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Autore: Black cat    04/01/2007    4 recensioni
Uno scontro tra Mangiamorte e Auror come tanti, verità sopite che tornano alla ribalta infrangendo le certezze del bambino sopravvissuto....
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi di questa FF sono interamente di proprietà di quella santa donna di J

I personaggi di questa FF sono interamente di proprietà di quella santa donna di J.K. Rowling, della Warner Bros, della Salani, Della Bloomsbury (si scrive così???) e di vari altri editori.In questa storia, inoltre non sono presenti situazioni a sfondo pedopornografico o che possano in qualche modo offendere la pubblica sensibilità.

Verità negate

-1° CAPITOLO-

 

-Ce la farà dottore?-

-E’ presto per dirlo. Tutto ciò che potevamo fare l’abbiamo fatto, ora non resta che attendere. Se il signor Weasley supererà la notte, potrà considerarsi fuori pericolo, se cosi non fosse…beh!…- Il Medimago abbassò gli occhi, non riuscendo più a sostenere lo sguardo penetrante del giovane ragazzo di fronte lui. Prese un profondo respiro e si accomiatò.

Harry rimase impalato per qualche secondo guardando il dottore uscire dalla stanza, senza muovere un muscolo. Il rumore della porta che si chiudeva, lo riportò alla realtà.

Si voltò guardando il suo amico fraterno steso su quel letto d’ospedale, privo di sensi.

La luce asettica dei neon rendeva il suo viso più pallido del normale facendo risaltare in modo innaturale il color rosso fiamma dei capelli, che ricadevano disordinatamente ai lati del viso.

Prese una sedia e si accomodò al lato del letto, protendendosi in avanti e prendendosi la testa fra le mani. Sentiva ancora rimbombare nella sua mente le urla e lo stridore degli incantesimi dello scontro di quella sera. Nulla di anormale, era stato uno scontro come tanti fra Auror e Mangiamorte,. Da quando il Dark Lord aveva fatto ritorno,  gli scontri si susseguivano con una cadenza ormai allarmante, erano, come si suol dire, di routine. Questa volta però la battaglia era stata particolarmente cruenta e entrambe le fazioni avevano subito pesanti perdite. Chi era rimasto incolume, o  ferito solamente in maniera leggera, si era fatto carico di portare d’urgenza i colleghi più malridotti in ospedale. Era stato così che Harry si era smaterializzato con Ron fra le braccia nel centro di prima assistenza del San Mungo.

Nonostante non fosse la prima volta che Harry metteva piede in quell’ospedale, le pareti bianche e l’odore delle pozioni disinfettanti che impregnava quelle mura, riuscivano sempre a incutergli un certa malessere. Quante volte era stato lui ad essere sdraiato in un letto con i suoi amici e colleghi Auror a vegliarlo. Decisamente, si stupì a valutare, preferiva di gran lunga essere il degente piuttosto che dover passare ore in attesa senza sapere nulla. Non era mai stata una persona molto paziente e l’attesa era una di quelle cose che lo mandava su tutte le furie. Starsene lì senza poter far nulla per il suo amico lo stava facendo impazzire. Si augurò vivamente che Hermione arrivasse presto a dargli il cambio, in modo da poter scendere a prendersi un caffè; almeno così avrebbe ingannato un po’ il tempo.

L’adrenalina, che ancora scorreva nelle sue vene, cominciò lentamente ad abbandonarlo, lasciando il posto alla stanchezza. Si appoggiò con gli avambracci al bordo del letto, adagiandovi sopra la testa e chiudendo gli occhi.

Fu svegliato dopo poco dalla pressione gentile di una mano sulla sua spalla.

-Harry!…..Harry sveglia. Sono qui per darti il cambio.-

-Mmm…chi? Chi sei?… Ah….sei tu Hermione! Mi devo essere appisolato un attimo-.

Ancora con la mente obnubilata dal sonno, il ragazzo si alzò dalla sedia, regalando un sorriso lievemente imbarazzato all’amica appena arrivata.

-Come sta?-, chiese Hermione non cercando minimamente di nascondere l’apprensione che trapelava incontrollata dal suo tono di voce

-Il dottore dice che se supererà la notte sarà fuori pericolo, ma non ha detto di più-, replicò Harry con tono rassegnato.

-Vai a casa, ora?- continuò la ragazza

-No, preferisco rimanere qui con te, tanto a casa non c’è nessuno che mi aspetta.

