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Autore: Werewolf1991    13/06/2012    1 recensioni
E se nel momento in cui Angewomon stava per uccidere Myotismon, qualcosa fosse accaduto?
E se Myotismon avesse avuto un'insospettabile arma segreta?
La situazione avrebbe preso una piega decisamente più sinistra...
(MyotismonXAngewomon)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Incontri

 
Attraverso il portale con trepidazione. Sono quasi due anni che non lascio il castello.
 
Sto per rivederla. Ancora non mi sembra vero.
 
Mentre m’incammino verso di lei, rifletto su quello che è successo. Su quello che devo fare.
 
Ancora non ho ben chiaro ciò che Lui intendeva dire poco fa.
 
Che significherà mai, un problema familiare?
 
Nel mentre, mi ritorna in testa il primo giorno dopo il mio ritorno con lui.
 
 -Bene. Adesso che sei di nuovo qui, suppongo sia necessario che ti dia delle regole. Non posso certo permettere che si ripeta quello che è accaduto.-
 
Pronunciò , fissandomi con assoluta serietà.
 
-Prima regola: non dovrai più piangere. Se lo farai, quale che sia la ragione, ci saranno delle spiacevoli conseguenze.-
 
La sua voce era apparentemente dolce, ma io sapevo cosa significava.
 
-Seconda regola: non dovrai mostrare alcuna emozione positiva, fin quando sarai in mia presenza. Le trovo incredibilmente irritanti, senza contare che potrebbero portare scompiglio tra i miei servitori.-
 
La mia prima reazione fu di sconcerto. Ma credeva davvero di poter decidere lui cosa posso o non posso provare?
 
Naturalmente, la risposta è si. Lui considera gli altri di sua proprietà. Completamente. Perciò esige di avere il massimo controllo su di loro.
 
E anch’io ero sua.
 
-Terza regola: non dovremo mai più parlare di lei. Né tu, né io, né nessun’altro. E questo durerà, fino a quando sarò io a deciderlo. È chiaro?-
 
A queste parole mi senti come pietrificata. Non avrebbe potuto concepire punizione più crudele.
 
In fondo era tipico di lui. Se qualcosa lo aveva ostacolato, andava fermato o rimosso, in qualsiasi modo. Il suo orgoglio ne avrebbe risentito, altrimenti.
 
-Quarta regola: da adesso in poi, nessuno potrà più pronunciare il tuo nome, tranne me.-
 
Disse questo, con un ghigno di trionfo stampato in viso.
 
Anche il mio nome mi veniva sottratto.
 
Annui, sentendomi a pezzi.
 
-Bene. Per quanto riguarda il resto, dovrai semplicemente obbedire ad ogni mio ordine, tempestivamente e senza lamentarti. Mi aspetto che tu faccia un lavoro impeccabile, ovviamente.-
 
Pronunciò queste parole con un tono molto professionale, quasi si stesse rivolgendo ad un’impiegata.
 
-Le tue mansioni varieranno dal pulire al assistermi, in qualsiasi  circostanza io ritenga opportuno. Sia di giorno, che di notte.-
 
Perfetto, pensai, sarò costantemente con lui.
 
-Non tollero lavativi nel mio castello, quindi ti converrà essere puntuale. E soprattutto, ci tengo alle buone maniere. La gente tende a rispettare di più persone educate e gentili, quindi comportati di conseguenza!-
 
Adesso mi stava anche facendo la ramanzina! Era il colmo!
 
-Comincerai domani all’ alba. Vieni, ti accompagno nella tua stanza.-
 
Concluse con freddezza. C’incamminammo lungo diversi corridoi, fino ad arrivare ad una stanza, accanto alla sua, ovviamente, della quale lui possedeva la chiave.
La aprì, e mi invitò ad entrare. Era piuttosto spartana, ma non del tutto disprezzabile. Certo, era sempre grigia e poco illuminata, ma era sicuramente meglio di una cella nei sotterranei.
 
Avevo un letto, con delle lenzuola color blu notte, uno specchio, ed un armadio. Quello che mi colpì, fu il fatto che ci fosse una finestra piuttosto grande, su un lato della camera.
 
