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Autore: Drew Firedagger    21/06/2012    0 recensioni
Madre e figlia in fuga per salvarsi la vita faranno alcuni incontri molto interessanti...
Sarei molto contenta se lasciaste delle recensioni tanto per sapere se vi piace come scrivo grazie in anticipo ^_^
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pochi giorni prima dell’incoronazione di Alkyriel, Shonwir, l’allora capitano delle guardie, passò davanti alla fucina di Anegrist e gli disse: “ Oggi, al campo degli allenamenti, ci saranno le selezioni per le guardie di palazzo, vista l’ascesa del nuovo Re, se vuoi mandare Alyndir a far domanda “. Non sapendo come rispondere il fabbro assicurò al capitano che glielo avrebbe riferito. Appena suo figlio fu di ritorno dalla consegna, l’elfo chiamò suo figlio e disse: “ Alyndir, figliolo, tu vuoi entrare nelle guardie di palazzo o vuoi fare il fabbro? Sii sincero. “ Il ragazzo non sapeva cosa dire ma come aveva chiesto suo padre, gli riferì la verità. 

Si padre io vorrei presentare la domanda. Fino ad ora non l’ho fatto perché voi rimarreste solo, qui nella bottega. Non posso pretendere che Cherynis faccia il fabbro al posto mio, è una donna…Luthimir ed Eonille si sono sposate e i mariti hanno le loro botteghe…Eadar e Andel sono in guerra, con che faccia, padre vi lascio da solo per entrare nelle guardie?… ” Il ragazzo non riusciva più a smettere di parlare, tentando di far capire al genitore le ragioni per cui aveva sempre taciuto il suo sogno di entrare nell’esercito.

Allora farai meglio ad andare subito al campo degli allenamenti, se vuoi presentare domanda, questa mattina fanno le selezioni. Non ti preoccupare Alyndir, tua sorella Cherynis baderà a me e poi, non ti offendere ma lei ha un dono particolare coi metalli, perché non potrebbe diventare la prima donna elfo a fare il fabbro? Tua madre ne sarebbe orgogliosa. Se è quello che vuoi fare della tua vita, vai, fai domanda e diventa capitano ” disse Anegrist ad un figlio che ormai non riusciva più a parlare per la sorpresa e l’emozione.
Con gli occhi lucidi per la commozione, il ragazzo scappò, non andò nemmeno in camera a cambiarsi d’abito, era talmente incredulo e felice che fuggì via così com’era. 
Arrivato al campo rimase di sasso, c’erano almeno un centinaio di elfi come lui, più o meno della sua stessa età, che aspettavano il loro turno per farsi notare dal capitano e dagli altri ufficiali. Era scoraggiato, a quanto sapeva c’erano pochi posti per i nuovi arrivi e con tutti quei giovani in attesa, lui aveva poche probabilità di riuscire a prenderne uno. Si guardò intorno, aveva tranquillamente il tempo di cambiarsi e tornare ma non ne aveva il coraggio, se fossero arrivati altri ragazzi gli sarebbero passati davanti, assottigliando così le sue già magre speranze. Si avviò verso il capanno, dove di solito le guardie tenevano le armi per addestrarsi o quelle d’ordinanza, che per l’occasione era stato svuotato per permettere alle giovani possibili reclute di iscriversi alle selezioni. 
Sulla porta c’era Shonwir il volto serio, quasi arcigno, sul viso la stessa espressione che aveva il primo giorno che si erano incontrati. Non appena il capitano si accorse che era anche lui in fila lo chiamò, distendendo le rughe sulla fronte ed allargando le labbra in un sorriso, Alyndir rispose subito: “ si signore! “ ma lui gli fece notare che non faceva parte delle guardie, quindi non era ancora ai suoi ordini e gli disse: “ Vieni Alyndir, entra pure a fare l’iscrizione “, con questo, benché non fosse colpa sua, il ragazzo si guadagnò l’antipatia istintiva di vari ragazzi che avevano assistito alla scena.  Così iniziò la sua avventura nelle milizie elfiche…
Era riuscito ad entrare nelle guardie di palazzo a soli centoquindici anni, anche per lo standard elfico era troppo presto, ma essendo il figlio del maniscalco dell’esercito, era a contatto con soldati e ufficiali che gli permettevano di allenarsi con loro e i soldati sapevano che era dannatamente bravo.
Dal primo giorno in cui entrò a far parte delle guardie di palazzo, Alyndir si distingueva negli allenamenti. Mano a mano che cresceva il fisico si torniva, si rinforzava, si induriva, diventava una macchina da difesa ed anche per questo l’Alto Re Alkyriel, lo scelse con altri tre per far parte della sua guardia personale.   
Fu così che una sera, mentre il sovrano era nel suo studio, incontrò un’elfa, il Re li congedò, rimanendo da solo con la donna… 


