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Autore: Sphaira    29/06/2012    2 recensioni
[Ao Oni]
Iniziò il gioco del mostro.
Iniziò la sfida a sopravvivere.
Iniziò un Inferno da cui non tutti sarebbero usciti incolumi.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Mika

Appena Hiroshi lasciò la stanza in cui mi ero nascosta, mi rannicchiai in silenzio nell’angolo della camera vicino al letto, stringendo le gambe al mio petto e nascondendo il mio viso dietro le braccia conserte sulle ginocchia. Avevo ripreso a tremare, almeno tanto quanto subito dopo l’apparizione di quell’essere raccapricciante.
Chiudendo gli occhi, potevo rivedere distintamente le scene che poco prima mi si erano presentate davanti agli occhi: quando Hiroshi richiuse dietro di sé la porta della cucina, un’altra porta opposta a quella si aprì di un minimo scattando dietro di noi, e quel minimo bastò per farci intravedere un’enorme sagoma blu che ci fissava. Quella sorta di sorriso che aveva in viso era inquietante e fece impallidire tutti; ma quando mostrò quei denti assurdamente affilati e iniziò a muoversi nessuno di noi sfuggì al panico, e ci separammo impulsivamente. Lì per lì avevamo fatto bene, perché in quel modo la creatura non aveva saputo chi inseguire ed era rimasta lì – l’avevo vista, lo sapevo per certo;  solo che dopo…
Mi pentii di aver risposto in quel modo tanto brusco ad Hiroshi, poco prima. A quanto pare, era l’unico che avesse il coraggio necessario per muoversi “disinvoltamente” (se così si poteva dire) in quella villa. Ma appunto per mancanza di quel coraggio, l’istinto mi portò a quasi urlargli contro che non mi sarei mossa per nessuna ragione al mondo da lì. Ero spaventata e scossa, volevo solo tornare a casa. Potevo sentire distintamente il mio cuore battere veloce nel mio petto, come se ne volesse uscire.
Per qualche ragione, quel batticuore mi ricondusse al pensiero di Takuro.
Takuro… Ero tanto preoccupata per tutti del nostro gruppo, ma in particolare per lui. Non mi resi conto di aver sussurrato il suo nome mentre rividi il suo sorriso nella mia mente, e quel sorriso fece riaffiorare alla memoria tutta la nostra amicizia come se fosse una catena tirata a poco a poco fuori dall’acqua. Era sempre stato così gentile con me, non avevamo mai avuto modo di litigare seriamente, nonostante spesso e volentieri tirassi fuori il lato peggiore del mio carattere. Si limitava a ridere, e a fare qualche commento del tipo “sei diventata completamente rossa,” e io mi arrabbiavo ancora di più; ma poi ridevamo insieme. Quanto mi sarebbe piaciuto che fosse stato lì. Credevo che anche lui sarebbe stato tanto coraggioso e in gamba da essere capace di affiancare Hiroshi nelle ricerche. Gli augurai con tutto il cuore di riuscire a cavarsela, e in cuor mio sperai di riuscire a rivederlo presto.
Mi riscossi dai miei pensieri sentendo un rumore di passi. Erano passi leggeri e animati, ma non sembravano passi di qualcuno che stava scappando; doveva essere Hiroshi che stava andando da qualche parte.
Cercando di non fare il minimo rumore, mi alzai contando unicamente sul mio equilibrio pur di mantenere il silenzio che regnava nella stanza, quindi mi avvicinai in punta di piedi alla porta. La aprii leggermente, e fui in grado di vedere solo di sfuggita l’albino che scendeva le scale prima di sparire dalla mia vista. Feci scorrere il mio sguardo sul corridoio corto che mi si presentava davanti, ed osservai le due ramificazioni, quella a destra che portava chissà dove e quella a sinistra che conduceva ad una seconda rampa di scale.
Fui tentata di uscire fuori di lì per raggiungere Hiroshi. Sarei stata di sicuro più al sicuro con lui, avrei potuto aiutarlo, e avrei potuto cercare con lui Takeshi e Takuro per poi fuggire da quel posto orribile…
Continuai a prendere in considerazione l’idea, ma prima rimasi in osservazione per altri minuti, poggiando una mano vicino al muro per potermi avvicinare un po’ di più alla porta. E quella cautela mi salvò.
