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Autore: Akira Kurokawa    10/06/2012    3 recensioni
Salve a tutti questa è la mia prima storia originale. Ci sto lavorando da un po' e spero vi piaccia^^
Tratto dal racconto:
"...sentii sbuffare dietro di me e una voce imprecare credo in un lingua a me vagamente familiare e così mi girai dicendo -Conosci il giapponese?- e lei mi guardò alzando un sopracciglio e solo allora mi accorsi del suo aspetto. Era una ragazza alta, anche se non eccessivamente, doveva essere su un metro e settanta, smilza anche se si poteva vedere che si teneva in forma e aveva lineamenti decisamente orientali. Avrei voluto sotterrarmi. Arrossendo provai a scusarmi, balbettando qualcosa di non molto sensato del tipo "Scusa..è vero, che idiota...ehm..", finché lei non interruppe il mio balbettio dicendo sorridente -Tranquilla, succede. Alla fine, quando cadi addosso a una persona non gli fai la radiografia per vedere di che nazionalità è.- e io annuii incapace di dire o fare altro. Ero improvvisamente in soggezione sotto il suo sguardo penetrante..."
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti^^ Questa è la mia prima storia originale a cui sto lavorando da un po' e ci terrei a sapere la vostra opinione^^ Buona lettura^^

 

Capitolo I

 

Era una tiepida giornata di dicembre, perfetta, pensai, per la mia gita al Santa Cecilia. Mi alzai dal letto e velocemente iniziai a vestirmi evitando di inciampare in qualche oggetto sparso sul pavimento. Di certo prima o poi avrei dovuto dare una sistemata, anche a causa del mio vizio di camminare in camera al buio.

Vestita andai in bagno, cercando di fare il più presto possibile visto che l'orologio appeso al muro segnava pericolosamente un quarto alle otto. Se non mi fossi sbrigata avrei perso il pullman che mi avrebbe portata alla mia meta e avrei dovuto aspettare quello dopo, saltando così l'appuntamento preso con una ragazza che mi avrebbe illustrato cosa si faceva e che tipi di corsi c'erano nel Conservatorio.

Una volta che finii di lavarmi, pettinai con fin troppa cura i miei capelli che, per fortuna, avevo lavato il giorno prima, così avrei potuto lasciarli sciolti per nascondermi un po' il viso. I miei capelli erano l'unica cosa che mi piaceva del mio aspetto del tutto normale. Ero alta poco più di un metro e sessanta, magra, forse fin troppo, con poche curve anche se abbastanza proporzionate. Inoltre avevo gli occhi color castagna, fin troppo ordinari.

Finendo mi precipitai fuori, prendendo, prima di chiudere la porta dietro di me, la cartella vicino l'entrata. Per fortuna la porta si chiudeva automaticamente. Si poteva aprire solo con la scheda elettronica, come in alcuni Hotel. Era comodo per un dormitorio scolastico dove tutti andavano di fretta. Scesi a due a due le scale precipitandomi al pian terreno, per fortuna dovevo fare soltanto tre rampe di scale. Arrivata giù non fermai la mia corsa, rallentai giusto mentre arrivavo sul marmo per non scivolare e imboccai la porta velocemente, per fortuna a quell'ora non c'era quasi nessuno sul marciapiede. Non feci in tempo a uscire che vidi il pullman arrivare alla fermata e accelerai ancora di più, evitando per un soffio una macchina che per poco non mi investì quando attraversai quasi senza vedere, riuscendo per miracolo a salire sopra.

Salita cercai un posto a sedere che per mia grande fortuna trovai, dove mi abbandonai a riprendere fiato. Ero sfinita per la corsa stremante che avevo fatto. Ripresa mi sistemai a sedere per bene, anche perché quel giorno avevo deciso di mettermi la gonna e non potevo rimanere scomposta più di tanto. Sistemata mi pettinai automaticamente i capelli con le mani per cercare di sistemarmeli almeno un po', cosa che rinunciai ben presto a fare. Cercai, invece, di rilassarmi, sentendo solitaria il mio ipod. Non feci molto caso al panorama che non mostrava altro che negozi e case susseguirsi ininterrottamente, se non per qualche vicolo o strada che le divideva bruscamente dall'altra schiera di case.

Ormai ero del tutto indifferente a quel panorama che all'inizio mi aveva un po' disorientata, abituata com'ero ai paesaggi di campagna, così rimasi appoggiata al sedile ad ascoltare la musica, cercando di rilassarmi e di recuperare energie, poiché quella notte non avevo dormito bene a causa dell'agitazione. Non feci in tempo a rilassarmi che sentii il mio cellulare squillare, così risposi senza neanche guardare il display sapendo già chi era.

