C'è
ben poco da dire: questo è solo uno sfogo da
Cumberbitch. Don't take me
seriously, seriously!
Volevo inserire la scena in una long a cui sto lavorando,
ma non si adattava bene, quindi la posto qui a parte.
Uh, ma ne approfitto per ringraziare tutti quelli che hanno
commentato e messo questa raccolta tra le preferite, seguite e
ricordate, siete
l'amore!
LABBRA
John aveva un
problema.
Un grosso problema.
Un enorme problema.
Un problema di dimensioni bibliche, per usare un eufemismo.
Anzi due. E tali problemi rispondevano al nome di
"labbra".
E non due labbra qualsiasi.
Non quelle di Sarah, non quelle della nuova segretaria
bionda dell'ambulatorio.
Nè quelle di Angelina Jolie o Charlize Theron, purtroppo.
Abbandonarsi
a fantasie su dive del cinema come un adolescente in piena tempesta
ormonale
sarebbe stato davvero il minore dei mali.
E invece no. Si ritrovava a fantasticare sulle labbra di
Sherlock.Consulente.Investigativo.Holmes. Il suo odinico, sociopatico
coinquilino.
Non sapeva nemmeno come fosse iniziata quella sottospecie
di... fissazione. Perché, buon dio, si rifiutava
categoricamente di catalogarla
come "ossessione" o, peggio ancora, come "feticismo".
Fatto sta che la bocca di Sherlock aveva preso dimora
stabile nella sua mente e non dava alcun segno di volersene andare,
come un
inquilino abusivo. Solo che questo specifico inquilino non si limitava
ad
occupare arbitrariamente la sua testa, ma faceva anche danni. Del
genere "bollenti
fantasie notturne", tanto per essere chiari.
Maledizione.
Le labbra di Sherlock erano una meravigliosa contraddizione vivente.
Erano perfettamente definite, dal contorno netto che
sembrava essere stato disegnato da uno scultore. E allo stesso tempo
apparivano
morbide ed elastiche, a giudicare dal modo in cui cedevano sotto al
tocco
delicato delle dita del suo proprietario, quando questi le accarezzava
sovrappensiero. Per non parlare della loro consistenza polposa, che si
rivelava
ai suoi occhi ogni volta che il detective, impegnato in un ragionamento
particolarmente complesso, le tratteneva tra i denti per poi
rilasciarle con un
delicato schiocco.
Tutte manovre che Sherlock ripeteva con crudele inconsapevolezza
in media una decina di volte al giorno.
Il fatto che tenesse il conto, dava un'idea
sufficientemente chiara di quanto fosse disperata la situazione di John.
E non c'era verso di distrarsi. Poteva mettersi a lavorare
al suo blog, tenersi aggiornato con le riviste di medicina, fare gli
straordinari in ambulatorio e visitare un paziente via l'altro.
Inevitabilmente
i suoi pensieri finivano calamitati su quelle dannate labbra indecenti,
anche
nei momenti meno opportuni.
Finiva per chiedersi come sarebbe stato sostituire le dita
di Sherlock con le proprie nel percorrere quella bocca di seta, a
cominciare
dall'arco superiore che gli conferiva la caratteristica forma a cuore,
per poi
premere col pollice sul labbro inferiore, fino a che non si fosse
dischiuso.
Una volta che le sue fantasie prendevano quella strada non c'era
più modo di
arginarle, come una slitta senza freni lanciata giù da una
montagna innevata, e
la sua bocca sostituiva le dita mentre si appropriava delle labbra di
Sherlock,
le succhiava, le tratteneva tra le proprie e le mordicchiava, ora
delicatamente,
ora forte, a sangue, quasi fossero un marshmallow.
E dove la decenza imponeva uno stop ai suoi pensieri
durante il giorno, ci pensava la sua mente di notte ad appagare le sue
più
indecenti fantasie, dove le labbra di Sherlock assaggiavano fameliche
il suo
corpo. Persino quelle zone che si era dimenticato di avere. Nemmeno
durante la
pubertà aveva dovuto cambiarsi
così spesso la biancheria intima.
Con un debole
sospiro, John si stropicciò la faccia tra le
mani: con la tentazione di quella bocca a perenne portata di mano
diventava
ogni giorno più difficile trattenersi e ignorare la voce
nella sua testa che lo
tentava "Fallo. Bloccalo, afferralo
per la nuca e assaggia quelle labbra."
Scrollò la testa e strizzò forte gli occhi.
Era nei guai.
Ma non sapeva ancora quanto.
Ne ebbe una chiara idea quando Sherlock, da perfetto felino
qual era, comparve dal nulla alle sue spalle e avvicinò
quella fonte di
desideri peccaminosi al suo orecchio sussurrandogli "John, andiamo.
Lestrade mi ha appena mandato un messaggio."
Il povero dottore riuscì a stento a soffocare un gemito, ma
qualsiasi tenue speranza potesse nutrire sul fatto che Sherlock
ignorasse
ancora i suoi pensieri, andò distrutta nel momento in cui il
consulente
investigativo arricciò un angolo di quella bocca diabolica
in un sorriso storto.
"Sono fregato."
pensò John con lo stesso spirito
di un condannato alla fucilazione e già si preparava a
balbettare una patetica
sequela di scuse traballanti.
Ma poi quella stessa bocca morbida andò a posarsi sul suo
orecchio
destro e la voce sensuale di Sherlock riversò parole di lava
direttamente nel
suo cervello "Concentrati sul caso, dottore. Stasera, poi, penseremo al
tuo problema."
Un piccolo, dolce assaggio di paradiso.
Ah.
Forse non era poi così fregato, pensò.