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Autore: elaia86    03/01/2007    3 recensioni
Odio, amore. Questi due sentimenti si intrecciano continuamente nella vita di Cameron e House: è una bilancia che pende dall'una o dall'altra parte. Ma Cameron sta maturando... riuscirà ad avere 'ancora un pò di pazienza'?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Altri, Greg House
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14 – Io ti sento

Capitolo 14 – Io ti sento

 

La Cuddy non sapeva proprio cosa dire alla sua giovane dipendente. Cameron però si accorse del suo imbarazzo e la prevenne: “Cuddy, per favore, restiamo solo un po' in silenzio.”, Lisa Cuddy annuì, e continuò a passeggiare con lei lungo il perimetro dell'ospedale. Nel frattempo la osservava, cercando di capire quanti danni avesse fatto House. Era stata chiamata d'urgenza da un'infermiera che gli aveva detto allarmata “Il dottor House è impazzito, dottoressa! E' in accettazione, sta urlando contro la dottoressa Cameron come un ossesso!”. Poteva solo immaginare cosa le avesse detto: House quando voleva sapeva uccidere le persone più di quanto potesse guarirle. “Comunque stai tranquilla Cameron. House sarà punito adeguatamente. Nessuno può urlare così nel mio ospedale”, l'immunologa non disse nulla. Aveva il volto ancora rigato dalle lacrime, ma lo sguardo era duro, determinato; le mani erano strette a pugno dentro le tasche del camice. Guardò l'orologio: “Cuddy, grazie, ma adesso devo andare di sopra.” – “Se vuoi Cameron, puoi prenderti un giorno di riposo.” – l'altra sorrise – “No, figurati. Abbiamo un caso, dobbiamo risolverlo, è il mio lavoro.” –  “Qualunque cosa Cameron ti serva...” – ““Non ti devi sentire in colpa per quello che è successo. Sono stata poco attenta e lui mi ha scoperto.” – “Si ma la sua reazione è ingiustificata!” – “Si, ha esagerato.”, mormorò con un tono asciutto, poi si congedò.

 

House stava scrivendo alla lavagna i sintomi del paziente quando Cameron fece ritorno nella sala riunioni: “Eccoti, possiamo cominciare. Allora, a giudicare dai sintomi io avrei già una diagnosi perfetta. Vediamo cosa concludete voi!” – “Io dico che senza esami, né visita non hai potuto concludere nulla.”, Cameron ribattè al suo capo con gli occhi fissi alla lavagnetta. Chase e Foreman, che non avevano idea di quello che era successo poco prima, la guardarono straniti: cosa c'era di strano, House aveva sempre fatto questo, prima le ipotesi e poi le analisi e tutto il resto. “Ok, deduco che vuoi essere licenziata Cameron”, il tono del diagnosta era pericolosamente serio. “Dire cose sensate vuol dire essere licenziati?”, Cameron non si scompose, “No, vuol dire che tu vuoi essere licenziata. Tra un paio di giorni correrai in lacrime dalla Cuddy con le tue dimissioni.” – “Credi davvero che non abbia sopportato un misantropo bastardo già per tre anni?!” – lo guardò con aria di sfida, il tutto davanti ai due medici sempre più increduli di quello che stava accadendo davanti a loro – “Sai, forse ti ho sottovalutato, o sopravvalutato se vogliamo metterla in un altro modo. Pensavo che tu fossi una creatura fragile, un'eroina dei buoni sentimenti, dai grandi ideali, come la sincerità, la morale, la lealtà – House fece una pausa, la guardò dritta negli occhi e le girò intorno come per guardarla meglio nella sua interezza – Oggi mi sono accorto non conoscerti affatto, e, come hai potuto vedere, la cosa mi dà parecchio fastidio.” – “Tu non sei arrabbiato con me solo per il Vicodin…” – “Infatti, tu mi dai fastidio con il solo fatto di esistere!”, House le piantò gli occhi in faccia, ancora con quella rabbia repressa contro quella ragazza, contro quella donna che lo stava mettendo in difficoltà dal primo giorno. Cameron però non abbassò gli occhi, coraggiosamente sostenne il suo sguardo. L’aria era carica di tensione, Foreman e Chase decisero di intervenire per non far degenerare le cose: “Sentite – il neurologo li allontanò come se stessero per prendersi a pugni – a noi non interessa cosa diavolo abbiate tutti e due. Abbiamo una malattia da scoprire, un paziente da curare. Siamo qui per questo, è il nostro lavoro! Quindi, per me – prese il pennarello – questo è morbo di Addison!”

