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Autore: Silver Pard    12/06/2012    2 recensioni
Il lieto fine dipende dal punto di vista.
[ Raccolta di rivisitazioni fiabesche:
01 ~ Cenerentola – Lei era acqua, e non esiste ostacolo che non possa superare.
02 ~ La bella addormentata – Profondamente addormentata e indescrivibilmente bella: se l’è cercata.
03 ~ La bella e la bestia – Le manca la Bestia.
04 ~ Il gatto con gli stivali – Il Gatto non è più tanto accomodante.
05 ~ Cappuccetto Rosso – Facciamo un gioco.
06 ~ Le fate – A volte le si tagliavano così tanto le labbra che i diamanti parevano rubini.
07 ~ I sei cigni – Il sesto fratello, il sesto cigno si abbandona alla deriva, dilaniato tra due mondi.
08 ~ Biancaneve – E si sveglia con il labbro rotto a morsi e gli occhi neri di odio e il cuore pieno di ghiaccio.
09 ~ Mr Fox – Osa, osa, ma non osare troppo, o il sangue dentro il cuore ti si ghiaccerà di botto.
10 ~ Hansel e Gretel – Soprattutto, ha paura del modo in cui sua sorella guarda alla strega.
11 ~ Tremotino – Il tuo nome è panna nella sua bocca, ma nelle dosi giuste, tutto è veleno. ]
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Nota: Questa fiaba di Perrault io l’avevo letta, ma dubito sia molto nota :O Vi rimando a una versione che ho trovato su internet.
Per i più pigri, una fata fa un incantesimo alla beniamina di turno per premiarla della sua bontà: ogni volta che questa poveraccia parla, le escono fiori e pietre preziose dalla bocca. Alla sorella cattiva, che prova a farsi fare lo stesso incantesimo, escono invece serpi e rane perché, uh, è cattiva (di qui il titolo inglese della fiaba, “Diamonds and Toads”). Alla fine la protagonista, cacciata di casa, incontra un principe nel bosco che se ne innamora (citazione testuale: “considerando che il dono della Fata valeva più di qualunque grossa dote che potesse avere un’altra donna”) e se la sposa, mentre la sorella cattiva, anch’essa cacciata di casa, se ne va a morire nel bosco.
(Seems fair.)




Mute ~ Muta





Andatevene. La mia signora è indisposta e non riceve visitatori. Seppure così non fosse, mio buon signore, è fin troppo tardi. Vi prego di andarvene prima che chiami le guardie-

Tom? Tom Piper? Certo che mi ricordo di te! Quella storia col maiale, eh? No? Sette anni di fuga sono parecchi per un reato tanto triviale.

E l’hai trovata la tua fortuna?

Beh, ti auguro di trovarla. Richard? Oh, sta corteggiando Betty. Se ricordi le faceva catenelle di fiori da metterle in testa; adesso invece lavora sodo per darle una catenina d’oro da mettere al collo.

Un po’ troppo giovane? Non essere sciocco, Tom, adesso ha sedici anni, e un giovanotto più felice e generoso non lo si trova da nessuna parte. La gente del villaggio lo chiama Robin, ho sentito, fa sempre sì con la testa… A proposito dei tuoi fratelli, non riconosceresti nemmeno il piccolo Harold. Io di sicuro non l’avevo riconosciuto l’ultima volta che sono stata al villaggio, quindi tu che speranze hai, che manchi da sette anni? È un bambino assai solenne, e ha degli occhi bellissimi; farà strage di cuori come te, quando sarà grande.

Sì, non è molto gentile da parte mia, vero? Ma oh, quanto mi sei mancato, Tom!

Cosa ti porta qui, Tom? Fammi indovinare. Hai sentito delle dicerie all’estero o dovunque tu sia stato riguardo la nostra Regina. Vuoi sapere se è bella come hai sentito… No, vuoi sapere se è vero che a ogni sua parola escono rose e diamanti. Non è così?

Sei cattivo come tutti gli altri! Vattene, vattene – mia signora? Mia signora! Cosa c’è che non va, qual è il problema?

Oh.

Tacete, mia signora, so che sta andando tutto male, ma al mattino sarà tutto passato. Su, su, non piangete; sono qui, no?

Sì, lo so, ho già detto che domattina chiamerò il carpentiere per riparare i mobili. Sì, temo proprio che la sottoveste sia rovinata e non possa essere rammendata. No, lui non se ne accorgerà né gli importerà, Cara.

Oh, questo è Tom, solo Tom, mia signora. È del villaggio, e non lo vedevo da anni. È veramente molto buono; non avete nulla da temere, mia signora.

Master Puss vi farà da guardia; vero, Master Puss? Non lasciatevi ingannare dal suo aspetto civilizzato, mia signora, tutti i gatti hanno cuori di leoni.

La porta è sbarrata; stanotte non entrerà di nuovo in questi appartamenti, Cara. Io e Tom ce ne stiamo fuori in balcone; buttate uno di quei sassolini in quella giara laggiù se vi servo. Non chiamate; le vostre labbra hanno bisogno di tempo per guarire, e se mi perdete sangue su quella nuova sottoveste macchiando le mie belle cuciture mi arrabbierò molto.