Io mi avvicinai, silenziosamente ad essa. La vista non era male. Eravamo piuttosto in alto, e si vedeva praticamente ameno metà del continente di Server.
 
-Soddisfatta?- Mi domandò lui, con un tono di voce a metà tra il divertito e il suadente.
 
Io mi limitai ad annuire.
 
-Bene.- Fu il suo commento. Poi fece per andarsene.
 
-Ricordati che non puoi andare da nessuna parte senza permesso. DemiDevimon ti seguirà, per assicurarsi che tu faccia bene il tuo lavoro. Se non sarà lui, ci sarà Phantomon, una volta che sarà tornato.-
 
Ovvio. Figuriamoci se mi lasciava sola.
 
-Buonanotte, Angioletto!- Mi disse poi, baciandomi la mano.
 
Io rimasi paralizzata, non tanto per il gesto, ma per quello che stavo provando in quel momento.
 
Era una sensazione molto diversa dal solito odio per lui. Sembrava quasi positiva.
 
Decisi di non pensarci, e di riposare. In fondo, all’alba avrei cominciato a lavorare per lui.
 
L’alba arrivò molto prima di quanto avessi immaginato.
 
E, al mio risveglio, fu lui la prima cosa che vidi.
 
Per un attimo temetti che mi avesse spiata mentre dormivo. Poi mi accorsi del rivolo di sangue che aveva sul labbro. Era andato a caccia, quella notte.
 
-Angioletto, alzati. È ora di cominciare!- Proclamò con fare insolitamente gioviale.
 
Per prima cosa, andai a fare colazione. Non che avessi molta fame, ma dovevo tenermi in forze, per riuscire a soddisfarlo. Non volevo rischiare che se la prendesse con Kari, per colpa mia.
 
-Non hai un Dejavu?- Mi apostrofò DemiDevimon, maligno, mentre mangiavo.
 
-Angioletto! Nel mio studio! Ora!- Fu il suo ordine.
 
Lasciai immediatamente la sala da pranzo e mi diressi in tutta fretta nello studio del mio Maestro.
 
-Eccomi, Maestro.- Enunciai, cercando di suonare docile.
 
-Devi fare le pulizie al piano di sopra.- Ordinò serio.
 
Io annui, e feci per avviarmi, ma lui mi fermò, prendendomi per un braccio.
 
-Non penserai di andare a pulire vestita in quel modo, vero?- Mi domandò, con tono che ammetteva solo la risposta che lui riteneva giusta.
 
Non capivo perché i miei vestiti non andassero. Certo, ero un po’ scoperta, ma che male c’era? Nessuno.
 
Per lui, a quanto pareva, si.
 
Mi costrinse a cambiarmi.
 
All’ inizio credetti che volesse farmi indossare qualche divisa da cameriera o donna delle pulizie. Invece, mi sbagliavo.
 
Mi fece mettere un pantalone di Jeans, ed una maglia bianca, a maniche lunghe. E, invece degli stivali, mi fece indossare delle scarpe da ginnastica, simili a quelle di Angemon.
 
Non mi fece togliere l’elmo, ma mi disse di rimuovere la fascia che aveva intorno alle spalle.
 
Consegnò i miei vestiti ad un Bakemon che li portò nella mia stanza.
 
-Tu mi appartieni. Nessuno può vedere il tuo corpo, tranne me.-
 
Fu la sua spiegazione.
 
Poi, prima di spedirmi a pulire, mi abbracciò, con fare possessivo e sensuale. Rimase a fissarmi per un tempo indefinito. Poi mi diede un bacio sulla guancia.
 
-Vai, adesso.- Mi congedò poi.
 
Io uscì dal suo studio, lievemente frastornata.
 
-Lo sai, non sembri nemmeno tu!- Bofonchiò incredulo DemiDevimon, che da quel momento divenne la mia ombra.
 
M’infastidiva che lui mi controllasse. Ma non potevo fare molto al riguardo.
 
E così, iniziò la mia “nuova vita” al suo servizio.
 
Sveglia all’alba, sempre con lui nella stanza.
 
Colazione, poi lavoro.
 
