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Autore: shesfede    19/06/2012    11 recensioni
«Cosa sei?» chiesi di nuovo, sempre più spaventata.
«Lo sai» si rassegnò a rispondere.
Indietreggiai di nuovo, fino a scontrare una colonna che tagliava il corridoio. Scostai i capelli, impreparata e sconvolta per quello.
«Non può essere» mormorai, guardando il vuoto.
«Non può essere» dissi di nuovo, questa volta guardando lui.
I suoi occhi erano spenti, vitrei, quasi invisibili. Completamente diversi da come ero abituata a vederli. Un altro brivido mi percorse la schiena, facendomi raggelare il sangue.
«Se solo mi lasciassi spiegare…» provò ad avvicinarsi, ma lo scansai ancora prima che mi fosse vicino.
«Dillo» gli ordinai. Lui mi guardò, supplicandomi con gli occhi di non farlo.
«Dillo. Voglio che sia tu a dirmelo» non mi lasciai incantare, non più, e glielo chiesi di nuovo.
Lui inspirò, per poi buttare fuori l’aria assunta. «Sono un vampiro, Juliet.»
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Chapter two.
 

1864
Con il naso infilato tra le pagine dell’ultimo libro preso dalla biblioteca di palazzo, camminavo per i corridoi infiniti diretta nella mia stanza per dedicarmi meglio alla lettura di quel romanzo che tanto mi stava appassionando. Si trattava della storia d’amore di due giovani appartenenti a due ceti sociali diversi che, per vivere liberamente il loro amore, scappavano di casa, rinnegando per sempre le loro famiglie. Sorrisi al pensiero di quanto forte potesse essere quel sentimento, ma subito dopo mi rattristii, soffermandomi a pensare se esistesse davvero qualcosa di così forte come l’amore o se fosse soltanto frutto della fervida immaginazione degli scrittori.
Completamente assorta nei miei pensieri, continuai a camminare, fino a quando non scontrai con qualcuno, facendo cadere inevitabilmente il libro a terra.
«Sono mortificata, non vi avevo visto» mi scusai, chinandomi per raccoglierlo, ma qualcosa me lo impedì. Una mano lo aveva afferrato al posto mio e adesso me lo stava porgendo.
«Dovreste fare più attenzione quando camminate.» Alzai lo sguardo, fino a incrociare gli occhi del maestro di canto di Elle.
«Vi chiedo ancora perdono, ero sovrappensiero» mi ripetei, allungando la mano fino a sfiorare la sua e riprendere il libro. Quel contatto, così breve ma così intenso, mi provocò brividi lungo tutta la schiena. Mi irrigidii di colpo, cercando di mostrare indifferenza.
«Una così bella ragazza come voi non ha bisogno di scusarsi» disse, avvicinandosi a me. In quel poco tempo che aveva passato con noi, il signor Styles si era rivelato una persona educata, ma sfacciata all’occorrenza. Arrossii visibilmente a quel complimento, più che lusingata.
«Finirete col viziarmi con tutti questi complimenti, signor Styles» lo ammonii. Lui scosse la testa, sorridendomi dolcemente.
«Vi avrò pregato un miliardo di volte di chiamarmi Harry» mi ricordò, sorridendomi calorosamente.
«Avete ragione, lo avevo scordato.» Mi affiancai a lui, riprendendo a camminare per il palazzo. «Sbaglio o è l’ora della vostra lezione di canto con mia sorella?»
«Stavo giusto andando da lei» mi informò. «Vi andrebbe di farci compagnia, Juliet?»
Mi fermai e mi voltai verso di lui. «Ne sarei onorata, Harry» accettai, marcando il suo nome a dimostrazione del fatto che gli avevo concesso una certa confidenza.
«Seguitemi allora» disse, facendomi strada verso la stanza dove conservavamo il pianoforte.
I pochi domestici che si trovavano nelle nostre vicinanze osservarono la scena in silenzio, ma con occhi curiosi. Erano tutti dei gran pettegoli, questa non era certo una novità. Le donne, in particolar modo, si divertivano a sparlare la sera, quando la servitù si riuniva nei suoi alloggi. Probabilmente l’argomento di quella sera sarebbe stato lo scandalo della figlia del duca e dell’insegnante di canto, ma poco mi importava. Non mi ero mai fatta condizionare da questo genere di cose e non avrei di certo iniziato in quel momento.
 
