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Autore: Lucy_lionheart    16/06/2012    1 recensioni
Si muoveva alla continua ricerca dell’apertura e, al contempo, emetteva versi striduli che facevano rizzare i peli sulla pelle di lei. Un’altra mossa, più violenta, che fece spostare tutto di una decina di centimetri, e ciò che agitava la busta face capolino da essa con un gemito soddisfatto.
« Cosa diavolo sei. »

Umano e sovrannaturale, su due piani tanto sottili da potersi capovolgere.
Nel battito delle ciglia di un essere mostruoso e di una nuova amica riuscirà Camille a capire che ciò che le manca è ciò che ha lasciato chiuso tra ebano e avorio?
{ A Serena, la mia migliore amica. Grazie per tutto. }
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. Topo da biblioteca.

Quando si svegliò ( per quanto avesse potuto dormire), la mattina dopo, il fiore era sparito.
Camille non aveva perso altro tempo e, preso lo zaino e le chiavi, era corsa a scuola. Non si era lavata e nemmeno pettinata, era riuscita giusto a cambiarsi i vestiti sporchi, visto che l’armadio era in camera sua, e alla terza ora era stata colpita da una stanchezza così forte che il professore l’aveva spedita prima a prendersi un caffè e poi in infermeria.
Tutti si erano accorti che qualcosa non andava; Camille Jennyson era una ragazza estremamente curata nell’aspetto, invidiata per i vestiti floreali e particolari che indossava con naturalezza estrema, per le scarpe taccate su cui riusciva a correre.
Oltre a ciò era anche un’ottima studentessa, seppur estremamente silenziosa, una persona serena, ma con un bel caratterino.
Quella mattina, nel liceo femminile sulla Trentanovesima, sembrava che ci fosse una copia sbiadita e mal fatta della Camille che tutti conoscevano.
La riccia, seduta ad uno dei tavoli della mensa assieme al suo solito gruppo, scansava svogliatamente la carne dello spezzatino, mangiando solo i pisellini. Aveva deciso da circa due mesi di diventare vegetariana e ciò dava alle amiche un’ottima causa dalla quale far derivare quella stanchezza.
«Dovresti mangiare almeno i bocconcini!»
«Non è la carne, ragazze.»
«E cosa?»
«Boh, avrò donato troppo sangue.»
Mentì, inforcando l’insalata. Solo allora, mentre masticava un pomodorino, i suoi occhi si posarono due tavoli più in là: seduta con la sola compagnia di un grosso libro e alcuni muffin, stava una ragazza mai vista prima.
Indossava una felpa e portava gli occhiali, di cui poteva scorgere la montatura spessa, come andava di moda ultimamente.
Solo quello le era concesso vedere, visto che la testa era sempre china su quel volume e che i suoi lunghi capelli mori, tagliati davanti con una grossa frangia, le coprivano il volto.
«Chi è lei?»
Chiese, mentre prendeva un sorso d’acqua.
«Ah, dici quella? E’ arrivata quest’anno, pare sia della California. Però non so come si chiama.»
«Io la conosco! Era nella mia classe di letteratura straniera, nessuno andava bene come lei. Si è offerta pure per fare la custode della biblioteca, però non parla molto.»
«Sembra timida.»
«Lo è, Cam, in compenso scrive.»
«E’ una scrittrice?»
«Boh, forse lo vuole diventare. Nello scorso compito di letteratura del trecento ha preso il massimo.»
«Un topo da biblioteca, insomma!»
«Eh, brava, Liz, il tipo è quello.»
Ormai le ragazze si erano impossessate di quel discorso che Camille aveva smesso di ascoltare dopo il “boh”, tornando con la mente al Problema.
I suoi genitori erano via, quindi nessuno avrebbe potuto trovare quello. Doveva sbrigarsela da sola.
Di dirlo alle ragazze non se ne parlava, avrebbero detto che aveva le travergole o si sarebbero spaventate da morire.
Però il sentir parlare della biblioteca le aveva fatto venire in mente che, forse, in quel luogo avrebbe trovato qualcosa d’interessante. Così si era inventata l’ennesima scusa ed era corsa nel lato est dell’edificio, dove si trovava il posto che aveva catturato la sua attenzione.