Un elfo, solo, in viaggio lontano dalla sua famiglia e dalla sua amata terra. 
In fuga da gente della sua stessa razza che ha paura di lui, di sua figlia, di sua moglie e di quello che la bambina avrebbe potuto fare. 
Mentre viaggiava verso quelle montagne così alte ebbe il tempo di pensare a quanto Lorianne, sua moglie, gli aveva riferito. Certo l’Alto Re era a conoscenza dei traditori che si aggiravano nel castello, ma nemmeno nei suoi più oscuri incubi avrebbe potuto pensare fossero, tutti e tre, i maghi che lavoravano alle sue dipendenze da più si cinquecento anni.   
Tentò di mettersi in contatto con Cheryween che era in viaggio con sua madre verso est e quelle che tra gli elfi erano famose come le pianure infuocate, se fossero riuscite ad aggirarle la bambina non avrebbe patito troppo le alte temperature, altrimenti avrebbe capito per la prima volta cosa voleva dire sentire caldo, caldo sul serio.
Sua figlia non rispose ed immaginò di essere troppo lontano, strano, il loro legame mentale non avrebbe dovuto risentire della lontananza. Ebbe la tentazione di tornare indietro ed andare a cercarle, poi pensò che dopotutto sua moglie era un’assassina e avrebbe difeso la loro bambina fino all’ultimo respiro. 
Appena uscito dalla foresta, si ritrovò alle pendici delle montagne, alzò lo sguardo, erano così alte che non ne vedeva nemmeno la cima, andavano ben oltre le nubi, in quel momento nere e tempestose, che coprivano tutta la foresta, minacciando di liberare una gran quantità d’acqua. 
Alyndir si guardò intorno cercando un riparo dove avrebbe potuto sistemarsi per la notte, senza sapere che era stato seguito da due segugi mandati dai maghi. 
Gli olywir erano dei mutaforma orrendi e senza coscienza, avevano il potere di prendere le sembianze di qualsiasi animale, persona o essere vivente ed erano una razza di creature creata dalla magia nera. Eseguivano alla lettera gli ordini del mago che gli aveva dato la vita, senza preoccuparsi delle conseguenze, che fosse ritornare interi dal loro padrone, con qualche pezzo mancante, uccidendo qualcuno o facendogli il solletico. 
Quelle orrende creature avevano seguito Alyndir sin dal castello, anche se erano partite molte ore dopo di lui. Probabilmente, appena fuori delle mura avevano preso le sembianze di grossi lupi, per trovare le tracce della famiglia fuggiasca, che procedeva per un tratto tutta insieme per poi dividersi uscita dalla foresta. Senza fermarsi a pensare, le due bestie andarono verso ovest e le montagne, avevano l'ordine di togliere di mezzo prima il maschio e così avrebbero fatto. Non era stato difficile trovarlo, non faceva nulla per nascondersi, lasciava tracce ben evidenti, probabilmente sapeva di essere seguito e lo faceva apposta, sta di fatto che in un paio di giorni lo trovarono e si nascosero in attesa che arrivasse il momento adatto per attaccarlo. 
L’elfo individuò una radura con una grande quercia, sulla sinistra e vi si dirise. Dissellò il cavallo nervoso, cercando di tranquillizzarlo con parole dolci, in elfico. Con Amachy, lo stallone che i suoi fratelli gli avevano regalato all'investitura a capitano, funzionava sempre, gli bastava parlargli con calma e lui si lasciava sedurre dalla sua voce rilassandosi, anche questo faceva parte del suo potere mentale e ne era orgoglioso, pochi ufficiali potevano vantasi di saper calmare così gli animali.
Crack…Il rumore sordo di un ramo che si spezza mise Alyndir in allarme, era da un paio di giorni che sentiva la presenza di qualcuno che lo seguiva. Per questo motivo, aveva fatto in modo di lasciare tracce ben visibili perché continuassero a seguire lui e non cambiassero bersaglio, andando a cercare Lorianne e Cheryween. Erano in due, non erano elfi, sembravano animali. Con tutti i sensi all’erta e l’immancabile arco lungo con le frecce, che gli aveva regalato suo padre, Alyndir si sdraiò accanto al fuoco, pensando di essere al sicuro da eventuali predatori che volessero attaccare e cercò di dormire per recuperare le forze che gli sarebbero servite per superare le alte montagne.  
Silenzio. Si svegliò di soprassalto.
Gli animali, immobili nelle loro tane, quasi non respiravano.
Il fuoco, l’acqua, come avessero paura dell’aura maligna che si aggirava in quel tratto di bosco, erano silenziosi.
L’unico rumore era l’ansimare nervoso di Amachy, il suo cavallo.
Le bestie uscirono allo scoperto circondandolo, Alyndir si alzò di scatto dal giaciglio vicino al fuoco dov’era addormentato poco prima e si mise a girare in tondo, studiando le creature. 