Lui mi chiamava in continuazione, alle volte serio altre cupo. Altre ancora seducente.
 
Alcune volte sembrava una nonnetta bisbetica. Era insopportabile. Pareva lo facesse appositamente per farmi esplodere.
 
Se ci si metteva anche DemiDevimon, poi, era davvero finita.
 
Poi c’era il pranzo, e poi altro lavoro.
 
Dopo la cena, lavoro fino a tardi.
 
Ammesso che lui non volesse che lo accompagnassi nella caccia.
 
L’unico momento per me, era a notte fonda, dopo che lui se ne era andato.
 
Allora mi concedevo di pensare a lei. A tutte le cose che avrei voluto fare con lei.
 
Quando dormivo, facevo sempre incubi. Cercavo di non pensarci troppo, e devo dire, che tutto quel lavoro aiutava molto.
 
Oh, ecco, finalmente sono arrivata. Ripasso mentalmente il discorso che mi sono preparata. Speriamo bene.
 
Busso alla porta, attendendo che mi aprano. Da dentro casa, si sente la voce di Tai.
-Arrivo! Un momento!- Sbraita. Spero che Kari sia ancora in casa.
 
Non appena apre la porta, la sua espressione, solitamente non molto sveglia, ma determinata, muta in una di assoluta sorpresa.
 
-A-Angewomon?- Balbetta, confuso. Sarebbe anche tenero, non fosse per il fatto che è un maschio.
 
Da quanto tempo non sentivo più pronunciare il mio nome?
 
Molto. Davvero molto. Mi fa uno strano effetto dopo così a lungo.
 
Nel mentre mi soffermo ad osservare Tai.
 
È cresciuto, dall’ultima volta che l’ho visto, ma è rimasto comunque lui.
 
-Sei cresciuto!- Gli dico, mentre ancora mi osserva dalla testa ai piedi, come se non fosse ancora sicuro della mia presenza lì.
 
-Già, ne è passato di tempo, in effetti!- Costata, sorridendo. –Ci sono problemi?- Domanda poi, serio.
 
Io annuisco, poi faccio per parlare, ma lui mi dice:
 
-Aspettami un attimo. Voglio fare una sorpresa a quella tontolona di mia sorella!-
 
Schizza via come un fulmine, prima che io possa reagire, di fronte al suo insulto.
 
-Chi è alla porta, Tai?- Domanda Kari, con quella sua dolcezza innata.
 
-Non è affar tuo! Piccoletta!- La schernisce Tai.
 
Mentre sto ancora ferma davanti alla porta, sento qualcosa strofinarsi contro le mie gambe.
 
Abbasso lo sguardo e noto con stupore il gatto di Kari, Miko, se non ricordo male, che si struscia con confidenza contro le mie gambe.
 
Alza lo sguardo ed emette un miagolio calmo, come se volesse darmi il benvenuto.
 
-Oh, Miko!- Sospiro, inginocchiandomi, mentre gli accarezzo la testa. Subito, la strofina affettuosamente contro la mia mano. E fa le fusa.
 
-Sei fortunato, sai? Almeno tu puoi stare sempre con lei!- Costato, amaramente.
 
E pensare che gli avevo dato del pigro, la prima volta che lo vidi, solo perché non faceva quasi nulla!
 
Adesso, lo invidio molto. Vorrei anch’io poter stare con Kari, senza dovermi preoccupare di niente.
 
Poco dopo, ritorna Tai, che sta tentando giocosamente di respingere Kari. Anche lei mi sembra cresciuta.
 
-E spostati, fratello fastidioso!- Si lamenta lei, scostandolo da sé, per poi voltarsi e incrociare il mio sguardo.
 
Per un attimo, restiamo immobili a guardarci. Io sorrido. È la prima volta, in quasi due anni.
 
Il tempo sembra essersi fermato, mentre la mia Kari mi osserva, con un’espressione incredibilmente sorpresa in viso.
 
-Angewomon!- Grida, al colmo della gioia. Un attimo dopo, si lancia verso di me.
 
Io allargo le braccia, e lei appoggia la testa al mio petto, e mi circonda il collo con le sue, piccole e morbide.
 
Alza la testa, e mi sorride, felice come me, dopo tutto questo tempo.
 
