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Autore: margherIce46    14/06/2012    4 recensioni
Dal terzo capitolo:
“[...]Senza sapere esattamente cosa dire, si limitò a osservare con dispiacere il livello del pregiato Cabernet-Sauvignon calare molto più velocemente di quanto avrebbe voluto, poi il suo calice ancora vuoto e infine l’espressione stravolta di El.
“Ho bisogno del tuo aiuto!” esclamò infine la donna, dopo avere vuotato anche il secondo bicchiere di vino.
L’uomo si sporse verso di lei e si preparò ad ascoltare [...]”
Terza classificata al contest "You and I: di coppie, intrighi, vendette e tradimenti", indetto da LunaGinnyJackson su efp.
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 4
 
Il tre è un numero dispari
 
Bastò un innocuo rumore proveniente dalla strada sottostante per far trasalire Elizabeth: terrorizzata e sconvolta all’idea che Peter potesse tornare a casa all’improvviso e sorprenderla lì, in quello stato, chiuse di scatto il pc, afferrò la borsa che aveva gettato sul letto e corse giù per le scale precipitosamente.
Sulla soglia si guardò intorno. Il suo mondo era in apparenza intatto: il divano, il caminetto con i ninnoli sulla mensola, il tavolo al quale lei e il marito avevano innumerevoli volte cenato serenamente, riso e chiacchierato…Eppure, sotto la superficie inalterata delle cose tutto era irrimediabilmente cambiato; nulla sarebbe più stato come prima, Elizabeth ne era consapevole. Tornare indietro impossibile, fingere che non fosse accaduto inaccettabile.
Con le lacrime agli occhi, fissò uno per uno gli oggetti che le erano stati così familiari rendendosi conto all’improvviso che nulla in quella casa parlava più di lei, che nulla le apparteneva veramente.
Poi, in silenzio, si volse e uscì.
***
 
Quante volte, chiusa in hotel, aveva guardato quel maledetto video? Tante che alla fine aveva imparato a memoria ogni singolo gesto, ogni inquadratura, ogni movimento, ogni suono. Quelle immagini un po’ sfocate le ballavano senza sosta davanti agli occhi, anche adesso che finalmente era riuscita a spegnere il computer.
Distesa sul letto, nella penombra satura dell’inconfondibile odore che hanno tutte le camere d’albergo - un misto di detergenti e solitudine - Elizabeth pensava e pensava. Pensava e ogni tanto, esausta per il troppo pensare, scivolava in un sonno inquieto e fortunatamente senza sogni.
Guardarli era stato un tormento, ovviamente: c’era una parte di lei che odiava Peter con tutte le sue forze perché aveva osato infrangere il loro sogno, violare il loro sacro vincolo, gettare alle ortiche tutti i loro progetti di vita insieme. Perché era così, inutile girarci intorno: se l’avesse tradita con un’altra, con una donna come lei, avrebbe potuto considerarla una “sbandata” senza futuro e senza passato, un errore dimenticabile e perdonabile.
Ma così… no, così era infinitamente peggio.
Il fatto che Peter avesse desiderato tanto ardentemente Neal da portarselo in casa, nel loro letto, approfittando di un suo momento di assenza implicava delle ben precise conseguenze e la costringeva a mettere in discussione tutta la sua esistenza, fin dalle fondamenta.
Così, doveva rassegnarsi a perdere suo marito? Fino a qualche giorno prima non avrebbe saputo neanche lontanamente concepire la sua vita senza di lui: aveva investito tutto nella loro storia, credendo fermamente che lui fosse l’uomo giusto, l’uomo col quale avrebbe trascorso i suoi anni “in salute e in malattia, in ricchezza e povertà”, come aveva detto solennemente il sacerdote sull’altare durante il loro matrimonio.
 “Finché morte non vi separi”.
Già, considerò con amarezza, la morte o, più piacevolmente, un bellissimo ragazzo sfrontato...   
Però l’idea di perdere Peter era troppo troppo dolorosa, non era pronta ad affrontarla, non sarebbe riuscita reagire…e allora? Mentire, abbozzare, fare finta di nulla come altre donne avrebbero fatto, era un compito superiore alle sue forze; la sua natura schietta si sarebbe ribellata avvelenandole il sangue giorno dopo giorno.
Se invece l’avesse costretto a scegliere tra lei e Neal, non era affatto sicura di quale decisione avrebbe preso Peter: certo lei era sua moglie, la sua compagna, ma ciò che aveva visto in quel filmato parlava chiaro… Peter era soggiogato da Neal, aveva perso la testa per lui e non l’avrebbe lasciato andare facilmente. Per non parlare di Neal, che certo non avrebbe accettato di essere rifiutato; non si sarebbe arreso e alla fine, se lo sentiva, gliel’avrebbe portato via del tutto.
E se invece la soluzione fosse ancora diversa? Pur di non perdere Peter, di non rinunciare alla vita che avevano costruito e alla felicità che avevano condiviso, sarebbe stata capace di accettare anche Neal? E, in fondo, farlo sarebbe stato poi così terribile?
Elizabeth sospirò e si mosse, inquieta, sul copriletto spiegazzato alla ricerca di una posizione più comoda.
La sua mente, come una molla che dopo essere stata tesa innumerevoli volte torna sempre nella posizione di partenza, non cessava di rievocare quelle scene…era una tortura, ma non solo.
C’era come un piacere perverso che la spingeva a ripensare in continuazione a quei due che si rotolavano tra le lenzuola, l’umiliazione e la rabbia si mescolavano a qualcosa che assomigliava terribilmente a…eccitazione.
Già, proprio così, eccitazione: per quanto strano, depravato, potesse sembrare in fondo guardarli era stato perfino eccitante. L’aveva sentito con incredibile chiarezza proprio lì, in mezzo alle gambe, dove adesso la sua mano si posava sfiorando la seta della sottoveste color avorio.
Cosa le stava succedendo?
Si era sempre considerata una donna “normale”, con una vita sessuale ordinaria e delle fantasie tutto sommato comuni, non particolarmente trasgressive; e invece adesso si sorprendeva a desiderare di essersi trovata lì insieme a loro, in mezzo a loro, a condividere quelle sensazioni così intense da costringerli a infrangere regole e tabù di un’esistenza assolutamente regolare.
Qualcosa di lei spingeva in quella direzione, che fino a poche ore prima le sarebbe sembrata una folle perversione, mentre la sua parte razionale la invitava a calmarsi, a ragionare, a non peggiorare ancora le cose.
E poi c’era la rabbia: una rabbia sorda che la trafiggeva all’improvviso come una pugnalata. Durava solo un istante e subito lei la ricacciava via, nei sordidi abissi dai quali era spuntata; eppure essa continuava a combattere nel suo cuore, più bruciante del desiderio, più irresistibile dell’amore, scavando in silenzio dentro di lei.
 
