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Autore: Astry_1971    19/01/2007    1 recensioni
“Solo in quel momento, Severus si rese conto che il responsabile di quell’orrore era ancora in quella stanza. Sollevò lo sguardo e la vide: una giovane donna era rannicchiata in un angolo e fissava il Mangiamorte tremando e mugolando qualcosa di incomprensibile.”
Questa storia si svolge durante gli anni che precedono la morte dei Potter e la caduta di Voldemort.
Severus Piton è un giovane Mangiamorte alle prese con i suoi rimorsi e un amore impossibile. Sarà un Piton insolito, un Piton ragazzo, che commette errori, che ha paura e che farà quelle scelte sbagliate che lo renderanno, in futuro, l'uomo tormentato e solo che tutti conosciamo. Gli avvenimenti narrati si svolgono dopo il sesto libro della saga di Harry Potter e prescindono, ovviamente, dal settimo libro, ancora inedito.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Ciao, Akiremirror, bentrovata. Questo capitolo soddisferà la tua curiosità, saprai chi è la ragazza e che ci faceva in quella casa babbana, ma ora per Severus cominciano i guai.

Buona lettura!


CAP. 2: Ospite involontaria

Atterrarono in un vicolo buio. Severus si avviò velocemente verso un portone facendo cenno a lei di seguirlo. Appena entrambi ebbero varcato la soglia, il mago si assicurò di non essere stato seguito e chiuse la porta bloccandola con la magia.
I due giovani si guardarono in silenzio, cosa avrebbero fatto ora?
Severus scrollò il capo e, senza dire una parola, si voltò cominciando ad accendere una ad una le candele sparse un po’ per tutta la stanza; avrebbe potuto illuminare completamente quel luogo con un solo colpo di bacchetta, ma aveva bisogno di tempo per pensare e accendere candele era meglio che continuare a guardare negli occhi la sua involontaria ospite.
In che razza di guaio si era cacciato? Lui era un Mangiamorte, un servo fedele del Signore Oscuro. Il più grande mago di tutti i tempi gli aveva affidato un compito e lui non solo non aveva eseguito gli ordini, ma si era portato a casa la persona che avrebbe dovuto uccidere: doveva essere impazzito.
Si voltò di nuovo verso la ragazza che continuava a fissarlo immobile
“Come ti chiami?” disse, per rompere il silenzio e perché essere fissato in quel modo da una sconosciuta lo metteva a disagio.
“Iris, mi chiamo Iris Windblow”.
“Iris!” ripetè meccanicamente, continuando a fissare i suoi occhi spaventati.
In realtà era stupito che la ragazza lo avesse seguito volontariamente; era incoscienza la sua?
Sapeva che non le avrebbe fatto del male, lui lo sapeva, ma per quella ragazza lui era solo un Mangiamorte, come era possibile che si fidasse così ciecamente da averlo seguito fino a casa sua?
Improvvisamente desiderò sapere: voleva capire quello che era successo quella notte.
Sentì la rabbia crescere in lui, una rabbia insensata dettata unicamente dalla paura.
Era arrabbiato con lei? Ma di cosa la incolpava? Di essere sopravvissuta? No, non poteva prendersela con lei, in realtà ce l’aveva con se stesso, con la sua incapacità: non sapeva cosa fare e questo lo faceva star male.
“Perché tuo padre ti voleva morta?” disse brusco.
La giovane si morse il labbro e chiuse gli occhi, restò così, immobile, per un tempo che al giovane sembrò infinito. Tuttavia, Severus preferì non aggiungere altro e attese che la giovane maga decidesse spontaneamente di rispondere: aveva l’impressione che sarebbe scoppiata in lacrime da un momento all’altro e l’ultima cosa che voleva era vederla piangere.
Dopo quello che era successo, infatti, fu grato per l’atteggiamento freddo e controllato che la ragazza aveva tenuto dal momento che avevano lasciato la sua casa, ma quanto sarebbe durato?
Improvvisamente Iris aprì gli occhi e si avvicinò alla finestra e, voltando le spalle al mago, prese a fissare il vicolo deserto.
“Non credo che volesse uccidermi,” disse con un filo di voce. “Questa, forse, era la volontà del suo padrone, ma non sua. Lui aveva i suoi piani. E’ per questo che è salito da solo in camera mia, voleva rapirmi, non uccidermi. Mi voleva con sé”.
Si voltò di nuovo verso il suo interlocutore come se aspettasse la sua prossima domanda e, infatti, questa non tardò ad arrivare:
“Lui…lui ti amava?” lo stupore rese il tono della sua voce quasi infantile.
Lei sorrise, osservando il Mangiamorte che aveva di fronte, dopotutto era solo un ragazzo, forse era più spaventato di lei, poi l’odio e la rabbia presero il sopravvento.
“Sì, lui mi amava,” disse. “Come può amare un mostro. Ha distrutto la nostra vita: mia madre si è uccisa per colpa sua. Io lo odiavo per questo, ma non volevo ucciderlo, non volevo.” scoppiò in lacrime.
Severus aveva atteso quelle lacrime, sapeva che sarebbero arrivate. Erano state la tensione e la paura a frenarle, ma ora era giusto così: doveva sfogarsi.
Cosa avrebbe dato per poter fare altrettanto, ma lui ora doveva essere più forte, Materializzò un bicchiere d’acqua su un piccolo tavolino traballante vicino al divano e le fece cenno di servirsi, lasciando che quel pianto liberatorio si calmasse prima di proseguire.