Mentre stavo per uscire dalla porta per dirigermi alle scale, sentii Hiroshi reprimere un’esclamazione di terrore e cominciare a correre verso le scale dal piano di sotto; doveva essere abbastanza vicino, perché interpretai immediatamente la sua reazione. Chiusi all'istante la porta ancora prima che potessi vederlo fuggire dal demone, spingendo la porta con le mani tremanti senza preoccuparmi del suo scatto. Sentii lo scalpitio veloce del ragazzo seguito da altri passi più lenti e pesanti, i quali mi fecero trasalire, e indietreggiai lentamente verso l’interno della sala. Uno dei due – sicuramente Hiroshi – raggiunse per primo la stanza di fianco alla mia, richiudendosi la porta dietro, e poi oltre il mostro non sentii più nulla per diversi secondi. Il respiro dell’essere era profondo e rumoroso. La porta sbatté una seconda volta, e rimasi col fiato sospeso.
Cosa stava succedendo dall’altra parte del muro? Hiroshi stava bene? Se, come avevo intuito, quella stanza era speculare a quella dove mi trovavo e non c’erano altre vie d’uscita, il mostro l’avrebbe preso? Fui scossa da un nuovo potente tremito che mi fece emettere un lieve verso di sorpresa, quindi mi portai le mani alle spalle stringendole. Non volevo andare avanti con quei pensieri. Non volevo sapere in quale terrificante maniera il demonio fosse capace di uccidere. Ero sicura che Hiroshi ce l’avrebbe fatta, sarebbe riuscito a sfuggirgli e a continuare ad andare avanti. Ovviamente poteva essere una sicurezza effimera nata dalla disperazione con cui desideravo di evadere da lì, ma in qualche modo era estremamente forte e vivida, come se fosse stata una predizione. Una predizione alla quale preferii credere ciecamente, e che mi spinse ad affidarmi silenziosamente a quel ragazzo come non avevo mai fatto nemmeno con Takuro.
La porta sbatté nuovamente, ma non si sentirono più passi. Trattenni il fiato, concentrandomi sul mio udito, chiudendo gli occhi in febbrile attesa. Il silenzio che si era venuto a creare era assordante. Sembrava quasi come se mi fischiasse nelle orecchie, nonostante non fosse possibile data l’assenza di suoni, ma all’improvviso la porta si aprì di nuovo. Il sospiro che Hiroshi levò prima di uscire mi fece sentire sollevata. Tornai alla porta per guardarlo di nuovo scendere, guardingo, per tentare di chiamarlo. Ma il mio spavento mi aveva fatto seccare la gola, per cui inizialmente non riuscii a chiamarlo abbastanza forte da poter essere sentita; mi schiarii la voce, ma per quando mi decisi a fare un passo fuori il corridoio, lui era già sparito al piano di sotto.
Ero di nuovo sola. L’impulso – che forse era anche buon senso – mi avrebbe spinto nuovamente a scendere per rincorrerlo prima di perderlo definitivamente di vista, ma per la seconda volta mi rintanai nell’angolo della stanza dopo aver richiuso la porta. Il pensiero di quegli occhi neri mi aveva fatto sfuggire la possibilità di sottrarmi al pericolo, di nuovo: e ora quel pericolo mi aveva rinchiusa di nuovo nella sua gabbia inespugnabile.
Avvertii i miei occhi inumiditi dal nervoso. Me li asciugai stizzita: non mi piaceva piangere, mi faceva sentire indifesa e impotente, più di quando veramente fossi. Mi morsi internamente il labbro, presi coraggio e mi avviai finalmente a passo deciso verso la porta, e la spalancai.
Non potevo scegliere un momento più sbagliato per farlo. Pensandoci adesso, quella maledetta stizza mi aveva fatto commettere un gesto totalmente imprudente.