-Pronto Maicol?- e sentii dall'altra parte una voce un po' irritata rispondere -Ma si può sapere dove sei?!? Le lezioni stanno per iniziare, se non arrivi in tempo la prof se la prenderà di nuovo con me dicendo che ti distra...- -Maicol ma mi ascolti quando parlo?!? Cosa ti avevo detto ieri sera? Che sarei andata al Conservatorio stamattina. Ho preso appuntamento con una ragazza che...- -Sisi non mi interessa ora. Potevi ricordarmelo stama..- e a quel punto attaccai irritata. Non ne potevo più di lui e di tutti i suoi problemi che scaricava addosso a me. Non si interessava minimamente a me e pretendeva che io mi interessassi a lui?!? Erano mesi che le cose andavano male tra di noi, ma ultimamente stavano peggiorando.

Sospirando triste mi accorsi appena in tempo che dovevo scendere, così mi alzai di scatto prendendo la borsa, precipitandomi fuori e finendo addosso a una ragazza. Lei, rimettendomi gentilmente in piedi, disse con un tono di voce inespressivo, ma a suo modo dolce -Stai attenta, se non c'ero io potevi farti male.- e io alzai la testa imbarazzata dicendo -Scusami...stavo per perdere la fermata e così...oh no ti ho fatto perdere il pullman!- me ne accorsi solo in quel momento e istintivamente mi girai verso il mezzo notandolo già troppo lontano da rincorrere. Sentii sbuffare dietro di me e una voce imprecare credo in un lingua a me vagamente familiare e così mi girai dicendo -Conosci il giapponese?- e lei mi guardò alzando un sopracciglio e solo allora mi accorsi del suo aspetto. Era una ragazza alta, anche se non eccessivamente, doveva essere su un metro e settanta, smilza anche se si poteva vedere che si teneva in forma e aveva lineamenti decisamente orientali. Avrei voluto sotterrarmi. Arrossendo provai a scusarmi, balbettando qualcosa di non molto sensato del tipo “Scusa..è vero, che idiota...ehm..”, finché lei non interruppe il mio balbettio dicendo sorridente -Tranquilla, succede. Alla fine, quando cadi addosso a una persona non gli fai la radiografia per vedere di che nazionalità è.- e io annuii incapace di dire o fare altro. Ero improvvisamente in soggezione sotto il suo sguardo penetrante. All'improvviso, sentendo le campane suonare le otto e mezza, mi ricordai del mio appuntamento ed esclamai -Diamine è tardissimo!! Mi dispiace ancora per il pullman, ma devo proprio scappare, mi aspettano al Conservatorio!- e iniziai a correre per quella che sapevo essere la strada, o per meglio dire vicolo visto quanto era stretto, per arrivarci. Solo dopo un po' sentii una voce urlare -Aspetta!!- e per curiosità mi voltai, vedendo la ragazza del pullman rincorrermi.

Fermandomi la guardai incuriosita, non sapendo che voleva. Una volta che mi fu vicina mi diede il mio cellulare dicendo -Ti è caduto quando sei inciampata. Stai più attenta la prossima volta Yuki.- e si girò per andarsene, ma io la bloccai chiedendole -Come sai il mio soprannome?- e lei indicò semplicemente il cellulare a cui c'era attaccato un ciondolo con scritto Yuki. Altra figura del cavolo, benissimo. Quella mattina ne stavo collezionando una dietro l'altra.