House appena sentì la diagnosi dimenticò Cameron e tolse con fermezza il pennarello dalle mani di Foreman, pronto di nuovo a giocare al gatto col topo con il suo assistente.

“Io intanto vado a fare le analisi.”, House fu costretto di nuovo a guardare l’immunologa, stavolta ironicamente: “E per quale diagnosi?!” – “Il paziente è celiaco.”, Cameron non disse altro e uscì. House spalancò la bocca: “Incredibile, aveva indovinato la diagnosi fin dal principio!” – “Non può essere celiaco, guarda –Foreman si bloccò notando che in effetti i sintomi e la diagnosi corrispondevano – E’ vero! Ci ha proprio azzeccato!” – “Beh, la ragazza deve essere trattata male per dare il massimo…”, intervenne Chase, ma lo sguardo poco rassicurante di House lo distolse dal fare ulteriori commenti. Solo Foreman ebbe l’azzardo di dire: “Altro che dolce, piccola Cameron. Sta diventando un peperino peggio della Cuddy!”. House non riusciva a distogliere gli occhi dall’uscita della sala, quella che lei aveva varcato poco fa tirando fuori dal cilindro una diagnosi perfetta.

 

“Posso Lisa?” – “Entra James. Qualcosa che non va?” – “Le infermiere mi hanno ragguagliato del furioso litigio tra House e Cameron di stamattina.” – Wilson si accomodò sulla sedia di fronte alla direttrice – “Dannate pettegole, speriamo che la cosa non esca fuori dall’ospedale, quel bastardo ci manderà in rovina in un modo o nell’altro.”, la Cuddy non alzò lo sguardo da quelle carte che doveva compilare da un’eternità. Wilson sospirò: “Quindi non ha funzionato, l’ha scoperta facilmente.” – “Cosa ti aspettavi da Cameron. Non è un genio del crimine, e invece House potrebbe essere un assassino perfetto.” – “Wow, sbaglio o sei meno tenera del solito con lui.” – “E’ che mi sento in colpa verso Cameron. – la Cuddy incrociò le braccia e smise per l’ennesima volta di badare a quelle carte – House l’ha distrutta.” – “Certo, ma non dimenticarti che Cameron ‘non è poi lo zuccherino che crede di essere’, l’hai detto anche tu. Quindi tranquilla per lei. E’ di House che ci dobbiamo preoccupare.” – “Quell’uomo è impossibile. Con tutto quello che abbiamo passato per causa sua ultimamente ha pure il coraggio di mandarci a quel paese!” – “Magari dovremmo strapazzarlo un po’.” – “E cosa sto facendo da 7 anni a questa parte?” – “Si, hai ragione. Forse il metodo giusto era proprio quello di Cameron, prenderlo con le buone, lentamente…” – “Ormai di Cameron non si fiderà più. E poi con la velocità alla quale quei due si stavano avvicinando il fegato di House farà prima a farsi benedire…” – “Non credere. Ultimamente la ragazza ha tirato fuori le sue armi migliori. – la Cuddy lo guardò meravigliata – Si, ti assicuro che House non rimarrà indifferente a lungo. Il problema è che ai suoi occhi ormai Cameron ha perso una caratteristica importante, la lealtà. Purtroppo ci siamo giocati una carta importante.” – la Cuddy lo guardò ironica – “Parli di lui come se fosse la posta in gioco di una partita a Poker, e di lei come un tris d’assi, non molto wilsoniano questo.” – l’oncologo sorrise – “E’ vero. Comunque pensiamoci ancora un po’. Qualcosa in mente ci verrà.” – “Intanto devo punirlo per quello che ha combinato, mi sono stancata delle sue sparate! Qualche ora di ambulatorio in più non gli farà male.” – “A meno che non lo incateni difficilmente sconterà la sua punizione.” – “Sono pronta a dargli battaglia, userò anche il provvedimento sospensivo per costringerlo.” – “Buona fortuna allora!”, Wilson parlò ironicamente, si alzò e uscì dall’ufficio.