«Spero che possiate scusare mia sorella, in quanto a puntualità ha preso da me.» Sorrisi calorosamente ad Harry, sperando che non si infastidisse del fatto che Elle fosse in ritardo per la lezione. Mi accostai alla finestra, soffermandomi a guardare l’immenso giardino che si apriva davanti ai miei occhi.
«State tranquilla, sono certo che sarà qui a momenti» mi rispose gentile.
Al suono della sua voce bassa e calda mi voltai. Lo osservai in ogni suo movimento, mentre si accomodava al pianoforte e intonava una dolce melodia, accompagnandola con il suo bel canto.
I capelli ricci, raccolti in un codino come da copione, ricadevano comunque sul suo dolce viso, formando dei simpatici boccoli. Gli angoli della bocca erano curvati leggermente verso l’alto, accennando un tenero sorriso. I suoi occhi, invece che ai tasti, erano rivolti verso di me. Erano verdi, talmente profondi che sembravano essere due smeraldi incastonati. Era di una bellezza unica, tanto che sembrava irreale.
Rimase concentrato su di me, anche quando ebbe terminato di suonare. I nostri occhi sembravano completarsi in quel gioco di sguardi e ammiccamenti.
«Avete un talento straordinario, Harry» gli confessai, avvicinandomi a lui.
«Come tanti altri, del resto il mondo è pieno di talenti.»
«Oh, perché dite così? Non dovreste sottovalutarvi, credetemi.» Accennai a volermi sedere al suo fianco e lui intuì subito quali fossero le mie intenzioni, così si spostò leggermente sulla sinistra, lasciandomi una porzione libera di sgabello. «La vostra voce ha qualcosa di… ammaliante oserei dire.»
«Siete una ragazza incredibilmente splendida Juliet, ve lo hanno mai detto?» Sorrisi imbarazzata, chinando il capo verso le mie mani poggiate sui tasti bianchi. Poco dopo, le mie dita furono sfiorate da qualcosa di soffice, anche se leggermente freddo. La mano di Harry accarezzava la mia, noncurante del fatto che qualcuno potesse sorprenderci in quell’attimo, così innocente eppure così condannabile.
«Ehm, ehm.» Trasalii, alzandomi immediatamente quando ebbi notato Elle ferma sulla soglia della porta.
«Scusate, non volevo interrompere» disse educata, guardandomi con fare interrogativo.
«Tranquilla, io e il tuo maestro stavamo parlando di musica» cercai di convincerla di ciò, mentre mi alzavo e mi avvicinavo a lei. «Non è vero, signor Styles?»
Lui mi assecondò con un cenno leggero del capo. «Certamente. È stato un nobile gesto da parte sua farmi compagnia nell’attesa di sua sorella, signorina.»
Lo guardai, incantata ancora dal suo sguardo magnetico. «È stato un piacere» risposi, accennando un inchino per poi lasciare i due alla loro lezione di musica.
 