Imbarazzata dissi -Ah è vero...sai a volte me ne dimentico..- e lei annuì per poi girarsi e riprendere a camminare verso la fermata. Io rimasi, invece, imbambolata a guardarla. Ero come ipnotizzata. Mi riscossi solo quando sentii il rumore di un messaggio e guardai distrattamente l'ora. Rimasi impietrita per qualche secondo per poi iniziare a correre dicendo -Diamine sono in ritardissimo!- e iniziai di nuovo la mia corsa sfrenata che fermai solo una volta dentro il Conservatorio, più precisamente davanti la porta della segreteria. Era lì che mi avrebbe aspettato la ragazza. Controllai di nuovo l'orologio e constatai di avere fatto dieci minuti abbondanti di ritardo. Non vedendo nessuno provai a bussare la porta. Niente, nessun segno dall'interno. Sospirai e aspettai. Dopo un tempo che mi parve infinito, la porta della segreteria si aprì e la donna, alta su per giù un metro e sessanta, con gli occhi e i capelli castani e il sorriso gentile sul viso, con la quale avevo parlato per prendere appuntamento per un tour dentro l'accademia che mi guardò dicendo -Finalmente sei arrivata. Scusa se non ho aperto subito la porta, ma ero occupata. Comunque la ragazza che doveva accompagnarti ha avuto un imprevisto, quindi ti accompagnerò io. Prego seguimi.- e iniziò a condurmi per le sale illustrandomi i vari corsi di studio e i vari esami d'ammissione. La seguii per tutte le sale fino ad arrivare a una sala prove di pianoforte dove gli alunni potevano, dietro prenotazione, usare privatamente la sala per esercitarsi. Lì chiesi se potevamo entrare a vedere, curiosa di osservare soprattutto il pianoforte, e la donna annuì aprendo la porta e entrando con me al fianco. Non facemmo che pochi passi all'interno visto che era occupata da una ragazza. Era più o meno alta quanto me, ma la cosa che mi colpì furono i capelli biondo color grano. Strano colore. Non sembrava quasi naturale, infatti sospettavo fosse una tinta. Scossi la testa leggermente per riscuotermi dai miei pensieri, sistemandomi in automatico il ciuffo che mi ricadde davanti e chiedendomi da quanto analizzassi così profondamente le persone. Di solito non ero tipo da osservare o analizzare in questo modo l'aspetto altrui, soprattutto delle donne..oppure si? A riscuotermi dai miei pensieri ci pensò la voce della ragazza che risultò dolce, anche se non so per quale motivo mi infastidì. Cercando di concentrarmi su cosa stava dicendo captai la risposta alle scuse della donna.

-Non vi preoccupate signora Antonelli. Stavo per lasciare la sala, ho finito il mio tempo di prova. Può tranquillamente mostrargliela. Arrivederci.- e passò vicino a noi facendomi appena un sorriso. Guardandola finché non sparì, mi ritrovai a paragonarla alla ragazza del pullman arrivando alla conclusione che non avevano nulla in comune. Lei era così misteriosa con il suo sguardo penetrante e solo ora mi soffermai a pensarci, triste come di chi ha una vita difficile, ma non si arrende. Invece quella ragazza mi era parsa così insulsa, quasi scialba, e quando mi aveva sorriso provai una bruttissima sensazione. Alla fine pensai alla ragazza del pullman per tutta la visita successiva senza neanche sapere il perché e sperando, segretamente, di rivederla magari alla fermata del bus. Quando però andai a prenderlo e mi guardai intorno non c'era nessuno, così un po' giù, presi il pullman tornando nel mio appartamento.

-Ale? Ci sei?- interruppe i miei pensieri gentilmente la mia migliore amica Alessandra. Era la mia coinquilina da quando abitavo a Roma, ma c'eravamo già conosciute in un forum. Era stato strano iniziare a vivere insieme avendo prima parlato per quasi tre anni al pc. Era come se avessimo imparato di nuovo a conoscerci e a capirci convivendo pacificamente. Non c'erano mai stati grandi problemi, c'eravamo sempre abbastanza comprese come nelle nostre chattate interminabili notturne. Scuotendomi dai miei pensieri risposi-Si!Sono nella mia camera!- e aspettai pazientemente che mi raggiungesse. Qualche minuto dopo, giusto il tempo di posare sul tavolo la spesa, entrò dentro la mia camera mettendosi a sedere vicino a me sul letto chiedendomi -Com'è andata la visita?-e io sorrisi ripensando, non so perché, alla ragazza della fermata. Scuotendomi dai miei pensieri dissi -Abbastanza bene..anche se temo di non farcela..alt aspetta prima di iniziare a dire che non posso arrendermi..è che mi sono sentita un pesce fuor d'acqua sinceramente..erano tutte perfettine, non so..credo di essermi fatta prendere un pò dal panico...la verità è che sono tutti più bravi di me...- -Ale, per me ti sei fatta solo condizionare come al tuo solito. Non è che è successo qualcosa? Sembri parecchio turbata...- sospirando mi misi le gambe contro il petto poggiando sulle ginocchia il mento e annuendo, anche se non ero del tutta sicura di volergli parlare di quella ragazza che ormai mi ossessionava dalla mattina.