-Mi sei mancata!- Esclama, ancora incredula. Io le accarezzo i capelli, incapace di parlare, a causa delle lacrime che mi hanno invaso gli occhi e del nodo che mi si è formato in gola.
 
-Quante smancerie! Bleah!- Fa disgustato Tai, facendo una boccaccia.
 
Noi ci guardiamo un momento, poi sospiriamo e diciamo insieme –Ragazzi…- In tono di rassegnazione.
 
-Lascialo perdere. -Mi dice Kari, con tono malizioso –è solo geloso perché tu sei qui e Agumon non c’è!-
 
Io annuisco, poi m’invitano ad entrare, Miko sempre attaccato a me, e mi fanno sedere su un divano, insieme a loro.
-Allora, cos’è successo?- Domanda subito Tai, passando alle cose serie.
 
-Sono venuta ad avvertirvi.- Replico e mentre lo faccio, le loro espressioni mutano notevolmente. Quella di Tai è seria, quella di Kari si fa triste. L’abbraccio, per tranquillizzarla.
 
-Fra non molto, dovrete tornare a DigiWorld.- Annuncio loro seria.
 
Tai sorride, lieto della notizia. Kari sembra ancora preoccupata.
 
-Quanto tempo dobbiamo aspettare ancora?- Domanda lui, impaziente.
 
-Non posso dirvi esattamente quando sarà. Posso solo dirvi che dovete tenervi pronti. C’è una strana energia che io ritengo preoccupante. E non solo io.-Proseguo, rimanendo vaga. Myotismon mi ha detto poco e niente, dopotutto, quindi mi tocca improvvisare.
 
-Un altro Digimon malvagio?- Chiede Kari, con gli occhi lucidi, al solo pensiero.
 
-Non ne sono certa, ma credo di si. Non posso dirvi altro, purtroppo.-
 
-Accidenti! Sempre enigmi! Mai che si sappia di più!- Borbotta Tai, astioso.
 
 -Mi spiace. Purtroppo le regole sono queste.- Mi scuso, un po’ mentendo. Perché le regole ci sono. Ma sono le sue regole.
 
-Non importa! Almeno sappiamo che torneremo in azione presto!- Replica Tai, confortante.
 
Il modo in cui cerca di consolarmi, mi fa sentire orribile. Perché sono costretta a mentirgli. E questo mi disgusta. Piango di nuovo.
Kari mi abbraccia, per consolarmi
 
-Dai, non fare così!- Mormora sorridendo. –Presto potremo stare di nuovo insieme!-
 
Oh, Kari… saresti ancora così gentile con me, se sapessi che ti sto mentendo? Ho paura di sapere la risposta.
 
Nel frattempo, qualcuno sta rientrando in casa.
 
-Ragazzi, siamo tornati!- Pronuncia una voce femminile, proveniente dalla porta di casa.
 
-Mamma! Ti serve una mano?- Chiede Tai. Io sono un po’ preoccupata. Come reagirà la signora Kamiya  alla mia vista?
 
-Non ti preoccupare! Mamma sa già tutto! E anche papà!-S'affretta a tranquillizzarmi Kari, poggiandomi una mano sulla spalla.
 
-Ma papà oggi non c’è. Torna domani, deve fare un lavoro lungo!- Prosegue, alzandosi per andare ad aiutare sua madre.
 
C’è qualcosa di strano, però. Se il papà non c’è, chi altro c’è con lei?
 
Dopo un paio di secondi, vedo la madre di Tai e Kari che arriva con delle buste in mano. Somiglia molto ai suoi bambini. Specialmente a Kari.
 
-Oh, Angewomon, cara! Che piacere vederti!- Saluta cordialmente.
 
Io sono un po’ spiazzata. Come fa a sapere di me ed essere così tranquilla? Questa non può essere tutta opera di Myotismon!
 
-Scusa se non vengo ad abbracciarti, cara, ma sono molto impegnata!- Prosegue lei, incurante della mia sorpresa.
 
Da dietro di lei, Tai e Kari si affaccendano, per aiutarla.
 