 

Il laboratorio: il luogo in cui Cameron si sentiva realizzata. Per lei osservare le analisi era una continua sfida al suo sguardo e alla sua intelligenza; la caccia a quel valore apparentemente insignificante, a quel numero che rivelava un mondo di patologie invisibili ad occhio nudo. Questa era la vita che Cameron amava: cercare l’ago nel pagliaio, scomporre la realtà fin nella sua quintessenza e scoprirne i segreti.

“Dì la verità, hai tirato ad indovinare?” – la giovane dottoressa non si girò nemmeno – “Se ti fa comodo crederlo…” – un’ombra le si avvicinò lentamente alle spalle – “Non sei mai stata un genio” – “Hai ragione.” – House fece una lunga pausa, poi continuò:“Perché l’hai fatto?” – “Indovinare le diagnosi è il mio lavoro.” – “Non provare a imitarmi. Sai cosa ti ho chiesto e rispondimi.” – l’immunologa distolse finalmente gli occhi dal microscopio per guardarlo. No, non riusciva ad odiarlo, ma poteva ancora sfidarlo, provocarlo:“Una volta non avevi bisogno di darmi ordini” – “Una volta conoscevo una dottoressa, Allison Cameron: una dolce crocerossina piena di principi morali.” – “I miei principi morali sono saldi.” – “E della dolcezza che mi dici?” , House ormai era a pochi centimetri dal suo viso, dal suo corpo nascosto dal quel camice. Lei sospirò: “Dolcezza non vuol dire sottomissione totale.” – “No. Però l’altra Allison Cameron si sarebbe fatta in quattro per spiegarmi il perché del suo tradimento.” – “Non ti sembra troppo ‘tradimento’?!” – “Non prendermi in giro, Cameron. E’ quello il reato di cui ti stai incolpando, tu per prima.” – il tono di House era pacato e sicuro, la sua voce così calda. Le difese di Cameron cominciarono a crollare – “Io…” – “Non riesco a credere che tu abbia usato un trucchetto così stupido per fregarmi.” – “House fammi terminare queste analisi…” – l’immunologa lo stava quasi supplicando, non era pronta per rispondere ad un altro attacco – “Però lo ammetto – continuò House – la ragione principale per cui sento questa rabbia tremenda contro di te è un’altra” Cameron cercò di ignorare l’ultima frase e decise di difendersi; fece un passo indietro e si trovò completamente bloccata contro il bordo del tavolo: “Ero preoccupata per te. Io lo so che il dolore è insopportabile, ma quelle pillole ti distruggeranno!” – “No Cameron, non sai quanto sia insopportabile questo dolore, non lo sai!” – House alzò di nuovo la voce, stava perdendo la calma – “House stai tranquillo… – la voce di Cameron si fece carezzevole, il suo volto si distese assumendo un’espressione dolcissima, voleva farlo calmare e incredibilmente ci riuscì – E’ vero, io non ho mai provato un dolore fisico così forte. Ma ti assicuro che il dolore che hai dentro io lo sento bene. I feel you, House!”

Gregory House spalancò gli occhi. Quella donna riusciva ancora a stupirlo, con la sua dolcezza infinita, con il suo ricevere il male e donare il bene.

Combattiva, fiera, ma anche fragile, pura. Si, pura come un cristallo che non riflette nulla, ma brilla di luce propria: la luce di Cameron poteva accecarlo in quel momento, ma lui come una falena non riusciva ad allontanarsi da lei.