La biblioteca della loro scuola era stata da sempre estremamente fornita e polverosa; non a caso un’ottima scusa per evitare il turno da bibliotecari era dire di essere allergiche agli acari.
Camille si aggirò tra le file di scaffali in legno scuro, guardando le lettere in alto.
Dove avrebbe dovuto cercare? Alla “M” di “mostri”? No, lì era tutto diviso per autori, non certo per generi! Magari un’enciclopedia, libri di piante… l’unica cosa che era riuscita a pensare era che quell’orrore fosse una specie di pianta carnivora.
« Ti serve aiuto?»
La voce alle sue spalle la sorprese così tanto da farla sussultare; era talmente presa dai suoi pensieri da non essersi accorta della figura che, timidamente, la stava osservando almeno da cinque minuti buoni e solo ora aveva avuto il coraggio di parlarle.
Con una certa sorpresa, Camille riconobbe la ragazza che poco prima era stata il centro del parlottare delle sue amiche.
Giusto, le avevano detto che era l’addetta alla biblioteca.
In un primo momento fu tentata di rispondere dicendo che stava solo riflettendo su cosa prendere, ma poi realizzò che senza un valido aiuto non sarebbe mai riuscita a cavare un ragno da un buco.
«Sì, ad essere sincere.»
Rispose, sorridendo a quella che le era stata presentata come la maggiore esperta letteraria della scuola. Pensò che era meglio presentarsi, visto che la ragazza, di cui ora poteva vedere gli occhi azzurri come il cielo estivo, avrebbe dovuto sottostare alla sue strambe richieste.
«Io mi chiamo Camille, tu sei nuova…?»
«Sì e no, ma qui sembra che vi conosciate tutti. Sono Lucy, piacere.»
Disse, con una voce non troppo alta, mentre si aggiustava gli occhiali. Lucy aveva tutto meno che l’aria della “sottuttoio”, sembrava, invece, una ragazza di campagna ben lontana dalla realtà della Grande Mela.
Anzi, ben lontana dalla realtà e basta.
«Cos’è che cerchi?»
Camille aprì e chiuse le labbra come un pesce rosso. Doveva inventarsi qualcosa.
«Ho sognato una cosa molto particolare e mi piacerebbe riuscire a trovarla.»
«Oh, e che cosa? Vuoi qualche manuale di Freud…?»
«No, no. Era… » Camille esitò. «Una creatura mostruosa.»
Gli occhi della bibliotecaria sbatterono velocemente, ma le pupille non contenevano timore e la sua faccia non sembrava affatto dire qualcosa come: “Ecco l’ennesima pazza”.
Tutt’altro, pareva… incuriosita.
«Oh. Potresti descrivermi…?»
Chiese, posando le mani e il sedere su uno dei grandi tavoli, completamente vuoti, e ticchettandoci sopra i tre anelli che portava al medio. Camille riportò facilmente alla sua mente l’immagine di due grandi occhi gialli che la fissavano.
«Sembrava un fiore, ma aveva due occhi sui petali, e la bocca era una fila di denti aguzzi, un sessantina o su di lì. E la voce era stridula, odiosa. »
Lucy non batté ciglio, ma, senza esitazioni, si limitò a dire una sola parola:
«Mandragola.»
«…Mandragola?»
Ripeté, Camille, stupita da quella risposta immediata e confusa da quella parola sconosciuta; Lucy annuì e le fece segno di seguirla.
«Non so se la scuola ha dei bestiari, ma io ne ho letti, quindi posso dirti di cosa si tratta.»
«Ma i bestiari non sono testi del 1300?» Chiese, ricordandosi di una lezione di letteratura sull’Italia dantesca. «Pensavo fossero introvabili.»
«Un mio zio ne possiede alcuni.»
Rispose l'altra, mentre, ritta su una scala, faceva scorrere dita e occhi sui volumi.
«Niente!» Fece, con aria tutt’altro che sorpresa, scendendo la scala cigolante in due salti. «Ti dovrai accontentare di quello che so.»
«Va bene, mi basta… Ti ringrazio, Lucy.»
«Di nulla.»
La ragazza esitò per un momento.
« … Posso chiederti una cosa, però, Camille?»
Camille, entusiasta per avere trovato quell’aiuto, non fu capace di dirle di no e il sorriso di Lucy si piegò in un modo del tutto diverso da quello avuto fino ad allora.