2012
Lo fissavo stordita stando completamente schiacciata contro al muro. Non ero spaventata da lui, ero solo… sorpresa. Dopo il nostro ultimo incontro credevo che non lo avrei mai più rivisto. Era passato più di un secolo dall’ultima volta in cui avevo incrociato quelli occhi verdi e adesso me li ritrovavo davanti, che mi scrutavano da capo a piedi curiosi e bramosi.
«Cosa ci fai qui?» dissi fredda, quasi di pietra, non appena ebbi trovato la forza di parlare.
«Dopo 148 anni è così che mi accogli? Pensavo in qualcosa di più caloroso» sogghignò, avvicinandosi a me con passo da predatore. «Come un abbraccio» continuò provocatore. «O un bacio» disse infine, quando mi ebbe raggiunto.
Sfiorò una mia guancia con il dorso della sua mano e io mi affrettai a spingerlo via. «Non toccarmi» lo schifai, piazzandomi nel lato opposto della stanza per averlo il più lontano possibile da me.
«Juliet, Juliet, Juliet» ripeté il mio nome scuotendo la testa «o forse dovrei chiamarti Destiny?» Lo guardai, serrando la mascella e chiudendo i pugni. Sapevo che tornando a Cambridge per lui sarebbe stato facile trovarmi, ma dopo tutto quel tempo passato a nascondermi da lui ero convinta che avesse rinunciato al  mio inseguimento.
«Sai, se solo la smettessi di scappare da me e ti fermassi un attimo ad ascoltare quello che ho da dirti magari la smetteresti anche di odiarmi» disse ancora, assumendo quell’aria da presuntuoso che non gli donava per niente.
«Cosa ci fai qui, Harry? Voglio sapere solo questo.» Lo guardai mentre perlustrava la mia cucina, del tutto a suo agio, a differenza mia, che improvvisamente mi sentivo fuori luogo.
«Dovresti saperlo il perché, Juliet.» Alzai lo sguardo, incontrando il suo fisso su di me. Nonostante il tempo, quello sguardo riusciva ancora a mettermi in soggezione, così fui costretta a spostarmi nuovamente dal punto in cui mi trovavo.
Mi accostai alla finestra, guardando i nostri volti riflessi nel vetro. L’Harry che avevo davanti era all’apparenza completamente diverso da quello che avevo conosciuto, eppure c’era qualcosa di così familiare in lui che mi riportava indietro negli anni. Forse si trattava del suo sorriso, caloroso oggi come allora, o forse dei suoi occhi che, per quanto mi facessero sentire male, erano di una bellezza indescrivibile.
«Credevo di essere stata abbastanza chiara durante il nostro ultimo incontro» mi voltai quando tornai in me. «Non voglio più averti nella mia vita, Harry» terminai decisa, incamminandomi verso l’uscita della stanza.
«Juliet aspetta» mi fermò, stringendomi per un braccio. Anche se lo nascosi, rabbrividii quando la sua pelle fu nuovamente a contatto con la mia. Guardai la sua mano, poi lui, intimandogli con lo sguardo di mollare la presa. E così lui fece.
«Mi dispiace, ma non ho intenzione di lasciarti andare adesso che ti ho ritrovato» disse deciso, puntando i suoi occhi nei miei per l’ennesima volta. «Ho bisogno di parlare con te, di spiegarti quello che non mi hai dato la possibilità di fare in passato.»
Cercò le mie mani, ma gli impedii di stringerle nelle sue. Non dovevo cedere, non potevo ricadere nella sua trappola. «Non hai scelta Harry, devi lasciarmi in pace e basta.»
Un rumore proveniente dalle scale catturò la mia attenzione. Mi concentrai per qualche secondi e riuscii a distinguere la voce di Jenn canticchiare mentre saliva le scale. «La mia coinquilina sta per arrivare, faresti meglio ad andartene.»
Lui non parve ascoltarmi e, invece che lasciare l’appartamento, si avvicinò ancora di più a me. Continuava a guardarmi intensamente e stavo quasi per impazzire. Non era facile sopportare le sue occhiate e io non ero mai stata brava a farlo. «Non finisce qui Juliet, dovrai ascoltarmi che tu lo voglia oppure no» mi sussurrò, prima di sparire nello stesso modo in cui era tornato nella mia vita.
 