A salvarmi ci pensò il cellulare che iniziò a squillarmi e lo presi in automatico sorridendo ad Ale per scusarmi. Risposi senza neanche guardare chi era, dicendo -Pronto?- e una voce un po' scocciata rispose -Alla buon ora..ho provato a chiamarti dopo che è caduta la linea, ma non riuscivo più a prendere linea. Perché spero sia caduta stamattina.- era Maicol. Facendo un sospiro guardai Ale esasperata e lei annuì comprensiva e si alzò capendo che volevo rimanere sola. Più che altro perché non mi andava che assistesse a un'altra delle nostre esasperanti liti. Facendogli segno che avremmo parlato dopo mimai uno “scusa” con le labbra, mentre lei mi faceva capire che non c'erano problemi. Nel frattempo Maicol aveva iniziato con una delle sue filippiche, visto che non gli rispondevo -...non puoi sparire così o attaccarmi in faccia, che diamine ti ho fatto?!?- al che io gli risposi -Che hai fatto Maicol? Semplicemente non mi consideri. Non consideri le mie passioni, per te conta soltanto quello che interessa a te e che deve per forza piacere anche a me. Tu sai quanto è importante per me questo Conservatorio, sai cosa significherebbe per me entrarci. Non puoi dimenticarti delle mie visite lì. E se era il mio esame d'ammissione oggi? Che facevi? Dimenticavi anche quello per una stupida prof che ti riprende? Dai...io non resisto più sono mesi che mi tratti da schifo...- -Di sicuro te l'hanno inculcato le tue amiche eh? Dai su non fare così stasera usciamo e vedrai che dimenticherai tutto..- -Stasera ho da fare. Ciao Maicol.- e attaccai.

Rimasi a fissare per un po' il cellulare, chiedendomi dove avevo preso tutto quel coraggio per dirgli quello che pensavo in faccia. Non era da me. Forse quel giorno ero più stressata del solito. Sospirando mi alzai e andai di là sentendo odore di pizza. Sorpresa cercai in cucina Alessandra trovandola a mettere nei piatti la pizza. Notandomi mi disse -Ho immaginato ti andasse un po' di pizza.-sorridendo l'andai a stringere, dicendo -Se non ci fossi tu..mia adorata pizza.- e ne presi un pezzo ridacchiando e andandomi a sedere, mentre lei mi guardava sbuffando e dicendo in tono sarcastico -Spiritosa.- Facendole un sorriso dissi -Ma lo sai che voglio tanto bene anche a te.- e andai a stringerla, mentre lei mi diede qualche colpo sulla schiena dicendo -Si si, ora staccati che mangiamo.- e me ne tornai al mio posto con una linguaccia che lei ricambiò prontamente. Fu così che passammo la serata. Ridendo e scherzando finché non pensai neanche più alla lite con Maicol. Solo verso sera mi tornò in mente insieme alla ragazza del pullman. Chissà se era riuscita a prendere un altro bus dopo quello che gli avevo fatto perdere. Finii con l'addormentarmi immaginando la ragazza del pullman che mi sorrideva, cosa che la mattina dopo cercai di cancellare dalla mia mente terrorizzata. Che diamine mi stava succedendo?!? Era una ragazza, neanche a dire che fosse un ragazzo. Chissà perché allora ci pensavo così spesso a volte.

Passarono i giorni e io presi l'abitudine di recarmi spesso al Conservatorio, visto che mettevano a disposizione una vecchia aula con un pianoforte un po' vecchiotto, ma ancora del tutto funzionante, a chi, sotto prenotazione, volesse allenarsi. Era una stanzetta insonorizzata con una piccola finestra e il pianoforte con sgabello al centro. Non c'era altro, ma bastava per delle semplici prove. Alla fine nessuno mi sarebbe mai venuto a sentire, almeno finché non fossi migliorata.

Fu alla fine di uno di questi pomeriggi che mi ritrovai fuori Maicol con un mazzolino di fiori che di sicuro aveva raccolto in qualche giardino. Guardandolo sospirai, pensando che aveva sicuramente preparato qualcosa per farsi perdonare. Sospirai. Alla fine non era colpa di nessuno se lui aveva un pessimo carattere e anch'io mi ero allontanata di molto da lui ultimamente a causa dello stress. Ero stata impegnata tra la scuola e il provare ad ottenere una visita al Santa Cecilia e così ci eravamo trascurati. Questo però non giustificava il suo comportamento. Sembrava che a lui interessassero solo i suoi amici e il suo dannato sport: il basket. Quindi mi avviai, facendo finta di nulla, verso la fermata del bus, ma mi sentii quasi subito afferrare dalla sua mano che mi girava a forza verso di lui. Mentre lo guardavo, credo un po' sconvolta dal quel gesto, lui mi disse -Perché mi stavi evitando?!? Cosa ho fatto stavolta??- e io provai a liberarmi, più che altro perché sapeva che mi dava fastidio quando mi trattava in quel modo, dicendo -Lasciami Maicol.. mi stai facendo male.- ma lui non lasciò la presa aumentandola un po' e ribattendo -Perché devi rovinare tutto?!? Stiamo insieme da quasi un anno...un anno fantastico..- io non provai neanche a rispondergli, più che altro infastidita dal fatto che non mi mollava, e cercai ancora di liberarmi dicendo -Lasciami!- e una terza mano si mise tra di noi liberandomi dalla presa di Maicol e dicendo -Succede qualcosa qui?- e io mi girai verso la persona che mi aveva liberato, trovandomi davanti la bionda della sala prova. Guardandola Maicol disse -Cosa vuoi? Stavo discutendo con la mia ragazza...- -Non mi sembra che lei voglia discutere con te. Ha chiesto più volte di lasciarla e odio i ragazzi che fanno i prepotenti. Credo che per te sia ora di sloggiare.-

