Il mio letto era praticamente una nicchia al secondo piano della mia piccola casa nel centro storico, e purtroppo la dividevo con la diabolica sorella.
Non mi era mai capitato di condividere la camera con mia sorella e per me era del tutto insopportabile.
Tutto era del tutto insopportabile!
Era insopportabile il fatto che la nostra piccola casetta fosse a soli tre piani e senza alcun giardino; era insopportabile l’odore di pesce che penetrava dalle finestre tutte le mattine; insopportabile il ronzio sommesso di mia sorella che dorme nella mia stessa stanza e le scale a chiocciola scricchiolanti che portavano al terzo piano; era insopportabile il caldo appiccicoso che penetrava in casa e dal quale non c’era via di fuga ; era insopportabile anche la pessima pronuncia italiana della vicina di casa Tedesca
E, cosa più insopportabile di tutte , il mare.
Fuori c’era il mare, sempre il mare e i vecchietti giocavano a carte e parlavano del mare, era ovunque!
- Pace fratello! Anche oggi in casa come un asociale emarginato? Io sto uscendo!- trillò felice mia sorella cercando la sua borsa da mare sotto il suo grande letto dall’ inferriata nera e dai lenzuoli rosa.
Molto probabilmente diventerà una sirena, fuggirà da questa schifosa casa e si sposerà con uno di quei pescatori sdentati nel mare.
E vissero tutti felici e contenti, amen.
- Fatti i cavoli tuoi Angela. – grugnii io nascondendo la testa sotto il cuscino.
- A-so-ci-a-le- sillabò lei afferrando la borsa e correndo fuori.
Mamma ebbe un attacco di panico nel vedere il suo asociale figlioletto uscire con le mani in tasca, sbattendo sonoramente la porta.
Mentre scendevo le vecchie scale in pietra che portavano al portone sentii mia madre affacciarsi al pianerottolo.
- Diego? Dove vai?- chiese febbricitante.
- Fuori ma. Stammi bene- le dissi.
- Divertiti!-
Era tutto appiccicoso, la pelle era appiccicosa, i capelli fortunatamente no.
I vecchietti che sentivo ridere tutte le mattine erano sempre più rumorosi , là al bar, a farsi qualche caffè disgustoso ed annacquato davanti a giornali logori.
Le campane dell’unica chiesa risuonarono le quattro e mi decisi ad attraversare la piazza per dirigermi al bar verso il molo, l’unico posto riparato da sguardi indiscreti.
In più la barista era una gran figa , e non sembrava povera per niente.
La fame mi logorava, e sapevo che c’era un po’ da camminare, ma non potevo correre il rischio di incontrare mia sorella.
Trovai il bar dopo un po’, ma fui sollevato di immergermi nella sua aria fresca.
Alla televisione all’angolo davano RTL.102.5 , la cosa mi fece pensare che anche là c’era gente civilizzata che conosceva la televisione.
Quella fu la prima volta in cui incontrai Isabella e Manuel.
Erano gli unici nel bar; seduti insieme al tavolino all’angolo , avevano davanti un bicchiere di Coca Cola gelata e una lattina di acqua brillante, ed entrambi mi spiavano nascondendosi dietro una gazzetta dello sport che fingevano di leggere.
Naturalmente li trattai con sufficienza e mi diressi spedito al bancone ordinando un MojitoSoda, che fa sempre bella figura.
Con la coda dell’occhio intravidi i due scambiarsi delle occhiate strane ,guardare me, per poi abbassare lo sguardo sui loro bicchieri appena intercettavano il mio sguardo.
Afferrai la soda e finsi di guardare il televisore.
Con la coda dell’occhio vidi nuovamente Isabella, e mi pare di capire che si stesse alzando, così, preso dal panico uscii dal bar.
Quei due mi guardavano come se fossi un alieno, forse mi stavano per insultare, pertanto avevo fatto bene ad uscire e a trattarli con sufficienza.
Uscito, il vento caldo tirava affannosamente sui miei capelli, così mi sedetti su un pilastro vicino al molo, rassegnato ormai alla mia sorte.
- Ciao- disse una voce dietro di me.
Era un ragazzo alto dai folti capelli neri e il naso aquilino che svettava in tutta la sua figura.
- Ciao- gli risposi.
- So che sei nuovo. Me l’ha detto tua sorella. –
- La conosci?-
- Chi, Angelica? Sì, bella tipa- disse senza guardarmi.
- Chi sei tu?- mi chiese ancora senza guardarmi.
- Beh non lo saprai mai se non ti volti. Che hai? Ti senti un divo?- sbraitai.
Luciano mi ficcò negli occhi il suo sguardo gelido e i suoi piccoli occhietti neri.
- Ehi, stai calmo. Sei appena arrivato e già mi stai sul culo! È un record ragazzo , lo sai? Ti senti figo solo perché hai i soldi?- chiese.
- Già. Senti mi hai già rotto le palle, comunque, ce l’hai un cicchino?- sussurrò.
Si allontanò sotto il sole incessante, con le mani ficcate in tasca.
Percorsi tutto il molo velocemente fino a cercarmi un posto all’ombra, un piccolo parco poco curato con l’originalissima vista sul mare.
Mi sedetti su una panchina dietro alla statua rovinata e muschiosa di un marinaio a caso e finii la soda.
Passò una lunga mezz’ora di riflessione, e quantomeno mamma avrebbe cessato di pensare che fossi asociale.
Urlai e lanciai la lattina giù per la discesa che portava alla statale, sperando che nessuno passasse di lì.
Ero là che pensavo ai rimorsi se avessi ucciso qualcuno con la lattina quando qualcosa di forte mi picchiò sulla nuca.
Poco distante da me, dopo avermi colpito, rotolò un pallone da calcio logoro .
- Ma che cazz…?-
- Manuel sei uno schifo come portiere! Ce ne cercheremo un altro!- sbraitò la voce di una ragazza su per la salita dietro la statua del marinaio, sormontata dai cespugli.
Scendeva veloce per la discesa nelle sue scarpe da ginnastica e la maglietta lunga; i capelli sciolti le ricadevano sul viso rosso mentre avanzava verso di me.
Non pensai che fosse fascinosa, ma mi piacevano i suoi capelli.
Raccolsi la palla.
Da dietro i cespugli uscì anche un altro ragazzo dai capelli brizzolati castani, certamente della sua età con dei grossi guantoni dorati alle mani e i pantaloni bianchi.
Beh, almeno immagino che una volta fossero bianchi.
- Scusaci amico! Faccio schifo come portiere!- urlò lui scendendo .
- Ehi Manuel! Vieni a vedere! È proprio vero che chi non muore si rivede! È il tizio del bar!-
- Piacere io sono Isabella ! – disse porgendomi una mano graffiata.
- Diego- dissi io stringendola.
- Ciao tu! Sono Manuel . Che combini qua?- chiese intercettando uno sguardo di Isabella.
- Ci vivo.-
- Scusaci, non ti abbiamo mai visto! In posti come questo è facile accorgersi dei nuovi - disse Isabella.
- Sono stato in casa per molto-
Restituii silenziosamente il pallone a Manuel e fu di nuovo Isabella a parlare.
- Che ne pensi dell’isola?-
- Umh…è umida. Ed è tutto appiccicoso- dissi io.
- Beh, a questo c’è rimedio, basta uscire fuori con una buona crema idratante!-
- Ma non toglie il problema. Così sarò appiccicato di crema!- sbraitai.
- Beh, questo dipende solo dai punti di vista, preferisci essere appiccicoso di crema profumata o di sudore?- sorrise lei.