Quella mattina mi alzai di mal umore. Durante la notte non ero riuscita a chiudere occhio perché avevo pensato costantemente ad Harry. Lui era sempre stato il mio più grande dilemma, se non l’unico. Se scavavo nel mio passato mi accorgevo che i ricordi più belli della mia vita erano legati a lui, così come quelli peggiori. Non era mai stata una storia facile la nostra, anzi tutt’altro, eppure quel sentimento che un tempo ci legava era così forte da farci credere che nessuna barriera fosse imbattibile. Nessuna barriera, tranne quella che alla fine era riuscita a dividerci. Più che la verità, non ero stata capace di comprendere la sua reazione di quella notte e forse non sarei mai stata capace di accettarla e lasciarmela alle spalle. 
«Signorina White, sarebbe così gentile da dirmi di cosa stiamo parlando?» Il professor Coleman si fermò davanti al mio banco, incrociando le braccia al petto in attesa di una mia risposta. Era ormai dall’inizio dell’anno che provava a mettermi in difficoltà coi suoi trucchetti da insegnante furbo e scaltro, ma nonostante i numerosi fallimenti insisteva nel non arrendersi.
«Il giallo di Cambridge, signor Coleman.» Sorrisi vittoriosa non solo perché sapevo di aver indovinato l’argomento, ma anche perché, modeste a parte, quella era la mia vita.
«Bene» rispose evidentemente infastidito. «Sarebbe così gentile da illuminarci con il racconto del, come lo chiama lei, ‘giallo’?» Si aggiustò gli occhialetti da intellettuale che portava sul naso, tornando a sedersi alla sua cattedra.
Mi schiarii la voce per creare una cerca atmosfera da teatro e feci come richiesto. «Era il 1864, a Cambridge a regnare erano i duchi Harris, un’antica famiglia nobile fondatrice della città stessa. Il duca William Harris e sua moglie, Caroline Felton, avevano due figlie: la maggiore, Juliet, e la più piccola, Gabrielle. Fu la scomparsa della primogenita a far nascere la leggenda di cui tutt’oggi si parla. Le tesi più attendibili raccontano che la giovane sia stata uccisa da un servo che si era invaghito di lei. Purtroppo però il corpo della ragazza non venne mai ritrovato, ma le chiazze di sangue viste il giorno dopo la sua sparizione lasciano poco a pensare.»
Il professore teneva gli occhi puntati su di me, nella speranza che io sbagliassi qualcosa. Ma per sua enorme sfortuna io non commettevo mai il genere di errori da lui desiderati. La storia da me raccontata, la storia narrata nei libri, era totalmente differente dalla realtà, ne ero cosciente. Ma se quella era la versione ufficiale non sarei stata di certo io a smentirla.
«Mi dispiace doverti contraddire, ma questa è solo una delle tante versioni del racconto.» Se il sangue fosse stato ancora in circolo nelle mie vene, si sarebbe raggelato al suono di quella voce rauca e calda, pietrificante e tagliente allo stesso tempo.
«Altri storici meno accreditati, ma pur sempre competenti, hanno ideato un’altra teoria, secondo la quale Juliet Harris non morì veramente, bensì inscenò la sua morte per poter così scappare con l’amore della sua vita che, a differenza di quanto hai detto tu, non era un servo ma un uomo di corte. Si vocifera che si trattasse del maestro di canto di palazzo, del quale la bella Juliet fosse stata attratta sin dal primo istante.» Raccontò quella storia, la nostra storia, come se stesse recitando a memoria la trama di The Vampire Diaries o peggio, la saga di Twilight. Aveva programmato tutto, ne ero certa, dalla mia interrogazione alla sua entrata in grande stile nell’aula. Certo, sapeva come stupire.
«Mi scusi, lei è?» Il professor Coleman lo osservò dall’alto in basso, cercando di capire se lo avesse già incontrato. Cosa sicuramente ovvia, visto che la sua mente era stata controllata dal riccio. Ma questo lui certamente non lo avrebbe mai ricordato.
«Chiedo scusa» disse tirando su lo zaino dalla spalla destra. «Styles, Harry Styles» si presentò, avvicinandosi all’insegnante e consegnandoli uno di quei foglietti che ti danno in segreteria quando sei nuovo.
«Oh certo, Styles!» esclamò come se avesse appena avuto un colpo di genio. «Il ragazzo dal Chesire» disse fra i suoi pensieri. «Si accomodi pure nel primo banco libero che trova.»
