I
personaggi di questa FF sono interamente di proprietà di
quella santa donna di J.K. Rowling, della Warner Bros, della Salani,
Della Bloomsbury (si scrive così???) e di vari altri editori.In
questa storia, inoltre non sono presenti situazioni a sfondo
pedopornografico o che possano in qualche modo offendere la
pubblica sensibilità.
Verità
negate
-1°
CAPITOLO-
-Ce
la farà dottore?-
-E’
presto per dirlo. Tutto ciò che potevamo fare l’abbiamo fatto,
ora non resta che attendere. Se il signor Weasley supererà la
notte, potrà considerarsi fuori pericolo, se cosi non
fosse…beh!…- Il Medimago abbassò gli occhi, non riuscendo più
a sostenere lo sguardo penetrante del giovane ragazzo di fronte
lui. Prese un profondo respiro e si accomiatò.
Harry
rimase impalato per qualche secondo guardando il dottore uscire
dalla stanza, senza muovere un muscolo. Il rumore della porta che
si chiudeva, lo riportò alla realtà.
Si
voltò guardando il suo amico fraterno steso su quel letto
d’ospedale, privo di sensi.
La
luce asettica dei neon rendeva il suo viso più pallido del normale
facendo risaltare in modo innaturale il color rosso fiamma dei
capelli, che ricadevano disordinatamente ai lati del viso.
Prese
una sedia e si accomodò al lato del letto, protendendosi in avanti
e prendendosi la testa fra le mani. Sentiva ancora rimbombare nella
sua mente le urla e lo stridore degli incantesimi dello scontro di
quella sera. Nulla di anormale, era stato uno scontro come tanti
fra Auror e Mangiamorte,. Da quando il Dark Lord aveva fatto
ritorno, gli scontri
si susseguivano con una cadenza ormai allarmante, erano, come si
suol dire, di routine. Questa volta però la battaglia era stata
particolarmente cruenta e entrambe le fazioni avevano subito
pesanti perdite. Chi era rimasto incolume, o ferito solamente in maniera leggera, si era
fatto carico di portare d’urgenza i colleghi più malridotti in
ospedale. Era stato così che Harry si era smaterializzato con Ron
fra le braccia nel centro di prima assistenza del San Mungo.
Nonostante
non fosse la prima volta che Harry metteva piede in
quell’ospedale, le pareti bianche e l’odore delle pozioni
disinfettanti che impregnava quelle mura, riuscivano sempre a
incutergli un certa malessere. Quante volte era stato lui ad essere
sdraiato in un letto con i suoi amici e colleghi Auror a vegliarlo.
Decisamente, si stupì a valutare, preferiva di gran lunga essere
il degente piuttosto che dover passare ore in attesa senza sapere
nulla. Non era mai stata una persona molto paziente e l’attesa
era una di quelle cose che lo mandava su tutte le furie. Starsene lì
senza poter far nulla per il suo amico lo stava facendo impazzire.
Si augurò vivamente che Hermione arrivasse presto a dargli il
cambio, in modo da poter scendere a prendersi un caffè; almeno così
avrebbe ingannato un po’ il tempo.
L’adrenalina,
che ancora scorreva nelle sue vene, cominciò lentamente ad
abbandonarlo, lasciando il posto alla stanchezza. Si appoggiò con
gli avambracci al bordo del letto, adagiandovi sopra la testa e
chiudendo gli occhi.
Fu
svegliato dopo poco dalla pressione gentile di una mano sulla sua
spalla.
-Harry!…..Harry
sveglia. Sono
qui per darti il cambio.-
-Mmm…chi?
Chi sei?… Ah….sei tu Hermione! Mi devo essere appisolato un
attimo-.
Ancora
con la mente obnubilata dal sonno, il ragazzo si alzò dalla sedia,
regalando un sorriso lievemente imbarazzato all’amica appena
arrivata.
-Come
sta?-, chiese
Hermione non cercando minimamente di nascondere l’apprensione che
trapelava incontrollata dal suo tono di voce
-Il
dottore dice che se supererà la notte sarà fuori pericolo, ma non
ha detto di più-, replicò
Harry con tono rassegnato.
-Vai
a casa, ora?- continuò la ragazza
-No,
preferisco rimanere qui con te, tanto a casa non c’è nessuno che
mi aspetta.
Penso
che andrò a prendermi un caffè, ne ho un gran bisogno. Vuoi che
te ne porti uno?-
Hermione
sorrise declinando l’offerta dell’amico e sporgendosi ad
esaminare l’aspetto generale di Ron, che sembrava dormire
placidamente.
