1.
LA NOTTE DEI DESIDERI
La
camera aveva poca luce e poi era molto più piccola di come
da giù immaginava.
Aveva pensato molto a lui qua dentro e lo immaginava sempre solo,
chissà con
quale diritto poi …
«Mettiti
a sedere, cosa vuoi da bere?»
«Quello
che hai purché sia forte»
Sarebbe
tornato tra un momento a recitare la sua parte.
Eh già
… Perché c’è sempre una
parte da recitare, sarebbe stato tutto molto più facile
se fosse tornato vestito solo del bicchiere … Poi
tornò ed era così bello
nell’accappatoio,
ed era proprio quello che si era immaginata. Po le sue mani, e ancora
le sue
braccia … La camera era un flacone del profumo di lui.
Silenzio
assordante. Caldo, tanto caldo.
Un
letto morbido sotto di lei. Due corpi. I loro.
Ancora
più caldo.
Il suo
corpo era teso e rigido, l’unica cosa che la differenziava da
una statua erano
le morbide curve e il dolce calore che emanava. Sentiva il battito del
cuore di
lui sopra il suo, petto contro petto; non era pesante, anzi era quasi
delicato,
come se avesse paura di romperla.
Il
corpo cominciava a rilassarsi, si vedeva il rosso sangue che le pulsava
nelle
vene che le dava un sano colorito rosato. La mano di lui tracciava il
perimetro
del suo corpo, un tocco delicato, come uno sbuffo di vento; ogni
centimetro di
pelle sfiorato fremeva e si contraeva … Si sorridevano.
Lei le
passò una mano tra i capelli folti chiudendo gli occhi. Il
letto era grande e
comodo, i due bicchieri erano sul tavolo ancora pieni, i vestiti sul
pavimento
…
Lui
continuava ad accarezzarla delicatamente, lei sentiva il suo respiro
regolare
sul collo: caldo, dolce, buono.
Non sapeva
cosa stesse succedendo, aveva perso il controllo del suo corpo, era
completamente annebbiata e vulnerabile ma non gliene importava niente.
Era lì,
con lui, in quella stanza, lontana dal mondo e dagli altri. Non avrebbe
potuto
chiedere di meglio.
I loro
corpi s’incastrarono alla perfezione. Ora non c’era
più silenzio. Si sentivano
i battiti accelerati di due cuori, i respiri più brevi e
frequenti, il caldo
era diventato piacevole, piccole goccioline di sudore risplendevano
alla luce
soffusa. Un momento. Un solo momento. Lei si aggrappò ai
suoi capelli scuri
sollevando il busto dai cuscini per poi lasciarsi ricadere con un tonfo
sordo.
Stanca, confusa …
Aveva
la sua testa appoggiata al seno, i capelli le facevano solletico. In
quella
stanza, quel giorno, qualcuno sussurrò un lieve ‘ti
amo’ …
Adesso
la quiete avvolgeva la casa in un dolce manto, regalando un
po’ di tranquillità
a quelle due anime tormentate che avevano trovato la pace
l’uno nell’altra
anche se solo per una notte.
Una
lieve brezza marina gonfiava le tende bianche di lino leggero che
contornavano
le finestre della camera da letto, dove due figure dormivano un sonno
senza
sogni strette in un armonioso abbraccio infantile.
Chiunque li avesse visti li avrebbe scambiati
per una coppia di sposini, spossati dopo una notte di piacere. Ma non
c’era
nessuno a guardarli. Non erano due sposi, erano troppo giovani, poco
più che
bambini. Il desiderio di entrambi aveva consumato, bruciato e
illuminato le
tenebre. Il piacere, intenso e caldo, era solo una conseguenza al
bisogno e
all’impazienza di lei mischiata alla bramosia e alla lussuria
di lui.
La
passione aveva tolto loro il fiato, mozzato a metà il loro
respiro e
prosciugato ogni forza da quei due corpi giovani e pieni di energia,
lasciandoli lì, sfiniti, l’una nelle braccia
dell’altro, a riposare la mente e
il fisico dopo quella notte così lunga terminata in un
sussurro.
Chissà
come li avrebbe trovati il sole dell’alba. Se
l’ansia volgare del giorno dopo
si sarebbe tramutata in tenerezza o se la voglia di scappare e non
tornare mai
più avrebbe prevalso. In cosa si era trasformato quel
morboso bisogno che li
aveva tenuti uniti per una notte adesso che era mattina?
Mancava
un’ora all’alba e le ultime stelle brillavano
stanche nel cielo ogni minuto più
chiaro, il leggero vento che spirava dal mare accarezzava la pelle
abbronzata e
inaridita dal sole dei due giovani, ancora stretti in quel dolce
abbraccio
silenzioso.
La
ragazza si mosse, aprì gli occhi e quando
realizzò dov’era e cosa era accaduto
la notte prima si lasciò scappare un sospiro di
soddisfazione. Con molta
delicatezza spostò il braccio di lui dai suoi fianchi e
scivolò via dal letto
attenta a non svegliarlo. Il suo corpo nudo si muoveva silenziosamente
per la
camera ancora immersa nella semi oscurità, prese una camicia
abbandonata sul
pavimento dalla sera prima e se la infilò. Prima di uscire
sul balconcino che dava
sul mare, si girò a guardare il corpo di quello che era
stato il suo compagno
per poche, fugaci ore: il lenzuolo era scivolato via e lei accarezzava
con gli
occhi quelle scapole appuntite che sembravano lì
lì per trasformarsi in ali.