Iris si lasciò cadere sul divano, afferrò il bicchiere con entrambe le mani portandoselo alle labbra, ma non bevve, fissò l’acqua come se vedesse attraverso uno specchio, come se rivedesse la scena terribile di cui era stata testimone tra i riflessi di quel liquido trasparente.
Infine si asciugò le lacrime e sollevò lo sguardo, Severus era immobile, le sue mille domande a torturargli la mente: doveva sapere.
Gli occhi della ragazza lo invitarono a proseguire, anche lei sentiva il bisogno di parlare con qualcuno di ciò che era successo, e il giovane sembrava ansioso di ascoltare.
“E quelle persone? Le due donne e il vecchio Babbano?” domandò il mago, cercando di dare alla sua voce il tono più gentile che riuscisse a trovare.
“Innocenti, che si sono trovati sulla sua strada. Mi hanno accolto in casa dopo la morte di mia madre. Loro non sapevano che era una strega. Non avrei mai dovuto accettare la loro ospitalità. deve essere stato mio padre ad attirare l’attenzione di Voldemort su di loro”.
Nel sentire quel nome il giovane Mangiamorte sussultò, ma non disse nulla.
“Erano una famiglia tranquilla e felice finchè… ” abbassò gli occhi, portandosi una mano in tasca ad afferrare il ciuffo d’erba che vi aveva gelosamente riposto e prese a stringerlo con forza.
“E noi? Perché hai detto che nessun Mangiamorte può toccarti?” i suoi occhi neri scintillarono impazienti.
Iris non rispose subito. Sembrava che non riuscisse a distogliere lo sguardo da ciò che stringeva nel palmo, poi si alzò di scatto e, con un gesto deciso della mano, sollevò la manica sinistra della tunica dell’altro.
Il mago automaticamente afferrò la stoffa tentando di trattenerla, ma fu inutile: quella si arrotolò da sola lasciando scoperto l’avambraccio.
Il Marchio Nero spiccava nitidamente.
Entrambi fissarono quel macabro disegno, sembrava una cicatrice dovuta ad un’ustione. Era molto scuro e pulsava come se fosse vivo.
Iris si avvicinò lentamente e un’espressione di disgusto si dipinse sul suo viso.
“E’ il Marchio,” disse senza distogliere lo sguardo da quel segno. “Chiunque lo porta, se mi tocca muore”.
Strinse gli occhi come a voler scacciare l’immagine di suo padre che si contorceva nel pavimento. “Tu hai visto, in che modo orrendo io uccido,” fece una lunga pausa, poi riprese:
“E’ stata mia madre a fare quest’incantesimo, prima di morire. L’ha fatto per proteggermi da lui, da mio padre.
Il mago contemplò in silenzio il suo braccio, poi, con rabbia, abbassò di nuovo la manica della tunica.
Perché si sentiva a disagio? Perché lo sguardo di quella ragazza che si posava su quel simbolo era quasi doloroso?
Si era sentito onorato quando Voldemort l’aveva impresso sul suo braccio, era il modo di ricompensarlo per il lavoro che aveva svolto per lui come pozionista. Il suo Signore era contento di lui. Severus si era sentito finalmente apprezzato per le sue doti di mago.
Eppure gli occhi della giovane maga bruciavano più della terribile magia che l’aveva inciso profondamente nella sua carne.
Quanto odio doveva aver provato sua madre, quanta rabbia verso suo marito, verso l’uomo che l’aveva lasciata per unirsi alla causa dell’Oscuro? E, nello stesso tempo, quale grande amore poteva aver scatenato una tale vendetta contro tutti quelli che, come lui, avevano scelto di diventare schiavi di quel marchio?
Un sospiro sfuggì dalle sue labbra.
“Puoi restare qui stanotte, domani… ” la voce del mago tremò: sarebbe dovuto andare da Voldemort quella notte. L’idea di trovarsi davanti al suo signore senza una valida spiegazione non lo rendeva molto propenso a fare progetti per il giorno dopo.
Fece una smorfia osservando la ragazza, per quel che importava poteva anche restare lì quanto voleva, certo i suoi vicini di Spinner’s End non avrebbero avuto nulla da obbiettare sulla nuova abitante di quella casa, se lui non fosse tornato. Probabilmente tutto il quartiere ci avrebbe guadagnato nello scambio.
Si diede dello sciocco, ma c’era qualcosa in Iris che lo turbava piacevolmente: non avrebbe permesso a nessuno di girovagare per casa sua in sua assenza, specialmente un’estranea, ma sentiva che lei avrebbe rispettato quelle mura.
“Domani?” intervenne Iris a distoglierlo dai suoi pensieri.
“Domani dovrai trovarti una sistemazione: non puoi certo tornare a casa tua. C’è una casa libera in fondo a questa strada, potrai stare lì quanto vorrai,” poi, indicando un scala di legno:
“Al piano di sopra c’è una camera”.
Senza aggiungere altro si voltò dando le spalle alla maga, indossò nuovamente la maschera deciso a smaterializzarsi.
“Aspetta,” la voce di Iris lo bloccò. “Il tuo nome, non mi hai detto il tuo nome.”
“Severus!” disse senza guardarla e sparì.



Continua…


Sperando che questo capitolo vi sia piaciuto (Chi tace acconsente ;-P ma se parlate, anzi se recensite, è meglio) vi do appuntamento alla prossima settimana.
Il prossimo capitolo s’intitolerà “un segreto prezioso”. Riuscirà Severus a nascondere a Voldemort ciò che è veramente successo in quella casa babbana?
Ciao a presto!




  
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