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Autore: Didi Sunshine    15/06/2012    1 recensioni
Nella vita ci vuole equilibrio. Il giusto mezzo è quello che ci permette di stare bene con noi stessi. Ma Alice Watson questo equilibrio non riesce a trovarlo. È continuamente sballotata a destra e a sinistra dai suoi compagni di scuola e dai suoi insegnanti. Tutti sembrano sapere qualcosa che lei non sa. Il problema è che quel qualcosa la riguarda in prima persona.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una ragazza dagli occhi troppo verdi

 

Every time I look in your eyes
Everyday I'm watching you die

(System of a Down – Kill Rock 'n' Roll)

 

Per Alice Watson quella domenica di aprile cominciò male sin dalla mattina. Non solo si era svegliata alle nove, anziché alle dieci come aveva sperato, per colpa di quelle stupide pettegole delle sue compagne di stanza, ma era stata costretta a sentire tutti di discorsi che avevano fatto.

-Penso che James Grade mi venga dietro. Non fa altro che seguirmi come un cane bastonato, sperando che io lo degni di qualche sguardo. Bé, non ha capito chi ha di fronte- disse il capo della banda delle oche, Michelle. -Ma forse, se proprio proprio non ho nessuno con cui divertirmi, penso che lo userò- continuò tra le risatine da strega dei cartoni animati delle sue amiche Maegan e Myranda. Avevano quattro anni in più di Alice e sessanta punti di quoziente intellettivo in meno. Sembravano tutte e tre perfettamente uguali, come se fossero state create da uno stampino predefinito in cui solo gli occhi differivano: capelli neri rigorosamente piastrati, vestiti scrupolosamente di marca provenienti dall'Italia (perché, si sa, l'Italia è il paese della moda) e occhi orribilmente e costantemente appesantiti da due chili e mezzo di trucco e matita, che faceva sembrare che fossero state prese a cazzotti. Se poi ci aggiungiamo le voce più insopportabili che vi potete immaginare, avete creato le classiche adolescenti nemiche della loro piccola e insignificante compagna di stanza quattordicenne.

Alice non le aveva prese in simpatia sia dal loro arrivo al Preston College di Greenwich, cinque anni prima. Figlie di famiglie ricche, assurdamente boriose e frivole, avevano un carattere incompatibile con la piccola bambina di undici anni che, nonostante la giovane età, ascoltava i System of a Down e portava un piccolo dilatatore all'orecchio sinistro. Perché Alice era sempre stata diversa dagli altri. Era sempre sembrata più grande della sua età, più sveglia, più sicura di sé, e di sicuro più intelligente di molti ragazzi più grandi di lei. Alice era cresciuta al Preston College. Sin da quando aveva poco più di un anno era stata portata lì e lì era rimasta, con una retta pagata da chissà chi. Nessun parente che venisse a prenderla o a dire: “Ehi, io sono tuo zio, non ti porterò con me, ma io esisto”. Certo, alcune insegnati avevano istinto materno, ma non era mai cresciuta tra le coccole di una tenera madre o con i giochi di un padre che la faceva divertire. Alice non sapeva come potesse essere un'infanzia del genere perché non l'aveva avuta, ma vedendo la maggior parte dei suoi compagni avrebbe tanto desiderato viverla. Invece guardando il trio delle oche, non poteva far altro che ritenersi fortunata per non essere cresciuta come loro.

Una risatina incredibilmente irritante la riscosse dai suoi pensieri. Myranda. Non era la più odiosa -quel titolo era di Michelle di gran lunga- ma quel verso che spacciava per un risata le dava alla testa.

-Oh sì Michelle. Quel tipo non ha capito niente di te. Sei fuori dalla sua portata, ma di sicuro saprai cosa fartene- le aveva risposto. A Alice dispiaceva per i ragazzi che si invaghivano di loro. Certo, non poteva biasimarli considerando che erano tutte e tre bellissime, ma sperava sempre che, guardando e imparando dalle esperienze degli altri, capissero che tipo di ragazze avevano di fronte.