… No, mia signora. La colpa è tutta sua. Voi non avete fatto niente di male.




Lo odio lo odio lo odio!

Anche questo mese ha avuto delle perdite. Lui dice che è per questo che la picchia, ma lo sanno tutti che lo fa per i diamanti che produce a ogni strillo. La picchia al pensiero di tutti i gioielli che potrebbe produrre una ninnananna; la picchia perché piange quando le ordina di spogliarsi; la picchia perché rabbrividisce al suo sorriso; la picchia perché si rifiuta di parlare.

Una volta l’ha fatta abortire. Oh, il medico reale ha detto che è caduta dalle scale della torre, certo che l’ha detto, ma noi domestiche sappiamo tutte perché quella povera creaturina è venuta al mondo prima.

… Perdonami. Non dovrei parlare di segreti risaputi.

No! Non è giusto che ci tratti tutte male allo stesso modo! Può trattare come preferisce me, Susan o Marie; noi siamo domestiche e lui è il re. Ma lei è la regina! Non dovrebbe trattarla come se… come se non fosse più utile o intelligente di un segugio o di un cavallo, da portar fuori e mettere in mostra per poi rimetterla da parte fino alla prossima battuta di caccia!

Quanti anni pensi che abbia?

Sedici, diciassette? Ne ha ventidue, un anno più piccola di me. Per forza che è pallida e piccola; mangia a stento. Per forza che i suoi occhi sembrano grandi e giovani; vive nel terrore.

Il Re – ma all’epoca era principe ereditario, ricorderai – l’ha sposata sette anni fa, non molto dopo che tu… sei partito. Lei aveva quindici anni e pareva una cosa rubata al bosco, tutta tremante, timida e pronta a volarsene via a un soffio di vento nella direzione sbagliata. Indossò il vecchio vestito da sposa della Regina Madre, e le stava molto bene, tutto fatto di strass e perline, con un grosso zaffiro alla gola.

Ho pianto lacrime di gioia egoista al vederla. Il Principe era… come dire… assai convinto del suo posto nel mondo e di ciò che gli spettava, e io, essendo solo una domestica, non avevo alcun diritto di dissentire.

Oh, sta’ zitto Tom, dai; “i Frank avevano capito bene la monarchia” per davvero! Vuoi morire impiccato?

Era una donna molto taciturna. Non muta quanto adesso, ma anche allora era molto taciturna. Non era molto difficile capire il perché, naturalmente. Mi ringraziava sempre con grande cortesia quando finivo di sistemarle i capelli o le allacciavo il vestito o semplicemente le leggevo un libro, e ogni volta, ogni volta, un diamante o uno smeraldo o qualche altro gioiello, o una rosa o un nontiscordardimé o qualche altro fiore le cadeva dalle labbra.

Certo che sembra una bella cosa! Chi non vorrebbe arricchirsi parlando? Non è una bella cosa, Tom. Le fa male, questo lo sai. I gioielli sono freddi e affilati; ogni volta che mi ringraziava, si spaccava un labbro e sanguinava. Quei bei gioielli che stai immaginando stipati a casa di mia madre sono sempre macchiati del suo sangue.

E il Re. Ovviamente al Re non importava. Con lei è stato l’amore in persona nei primi mesi, sempre a prenderla, a portarla in braccio e a informarsi con gran sollecitudine della sua salute, ma anche allora lei rabbrividiva un po’ quando lui si avvicinava. Se con lei i suoi modi a letto erano gli stessi che usava con le domestiche non posso biasimarla. Non che fosse crudele, o perlomeno all’epoca non lo era di proposito; è che non sembrava sapere o credere che la donna con cui stava servisse ad altro scopo oltre il suo personale piacere.

In fondo è re.

A noi domestiche non è mai importato molto del Re, ma siamo disposte a stare nel suo stesso castello se significa servire lei.

Abbiamo inventato una rudimentale specie di lingua dei segni, noi domestiche e la Regina. Guarda: solleva il pollice e l’indice, lì, così. Apri e chiudi, uno, due e tre. Candela. Copriti gli occhi con una mano; allarga un po’ le dita, sbircia. Paura. Una paura piccola, come gli uccellini che vogliono nutrirsi dalla tua mano ma non osano. Avvicina le mani come in una coppa, stringile al petto, e spingile in avanti. Dono.

Abbiamo riso tanto dei nostri tentativi di trovare le parole tra sventolii di mani – la Regina ovviamente non rideva, lei non ride mai – e ci siamo divertite molto. Molto più di quanto abbiamo il diritto di aspettarci, essendo le domestiche di una regina.

Non è stato divertente quando suo marito l’ha fatta piangere con i suoi commenti maligni sui giochi e su come dovesse far miglior uso delle mani, invece di intrattenere la servitù. L’ha ferita terribilmente con le sue frasi crudeli sulla stregoneria, dicendo che se avesse continuato a filare parole con le sue belle mani avrebbe tessuto una corda con cui strozzarsi.

