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Autore: Mikky    19/06/2012    1 recensioni
Siamo in orbita sulla Terra, ma non riusciamo a passare. Forse meglio fare retromarcia e…No, non si può! Fantastico! Siamo bloccati in una barriera di contenimento, o qualcosa del genere. È composta da due barriere, che fanno da intercapedine…E’ magnifico! Per muoverci dobbiamo passare una specie di controllo, probabilmente…
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 10, Donna Noble, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Al ministero

Donna si era messa uno dei migliori vestiti che aveva trovato nell’enorme cabina armadio che c’era nel TARDIS. Voleva avere un abbigliamento adeguato al luogo dove sarebbe andata. Varcò la soglia della cabina blu aspettandosi il solito sorriso del suo adorato Dottore, ma non lo trovò.
“Dottore?” lo chiamò un po’ confusa. Sperava che non l’avessero abbandonata sulla Luna.
Avanzò nell’enorme officina, cercando di ricordarsi la strada per raggiungere il salotto dove aveva bevuto il the con gli altri la sera prima. Fece alcuni metri, quando all’improvviso sentì il trillare divertito del suo compagno.
“Brillante!”.
“Dottore…”.
L’uomo era circondato da cavi e chip, frammenti di macchinari e tante altre cose. Il Dottore continuava a far passare il cacciavite sonico sui meccanismi che aveva intorno a lui. Alzò lo sguardo e le sorrise.
“Buongiorno, Donna!” trillò gasato.
“Che stai facendo?”, Donna era scioccata. Era tutto…stropicciato!
“Sto studiando, conoscendo…Questi aggeggi sono…”.
“Siamo in ritardo!” urlò Hope avanzando rapidamente verso di loro sistemava la cintura con gli attrezzi sul fianco “Su, su, muoversi!”.
“Ma come?” chiese Donna “Vieni vestita così?! Capisco il Dottore, ma tu…sei stata convocata…”.
“E allora?” domandò Hope, mentre si sistemava in mezzo ad un arco, vicino a una console.
Il Dottore si posizionò vicino a lei con le mani ficcate in tasca “Non l’hanno convocata per prendere un the insieme, bensì per riparare qualche cosa. Quindi perché vestirsi eleganti?”.
“In effetti…” Donna si avvicinò a loro. Sapeva già cosa sarebbe successo, l’aveva visto già quell’apparecchio. L’aveva costruito una specie di ragazzino supergenio sulla Terra e l’avevano anche provato in una delle loro tante avventure. Era un teletrasporto.
“Interessante, costruito da sola?”.
“No, con l’aiuto degli omini verdi di Marte” rispose la ragazza, mentre schiacciava alcuni tasti sulla console.
“Omini Verdi? Esistono davvero?” chiese Donna confusa.
“No, non esistono. Hope non è mai stata molto brava ad usare il sarcasmo”.
“Antipatico! Be’, allora, Allons-y”.