«Diversi studi psicologici hanno ormai reso un’ovvietà che noi sogniamo ciò che abbiamo visto almeno una volta, anche in elementi diversi. Ma la tua è l’esatta descrizione di una mandragola.»
Fece una pausa, guardando Camille negli occhi. La riccia si era fatta scura in viso, capendo dove il sorriso inaspettatamente furbo dell’altra volesse andare a parare.
«
L’hai veramente sognata, Camille?»
Camille cercò di sciogliere il nodo che le si era formato in gola deglutendo, ma non ci riuscì, totalmente spiazzata dalla calma quasi inquietante di quella che, a una prima vista, le era sembrata solo una ragazza timida e senza amici, ma che si stava rivelando, forse, la sua Chiave di Volta.
Non riuscì a mentire, il suo silenzio l’aveva già fatta scoprire.
«Hai ragione.. è vero.» Disse, senza trovare il coraggio di guardarla negli occhi. «Ma sei pregata di non dirlo a nessuno.»
«Non potrei mai e, anche volendo, non saprei proprio a chi dirlo.»
La solitudine trapelante da quella risposta riuscì a tranquillizzare Camille che, dopo aver preso un grosso respiro, parlò:
«E’ in casa mia. L’ho trovata a Central Park e, pensando che fosse un fiore qualunque, l’ho tolta da terra. Poi… »
«Ti ha morso, vero?»
Camille portò d’istinto una mano al labbro inferiore, dove stava un graffio scuro che le sue amiche avevano scambiato per un herpes.
«Senti, Camille. Capisco che è maleducazione da parte mia, ma… ti dispiacerebbe se venissi a vederla?»
La cortesia di quella domanda azzerò ogni cattiva idea su Lucy; forse era solo un’appassionata di occulto, come le dark della scuola.
Le sorrise.
«Certo che puoi! Che ne dici di andare ora? Tanto c’è ginnastica, se la saltiamo nessuno se ne accorge.»
Lucy acconsentì e, presi gli zaini, le due scivolarono per i corridoi, fino alla porta.
Per tutto il tragitto parlarono di ogni argomento sfiorabile, tranne di ciò che le aveva fatte conoscere, accorgendosi di avere simili gusti e anche una certa affinità caratteriale, tanto che le risate non mancarono.
Poi la porta dell’appartamento si aprì e il volto di Camille tornò serio.
«Dov’è?»
Chiese, Lucy, gli occhi che vagavano per la stanza.
«Non so. Questa mattina non l’ho vista, ma ho trovato la porta di camera tutta graffiata… Già non volevo farlo, ma quello mi ha fatto passare tutta la voglia di mettermi a cercarla.»
Lucy sorrise, comprensiva, a quel sarcasmo, continuando a cercare la bestia; dal canto suo, Camille sperava che fosse caduta ed affogata nel water.
Tale speranza si volatilizzò nell’esatto momento in cui avvertì uno sguardo seguirla e darle i brividi. Si voltò di scatto e, come si aspettava, la vide.
Ma la vide nel posto in cui assolutamente meno la desiderava.
«Camille, Camille!»
«Merda, no!»
Camille si precipitò sul pianoforte sulla quale la pianta aveva attorcigliato le radici fino a sfiorare l’ultimo tasto della tastiera.
«Togliti! Levati da qui!»
Ma quella, ovviamente, non capiva e, imperterrita, continuava: “Camille, Camille!”
La rossa, con gli occhi pieni di rabbia, portò le mani alle radici con l’intento di strapparle via dal suo pianoforte, ma venne fermata da Lucy ancor prima che il mostro stringesse gli occhi per urlare.
«Lasciala, Camille! Se la strappi, quella ti ammazza!»
Camille staccò immediatamente le mani, indietreggiando, al contrario di Lucy, che si avvicinò, mettendo un dito di fronte a quell’essere, gli occhi fissi nei suoi, senza timore.
«Se viene strappata produce un urlo che provoca la morte di chi le è attorno. Non è morta prima perché tu l’hai dissotterrata con l’abilità di un giardiniere.»
Disse, con una calma quasi spaventosa, muovendo l’indice vicino alla corolla; il mostro schiuse le fauci e le mostrò i canini.