-Aspettaci qui!- Fa Kari. –O devi andare via subito?- Mi chiede, con tono triste.
 
Io sinceramente non so che rispondere. Poi mi tornano in mente le sue parole.
 
-Hai ventiquattro ore. E non dirmi che non sono magnanimo.-
 
Era a questo che si riferiva? A questo punto, annuisco, ancora un po’ incerta.
 
Kari sorride, e i suoi occhi s’illuminano.
 
Si allontana seguita dal fratello maggiore e va ad aiutare la mamma in cucina.
 
Io resto sola. Poi, sento dei passi.
 
Il mio cuore sembra fermarsi. Questi passi… non posso sbagliare. Li riconoscerei fra mille.
 
Da dietro la porta, fa capolino la figura di qualcuno molto importante per me.
 
Non credevo che l’avrei più rivisto.
 
-Wizardmon!- Esclamo, al colmo della gioia. E piango, di nuovo.
 
Tre volte in meno di un’ora. Ho stabilito un record.
 
Lui rimane immobile a fissarmi, incredulo quanto me.
 
Poi ci abbracciamo, io mi devo abbassare, per via della sua statura. E pensare che prima, era lui ad essere più alto di me!
 
-Adesso chi è il tappo?- Sogghigno, giocosamente, e lui risponde:
 
-Te ne approfitti perché sei un livello superiore al mio!- E fa la linguaccia.
 
-Non sai che non si devono fare le smorfie agli angeli?- Lo riprendo scherzosamente.
 
-Grazie dell’informazione. Me ne ricorderò. Quando ne vedrò uno!- Ribatte lui, sdegnoso.
 
-Ma come mai sei qui?- Gli domando, dopo che ci siamo fatti una bella ristata. Sono quasi due anni che non rido. Mi sembra davvero strano, sentire la mia risata.
 
-Sono il Digimon della signora Kamiya.- Rivela lui, serio.
 
Io mi sento un po’ sorpresa. Ma almeno adesso ho capito perché la madre non sembrava scossa dal vedermi, poco fa.
 
Lui mi fissa per un minuto. Poi la sua espressione s’incupisce.
 
-Come stai?- Mi chiede, preoccupato. – Ti ha fatto molto male?-
 
Io scuoto la testa e gli rispondo:
 
-No. Non gliene ho dato motivo.-
 
Lui mi fissa, con espressione colpevole.
 
-Mi spiace. Io non posso aiutarti!- Sospira, dispiaciuto. Io scuoto nuovamente la testa e gli dico:
 
-Non ha importanza. Io sto bene. Sono felice che tu sia qui. Ti meritavi una seconda occasione.-
 
-Vorrei poter fare qualcosa per te!- Replica accorato.
 
-L’hai già fatto!- Insisto, sorridendo. –Mi hai resa felice, perché ho potuto vederti.-
 
-Quanto tempo hai?- Domanda serio.
 
-Ventiquattro ore. Che adesso sono ventidue.- Gli rispondo, osservando l’orologio di fronte, appeso alla parete.
 
Lui annuisce. Poco dopo, ritornano i ragazzi e la madre.
 
È quasi ora che ritorni. Ho trascorso le ventiquattro ore più belle della mia vita.   
Sono stata con Kari tutto il tempo. Abbiamo riso, scherzato, mangiato insieme, abbiamo anche lavato i piatti, io e Wizardmon, mentre Kari spazzava per terra, e Tai ci guardava, ridendo.
 
D’accordo con Wizardmon, abbiamo deciso di fargli uno scherzo. Abbiamo fatto in modo che, durante i suoi allenamenti pomeridiani, succedessero alcuni “incidenti”
 
Abbiamo riso come matti, nel vedere Tai rincorrere il pallone senza riuscire a prenderlo. Per non parlare di quando abbiamo fatto in modo che fosse il pallone a rincorrerlo.
 
    Siamo riusciti a fargli credere che fosse “posseduto” da uno spirito, il quale gli ha imposto di comportarsi bene con noi e con sua sorella, altrimenti non avrebbe mai più potuto giocare.
 
È stato uno spasso, vederlo servire e riverire noi e Kari.
 
Già. È stato bellissimo.
 