Oh, se lo stava ingannando lo stava facendo bene, troppo bene.

House dimenticò quella rabbia tremenda che provava fin da quella sera: lei lo aveva messo spalle a muro, si era scrollata la sua etichetta di crocerossina in poche parole e lo aveva colpito diritto al cuore “…sento che vorresti disperatamente farlo”. Dimenticò tutto, tranne quel ‘sento’.

Dimenticò tutto, ora aveva lei davanti, i soi occhi e quel ‘I feel you, House’, di cui non avrebbe mai potuto dubitare. ‘Strega! Strega!’ urlava la razionalità sopraffatta di House a quell’immagine, ma a nulla valeva, l’incantesimo ormai era stato fatto.

“Cameron…” fece un altro passo in avanti, lasciò la presa sul bastone e la abbracciò.

Lei non ebbe paura per quel gesto improvviso: per un attimo credette di stare sognando, ma poi sentì tutto il peso del suo corpo che la sovrastava, le sue mani dietro la schiena che la stringevano forte, la sua testa poggiata nell’incavo tra spalla e collo, il suo respiro dietro l’orecchio.

Era un abbraccio disperato, la follia di un uomo oppresso dal dolore che per un attimo trova la pace negli occhi e nell’abbraccio di una donna che lo accoglie con amore, senza mai nulla pretendere.

House si sostenne su di lei, e per un attimo fu lei il bastone, lei l’amore, lei la freschezza, lei l’illusione diabolicamente irrealizzabile di un’altra vita.

Lei il suo farmakon. Ripensò a quella parola greca che vuol dire rimedio e veleno insieme. farmakon

Cameron alzò le braccia per ricambiare, per abbracciarlo a sua volta: House sentì le sue carezze sulla schiena e rabbrividì.

 

Fu proprio quel brivido a ridestarlo. Dentro di lui qualcosa arginò il fiume in piena della sua disperazione, mai espressa così esplicitamente ad un altro essere umano.

No, lui doveva rimanere solo, e soffrire in silenzio. Era il suo destino.

Amaro, si, ma vagamente più accettabile dell’idea di appoggiarsi a qualcun altro il cui sostegno può venire a mancare in ogni momento.

Più della voglia di guarire in House era fortissima la sfiducia nell’uomo, l’assioma dimostrabile dell’ Everybody Lies.

Wilson, Cuddy, i suoi migliori amici: persino a loro House negava un contatto profondo con il suo dolore, perché li riteneva capaci al massimo di acuirlo con le loro discorsi, con i loro gesti inutili per “salvarlo”.

Si staccò da lei senza incontrare resistenza.

E’ vero, di fronte a lui c’era Cameron, la dolce Cameron, capace anche lei di mentire, come tutti, e capace di ingannarlo, come pochi. Cameron da qualche tempo a questa parte sapeva parlargli al cuore, sapeva penetrare in ogni piccolo spiraglio aperto nelle sue difese, e faceva immensi danni.

Ma soprattutto con la storia del Vicodin Cameron era entrata di diritto nella categoria di quelli che fanno i ‘gesti inutili per salvarlo’, esattamente come Wilson e Cuddy, ormai né più né meno. Nemmeno lei riusciva ad essere coerente.

“Devo andare…ambulatorio.”, solo questo disse House, lei si limitò ad annuire tristemente. Cameron gli raccolse il bastone e rialzandosi per un attimo incrociò il suo sguardo. ‘Non posso!’ urlavano quegli occhi. Cameron seppe con certezza che da quel momento lui l’avrebbe allontanata.

Un ‘bip’ interruppe quello sguardo: i risultati erano pronti. Cameron ritirò il foglio dalla stampante: “Avevi ragione, House. Celiachia.”, disse con un sorriso.

House da quel sorriso seppe con certezza che lei non l’avrebbe lasciato andare.

“Bene, iniziate la terapia per i sintomi correlati.”, quindi uscì.

 

  
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