Penso che andrò a prendermi un caffè, ne ho un gran bisogno. Vuoi che te ne porti uno?-

Hermione sorrise declinando l’offerta dell’amico e sporgendosi ad esaminare l’aspetto generale di Ron, che sembrava dormire placidamente.

Potter uscì dalla stanza avviandosi speditamente verso le macchinette magiche del caffè al piano inferiore. Aspettò il suo turno, poiché sembrava che l’intero ospedale si fosse dato appuntamento nel punto di ristoro, ma non appena riuscì ad avere una tazza fumante di quella nera bevanda fra le mani, si sentì subito rincuorato. “Incredibile come a volte, le cose più semplici siano quelle che ti danno maggior conforto”, pensò fra sé.

Rimase un attimo indeciso sul da farsi: se uscire a fumarsi una sigaretta oppure fare immediatamente ritorno nella stanza di Ron, ma il freddo pungente che proveniva dall’esterno lo fece desistere. Si incamminò lentamente al piano superiore, continuando a rigirarsi la tazza fra le mani, godendosi quel piacevole calore.

Arrivò al terzo piano, quello del suo amico, cercando di far meno rumore possibile per non disturbare gli altri degenti dell’ospedale. Nonostante le sue precauzioni però, quelle vecchie mura amplificavano esponenzialmente qualunque suono e i suoi passi rimbombavano per il lungo corridoio. Era quasi arrivato a destinazione quando la sua attenzione fu attirata dalla porta aperta della stanza accanto a quella di Ron. Non poté resistere alla tentazione di sbirciare all’intero e non appena i suoi occhi si abituarono all’oscurità riuscì chiaramente a vedere il profilo del giovane sdraiato sul letto, illuminato dai raggi lunari.

Per una frazione di secondo gli mancò il respiro, non si era reso conto, nel caos dello scontro, che anche Malfoy fossr rimasto ferito ed fosse stato portato in ospedale.

C’era un ragazzo con lui, seduto vicino al suo letto, di spalle ed Harry preferì nascondersi dietro allo stipite della porta per poter ascoltare le sue parole, senza essere visto.

-So che ce la farai Draco, te la sei sempre cavata. Hai sentito cos’ ha detto il dottore? Dipende tutto da te ora, dalla tua voglia di vivere e continuare a lottare….-

Le parole del giovane, però, si interruppero, soffocate da un singhiozzo disperato.

Harry provò pena per quel ragazzo, fino a quel momento non si era mai soffermato a pensare che, anche fra i temibili e spietati Mangiamorte, potessero esistere sentimenti come l’amicizia, l’amore ed il dolore. Che stupido che era stato! Presuntuoso da parte sua, pensare che solo gli Auror avessero l’esclusiva dei “buoni sentimenti”, no?

In quel momento si sentì così partecipe del dolore del giovane Mangiamorte, che quasi non si accorse che un gruppo di uomini, tra cui Lucius e Narcissa Malfoy, avevano appena imboccato il corridoio. Non sarebbe stato di certo consigliabile per lui, farsi cogliere in flagrante a spiare nella stanza del suo più acerrimo nemico.

Si scostò dal suo nascondiglio, infilandosi velocemente nella stanza di Ron, chiudendosi la porta alle spalle.

Hermione si voltò a guardarlo, sorpresa dalla sua irruenza.

-Tutto bene Harry? Sembra quasi che tu abbia visto un Dissennatore..-

-Eh?…Ehm..si-, balbettò Potter, cercando poi di darsi un contegno, -Lo sai chi c’è nella stanza accanto a questa?-

-Draco Malfoy-, replicò la ragazza con noncuranza, -Sei stato proprio tu a colpirlo durante lo scontro, ed è stato ricoverato qua d’urgenza. Non dirmi che non lo sapevi?-

-No…non l’avevo riconosciuto, aveva il cappuccio e la maschera, non potevo sapere che era lui-,  mormorò Harry, più a sé stesso, che non rivolto alla sua amica.

-Che c’è? Non ti sentirai mica in colpa, spero? Tu hai fatto semplicemente il tuo dovere, se non l’avessi colpito, lui avrebbe colpito te. Purtroppo è così che vanno le cose in battaglia.-

-No! Ma che dici!-, si affrettò a rispondere, quasi a voler scacciare l’evidenza dei sentimenti contrastanti che sentiva crescere in sé.

