Tirai su col naso. Un'altra giornata era passata e un altro foglio si era riempito d'inchiostro; un inchiostro più profondo del mare e più significativo di mille poesie del tuo artista preferito, un inchiostro che semplicemente racchiudeva l'essenza della felicità e che ti permetteva di arrivare sulla Luna con una sola occhiata. Sospirai. Piegai il foglietto e lo infilai con cura nella borsa, giù nella tasca segreta, dove nessuno dei miei compagni avrebbe potuto guardare e trovarlo. Già, i miei compagni. Chissà che avrebbero detto se l'avessero scoperto; chissà se mi avrebbero seppellita di 'mi dispiace' e frasi carine, come fanno tutti gli amici nei telefilm americani di fine luglio, o chissà se mi avrebbero presa in giro o, non so, se mi avrebbero detto che me lo meritavo perché alla fine non ero tutto sto granché ed ero andata a pescarmi una preda fin troppo eccessiva per me, e che quindi era ovvio che sarebbe successa una cosa del genere. Chi lo sa, nella peggiore delle ipotesi sarebbero stati semplicemente schietti e molto diretti, e avrebbero avuto pure ragione, visto che non sono mai stata una ragazza particolarmente bella, con tanti ammiratori o comunque circondata da gente che le vuole bene e che è pronta ad appoggiarla in ogni sua mossa, ogni giorno, nella vita reale. Per carità, su internet avevo tanti amici, tante persone mi cercavano per chiedermi dei consigli sulle loro vite o per raccontarmi com'era andata a finire con il loro migliore amico, l'interrogazione di matematica o col loro fidanzato e tanti killjoys venivano da me per raccontarmi delle loro esperienze negative; ma quello non si può davvero contare come essere ricercati, in quanto la gente nella vita vera mi ripudiava alquanto e non mi considerava all'altezza di stare in sua compagnia, visto che ero la sfigata, la timida, quella senza uno straccio d'amico. Ed effettivamente non mi piacevo molto neanche io, quindi non potevo per niente biasimarli o incazzarmi con loro; potevo solo tacere ed annuire, perché alla fine non si sbagliavano più di tanto. Ma si sa, alle medie e alle elementari i ragazzi sono cattivi, calpestano gli altri per diventare popolari e non si curano di alcun sentimento che non sia il proprio, quindi non mi pesava quasi neanche più. Cioè, la mia autostima ne risentiva anche troppo, ma non potevo incolparli e basta, non era nel mio carattere e non avrebbe risolto nulla comunque, quindi mi limitavo a ignorarli e a concentrarmi sui miei compagni nuovi, visto che all'inizio del liceo non si può dire assolutamente nulla.
Mi alzai in piedi e spensi la luce, ignorando le urla arrabbiate di mia madre e mettendomi a letto, tirandomi le coperte fin sopra la faccia e sparandomi la musica dritta nelle orecchie. Come al solito, pensavo a lei. Il quattordici febbraio era dietro l'angolo, ormai, e non speravo neanche più di riuscire ad avere l'occasione giusta per dichiararmi o anche solo spedirle un regalo, quindi il mio umore non era esattamente dei migliori e la mia voglia di continuare a provare si era persa per strada, per non essere più volgari. Avevo pensato alla frase da dirle, a come avrei potuto comportarmi, perfino al fatto che a dirglielo sarei stata io attraverso il mio profilo reale e non quello di Johnny, ma semplicemente mi mancavano il coraggio e l'occasione, visto che lei era comunque innamorata persa di un qualcuno che non ero io e non potevo espormi così tanto senza mandare a farsi fottere qualcosa del nostro rapporto; così tacevo e aspettavo, senza rassegnarmi, il giorno in cui sarebbe finito tutto e in cui avrei finalmente potuto essere sincera.
"E tu spegni quel cazzo di ipod, stronza!" la voce incazzata di mamma si sentiva pure dal mio rifugio, quindi abbassai il volume e mi tolsi un auricolare, giusto per sentirla andar via e sbattere la porta con il suo solito modo stanco. Rimasi immobile ad ascoltare il silenzio per un paio d'ore, mentre tutti dormivano, poi accattai il telefono e scorsi la rubrica fino ad arrivare al suo nome, quindi mi fermai e rimasi a rimirarlo per un po', passandomi il cellulare da una mano all'altra e canticchiando la prima canzone che mi era passata per la testa. Le inviai un 'buonanotte amore' e posai la testa sul cuscino, lasciando ricadere il telefono al mio fianco e tornando a sognare un mondo in cui io e lei non solo eravamo più che amiche, ma eravamo anche vicine e sempre insieme, come se niente avesse mai potuto separarci, come se non avessimo mai dovuto temer nulla, come se fossimo esistite solo noi due. E in effetti per me era così, lo era sempre stato. Si era trasformata nel mio mondo, e non potevo essere più felice.