Harry si voltò a guardare l’aula davanti a lui. Gli occhi di entrambi caddero purtroppo nel banco vuoto al mio fianco. In quel momento mi stavo chiedendo se il fatto che Liam si sentisse poco bene quella mattina per venire a scuola fosse vero oppure opera sua. A differenza di quanto mi aspettassi, si venne a sedere in completo silenzio, limitandosi solo a qualche occhiata nella mia direzione.
Il professore, tempo qualche minuto trascorso a scrivere alla lavagna, attirò nuovamente l’attenzione su di me. «Juliet Cassandra Katherine Victoria Harris Felton» lesse con voce teatrale quello che aveva scritto. «Voglio che facciate una ricerca sul suo personaggio e sulla sua storia. Siete pregati di non limitarvi al racconto, ma di esporre anche le vostre teorie personali al riguardo. Voglio la tesi entro due settimane sulla mia cattedra, ne varrà un terzo del vostro voto finale.»
La campanella suonò un istante dopo che Coleman finì di parlare, lasciandoci tutti liberi di sfuggire da quell’inferno. Mi alzai di corsa, sperando di riuscire a scappare da Harry un’altra volta.
«Dove credi di andare?» mi fermò, strattonandomi per un braccio quando mi trovavo in corridoio e portandomi dietro ad un angolo apparentemente isolato.
«Il più lontano possibile da te» gli ringhiai contro, rischiando quasi di mostrare i canini tanta era la rabbia che provavo a causa sua.
«Non puoi scapparmi in eterno Juliet» mi disse serio, fermandosi davanti a me in modo che non potessi andare via.
«Ho un’altra vita adesso, stanne fuori.» Lo guardai dritta negli occhi, sperando che quella finta sicurezza riuscisse ad intimidirlo almeno un po’. Speranza inutile, direi, dato che sul suo viso non apparve alcun segno di cedimento ma anzi, ridacchiò anche.
«Come ti fai chiamare adesso? Destiny, giusto?» Il suo tono di voce strafottente riemerse, facendo ribollire la rabbia in me al solo pensiero che lui potesse entrare a far parte della mia nuova vita. Anche se ormai era troppo tardi per impedirglielo.
«Ho chiuso con il passato, Harry. Ho una nuova vita e dovresti fartene una anche tu.» Con un gesto deciso e forte, gli feci mollare la presa in modo da essere libera. Feci per andarmene, ma lui con un gesto presuntuoso mi riportò a lui, sbattendomi contro il muro e mettendomi in trappola.
Quella situazione fece riaffiorare il flashback della notte in cui morii tra i miei ricordi. Il suo sguardo lasciava intravedere la stessa disperazione e tristezza di quella volta. Un brivido mi percorse la schiena a causa di tutti quelli eventi.
«Non posso, non senza di te» sussurrò ad un soffio dalle mie labbra. Questa volta la sua voce era diversa, questa volta era carica di sentimenti. Invece del solito tono piatto e arrogante, era tremante e dolce, oserei dire. Il suo sguardo non era più rigido, ma quasi dolce e cercava disperatamente il mio. Mi parve anche di intravedere un sorriso sincero, ma non ebbi abbastanza tempo per constatarlo.
Sbattei le palpebre per una frazione di secondo, ma lui era già sparito. Era fatto così, Harry. Lanciava la bomba e poi lasciava che le conseguenze esplodessero quando lui era ormai fuori pericolo. Lo aveva fatto questa volta, lo aveva fatto la sera prima e lo aveva fatto anche centoquarantasei anni fa. Eppure in quel momento, ancora con le spalle al muro, sentivo qualcosa di diverso muoversi in me. Era una strana sensazione, familiare e anche abbastanza piacevole. Come se qualche sentimento positivo stesse rinascendo in me. La mia vita era già stata sconvolta una prima volta con l’incontro con Harry, e adesso la mia esistenza stava avendo la stessa sorte con il suo ritorno.


here i am:

forse sto aggiornando troppo in fretta, forse no.. chi lo sa LOL no sul serio, questa storia mi ha preso da matti e muoi dalla voglia di sapere cosa ne pensate :)
mi dispiace che qualcuno pensi che la trama sia stata copiata da quella di the vampire diaries, perchè non è affatto così >.< e leggendo ve ne potrete rendere conto anche da soli u.ù il prologo si, quello è abbastanza simile, ma anche perchè come ho già detto ha preso l'idea dalla serie, ma nient'altro. fine. 
ringrazio non solo voi che recensite, ma anche quelle che hanno già messo la storia tra le seguite/preferite! siete splendide, sul serio! *-*
vi ricordo che se volete essere aggiornate sui capitoli postati dovete lasciarmi il vostro nick twitter nella recensione, altrimenti non so proprio come trovarvi :S
beh, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, grazie ancora! xx

 

   
 
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