. Nicole chiuse per un istante gli occhi, sospirò e si scostò di poco
dalla sua spalla per poterlo guardare negli occhi. Con i suoi sensi sviluppati
sino all’inverosimile, Klaus poteva anche permettersi di non osservare la
strada che doveva conoscere a menadito e Nicole gli prese il volto tra le dita,
facendolo volgere verso di lei. L’ibrido continuò a guidare, abbassando di poco
la velocità per prepararsi a un eventuale incidente.
« Mio fratello…,» sussurrò ironica, ma anche costernata,
come se soffrisse al solo pensiero di pronunciare delle parole contro di lui, «
cosa ne possono sapere loro di quello che io provo per te? Nulla. Loro vedono
solo il mostro,» continuò più sottovoce, come se stesse intonando una nenia
gentile e Klaus scosse il capo, carezzandole i capelli. I suoi occhi azzurrini
erano freddi, distanti, gelidi, ma progressivamente quel ghiaccio si stava
sciogliendo per divenire un mare di afflizione antica, di senso di
inadeguatezza troppo marcato, che le fece nascere un moto di tenerezza al centro
del petto.
« Ed è quello che dovresti vedere anche tu, dolcezza,»
esclamò criptico, imperturbabile, atono, come se non gli importasse cosa lei
pensasse poiché la realtà non sarebbe mutata. Nicole scosse il capo e si
abbandonò contro di lui, quasi accoccolandosi sulle sue gambe mentre Klaus
svoltava verso la sua villa enorme.
« Perché?» domandò quasi innocentemente, sbattendo le
palpebre nel vedere una lieve patina di rossore colorare le gote di Klaus nel
percepirla tanto vicino a lui, in una posizione così intima. Nicole provava lo
stesso imbarazzo, ma era mitigato dalla sua decisione di volergli essere di
supporto. Jeremy non sapeva quanto amore risiedesse nel suo cuore e non
conosceva affatto il vero Niklaus, quel ragazzo che si nascondeva sotto mille
strati di freddo cinismo e glaciale malvagità, gloriandosi di essi come se
componessero la più aristocratica tra le armature, « Ho avuto un dono, Klaus, e
quel dono mi porta a scorgere cosa c’è veramente nel cuore di una persona. E
nel tuo non ho visto che bellezza, luce, soffocata dall’oscurità, ma che lotta
per emergere. Io ho visto un mondo dentro di te, ho visto tanta malvagità,
solitudine, abbandono, desiderio di vendetta. Tutto. Ho visto tutto di te.
Anche l’amore, la passione, la gioia di non essere completamente solo, la
volontà di rialzarti sempre. Dopo qualsiasi caduta. Ho visto l’intero universo
in te e io voglio farne parte. Voglio essere parte di te,» esclamò con
convinzione, infiammandosi per quella passione che la coglieva sempre quando
era al fianco di Klaus. Sobbalzò, visibilmente, poi la prese per i fianchi e la
spostò sul sedile, come per voler dilatare la distanza tra di loro, come se
avesse timore che stesse affermando una falsità. Oppure era solamente stupito e
incredulo da quella frase. Nessuno mai doveva avergli detto una cosa del
genere, ma era quello che Nicole pensava e avrebbe pronunciato quelle parole
altre mille volte, se fosse stato necessario.
« Attenta,» esclamò con fare quasi ammonitore, « Potrei
anche non lasciarti andare. Potrei tenerti con me per l’eternità,» aggiunse
malevolo facendola sobbalzare. L’eternità. Era vero. Klaus avrebbe potuto
trasformarla in un vampiro senza che lei nemmeno se ne rendesse conto, « Sono
un egoista, Nicole Gilbert, e ti voglio talmente tanto che potrei impazzire per
te,» le rivelò accorato, sporgendosi verso di lei e sfiorandole il viso, osservandola
direttamente negli occhi, « Guardami, Nicole, sono il tuo peggior nemico. Sono
il tuo Inferno in terra,» continuò più costernato, come se non sopportasse di
poterle fare del male. Nicole sorrise e scosse il capo, avvicinandosi
maggiormente al suo volto, quasi sfiorandogli le labbra con le proprie.
« Ti sbagli,» sussurrò dolcemente, lambendole in una dolce
carezza.
« Mi domando se saresti mia per sempre, » rimuginò tra sé soprapensiero,
facendola tremare per la passione. Avrebbe voluto dirgli di sì, senza alcuna
remora o imbarazzo, ma rimase in un silenzio imperituro. Arrossì lievemente,
ben cosciente che non avrebbe mai potuto lasciarlo. Era sua, completamente. E
non sapeva se quello fosse per lei un bene o un male, però forse non voleva
neanche scoprirlo. « Ma mi accontenterò di averti questa notte.»