Potter
uscì dalla stanza avviandosi speditamente verso le macchinette
magiche del caffè al piano inferiore. Aspettò il suo turno, poiché
sembrava che l’intero ospedale si fosse dato appuntamento nel
punto di ristoro, ma non appena riuscì ad avere una tazza fumante
di quella nera bevanda fra le mani, si sentì subito rincuorato.
“Incredibile come a volte, le cose più semplici siano quelle che
ti danno maggior conforto”, pensò fra sé.
Rimase
un attimo indeciso sul da farsi: se uscire a fumarsi una sigaretta
oppure fare immediatamente ritorno nella stanza di Ron, ma il
freddo pungente che proveniva dall’esterno lo fece desistere. Si
incamminò lentamente al piano superiore, continuando a rigirarsi
la tazza fra le mani, godendosi quel piacevole calore.
Arrivò
al terzo piano, quello del suo amico, cercando di far meno rumore
possibile per non disturbare gli altri degenti dell’ospedale.
Nonostante le sue precauzioni però, quelle vecchie mura
amplificavano esponenzialmente qualunque suono e i suoi passi
rimbombavano per il lungo corridoio. Era quasi arrivato a
destinazione quando la sua attenzione fu attirata dalla porta
aperta della stanza accanto a quella di Ron. Non poté resistere
alla tentazione di sbirciare all’intero e non appena i suoi occhi
si abituarono all’oscurità riuscì chiaramente a vedere il
profilo del giovane sdraiato sul letto, illuminato dai raggi
lunari.
Per
una frazione di secondo gli mancò il respiro, non si era reso
conto, nel caos dello scontro, che anche Malfoy fossr rimasto ferito
ed fosse stato portato in ospedale.
C’era
un ragazzo con lui, seduto vicino al suo letto, di spalle ed Harry
preferì nascondersi dietro allo stipite della porta per poter
ascoltare le sue parole, senza essere visto.
-So che ce la farai Draco, te la sei sempre cavata. Hai sentito cos’ ha detto il dottore? Dipende tutto da te ora, dalla tua voglia di vivere e continuare a lottare….-
Le
parole del giovane, però, si interruppero, soffocate da un
singhiozzo disperato.
Harry
provò pena per quel ragazzo, fino a quel momento non si era mai
soffermato a pensare che, anche fra i temibili e spietati
Mangiamorte, potessero esistere sentimenti come l’amicizia,
l’amore ed il dolore. Che stupido che era stato! Presuntuoso da
parte sua, pensare che solo gli Auror avessero l’esclusiva dei
“buoni sentimenti”, no?
In
quel momento si sentì così partecipe del dolore del giovane
Mangiamorte, che quasi non si accorse che un gruppo di uomini, tra
cui Lucius e Narcissa Malfoy, avevano appena imboccato il
corridoio. Non sarebbe stato di certo consigliabile per lui, farsi
cogliere in flagrante a spiare nella stanza del suo più acerrimo
nemico.
Si
scostò dal suo nascondiglio, infilandosi velocemente nella stanza
di Ron, chiudendosi la porta alle spalle.
Hermione
si voltò a guardarlo, sorpresa dalla sua irruenza.
-Tutto
bene Harry? Sembra quasi che tu abbia visto un Dissennatore..-
-Eh?…Ehm..si-,
balbettò Potter, cercando
poi di darsi un contegno, -Lo sai chi c’è nella stanza
accanto a questa?-
-Draco
Malfoy-, replicò la ragazza con noncuranza, -Sei stato
proprio tu a colpirlo durante lo scontro, ed è stato ricoverato
qua d’urgenza. Non dirmi che non lo sapevi?-
-No…non
l’avevo riconosciuto, aveva il cappuccio e la maschera, non
potevo sapere che era lui-,
mormorò Harry, più a sé stesso, che non rivolto alla sua
amica.
-Che
c’è? Non ti sentirai mica in colpa, spero? Tu hai fatto
semplicemente il tuo dovere, se non l’avessi colpito, lui avrebbe
colpito te. Purtroppo è così che vanno le cose in battaglia.-
-No!
Ma che dici!-,
si affrettò a rispondere, quasi a voler scacciare l’evidenza dei
sentimenti contrastanti che sentiva crescere in sé.