«Oh sì.» Asserì, Lucy, con un mezzo sorriso. «E’ proprio una mandragola. Non pensavo che ne crescessero anche qui e a questi tempi.»
«E dove dovrebbero?»
Lucy non rispose, ma si sedé sullo sgabello del pianoforte, senza distogliere lo sguardo dalla mandragola. Camille ripeté, allora.
«Come ha fatto a crescere…?»
« La mandragola germoglia dai cadaveri e, beh, New York mica è tanto tranquilla. Sai cosa ci vuole a uccidere qualcuno e seppellirlo lì, aspettando che diventi concime per l’erbetta.»
Camille fu percorsa un brivido; non si sarebbe mai, mai più andata a stendere a Central Park.
Sospirò, guardando quello che aveva pensato fosse solo un bel fiore pulirsi i denti con la lingua da serpente.
«E’ tutto vero?»
Lucy spostò lo sguardo dalla mandragola a lei. Aveva di nuovo quel sorriso furbo.
«Non penso che tu ti possa permettere il lusso di scegliere se credere o no.»
La riccia sospirò ancora, passandosi una mano tra i capelli; Lucy aveva ragione, c’era poco da fare le finte tonte.
«Però quello che voglio io è che sparisca.»
Disse, facendo sibilare la lingua e lanciando uno sguardo di puro odio verso quell’essere che aveva cercato di mangiarle un labbro e che ora si era rampicato sulla cosa a cui più teneva.
Lucy annuì, comprensiva.
«Non è la cosa più facile del mondo. Ci può volere anche parecchio tempo.»
Sbadatamente, la castana posò il gomito sui tasti d’avorio del piano, emettendo un La bemolle.
Fu allora che la mandragola mandò un versetto ben diverso dagli altri: era… soddisfatto.
Quasi sembravano gli urletti che le ochette della scuola mandavano quando i ragazzi della squadra di calcio del liceo privato venivano a giocare nel campo di fronte all’edificio scolastico.
Gli occhi di Lucy s’illuminarono.
«Aspetta, aspetta…»
Insisté su quel tasto, ne provò anche altri e vide come la mandragola continuava a mugolare, soddisfatta.
Aveva lo sguardo eccitato di chi aveva capito tutto, la californiana, ma, di fronte a lei, stava l’altra con la faccia di chi navigava nell’ignoranza.
Quasi si sentiva tagliata fuori dal “rapporto” tra Lucy e la mandragola.
«Ci sono!» Esclamò, battendo le mani, come a volersi dare da sola il cinque. «Ho capito perché si è arrampicata sul piano!»
«Perché?»
Chiese, Camille, impaziente di capire le cause per la quale quel mostro aveva scelto proprio quel luogo. Lucy le sorrise.
«Mi prenderai per pazza.»
« Ho una mandragola in casa, penso che ormai poche altre cose mi possano sorprendere.»
La castana volse nuovamente gli occhi ai tasti neri e bianchi, pensando che l’altra non immaginava neanche quanto poco ancora avesse visto.
«Si è innamorata del pianoforte.»
La riccia sgranò gli occhi. No, a quello veramente non poteva credere.
«Non prendermi in giro.»
«Non lo sto facendo. La mandragola si è innamorata a causa del rumore che emette. Capisci che per un essere le cui strilla sono letali, il suono del piano è qualcosa di paradisiaco.»
«E quindi?»
La voce di Camille si stava facendo ancor più impaziente; le interessava una soluzione, non le faccende amorose di una pianta di mandragola, che, tra l’altro, non dovrebbe nemmanco esistere.
Lucy la guardò e sorrise con l’aria di chi aveva la soluzione in mano e sapeva che ormai era fatta.
«Bisogna purificarla. E per purificarla non devi fare altro che suonare il pianoforte, nulla di più.»
«Non posso.»
La risposta fu così seria da far sobbalzare la castana, che si era appena rilassata, facendole corrucciare il viso, come c’era da aspettarsi.
Ma Camille pareva irremovibile, con lo sguardo piantato a terra e i pugni stretti.
«Io non posso suonare il pianoforte.»
«Non ne sei capace?»
«Sì, ne sono capace. Ma non posso, semplicemente.»