Vidi la figura blu del mostro girare verso sinistra alla fine del corridoio e cominciare a salire le scale, ma lo scricchiolio di queste al suo passaggio si bloccò nello stesso momento in cui feci scattare la serratura. Tornai nel mio angolo e cercai di nascondermi al meglio dietro il letto, facendomi piccola piccola e tentando invano di rimanere calma. Di nuovo lunghe serie di battiti cardiaci mi agitavano, ma stavolta erano quasi palpabili tanta la paura che provavo. Da lì non c’era via d’uscita. Quell’essere era giusto fuori la camera dov’ero io, e l’unica cosa che ci divideva era una semplice porta di legno.
Strinsi ancora di più la presa dei pugni che tenevo chiusi da prima quando le scale tornarono a scricchiolare: non avevo idea del verso in cui la creatura le stesse percorrendo, se verso l’alto per chissà quale motivo, oppure se stesse ripercorrendo i propri passi per raggiungermi. I momenti che passavano sembravano contemporaneamente interminabili e velocissimi. Non avrei saputo dire quanto tempo passai raggomitolata, a tremare, senza sapere di ciò che mi succedeva intorno… ma quando alzai il viso, il mostro era davanti a me, e mi fissava, immobile.
Lo scambio di sguardi fu reciproco. Restai pietrificata ad osservare il suo corpo antropomorfo, il suo viso sproporzionato, il cranio deforme, poi quegli occhi che non dimenticherò mai più.
Scattai in piedi all’improvviso, urlai: finalmente dalle mie labbra semischiuse un suono acuto riuscì ad uscire, e sperai che qualcuno riuscisse a sentirmi, a mettermi in salvo in tempo, perché sapevo che da sola non ce l’avrei fatta. Ed infatti, istantaneamente il mostro mi afferrò per il polso, rendendo vano il mio tentativo di scappare. La vista mi si appannò per via di nuove lacrime, e non osai voltarmi indietro. Sapevo solo che il polso mi bruciava terribilmente, come se me lo stesse marchiando a fuoco, eppure non avvertivo caldo… Solo qualcosa di anomalo e di nocivo.
Nonostante questo però non mi arresi. Diedi uno strattone sperando di riuscire a fuggire la sua presa salda, ma lui mi tirò di rimando, facendomi cadere a terra. Lo vidi chinarsi su di me, e io pur di non guardare chiusi gli occhi, terrorizzata.
Cosa stava succedendo? Non ne avevo idea, ma sentivo la mia coscienza scivolare via lentamente. A parte le prime nuove “bruciature” con cui il diavolo mi segnò, non sentii più alcun dolore. Semplicemente, mi stavo addormentando; stavo cadendo in una dormiveglia di quelle che ti agguantano quando sei costretto al letto da una febbre alta, incapace di alzarti, scombussolato, delirante. Non riuscivo a capacitarmi di come quello che stavo vivendo potesse essere possibile e di come potessi ancora sperare in una ripresa disperata… o di come, addirittura, potessi credere che fosse solo tutto un brutto incubo. Purtroppo non lo era. Mi piaceva pensarlo, ma sapevo benissimo che non lo era.
E ne ebbi una nuova conferma quando sentii in lontananza la voce di Hiroshi che mi chiamò per nome.
Il mio cadere nell’oblio terminò, e ci fu un brusco risveglio. Mi girai quanto bastava per vedere Hiroshi che mi fissava, prima me, poi il mostro che s’era girato. L’aveva attirato, quindi appena quello fece cenno di alzarsi, l’altro ricominciò a scappare, e l’essere lo inseguì.
Avrei voluto andare anch’io. Quella volta l’avrei fatto, ma il destino volle trattenermi ancora lì. Non riuscivo a muovermi, sentivo il mio corpo pesante e distrutto, sebbene non capissi per quale assurdo motivo. Chiusi gli occhi, e a terra inerme, in attesa di riprendere un po’ le forze.
 
~
 
Mi risvegliai non so quanto tempo dopo da quello stato pietoso. Hiroshi era tornato a vedere come stavo, lo sapevo, l’avevo sentito; aveva provato ad aiutarmi. Quel tentativo mi fece riprendere pienamente le forze, ma riuscii ad alzarmi solamente dopo qualche minuto che era uscit. Era tutto molto strano; adesso sembrava che non fosse mai successo niente. E se fosse stato per davvero un brutto incubo?