-Assolutamente- aveva aggiunto Maegan subito dopo. Pendevano in tutto e per tutto dalle labbra di Michelle, che le usava come burattini e tirava i fili delle loro vite. Questo le faceva sembrare ancora più stupide: com'era possibile, si chiedeva Alice, che non si accorgessero di chi era Michelle?

-Ma sì, un po' di divertimento non fa mai male. Lo trascinerò dove vorrò e finché mi starà bene resterò con lui. Poi basta, gli dirò che è finita-.

Come d'abitudine ormai, si ritrovò a pensare Alice che, non riuscendo a riprendere sonno, era a occhi aperti stesa sul letto. Come al solito, le tre oche non si erano minimamente accorte che era sveglia. Non che a Alice importasse. I momenti più belli erano quando non la degnavano di uno sguardo.

-E invece volete sapere chi gli piace a Anthony?- aveva ripreso Michelle con il suo classico fare da gallina.

-Chi, il metallaro figo del secondo anno?- chiese curiosa Myranda. Alice non le vide gli occhi, ma di sicuro, se fossero state in un manga, erano a forma di stellina o di cuoricino. Nonostante Anthony fosse più piccolo di lei, Myranda aveva una bella cotta. Alice conosceva il ragazzo e sperò con tutto il cuore che non si fosse invaghito della sua compagna di stanza. Non solo perché era bello, con gli occhi verde smeraldo e i capelli neri carbone, il fisico scolpito da anni di nuoto e una passione per la chitarra, ma perché era troppo intelligente per potersi mettere con uno come lei.

-Ah ah, io non sarei così felice Myranda- le rispose subito Michelle, con il suo classico tatto. Myranda fece un gemito di tristezza. -No, è un'altra ragazza. Una che, in questo momento, sta dormicchiando felicemente nel suo letto, in questa stanza- aveva concluso.

Alice ci mise un po' a collegare quello che aveva scoperto e probabilmente anche Myranda e Maegan, ci dovevano aver pensato su perché non risposero subito. Anthony, un ragazzo che conosceva abbastanza, ma che era di una bellezza straordinaria, aveva una cotta per lei? No, impossibile. Non che le interessasse. Aveva quattordici anni e una vita davanti, era troppo presto per pensare ai fidanzati. Ma le sembrava tutto assurdo. Che Michelle si fosse accorta che era sveglia e che le avesse fatto uno scherzo? Sì, poteva essere. Michelle poteva far finta di essere ingenua, ma Alice sapeva che non lo era affatto, al contrario delle sue amiche. Sì, era la soluzione più credibile.

Perché Alice non era il classico tipo di ragazza che poteva piacere subito a qualcuno. Aveva i capelli di un biondo ramato che si faceva piano piano sempre più scuro, ricci e, alle volte, assurdamente fastidiosi. Molti le avevano detto che sembrava il colore della corteccia degli alberi che passava dal chiaro al nero più assurdo. Alice era contenta quando le facevano i complimenti, soprattutto di quel genere, perché le piaceva paragonarsi alla natura. Una ciocca di capelli era diventata un dread, cosa che aveva suscitato non poche polemiche alla scuola, e all'orecchio sinistro portava lo stesso dilatatore che aveva da bambina, mentre nel destro aveva un piccolo orecchino nero. Non aveva quello che si dice “un fisico da modella”. Alice non era grassa, ma non era la quintessenza della magrezza. Non si truccava quasi mai e quando lo faceva metteva solo un po' di fondotinta e del mascara per risaltare gli occhi. Già, gli occhi. Se c'erano cose che sia le ragazze che i ragazzi della scuola le invidiavano erano quei due pozzi smeraldini che si ritrovava in volto. A Alice piacevano tanto: erano grandi, di un verde così intenso che parevano essere due immensi prati sui quali si rispecchiavano tutte le immagini che la ragazza vedeva. A volte fin troppo. Alice era come un libro aperto per chiunque la guardasse in viso.

-Lei?!-. La voce squillante e stupita di Myranda la fece tornare alla realtà un'altra volta. Se Michelle le aveva voluto fare un scherzo, aveva sicuramente trovato il tasto dolente. Non che Alice avesse paura di loro, ma Myranda aveva dato prova più volte di, ecco, non sapersi controllare. E siccome era cintura nera di karate, inquietava abbastanza. -E come lo sai?- continuò con la voce mano a mano sempre più acuta.