Si ritrovarono in mezzo ad un corridoio completamente bianco. C’era solo un ragazzo davanti all’arco, probabilmente attendeva loro, con un completo scuro, che avrebbe fatto invidia a un Man in Black dei film.
“Signorina Hope”.
“Sì, sì, portarmi nella sala di controllo. Prima faccio il mio lavoro prima torno a casa!”.
Il ragazzo cominciò a camminare, percorrendo il corridoio. Era completamente deserto, cosa molto strana poiché doveva essere un ministero che riguardava lo sviluppo delle nuove tecnologie. Si fermarono davanti ad una parete. Si aprì un varco e il gruppo lo attraversò.
Finalmente si ritrovarono in mezzo agli uffici del ministero. C’erano molti uomini e donne che giravano portando in mano vere e proprie torri di fogli.
Il Dottore inforcò i suoi occhiali e cominciò a studiare ogni persona che gli passava di fianco mentre continuava a camminare per il corridoio.
Il loro accompagnatore si fermò e li fece entrare in una sala. Donna rimase a bocca aperta quando vide che cosa conteneva. Sembrava una sala di controllo degna dell’UNIT o della NASA. Enormi schermi illuminavano la stanza con la loro luce bluastra. Enormi console percorrevano la stanza, munite di controlli e schermi che davano precise informazioni su chissà che cosa…
Il ragazzo chiuse la porta dietro di loro, con un tonfo, che fece girare Donna spaventata.
“Io…”
“Shhh!” fece il Dottore sottovoce “Fra poco”.
Hope si avvicinò ad una console e sfiorò con le dita i pulsanti “Sì, mi sa che…Sentite!” urlò rivolta verso il soffitto “Mi serve un bel po’ di energia, quindi spegnerò le telecamere, solo di questa zona…Insomma, come al solito, ma questa volta sarà per un po’ più di tempo. ‘Notte ragazzi!”.
“Con chi stai parlando?” domandò Donna rivolta al Dottore, continuando a sussurrare.
“Potete parlare tranquillamente, nessuno ci sentirà. Siamo isolati”.
“Immagino che vedrai grazie a qualche programma se qualcuno proverà ad attivare la sorveglianza” dedusse l’uomo mentre si avvicinava a lei.
“Più o meno” Hope si tolse la felpa enorme, rimanendo, così, con una semplice maglia addosso. Si sedette a una console e cominciò a spingere alcuni bottoni.
La donna che li accompagnava si avvicinò a loro “Scusami, ma non avevi detto che gli umani stavano sparendo?”.
“Be’, erano voci”.
“Ma quel ragazzo ti conosceva?”
“Hope, facciamo una cosa intelligente, che cosa è successo dopo che me ne sono andato?” domandò il Dottore, sedendosi vicino a lei.
“Hanno preso il controllo dei sistemi della difesa. Mi hanno chiamato più volte per sistemare i circuiti e le navicelle che sorvegliano l’atmosfera e il campo gravitazionale. Ma sono sempre venuta di notte, quindi non ho mai visto la gente e quelli che ci lavorano”.
“Ma allora non sono alieni” disse Donna “cioè, sono ancora vivi, non stanno sparendo”.
“Non penso siano umani, Donna. Sembrano ma non lo sono. Cosa possono essere?” chiese retoricamente il Dottore, guardando il soffitto e dondolandosi sulla sedia.
“Scusate, ma stanno controllando che cosa sto facendo e…” spinse un tasto a caso e un enorme schermo si accese dietro Donna “non voglio dargli un motivo per venire a controllare”.
Lo schermo si accese. Dopo pochi secondi nello schermo apparve l’immagine della Terra, ma, invece di essere del suo caratteristico colore, che gli aveva valso il sopranome di Pianeta Azzurro, era circondato da un alone rosso, percorso da alcuni filamenti bianchi. Ogni intanto in mezzo a quel mare di rosso passava un piccolo pallino nero.
“Che cos’è?” chiese il Dottore appoggiando i gomiti sulle ginocchia e unendo le mani.
“La Terra e tutto ciò che la circonda. Quella rossa è la barriera che vi ha bloccato. È crepata, è per questo che mi hanno chiamato”.
“E quelle cose? Quei puntini che ogni tanto si vedono?” Donna si sistemò vicino a loro e guardò lo schermo.
“Sono delle navicelle che contengono i motori per mantenere lo schermo di difesa acceso e attivo”, la ragazzina si girò e cominciò a digitare qualcosa. A Donna sembrò di essere tornata indietro, a quando faceva il corso per diventare segretaria, non aveva mai visto nessuno battere così velocemente su una tastiera.
“Di che tipo sono queste navi?” chiese il Dottore guardando lo schermo.
“Sono…Erano navi da salvataggio, ma le hanno sequestrate prima che partissero per la loro missione”.
“Ma quelle navi dovevano aiutare delle persone! Come hanno osato prenderle?” chiese Donna.
“Loro possono tutto!” borbottò il Dottore.
Hope all’improvviso alzò lo sguardo dalla tastiera e guardò lo schermo. Era confusa e sembrava preoccupata “Non si può riparare…”.
“Meglio così, no?” disse Donna.
“Dipende da cosa volete fare” rispose qualcuno dietro di loro.
I tre si girarono sorpresi trovandosi davanti ad un uomo in giacca e cravatta. Sembrava un uomo piuttosto burbero e cupo.
Donna si avvicinò al Dottore, che aveva messo le mani in tasca e lo guardava con il suo solito sguardo indagatore. Hope si era alzata lentamente, stava leggermente tremando, ma era così impercettibile che nessuno sembrò accorgersene.
“Buongiorno, Ministro!” rispose la ragazza cupa.
“Ah, allora è lei il famoso Ministro? Piacere, io sono il Dottore…”.
“Che ci fa un estraneo nella sala di controllo della difesa?” chiese l’uomo, continuando a tenere le braccia incrociate dietro la schiena.