Non è una regina molto brava. Oh, è aggraziata sulla pista da ballo ed è gentile, buona, generosa e comprensiva, e chi fra noi la serve morirebbe volentieri per lei, ma come regina è davvero mediocre. Non conosce i protocolli, non sa i momenti giusti in cui parlare, i momenti giusti in cui tacere, non sapeva che è inopportuno ridacchiare quando il prete dà la sua benedizione, non immagina neanche che non dovrebbe parlare e regalare dell’oro ai mendicanti in strada per lenire la loro miseria.

Le è stato insegnato dolorosamente e chiaramente che non dovrà più spazzare i pavimenti, né cucinare né pulire, né attingere l’acqua dal pozzo del castello. Le è permesso cucire, ma i suoi ricami non vanno bene: crescendo ha imparato a fare l’orlo ai vestiti e a rammendarli, non ad abbellirli. Non le è concesso parlare con le mani davanti agli altri.

Ha commesso quest’errore solo una o due volte.

Ogni volta che faceva per rispondere con le mani a ospiti premurosi, lui le bloccava la mano con la propria – sobbalzavo sempre quando lo faceva, perché lei ha delle mani così minute e delicate, mentre quelle del Re sono pesanti e immense – e ha sibilato fermamente che per parlare avrebbe usato la bocca, aggiungendo, ne parliamo dopo. E ovviamente lei parlava e gli ospiti rimanevano a fissare a bocca aperta gli zaffiri, gli smeraldi e i fiori che le cadevano dalle labbra; perle ai porci. A volte le sue labbra si tagliavano così tanto che i diamanti parevano rubini.

Dopo lui la rimproverava della sua disobbedienza, lo faceva sempre, e nonostante se ne lamentasse tanto era fluente quanto noi con la sua lingua delle mani. « Cos’ho fatto? » ci ha implorato lei la prima volta che lui le ha mostrato le parole dei suoi pugni. « Cos’ho sbagliato? Perché è arrabbiato con me? » E non si curava nemmeno del fatto che così non faceva altro che aumentare il proprio dolore con i gioielli a cui lui teneva tanto.

Il giorno dopo lui le ha regalato dei fiori, certo. Era così sollevata che non fosse più arrabbiato che quasi non le importava che i fiori fossero proprio quelli che erano cascati dalle sue labbra la sera prima quando le aveva ordinato di parlare, o che il bel girocollo di diamanti legati assieme da oro e argento fosse composto dalle gemme che lei aveva versato raccontandogli la storia di come era stata maledetta – benedetta, sì, ma certo che intendevo benedetta, che altro avrei potuto intendere? – con la capacità di proferire diamanti e rose.

E la vita è andata avanti, e le botte sono diventate gradualmente più frequenti, e lei ha cominciato a parlare sempre meno invece che sempre di più come voleva lui.

Noi l’aiutiamo come possiamo. Facciamo tutte la nostra parte, interferiamo, ma Marie è la più coraggiosa di tutte; cammina a testa alta quando scende al villaggio per delle commissioni, anche quando viene chiamata puttana dal suo stesso padre, perché è quella con più coraggio di tutte, al punto da farsi trovare dal Re quando è ubriaco e pieno di desiderio.

Sta diventando saggio, e forse più determinato.

Adesso vuole che la Regina abbia un figlio. Pensa a un erede, o forse a tutti i gioielli che lei potrebbe creare cantando una ninnananna – perché quale madre non canta ai propri figli? – e poco ma sicuro non pensa al suo corpicino e ai suoi fianchi stretti, non più grandi di quelli di una bambina. O forse ci pensa – quale modo migliore per sbarazzarsi di una moglie causa di tanto imbarazzo? Le donne muoiono di parto ogni giorno. Ah, ma adesso sono io che non dovrei parlare per paura della botola e della corda.




Venire via con te? Non essere sciocco, Tom. Come potrei? Lasciare la mia padrona tutta sola con quel bruto?

Beh, certo che ha altre domestiche, ma non è questo il punto. Siamo amiche, Tom. Come potrei lasciarla, come potrei strapparle uno dei suoi pochi, gracili sostegni? Non lo farò nemmeno per te.

Adesso vattene, Tom. Non chiedermelo più, perché potrei accettare, e poi dovrei vivere con questa vergogna per il resto dei miei giorni.




Ti avrei sposato, se me l’avessi chiesto. Davvero. Ma no, tu dovevi viaggiare e vedere strani posti, senza degnare di un pensiero la tua goffa vicina, con i capelli arruffati e le gonne sempre lacere e macchiate.

Andavamo dalla strega a sciogliere la cera nelle notti di luna piena, noi bambine del villaggio, e a chiedere dei nostri futuri mestieri, i nomi dei nostri futuri amori.

Quando avevo sette anni, la cera mi ha detto che avrei servito una regina. Non sapevo significasse che sarei stata infelice e triste.

Quando avevo sette anni, la cera mi ha detto il tuo nome. Non sapevo significasse che non avrei mai badato alla tua casa o generato i tuoi figli, ma solo che sarei rimasta a struggermi disperatamente per te.

Sei stato via troppo a lungo. Lei ha bisogno di me molto più di te.
   
 
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