Wizardmon ha promesso che non parlerà di quello che sa ai ragazzi.
 
-Devi proprio andare via?- Mi ha domandato Kari, pochi minuti fa.
 
-Si. DigiWorld ha bisogno di me- Ho dovuto mentirle di nuovo.
 
Lei ha annuito, tristemente.
 
-Quando arrivi, saluta Agumon e gli altri, da parte mia!- Mi ha chiesto Tai, mentre teneva un braccio intorno alle spalle della sorella.
 
-E ricordagli di non mangiare troppo!- Ha aggiunto poi, sorridendo.
 
-Arrivederci, cara! Sarai sempre la benvenuta da noi!- Mi ha salutato la madre di Kari. È una cara donna, certo, la sua cucina lascia molto a desiderare, ma per il resto è meravigliosa.
 
-Mi raccomando, abbi cura di te!- Si è raccomandato il padre di Tai e Kari. Per quanto mi riguarda, è un santo, dato che riesce a mangiare i “manicaretti” della moglie senza fare neanche una piccola espressione di disgusto.
 
-Stai attenta a te, miss perfezione celestiale!- Ha scherzato Wizardmon, al quale è stato dato un pugno in testa da Kari.
 
Io ho riso, ma ho capito benissimo che cosa intendesse dire.
 
Sono davvero una famiglia meravigliosa. È stato bello farne parte, anche solo per un giorno. E sono felice che Wizardmon sia con loro.
 
Mi mancano tutti terribilmente. Chissà quanto tempo ci vorrà, prima che possa rivederli.
 
Da una parte sono felice di andare via. Non sopporto di dover mentire.
 
Sono qui da dieci minuti, ormai. Le ventiquattro ore sono scadute. Ma lui non si vede.
 
-Sei in ritardo!- La sua voce, così all’ improvviso, mi fa sobbalzare.
 
Mi giro, ancora sorpresa e lo vedo lì, con un’espressione truce in volto. Sembra che voglia uccidermi con lo sguardo.
 
Poi l'espressione sul suo volto cambia. Il suo ghigno, poco a poco, si trasforma dapprima in un sorriso, appena accennato, poi la sua bocca si spalanca e lui comincia a…ridere, divertito.
 
-Ahahahahaha… oh, non ci posso credere… sei…hahahahah…uno spasso, Angioletto…- Ride, rovesciando la testa all’indietro, per diversi secondi.
 
Io sono paralizzata dall’ incredulità. Ma che gli prende?
 
Dopo un altro momento, si ricompone, asciugandosi una lacrima che gli è caduta, a causa del tanto ridere.
 
-Ci sei cascata! Era uno scherzo!- Esclama, poggiandomi una mano sulla spalla.
 
Adesso sono davvero spaventata. Myotismon ha…il senso dell’umorismo?
 
-Dai, andiamo a casa.- Riprende a parlare, tornando serio. – Gli scaffali non si puliscono ancora da soli.- Prosegue. -E DemiDevimon è insopportabile.- Aggiunge, imbronciato.
 
Adesso si che lo riconosco! Mi sento ancora piuttosto scossa, da quanto è appena successo.
 
Mentre ci avviamo di nuovo verso il portale, mormora, sottovoce, guardandomi negli occhi in modo strano
 
-Tutto è insopportabile, senza di te.-
 
A queste parole, sento un misto di sorpresa, confusione e qualcos’altro che mi sconvolge.
 
Mi sento divisa in due.
 
Una parte di me, vorrebbe solo odiare l’essere che ho di fronte, con tutta l’anima.
 
Un’altra, sconosciuta parte di me, mi dice che dovrei smetterla di odiarlo e cominciare a vedere qualcosa di positivo in lui.      
 
Ma che mi prende? Non so più cosa pensare! Come potrei mai vedere qualcosa di positivo… in lui?
 
Dopo tutto quello che mi ha fatto, poi!
 
Eppure, una vocina nella mia testa, continua a sussurrarmi –Provaci… vedrai.-
 
E con questo conflitto interiore, ritorniamo al castello. Quasi non mi rendo conto che mi ha tenuto la mano.
 
E io gliel’ho stretta.
 
 
 
  
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