-Pff, per favore Myranda, non dirmi che non te ne sei accorta. La fissa continuamente tra una lezione e un'altra, quando si vedono in corridoio. Devo ammettere che il ragazzo ha tutto sommato un buon gusto- rispose l'altra.

Alice era sicura che fosse uno scherzo. Michelle Hale, figlia di uno dei più ricchi miliardari del mondo che fa un complimento a lei, Alice Watson la piccola orfanella che ha sempre detestato sin da quando l'ha vista? Probabilmente aveva capito che era sveglia.

-Anche se è una bamboccia, se si vestisse un po' meglio sarebbe quasi carina. Quegli occhi che si ritrova fanno dimenticare quanto sia brutta in realtà- riprese con il suo classico tono da gallina.

Una smorfia contorse il volto rilassato di Alice. Ecco, adesso tutto era di nuovo normale, più o meno. Maegan però, non si sa come o con quale cervello, sentì un rumore provenire dal letto di Alice.

-Penso che si sia svegliata- disse con un tono stralunato, come se fosse una cosa strana che una persona si svegli la mattina se qualcuno le parla di fianco alle orecchie.

Alice chiuse gli occhi, ma era già troppo tardi. Si ritrovò con cinquanta chili in più sulla pancia quando Michelle le si sedette sopra. Le schiacciava i polmoni e a Alice mancò il respiro.

-Allora Watson, da quanto sei sveglia?- le chiese con un sorrisetto compiaciuto che le si allargò in volto. Alice girò appena lo sguardo: anche le altre due lo avevano. Come un stampino, pensò di nuovo Alice.

Lo schiaffo arrivò sonoro sulla guancia della ragazza. -Allora Watson, mi rispondi?-. Non era la prima volta che la picchiavano. Lo facevano spesso quando non sapeva cosa fare. Qualche schiaffetto sulla guancia per ricordarle che erano loro a comandare in quella stanza e, molte volte, in quella scuola.

-Abbastanza da sentire la storia di James e di Anthony- ripose Alice con voce smorzata dalla mancanza d'aria. Di solito rispondere a tono a loro tre non andava bene, ma Alice l'aveva sempre fatto. Non voleva assolutamente essere sottomessa da quel trio di galline con troppi soldi nelle tasche.

-Ah ah, allora ti sei accorta che c'è qualcuno di tanto stupido da prendersi una cotta per te- la rimbeccò subito Michelle. Maegan e Myranda risero in un modo che non poteva definirsi una risata e questo fece sghignazzare forte Alice.

-O di abbastanza intelligente da non prendersene una per te- concluse Alice con un sorriso a trentadue denti che le illuminava il volto. Sicuramente le tre ragazze non se l'aspettavano. Certo, Alice non era mai stata soggiogata dalle loro cattiverie, ma non aveva mai ribaltato i ruoli: lei era la piccola preda e loro i predatori.

Altre cinque dita rimasero stampate sulla faccia di Alice che però non riusciva a togliersi il sorriso dalla faccia. Vedere le sue compagne di stanza che deliravano per causa sua era una cosa troppo esilarante per lei.

-C-come osi, stupida ragazzina?- chiese rossa in volto per la rabbia Michelle sotto gli sguardi stupiti di Myranda e Maegan che stavano cercando, inutilmente, di trattenere una risata. Se non fosse stato per la paura di rompersi le unghie probabilmente Michelle avrebbe strangolato Alice senza pietà.

-Oso, oso eccome- continuò Alice con il fiato che le mancava sotto il peso della compagna. -Ora, se non ti dispiace, ti sarei grata se scendessi dalle mie costole. Non respiro-.

Michelle, tremante di rabbia, si scostò dalla pancia di Alice; poi si girò di scatto. -Provaci ancora a fare la furba e non sai cosa ti faccio- le aveva intimato.