“E’ un mio amico, mi sta aiutando a sviluppare un nuovo campo difensivo. Ha bisogno di meno navi per il segnale ed è più efficace. In teoria dovrebbe rompersi meno…” Hope si perdeva a descrivere dettagli tecnici con gli occhi persi nel vuoto. Per qualsiasi persona sarebbero sembrati sparati a caso, tanto per prendere tempo, ma per chi era un esperto in materia sarebbe stato un idillio.
Il Dottore avrebbe scommesso 200 sterline che se fosse esistito veramente un campo difensivo così, chiunque sarebbe riuscito a comprarlo o ad avere anche solo il prototipo non avrebbe più dovuto temere un attacco nemico.
“Ma è qui senza permesso!” sbottò il Ministro “Lo sa, che non mi piacciono gli sconosciuti!”.
“Mi scusi….”
“Oh” sospirò il Dottore, venendole in aiuto “andiamo! Le ha appena detto che voleva migliorare i motori, non le sembrava un ottimo motivo per portare qualcuno di capace qua dentro!”.
“Ha mai sentito il detto ‘Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio’? Io non mi fido mai, per nessun motivo, di qualcuno che non conosco!”.
Il Dottore fece un passo verso di lui e gli porse la mano “Il Dottore e lei è Donna Noble. Adesso non siamo più sconosciuti!”.
Il Ministro guardò la mano che gli veniva offerta in modo schifato, alzò lo sguardo e guardò di nuovo la ragazzina.
“Comunque non è solo di questo che volevo parlare con lei, signorina Hope. Ho un altro incarico per lei. Mi segua!”.
Il Ministro si girò e uscì dalla porta. I tre furono, così, obbligati a seguirlo.
Il Dottore strinse la mano della ragazzina, cercando di infonderle coraggio, perché ora lo vedeva chiaramente il tremore che la percuoteva. Era sempre stata una peste, coraggiosa e vivace, e se tremava voleva dire che c’era veramente un pericolo nell’aria.
Presero un ascensore piuttosto grande che li condusse a circa cinque piani più sotto a quello precedente. Quando uscirono si ritrovarono nuovamente in corridoi bianchi, senza un filo di colore. Sembravano quelli di un ospedale.
“Avete mai pensato di mettere un po’ di colore qua e là? Darebbe più allegria!” disse il Dottore sorridendo, cercando anche di rompere il pesante silenzio che si era andato a creare.
“Il colore non serve” sbottò il Ministro “Questo è un corridoio che viene utilizzato solo nelle grandi occasioni e non si ha mai il tempo di fermarsi per guardarsi in giro per ammirare stupidi quadri!”.
“I quadri non sono stupidi!” protestò Donna.
“Per il mio popolo sì!”.
“Da dove venite?” chiese il Dottore curioso. Ora poteva conoscere la provenienza di quei tipi e aiutare maggiormente la sua piccola amica.
“Da un pianeta lontano, esploso ormai 400 anni fa. Quelli che popolano questo pianeta sono i pochi rimasti!”
“E questo Pianeta vi ricordava casa?”.
“In parte. La vegetazione e l’atmosfera sono simili, ma per quanto riguarda il tempo…non si avvicina nemmeno lontanamente!” disse l’uomo.
“Non capisco!” ammise Donna.
“Un anno, per la mia gente, corrisponde a venti di questo pianeta.” spiegò il Ministro “Ma adesso basta con queste domande”
Hope, intanto, si era fermata appena aveva sentito il corrispondere degli anni del pianeta di provenienza di quegli alieni a quelli della Terra. Il Dottore le fece segno di continuare a camminare. Che non se ne fosse accorto? Che non avesse capito?
La giovane ricominciò a camminare e si aggiunse alla silenziosa comitiva. Continuavano a camminare per un'altra mezz’ora e alla fine arrivarono alla metà. Era una stanza con pareti completamente di vetro, così permetteva alla gente di vedere all’interno.
Donna emise un gemito rocco, mentre il Dottore e Hope rimasero ad osservare cupi. Quello era uno spettacolo tremendo.
Dentro la stanza c’erano dei bambini che si allenavano con armi che avevano tutto forche l’area di essere finte.
“Loro sono i nostri futuri combattenti!” disse orgoglioso il Ministro “Mia cara Hope, voglio che tu costruisca una tecnologia in grado di allenare i nostri ragazzi ad una guerra”.
“Una domanda” fece Hope “Come dovrei fare? Se provo a fare qualcosa rischio di fare qualcosa di pericoloso o di traumatizzante!”.
Il Ministro rise “Nessuno di loro si traumatizzerà, stanne certa! Hanno combattuto contro gli umani e hanno visto il colore del sangue. Sono i più forti, quelli che hanno superato la prova”.
“E quelli che non superano la prova?” domandò il Dottore.
“Abbandonati, con le loro madri in qualche pianeta”.
“Come avete potuto!” urlò Donna “Erano bambini! Non avete cuore!”.
“Donna, sono le loro usanze” le ricordò il Dottore, appoggiandole una mano sulla spalla.
“Esatto, sono le nostre usanze. 18 anni fa, o meglio 360 anni fa del mio pianeta abbandonai mia figlia e la mia compagna in un pianeta, perché non era una combattente. Non aveva superato la prova!”.
“Dove?” domandò Hope.
“In un pianeta pronto ad esplodere nella galassia di Andromeca. Non mi ricordo il nome, ma non ha importanza, in fin dei conti non è più in nessuna mappa galattica!” rispose l’uomo con leggerezza.
Non gli importava proprio nulla della sua famiglia, che aveva abbandonato.
A Hope invece interessava. Fece un passo indietro, mentre nella sua mente iniziavano ad apparire datti, numeri, calcoli…Non ci poteva credere!
Guardò nuovamente i bambini e capì. Nella sua testa apparve la soluzione, che faceva male. Cosa poteva fare se non scappare? E così cominciò a correre verso il teletrasporto.



Al ministero


Angolino tutto mio
Grazie mille MARS88 per aver recensito!! Nel prossimo capitolo risponderò a tutte le tue domande, intanto ti lascio ancora un po’ sulle spine XD un bacione!!!
  
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