Si sedette su di una poltroncina accanto alla finestra, lasciando vagare il suo sguardo sul piccolo parco che circondava l’ospedale. Il sole era ormai tramontato e le luci arancioni dei lampioni, rendevano l’atmosfera abbastanza spettrale, nonostante  la confusione che regnava davanti all’ingresso del pronto soccorso.  Era un continuo andirivieni di medimaghi, che accorrevano ogni qual volta un “pop”, rivelava l’apparizione di un nuovo paziente  e quel giorno a causa dello scontro Auror/Mangiamorte di pazienti ce n’erano fin troppi.

Quella scena di quotidianità ospedaliera, però, veniva osservata da Harry con totale disinteresse, la sua mente era impegnata in tutt’altri pensieri. La scoperta di essere stato lui a colpire Malfoy e di averlo costretto in quel letto d’ospedale l’aveva destabilizzato.

Ciò che aveva azzerato ogni sua certezza era stato quel “NO!” che il suo cervello gli aveva urlato, nel preciso istante in cui Hermione gli aveva fatto notare la sua colpevolezza.

“Da quando, un Auror esperto come lui, si preoccupava di aver ferito o ucciso un Mangiamorte!?”

Ben presto Harry si arrese all’ evidenza dei fatti. Ciò che lo tormentava non era il fatto di aver colpito un Mangiamorte generico, ma di aver colpito IL Mangiamorte Draco Malfoy, suo nemico dai tempi della scuola e suo persecutore numero uno.

Almeno in questa occasione, aveva il dovere di essere sincero con sé stesso, visto che per anni non lo era stato, cercando con tutte le sue forze di far tacere la vocina insistente della sua coscienza che gli faceva notare che, in fondo, lui non odiava Malfoy, come voleva far credere a tutti. Oh, ce l’aveva veramente messa tutta per cercare di autoconvincersi del contrario, un vero e proprio training autogeno che l’aveva portato persino a mettersi insieme alla sorella del suo migliore amico.  Con quale risultato? Nient’altro che complicarsi ulteriormente l’esistenza, passando mesi a cercare una scusa plausibile per poterla scaricare senza farle troppo male.

“Quand’era cominciato quel suo particolare interesse per Malfoy?” Harry non avrebbe saputo rispondere a questa domanda: era stato un processo lento ed inesorabile, un “veleno” che lentamente era entrato in circolo nel suo sangue, senza che lui  se ne potesse accorgere, se non quando ormai era troppo tardi. 

E ora? Cosa avrebbe fatto se Malfoy fosse morto? La distruggeva non sapere con esattezza quali fossero le sue reali condizioni. Dalla frase del ragazzo seduto accanto al letto di Draco, Harry aveva intuito che la situazione fosse grave, ma fino a che punto?

Di fronte a questa prospettiva ad Harry mancò il fiato, costringendolo a fare un profondo respiro in cerca dell’aria che gli era mancata all’improvviso.

Hermione si voltò verso di lui, richiamato da quel sospiro di sconforto.

-Tutto bene Harry?-

L’ex Grifondoro sentì l’impellente bisogno di alzarsi e di prendere una boccata d’aria fresca.

Non ce la faceva più a stare seduto a rimuginare sugli errori commessi, senza poter far nulla per porvi rimedio. Era insofferente e il suo malessere doveva essere piuttosto lampante, visto che Hermione se n’era accorta senza nemmeno guardarlo.

Si scusò con l’amica  e uscì dalla stanza. Non era decisamente il momento di assillarla con i suoi problemi esistenziali, sapendola così preoccupata per le condizioni di Ron.

Non appena fu nel corridoio, Harry notò che la porta della stanza di Malfoy era chiusa, ora. Si avvicinò, per cercare di udire la presenza di qualcuno all’interno, ma tutto era silente. “Possibile che i genitori di Draco se ne fossero già andati?”, si domandò stupito.

Si risolse a fare una cosa parecchio rischiosa, ma che in quel momento gli parve l’unica possibile: aprire lievemente la porta, per poter controllare all’interno.

La luce era spenta e l’assenza di voci, fece ben sperare Harry che Draco fosse stato lasciato da solo. Aprì la porta ancora di qualche centimetro per sincerarsi che nemmeno il misterioso ragazzo che vegliava Malfoy, fosse presente, prima di entrare e chiudersi la porta alle spalle.

 

  
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