La risata di Alice fu sonora. Non aveva mai riso così di gusto. Riuscì a stento a fermarsi per dire: -Oh, che paura che mi fai!-. Poi, barcollando dalle risate, si alzò e si diresse verso il bagno, asciugandosi le lacrime col dorso della mano. L'ultima cosa che sentì prima di chiudersi la porta del bagno alle spalle fu: - Questa me la paghi, stanne certa!-.

Alice non seppe dire quanto era rimasta in bagno. Dopo essersi calmata, si ritrovò appoggiata al muro con le lacrime agli occhi. Si rialzò a fatica da terra e si mise a posto. Quando uscì dal bagno le tre oche giulive erano già andate via, così lei ebbe tutto il tempo di vestirsi con calma. Siccome alle undici ci sarebbe stata la Messa, indossò una camicia bianca con sotto una canottiera nera e un semplice paio di jeans blu. Ai piedi non potevano non esserci le sue Vans nere. Si guardò allo specchio. Doveva andare a Messa ma si mise ugualmente un po' di mascara; non troppo, per non sembrare volgare. Poi passò ai capelli: ribelli, come sempre. Cominciò a pettinarli, anche se sapeva che aveva ben poche speranze di poterli mettere come voleva lei. Dopo aver capito che non ce l'avrebbe mai fatta, di legò le due ciocche di capelli a casaccio che aveva dietro alla testa. Poi si rispecchiò.

Le camicie le metteva poco e i capelli di solito erano sempre sciolti. Forse aveva trovato un compromesso; perché, effettivamente, vestita e pettinata così, era bella. Alice sbuffò: non era tipo da vestirsi in quel modo tutti i giorni. Le camicie non erano fatte per lei.

In quel momento si aprì la porta del dormitorio. Alice, pensando fosse il trio delle oche, si preparò mentalmente alle offese che avrebbe ricevuto di lì a subito, perché dopo quello che aveva combinato era più che normale che si vendicassero. Quando però non sentì né passi che si avvicinavano né voci squillanti, Alice si girò di scatto.

Anthony Harris era fermo sulla soglia di camera sua e la fissava. Aveva i capelli poco ingellati, giusto quel che gli serviva per tenerli come piacevano a lui. Indossava anche lui un camicia bianca con sotto una maglia nera e un paio di jeans. Sembrava si fossero messi d'accordo. Per far passare quel momento di imbarazzo, Anthony ruppe il silenzio portandosi una mano tra i capelli.

-Scusa il disturbo. Ero venuto a vedere se c'era qualcuno rimasto in camera perché la Messa inizierà tra cinque minuti- disse fissando il pavimento.

Se Alice pensava fino a poco prima che la cotta che Anthony aveva per lei fosse un scherzo, adesso di sicuro aveva cambiato idea. Anthony era in palese imbarazzo. Com'era possibile che non se ne fosse accorta prima? Beh, ad ogni modo, a lei non piaceva, o meglio, era troppo piccola, quindi doveva fargli capire che si doveva comunque comportare tranquillamente con lei. Guardò la sveglia che aveva sul comodino: le undici meno cinque. Cavolo, quanto diamine di tempo ci aveva messo per prepararsi?

-Erm, grazie Anthony, davvero- disse Alice mentre si avvicinava al ragazzo. -Che ne dici, andiamo giù insieme?- continuò stampandosi un sorriso in faccia. Non c'era il motivo di essere imbarazzati. Alice voleva bene a quel ragazzo ed era probabilmente colui che si avvicinava di più al significato della parola amico.

Lui annuì e sul suo volto comparve un sorriso a trentadue denti. Alice chiuse la porta della camera e si incamminò verso la chiesa del college con Anthony, che le stava di fianco, ma a debita distanza.

-Allora Anthony...come va?-. Alice cercava di tenere in piedi una conversazione, auto convincendosi che non c'era niente di imbarazzante o sbagliato. Cosa molto difficile considerando che il ragazzo che era accanto a lei era rosso come un peperone.

-Tutto ok, grazie. Te? Con la scuola?-. La sua risposta, a dispetto di come era il colorito del suo viso, fu molto sicura.