***
 
Una volta presa la sua decisione, la prima mossa fu noleggiare un’auto; la parcheggiò di fronte a casa sua, non proprio vicinissimo in modo da non destare sospetti ma abbastanza per poter avere una buona visuale delle scale e della porta d’ingresso.
La seconda mossa fu chiamare Peter al cellulare e, tentando di mantenere un tono di voce normale nonostante l’agitazione che la possedeva in quegli attimi, mentirgli di nuovo, dicendogli che il suo soggiorno a San Francisco si sarebbe prolungato di un’altra notte. Il tono deluso del marito quando lo seppe la colpì al cuore e lei dovette chiamare a raccolta tutte le sue residue energie per non tradirsi.
Il terzo passo, sicuramente il più difficile da compiere, fu appostarsi dentro l’auto e aspettare immobile che il marito e il suo giovane amante facessero ritorno a casa. Non le sfuggiva la crudele ironia della situazione: appostarsi in silenzio chiusi in auto faceva parte integrante del lavoro di Peter e chissà quante volte lui e Neal l’avevano fatto, lamentandosi e bisticciando tra loro. Chissà, forse era nato tutto così, forse erano stati complici la vicinanza prolungata in uno spazio stretto, il silenzio forzato e la noia…
Elizabeth s’impose di non lasciarsi trascinare nel gorgo torbido e doloroso di pensieri del genere; per fare ciò che doveva, aveva bisogno di essere perfettamente lucida.
All’improvviso, vide l’inconfondibile sagoma della Taurus di Peter fermarsi proprio davanti al palazzo; vide lui e Neal scendere e dirigersi senza fretta verso casa. Se non fosse stato così accecato dalla presenza di Neal - pensò con una fitta di dolore al petto - forse suo marito si sarebbe guardato intorno come faceva di solito (“deformazione professionale” la chiamava, quando lei lo prendeva in giro per quei suoi atteggiamenti da sbirro anche quando era fuori servizio) e forse avrebbe fatto caso a lei.
Invece adesso salivano le scale disinvolti e rilassati, senza che nulla nel loro atteggiamento lasciasse immaginare cosa sarebbe avvenuto una volta che la porta d’ingresso si fosse richiusa alle loro spalle; una folata di vento fresco portò ad Elizabeth il frammento di una risata, l’eco di un sospiro sfuggente…o forse fu solo la sua immaginazione.
Comunque, non dovette attendere molto.
Dopo nemmeno dieci minuti, vide illuminarsi la finestra del piano superiore: evidentemente non volevano perdere tempo…desideravano godersi appieno la notte che lei aveva concesso loro con tanta generosità.
Attraversò la strada a passo svelto e aprì la porta cercando di non fare rumore; la richiuse, sperando che Satchmo stesse già dormendo e non le saltasse addosso per farle le feste vanificando così la sorpresa che aveva in mente di fare a Peter e al suo amichetto.
Nell’oscurità della stanza distinse la sagoma della giacca del marito gettata disordinatamente sul divano, il cappello di Neal posato sul tavolo; sulla mensola del camino, illuminata da un tenue raggio proveniente dalla finestra, baluginava di un riflesso metallico la pistola di Peter. 
La risata rumorosa che proveniva dal piano superiore attraversò la casa silenziosa scavando un solco nello stomaco di Elizabeth, le rimescolò l’anima e le fece ribollire ancora una volta il sangue nelle vene.
Deglutì, senza distogliere lo sguardo dalla pistola.  
 

  
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