Magia, - pensò l’elfo ancora più all’erta - puzzano di magia nera “.

Ad un tratto, uno dei lupi si lanciò all’attacco e l’elfo lo centrò al cuore con due frecce, facendolo stramazzare al suolo, morto. L’altro lupo si mise ad ululare, era un grido d’angoscia, orrore dolore e odio. La bestia, ancora urlando si lanciò verso Alyndir, zigzagando per non dare all’elfo la possibilità di colpirlo. 
L’attacco furioso non andò a segno, era stato troppo frettoloso ed il capitano lo schivò abilmente tuffandosi di lato, poco dopo ricominciarono a girare in tondo continuando a studiarsi, il lupo che non lo perdeva di vista e Alyndir con il pugnale sguainato.
Dal modo in cui camminava, l’elfo capì che la forma originale della bestia non era il lupo, tendeva a rimanere in posizione eretta e non sulle quattro zampe come avrebbe dovuto essere.
Dunque non poteva che essere un olywir, mutaforma creati dai maghi di corte, duri da uccidere perché guarivano in fretta, l’unica speranza era trafiggere il cuore che si trovava proprio al centro del loro corpo, la parte meno accessibile di quegli esseri. Quegli esseri tendevano a prendere sembianze animali: lupi, cinghiali, orsi, creature che, per natura, avevano il cuore ben protetto.
Mentre pensava a queste cose, Alyndir si distrasse abbastanza da abbassare la guardia per qualche secondo e la bestia ne approfittò, avvicinandolo fulmineamente e dandogli una zampata al torace, aprendogli delle ferite molto profonde che dalla spalla arrivavano al fianco.

LORI!! CHERY!! “ urlò mentalmente disperato cercando di mettersi in contatto con moglie e figlia. Le ferite erano profonde e sanguinavano copiosamente ma l’elfo non se ne accorgeva mentre continuava a scontrarsi furiosamente con il lupo, i due senza dubbio lottavano per vivere, l’elfo per la sua famiglia ed il lupo per il fratello morto. Il torpore iniziava a avvolgere le membra del guerriero, senza quasi rendersene conto fu atterrato dalla bestia nell’impeto di un attacco. Faceva fatica a respirare ma all’ultimo, avendo l’essere a portata di mano, che gongolava vedendo che Alyndir era ferito a morte, lo prese per la pelliccia e gli disse: “ Se dovrò andarmene lo farò, ma tu verrai con me. Tu non toccherai la mia famiglia! “, detto questo gli piantò il pugnale dritto sotto le costole dove c’era il cuore.
Le tenebre lo avvolsero, non sentì nemmeno la voce di sua moglie e di sua figlia che lo chiamavano disperate. L’ultima immagine che vide, fu sua figlia che allungava le mani verso di lui, come se volesse abbracciarlo…poi le tenebre lo avvolsero.

 

I due fratelli stavano tornando a casa dopo aver passato tutta la giornata al mercato del villaggio che sorgeva appena fuori della foresta. Talir, il loro padre, era stato molto chiaro: “ Se non avrete venduto tutte le pecore entro sera, fate pure a meno di tornare a casa, non me ne faccio niente di due buoni a nulla! “.
E ce l’avevano fatta! In tarda serata, ma le avevano vendute tutte ed ora, stanchi ed impolverati, stavano per arrivare a casa, quando videro un cavallo in mezzo alla strada, un magnifico stallone bianco che gli sbarrava la via.    
L’enorme foresta nascondeva molte cose, così diceva sempre loro la madre ed ascoltandola i due ragazzi non lasciavano mai la sicurezza della via carrozzabile che tagliava, quasi di netto, in due in bosco.
Il cavallo si era fermato proprio al centro della strada, così i due fratelli scesero dal carretto per cercare di spostalo, ma non ci riuscirono. Nonostante fossero due giovani ben piantati, lo stallone non si mosse di un pollice. Tirarono le redini, lo spinsero da dietro, ma niente, il cavallo non ne voleva sapere. 
Ad un tratto, uno dei due si mise davanti all’animale con l’intento di parlargli e questo gli diede una piccola spinta col muso, facendolo ruzzolare per terra. Un suono gutturale uscì dalla gola del cavallo, quasi fosse una risata. Marcus, così si chiamava il ragazzo era stato spinto, notò che lo aveva spinto verso il bosco.

“ Non vorrai mica che ti seguiamo vero, bello? “ si ritrovò a dire il giovane.

“ Che fai, fratello ti metti a parlare con i cavalli? “ lo prese in giro Sean, quando lo stallone rispose alzando e abbassando la testa i due rimasero con la bocca spalancata.

“ Adesso vuoi farmi credere che capisci quello che dico?! - ancora su e giù con la testa - allora, che Dio ci aiuti, ti seguiremo “.   

  
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