-Io preferirei avere delle compagne di stanza con qualche punto in più di quoziente intellettivo ma mi devo accontentare-. Il ragazzo sorrise. Era davvero carino.-Per quanto riguarda la scuola, bé direi che è un bijou- continuò Alice con una naturalezza presa da chissà dove. Aveva già parlato con Anthony, ma mai da sola.

-Strano, ho saputo che hai diversi problemi con i professori- ribatté lui dolcemente. Come faceva a saperlo?

-Sì, hai ragione. Bhè, dei voti non mi posso lamentare, ma il fatto di non avere genitori non mi aiuta. Nessuno cerca di difendermi. Mentre tutti i miei compagni di classe continuano a spaventare i professori dicendo frasi tipo “Se lo sapesse mio padre, la licenzierebbe” o “Se continua così la farò cacciare dalla scuola”. Di me i professori non hanno paura, tanto sanno che non gli potrei fare comunque niente-. Alice si stupì di se stessa. Aveva parlato tutto d'un fiato. D'improvviso si sentì leggera. Non aveva mai detto a nessuno di come si sentiva a lezione e sicuramente questa sua improvvisa confessione l'aveva rincuorata. Era da troppo che desiderava parlarne con qualcuno.

Anthony, che non si aspettava una reazione del genere, rise, questa volta amaramente, e prese la mano dalla ragazza, stringendogliela impercettibilmente. Subito dopo la lasciò.

Erano arrivati al portone della chiesetta. Era un edificio più vecchio rispetto alla scuola, che era stato costruito in periodo anteguerra. Aveva le pareti color bianco sporco, sulle quali si aprivano una ventina di finestre decorate. Lo stile era chiaramente gotico, con ampie vetrate per far filtrare la luce. Dentro l'edificio, i ragazzi stavano seduti su delle panche di legno, anch'esse vecchie. La chiesa era in enorme contrasto con la scuola che aveva alle spalle, nuovissima e dotata di qualsiasi comodità. Alice conosceva il motivo di tanta trascuratezza: tutti gli studenti della scuola erano cristiani, ma il preside non era credente. Di conseguenza non gli importava niente dello stato del piccolo edifico bianco.

-Bhè Anthony, io vado a sedermi vicino alle mie compagne di stanza- disse Alice guardandolo negli occhi. Non voleva far capire che era imbarazzata per quello che era successo.

-O-ok, certo. Ci vediamo dopo-. Anthony entrò nella chiesa con il volto in fiamme e tenendo gli occhi puntati al pavimento.

Al Preston College, durante le cerimonie religiose, ci si siede vicino ai compagni di stanza. Alice quindi era costretta a passare più tempo vicino a quello oche. Fortunatamente però, Myranda, che delle tre era la più credente, durante la messa se ne stava zitta ed ascoltava con attenzione quello che il prete diceva. Alice, che credeva ciecamente, la ringraziava mentalmente ogni volta perché faceva tacere le sue amiche.

Durante quella Messa, il prete aveva letto il Vangelo sui talenti. Talenti che andavano messi in pratica, per aiutare sé stessi e gli altri. Talenti che Alice non pensava di avere. In fondo, che cosa aveva lei di talentuoso? Non era un asso negli sport, non era un genio a scuola. Alice ancora non sapeva quale talento nascosto possedeva.

Dopo la Messa tutti gli studenti del Preston College si avviarono verso la sala mensa. Era una stanza immensa, nella quale erano stati disposti uno accanto all'altro cinque tavoli enormi, ricoperti da una tovaglia candida. La tavola era imbandita di ogni ben di Dio e di sicuro gli studenti non potevano lamentarsi del cibo: quel giorno, a pranzo, c'era un piatto tipico italiano, la carbonara. Alice corse verso il suo posto con i suoi compagni di corso del primo anno e si fiondò sul piatto di spaghetti che aveva davanti agli occhi. Aspettò che tutti si sedessero al tavolo e, dopo aver fatto la preghiera, cominciò a mangiare. Era il suo piatto preferito. Peccato che lo facessero solo una volta ogni tre mesi. La mensa era la parte della scuola più nuova, ristrutturata poco dopo l'apertura del college perché era a enorme rischio frana. Anche qui, le vetrate facevano filtrare enormi quantità di luce, creando giochi di colore che avevano affascinato Alice sin da quando era bambina. Ancora adesso, dopo tanti anni dalla prima volta che era entrata in quella sala, non riusciva a non incantarsi. Fu probabilmente il suo sguardo perso nel vuoto che diede a Michelle un'idea per vendicarsi.