Si
sedette su di una poltroncina accanto alla finestra, lasciando
vagare il suo sguardo sul piccolo parco che circondava
l’ospedale. Il sole era ormai tramontato e le luci arancioni dei
lampioni, rendevano l’atmosfera abbastanza spettrale, nonostante
la confusione che regnava davanti all’ingresso del pronto
soccorso. Era un
continuo andirivieni di medimaghi, che accorrevano ogni qual volta
un “pop”, rivelava l’apparizione di un nuovo paziente
e quel giorno a causa dello scontro Auror/Mangiamorte di
pazienti ce n’erano fin troppi.
Quella
scena di quotidianità ospedaliera, però, veniva osservata da
Harry con totale disinteresse, la sua mente era impegnata in
tutt’altri pensieri. La scoperta di essere stato lui a colpire
Malfoy e di averlo costretto in quel letto d’ospedale l’aveva
destabilizzato.
Ciò
che aveva azzerato ogni sua certezza era stato quel “NO!” che
il suo cervello gli aveva urlato, nel preciso istante in cui
Hermione gli aveva fatto notare la sua colpevolezza.
“Da
quando, un Auror esperto come lui, si preoccupava di aver ferito o
ucciso un Mangiamorte!?”
Ben
presto Harry si arrese all’ evidenza dei fatti. Ciò che lo
tormentava non era il fatto di aver colpito un Mangiamorte
generico, ma di aver colpito IL Mangiamorte Draco Malfoy, suo
nemico dai tempi della scuola e suo persecutore numero uno.
Almeno
in questa occasione, aveva il dovere di essere sincero con sé
stesso, visto che per anni non lo era stato, cercando con tutte le
sue forze di far tacere la vocina insistente della sua coscienza
che gli faceva notare che, in fondo, lui non odiava Malfoy, come
voleva far credere a tutti. Oh, ce l’aveva veramente messa tutta
per cercare di autoconvincersi del contrario, un vero e proprio
training autogeno che l’aveva portato persino a mettersi insieme
alla sorella del suo migliore amico. Con quale risultato? Nient’altro che
complicarsi ulteriormente l’esistenza, passando mesi a cercare
una scusa plausibile per poterla scaricare senza farle troppo male.
“Quand’era
cominciato quel suo particolare interesse per Malfoy?” Harry non
avrebbe saputo rispondere a questa domanda: era stato un processo
lento ed inesorabile, un “veleno” che lentamente era entrato in
circolo nel suo sangue, senza che lui
se ne potesse accorgere, se non quando ormai era troppo
tardi.
E
ora? Cosa avrebbe fatto se Malfoy fosse morto? La distruggeva non
sapere con esattezza quali fossero le sue reali condizioni. Dalla
frase del ragazzo seduto accanto al letto di Draco, Harry aveva
intuito che la situazione fosse grave, ma fino a che punto?
Di
fronte a questa prospettiva ad Harry mancò il fiato,
costringendolo a fare un profondo respiro in cerca dell’aria che
gli era mancata all’improvviso.
Hermione
si voltò verso di lui, richiamato da quel sospiro di sconforto.
-Tutto
bene Harry?-
L’ex
Grifondoro sentì l’impellente bisogno di alzarsi e di prendere
una boccata d’aria fresca.
Non
ce la faceva più a stare seduto a rimuginare sugli errori
commessi, senza poter far nulla per porvi rimedio. Era insofferente
e il suo malessere doveva essere piuttosto lampante, visto che
Hermione se n’era accorta senza nemmeno guardarlo.
Si
scusò con l’amica e
uscì dalla stanza. Non era decisamente il momento di assillarla
con i suoi problemi esistenziali, sapendola così preoccupata per
le condizioni di Ron.
Non
appena fu nel corridoio, Harry notò che la porta della stanza di
Malfoy era chiusa, ora. Si avvicinò, per cercare di udire la
presenza di qualcuno all’interno, ma tutto era silente.
“Possibile che i genitori di Draco se ne fossero già andati?”,
si domandò stupito.
Si
risolse a fare una cosa parecchio rischiosa, ma che in quel momento
gli parve l’unica possibile: aprire lievemente la porta, per
poter controllare all’interno.
La
luce era spenta e l’assenza di voci, fece ben sperare Harry che
Draco fosse stato lasciato da solo. Aprì la porta ancora di
qualche centimetro per sincerarsi che nemmeno il misterioso ragazzo
che vegliava Malfoy, fosse presente, prima di entrare e chiudersi
la porta alle spalle.