Lucy, che fino a quel momento aveva mantenuto una calma quasi inumana, fu visibilmente innervosita da tale risposta e ciò era anche comprensibile. Le veniva a chiedere aiuto e poi non l’ascoltava?
«Camille, è l’unico modo.»
«Ce ne sarà un altro!»
«No, non c’è!»
La voce di Lucy si alzò troppo e anche la sua proprietaria se ne accorse, portando una mano a coprire il labbro inferiore in un movimento totalmente involontario.
«Scusa.»
Disse immediatamente, ottenendo come risposta uno scuotere di spalle che per Camille significava “non ti preoccupare”.
«Mi spiace aver alzato la voce, ma l’unico modo per risolvere la faccenda è questo. Decidi tu.»
Camille abbassò lo sguardo.
«Ho i miei buoni motivi per non suonare.»
«Non ne dubito, ma ti ripeto che è l’unico modo.» Si alzò, guardando un po’ i libri, un po’ i divani. «Pensaci, ti prego.»
Camille annuì e ci fu un momento di silenzio.
« … Come stai messa per domani?»
« A cosa?»
«Boh, con la scuola.»
La rossa fu ben grata a Lucy per il cambio di argomento.
«Per domani bene, tutto ok. Dovrei anticiparmi con una ricerca, però… »
«La Harwick ha dato anche a voi da svolgere uno studio sulla letteratura italiana del trecento, per caso?»
«Sì!»
Esclamò, Camille; in quel momento la mandragola pareva sparita da lì. «Ho scelto Dante, “Vita Nuova”.»
« Oh, l’incontro con Beatrice.»
Disse, facendo passare le dita sottili sulla coda del piano, con un sorriso nella quale Camille scorse, forse, un qualcosa tipo malinconia. La lingua di Lucy schioccò appena.
«Lui aveva adulato un poco, quasi nulla, altre donne, Beatrice era venuta a saperlo da quelle due belle vipere con cui girava sempre insieme e, offesa, gli aveva negato il saluto. Ne fu tremendamente affranto per quasi un mese, nemmeno i suoi amici, i pochi che erano, lo sopportavano più.»
Camille fu stranamente confusa da quella malinconia che sembrava portare molte rughe, tutte quelle che invece non c’erano sul viso di Lucy.
«Certo che ne sai parecchie.»
Fu l’unica cosa che riuscì a dire, nell’intento di far sparire un po’ di quella tristezza. La cosa, fortunatamente, andò a buon fine e Lucy tornò a sorridere con tutta la sua gentilezza.
«Merito di zio e dei suoi libri. Comunque, anch’io faccio Dante, ti andrebbe di svolgere la ricerca insieme?»
Camille annuì con decisione; con una come lei avrebbe preso il massimo e poi era simpatica, tralasciando qualche stranezza.
«Ci vediamo da qualche parte? Non a Central Park, però, non vorrei trovare la sua famiglia.»
Indicò quindi la mandragola senza nemmeno guardarla, tenendo le braccia consorte e muovendo solo l’indice destro, prima di rificcarlo sotto il braccio a esso opposto.
«C’è una biblioteca che fa anche da caffetteria, qui a Manhattan. Non è lo Starbucks, ma ci sono i libri e evitiamo di portarceli dietro noi.»
«Va benissimo, penso che avremo bisogno di calma.»
Le due si lasciarono dopo essersi segnate l’appuntamento e baciate la guance.
La mandragola, intanto, faceva scivolare i petali innaturalmente ruvidi sul legno del pianoforte, in una carezza ricambiata col silenzio indifferente dell’oggetto.



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Ed ecco il secondo..!
Adesso abbiamo scoperto cos'è la pianta ed è entrata in scena un'altra figura misteriosa, Lucy, ma, cosa più importante, con la negazione di Camille è venuto fuori il nodo della vicenda.
Devo ammetterlo, qui il soprannaturale e il mistero fanno "da sfondo" a quello che è il vero centro e il messaggio che ho voluto lasciare alla mia migliore amica, per la quale l'ho scritta, un paio di mesi fa...
Ho ricevuto due bellissime recensioni nello scorso capitolo, spero di non aver deluso nessuno con questo...!

E spero anche di ricevere altri commenti ecc...!

Un bacio,

Valkyrie.

   
 
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