Nel frattempo Anthony, che se ne stava seduto al suo posto con gli alunni del secondo anno, non smetteva di fissare Alice con insistenza. Da quando quella mattina ci aveva parlato a quattrocchi aveva visto in lei qualcosa di diverso. Era stata così sincera, schietta e nei suoi occhi aveva visto una luce fin troppo strana. Non riusciva a capire cosa fosse, ma era sicuro che fosse comparsa quando aveva cominciato a parlare dei genitori che non aveva mai conosciuto.

Fu proprio mentre la guardava che la ragazza fu colpita in pieno da un pugno di spaghetti, che caddero rovinosamente sul suo vestito. Anthony alzò lo sguardo per vedere chi li aveva lanciati e non fu l'unico a notare una ragazza più grande di lui con i capelli piastrati seguita da due ragazze che sghignazzavano allontanarsi dalla sala. Michelle.

Anthony si alzò e si avvicinò a Alice che stava cercando di pulirsi il vestito ignorando le risate generali. Il ragazzo le guardò il volto. Non piangeva, non piangeva mai. Almeno non quando sapeva di essere osservata. Il volto era paonazzo ma non dava segni di debolezza. Anthony si inginocchiò accanto a lei e la aiutò a pulirsi.

-Tutto ok? Posso darti una mano?- le chiese con la sua classica gentilezza. Prese un altro tovagliolo e cominciò a togliere l'uovo dalle sue braccia.

Alice non fece in tempo a rispondere. La porta della sala da pranzo si aprì e entrarono Michelle e le sue amiche con il preside.

-Eccola signor preside. Ha cercato di lanciarmi addosso il cibo ma non ci è riuscita- strillò Michelle. Anthony dovette ammetterlo: era un'attrice provetta.

-Signorina Watson le sembra un comportamento adeguato?!- ruggì il preside rosso in volto come un peperone. Le puntava il dito contro: come era possibile, si chiese Anthony, che non vedesse che la storia di Michelle non poteva stare in piedi? Poi gli ritornarono in mente le parole di Alice di quella mattina: “Di me i professori non hanno paura, tanto sanno che non gli potrei fare comunque niente”. È un'ingiustizia.

-Siccome si diverte a giocare col cibo signorina Watson, martedì prossimo, mentre i suoi compagni saranno in gita, lei starà qui al collegio e farà doppio turno in cucina- finì il preside con un tono che non ammetteva repliche. Si girò di spalle e cominciò a camminare in direzione del suo ufficio, con il trio di Michelle che lo seguiva.

Anthony, tra lo stupore generale, cinse le spalle di Alice con un braccio e la trascinò fuori dalla porta, in direzione della sua camera da letto. Solo quando furono entrati Alice si permise di piangere. Pianse per un tempo imprecisato appoggiata sulla spalla di Anthony che lasciò che si sfogasse.

Poi, quando le finirono le lacrime, Alice alzò lo sguardo fissando Anthony negli occhi. E il ragazzo capì che cosa aveva: ogni volta che la guardava negli occhi, ogni giorno la vedeva morire.









Angolo autrice^^

Eccoci qua! Era da tanto che volevo pubblicare questa storia (a dire il vero l'avevo già pubblicata in precedenza), ma spero che l'ispirazione questa volta rimanga fino alla fine^^ Tutti i capitoli inizieranno con una frase di una canzone dei System of a Down (ti piacciono i SOAD Diletta? Non si vede u.u)

Pregherei tutti voi di dirmi se c'è qualcosa che non va! Siccome questa storia l'avevo già scritta ma ho voluto cambiare l'ètà di alcuni personaggi, scusatemi se ci sono delle incongruenze! Grazie a tutti quelli che leggeranno questa storia ^^











 

   
 
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