Io la guardai ancora un po' sbalordita, incapace di dire o fare qualcosa o anche solo di capire se esserle riconoscente o no. Di certo mi aveva liberata, ma non ero sicura che volessi che Maicol fosse trattato così.

Guardandola, feci per parlare, ma lei mi anticipò dicendo -Tieni. Asciugati le lacrime. Odio vedere le bambine così carine piangere.- e mi passò un fazzoletto. Per un attimo non capii a cosa si riferisse, ma poi mi accorsi di avere gli occhi umidi, così lo presi asciugandomi gli occhi. Mi succedeva spesso quando mi arrabbiavo, tanto che ormai non ci facevo più caso. Mormorai un grazie, troppo confusa per capire veramente cosa stava succedendo. Fu quando finii che mi accorsi di come mi aveva chiamata e dissi con un tono un po' scocciato -Guarda che non sono una bambina. Sono poco più piccola di te.- e lei mi guardò sbalordita ribattendo che non era possibile e che ne dimostravo appena tredici. Sbuffando feci per andarmene, dopotutto si stava anche facendo tardi, ma lei mi mise una mano sul braccio dicendo -Mi dispiace... Che ne dici se mi sdebito offrendoti qualcosa al bar qui vicino? Ti posso sempre riaccompagnare dopo-. Io la guardai stupita dicendo -Cosa?!?- e lei mi guardò sorridendo e dicendo -Non so in quale altro modo farmi perdonare per la mia intromissione... Vedi, non sopporto davvero gli uomini che fanno i prepotenti e quando ti ho visto..beh, lasciamo stare. Se non ti va, troverò il modo di sdebitarmi-. Io la guardai un attimo per poi sospirare annuendo e dicendo che accettavo il suo invito, alla fine non potevo negare che mi aveva aiutato con Maicol.

Sorridendo mi prese delicatamente la mano e mi iniziò a trascinare verso un bar lì vicino dicendo che ci lavorava una sua amica e che ci saremo potute rilassare e parlare tranquillamente. Di cosa volesse parlare poi non si sa.

Arrivati al bar ordinammo due tè freddi, era un giorno abbastanza caldo per essere marzo,e ci sedemmo bevendo in silenzio. Non sapevo che dire alla fine. Non sapevo neanche il perchè ero là. Dopo un po' di silenzio lei disse-Sei una tipa silenziosa eh?O magari sono io a non ispirarti simpatia. Comunque ti ho sentita suonare sai?Sei brava, non avrai problemi ad entrare.-io la guardai un attimo un po' stupita per poi balbettare un grazie arrossendo per poi tornare silenziosa. Non sapevo davvero che dire.

Guardandomi disse-Ma ti faccio così paura da non spiccicare parola?O ce l'hai a morte con me per quello che ho fatto prima?-e io la guardai sembrava come dispiaciuta. Alla fine mi aveva solo aiutato e io non ero molto simpatica standomene zitta così provai a intavolare una conversazione dicendo-Davvero per te entrerei facilmente al Conservatorio?Non so se te lo ricordi..ma un mesetto fa ero io quella ragazza con la signora Antonelli che disturbò la tua prova...mi sei sembrata così magnifica..che mi sono venuti i dubbi...-lei mi guardò un attimo per poi dire-Devi calcolare che io studio pianoforte da quando ho tre anni e sono al Conservatorio da quando ne ho 14. Ho solo avuto più tempo di te per esercitarmi. Non sottovalutarti. Non farlo mai è un errore che non puoi commettere quando c'è in gioco la tua passione. Devi metterti sempre in gioco e alla prova solo così migliorerai.-annuendo la guardai incuriosita. Sembrava diversa dall'impressione che mi aveva dato quel giorno chissà perchè.

Alla fine passammo un pomeriggio rilassante a parlare del più e del meno. Devo dire che riuscii anche a divertirmi e quando ci salutammo sapevamo entrambe che ormai eravamo diventate amiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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