Ero molto confusa, ma qualcosa mi spinse a muovermi di lì. Ero sicura che quello sarebbe stato il momento buono. Volevo trovare Hiroshi ad ogni costo, stavolta. Nulla mi avrebbe fermato.
Lo prenderò.
Mi saettò questo pensiero nella mente, e scossi la testa, ridacchiando. Prenderlo era il termine più inappropriato che potessi usare; già avevamo un cacciatore alle calcagna, e quello bastava e avanzava. Ai giochi potevamo pensarci in un altro momento.
Scesi le scale come se già sapessi dove andare, e andai verso la porta in fondo al corridoio che fiancheggiava sulla sinistra la rampa di scale. Entrai in quella porta, quindi in quella poco più avanti, e mi fermai un attimo.
Mi guardai intorno facendo mente locale, e ripresi ad avanzare a passo lento. Mi trovai a dover scegliere se andare in una stanza a sinistra o verso un altro corridoio a destra. Dopo qualche attimo di indecisione, optai per andare a destra.
Mi sorprese sentire quanto i miei passi fossero leggeri, quasi sembrava che stessi fluttuando! La cosa mi divertì parecchio mentre continuavo a cercare.
Era incredibile come fossi tranquilla adesso. Forse perché sapevo che il mostro in fondo non faceva del male, e se bloccato in tempo era totalmente impotente. Feci una smorfia beffarda, come se l’avessi davanti e lo stessi prendendo in giro. Che razza di demone era?
Stavo cercando di esplorare a tentoni una stanza buia quando sentii una porta chiudersi dall’altro lato. Oh, accidenti, avevo sbagliato direzione.
Tornai indietro cercando di far rumore con i passi, per annunciarmi, non curandomi del fatto che potessi attirare anche il mostro; ma non ci fu verso. Quel pavimento doveva avere qualcosa di strano.
Mi bloccai di fronte alla porta guardandola un po’, poi sentii Hiroshi che mi si avvicinava da vicino ai grossi armadi alla mia sinistra. Lo sentii felice di rivedermi, e sentivo che mi si stava accostando, ma ora ero io quella perplessa, e un po’ spaventata.
Cosa diavolo mi stava succedendo?
Lo prenderò.
Non avevo più controllo di me stessa, non riuscivo a muovermi di mia volontà o a parlargli; semplicemente lo fissavo, davanti a me. Hiroshi dovette iniziare a sospettare di me. Indietreggiò.
Ti prenderò.
Tentai ancora di dirgli qualcosa per rassicurarlo, di dirgli che ero io, di chiedergli aiuto, ma senza successo. La mia espressione non doveva essere tanto rassicurante dalla faccia che fece il mio amico, e ricominciai a sentirmi la testa dolere e la pelle bruciare.
Inizia a scappare.
Qualcosa di me stava cominciando a mutare. La mia forma, si stava deformando. Mi guardai le mani; stavano diventando grandi e blu. Sarei sbiancata se la mia pelle fosse stata ancora chiara, ma avevo l’impressione che fossi diventata totalmente dello stesso colore del mostro. Riscoprii ancora con orrore che i miei movimenti non mi appartenevano più. Che tutto il mio corpo non m’apparteneva più. Capii solo allora il potere del demone, e perché aveva smesso di cercarmi.
Mi rattristai infinitamente realizzando che non avevo più possibilità di ritornare con i miei amici o di uscire da quella villa maledetta. Per quanto fosse impossibile, o almeno così credevo, mi sentii gli occhi di nuovo lucidi. Avrei desiderato tanto continuare la mia vita con loro... Avevo immaginato tante cose sul futuro, però ora erano crollate tutte in mille pezzi, come un puzzle rivoltato sul pavimento.
Quella consapevolezza mi fece rassegnare. Chiusi gli occhi per non guardare la scena dalla vista del diavolo e cercai di prendere sonno. Avrei tanto preferito morire al posto di assistere a quelle cose, ma se la mia anima non voleva andarsene, voleva dire che mi sarei presa un eterno periodo di riposo.
Era stata la mia decisione definitiva.
Sognando ancora quello che non avrei potuto più raggiungere, mi addormentai, e nel profondo sperai di potermi svegliare, chissà quanto tempo dopo, nel mio letto a casa, in città.
Ti prenderò!

  
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