Le
sfuggì un sorriso nel notare i segni delle sue unghie sulle
spalle del ragazzo.
Era stata aggressiva, gli aveva rovesciato addosso tutto il rancore e
la rabbia
che aveva dentro. Lo aveva morso, graffiato, aveva avuto il desiderio
di fargli
male, sapendo che lui non avrebbe osato torcerle un capello. Fece una
smorfia
di dolore quando girò i polsi per raccogliere i suoi
vestiti, li guardò stupita:
erano arrossati e gonfi. Li massaggiò per qualche minuto,
sapeva come mai le
facevano così male. Era stato lui, l’aveva tenuta
per i polsi mentre la
schiacciava con il suo corpo. La dolcezza che c’era stata
all’inizio era
svanita nel giro di breve lasciando spazio solo al desiderio maniacale
e alla
smania di restare insieme sfruttando ogni secondo che quella notte
aveva deciso
di regalare a loro due. Lei con una forza da leone aveva incendiato
quella
stanza con il fuoco della passione che da sempre le bruciava nello
stomaco e
che non aveva mai lasciato uscire. Lui con la maestria dei domatori non
le
aveva permesso di distruggersi e aveva cercato di contenere
quell’impeto
spaventoso che non conosceva arginandola con il suo corpo, lasciando
che
sfogasse tutta la sua avidità sopra, dentro e contro di lui.
La
ragazza uscì sul balconcino che si affacciava sul mare
baciato dai primi, timidi,
raggi di quel nuovo sole che non avrebbe mai visto i segreti del mondo
che si
nascondevano, protetti dall’oscurità della notte.
Le urla dei gabbiani
risuonavano nel vento come una promessa da mantenere ad ogni costo,
l’odore
salmastro saliva dal mare e le lambiva i capelli dandogli un odore
strano,
profumo di libertà e desideri da realizzare.
I suoi
ricci biondo cinereo erano arruffati come il culo di una pecora dopo
quella
nottata, rientrò piano in camera, socchiudendo lievemente la
finestra per non fare
rumore ed evitare di svegliare il ragazzo che dormiva ancora come un
sasso.
Si
sedette sul bordo del letto e cominciò a rivestirsi, molto
lentamente, come se
le costasse una fatica immane infilarsi di nuovo quei vestiti freddi e
un po’
umidi che graffiavano la sua pelle ancora calda. In cuor suo sperava
che lui si
svegliasse e in un sussurro le dicesse di rimanere lì,
insieme, come lo erano
stati quella notte. Sapeva che non sarebbe successo, lui avrebbe
continuato a
dormire mentre lei scivolava silenziosamente fuori da quella camera
intrisa dai
loro profumi per poi aprire la porta principale e uscire di casa,
avrebbe
continuato a dormire quando lei si sarebbe ritrovata a camminare sul
lungomare
con la sola compagnia dei gabbiani e qualche gatto, avrebbe continuato
a
dormire. Ignaro di tutto quello che succedeva intorno a lui, perso nel
mondo
segreto dei sogni e del subconscio, immobile in quel grande letto
rotondo, però
sarebbe stato solo. Al suo risveglio l’unico segno del
passaggio di lei sarebbe
stata l’impronta del suo corpo sul materasso di fianco a lui,
nient’altro.
Con un
profondo respiro il ragazzo si voltò dall’altra
parte, infastidito dalla luce
che filtrava dalle persiane di legno, lei si girò di scatto
credendo – e forse
sperando – che si fosse svegliato, ma lui continuò
a dormire più soavemente di
prima. Aveva talmente bisogno di lui che non sapeva chiederglielo. La
ragazza
rimase a fissarlo per qualche minuto con i suoi occhi a mandorla
contornati da
un’ombra nera che ormai caratterizzava il suo sguardo. Si
alzò cautamente dal
letto e chiuse meglio le persiane per evitare che il sole filtrasse e
lo
svegliasse troppo presto. Non s’infilò le scarpe,
le prese in mano e a piedi
nudi percorse la camera per raggiungere la porta, mentre appoggiava la
mano
sulla maniglia, il ragazzo bisbigliò qualcosa nel sonno. Lei
si fermò e si
avvicinò di nuovo al giaciglio per capire il significato di
quel sussurro che
in un soffio lui ripeté prima di cambiare nuovamente
posizione dandole le
spalle. Lei sorrise. Aprì la porta e uscì dalla
stanza lasciandolo solo con i
suoi sogni.
Qualche
minuto dopo stava camminando verso il porto, dove i pescatori
rientravano da
una nottata di lavoro, alcuni sputavano bestemmie per lo scarso
pescato, altri
invece facevano porto con un sorriso che illuminava quei volti
abbronzati e
deteriorati dal sole e dalle intemperie. Uno di loro, vedendo che la
ragazza
era ferma a guardarli, alzò la mano con un gesto istintivo
di saluto, lei
ricambiò con un sorriso e un cenno del capo. Si
voltò e il sole le colpì in
pieno il viso ambrato, rimase qualche secondo ferma, con il sole del
mattino
dritto negli occhi, poi abbassò la testa e
ricominciò a camminare. Ripensò al
sussurro del ragazzo e un coraggio leonino le riempì gli
occhi, aveva respirato
il suo cuore e mormorato il suo nome.